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ATLANTIDE E I MITI DELLE CATASTROFI RICORRENTI
a cura di Vito Foschi

Comunemente la nascita del mito di Atlantide si attribuisce a Platone, ma l’idea di una civiltà che abbia preceduto la nostra è comune a gran parte delle antiche civiltà del pianeta. Molte hanno sviluppato miti di catastrofi ricorrenti che puntualmente vengono a distruggere le costruzioni umane, costringendo l’uomo a ricominciare daccapo.

I MITI DI CATASTROFI RICORRENTI

Presso i Maya si parla di quattro ere che hanno preceduto l’attuale quinta. La prima era terminò quando quattro giaguari divorarono ogni essere vivente compreso il sole e infine perirono anch'essi. Il mondo della seconda era fu distrutto da tempeste e uragani e gli uomini furono trasformati in scimmie. La terza età si annichilò nel fuoco. La quarta terminò con un gigantesco diluvio.

Anche presso i Greci, dall’altra parte del mondo, esisteva un sistema di credenze simile. Credevano che quattro specie diverse di uomini avevano preceduta l’attuale. Una caratteristica da notare è che ogni razza successiva è meno progredita della precedente. La prima fu la razza di oro, poi segue la razza d’argento, la razza di bronzo, e quella degli eroi. L’attuale è la razza di ferro. Ogni specie viene sterminata da un cataclisma, in particolare la terza, quella di bronzo, fu distrutta da un diluvio. Il mito del diluvio universale è comune a quasi tutte le civiltà del passato in qualsiasi parte del globo siano esistite.

Scritture buddiste parlano di sette Soli, tutti annichilati dal vento, dall’acqua o dal fuoco. I nostrani libri Sibillini parlano di “nove Soli che sono nove epoche”, e vaticinano ancora due epoche a venire, quelle dell’ottavo e del nono Sole. Tradizioni aborigene raccontano: “sei soli perirono…attualmente il mondo è illuminato dal settimo sole”.

I miti degli HOPI, tribù indiana dell’Arizona, raccontano:

“Il primo mondo fu distrutto, per punizione per la cattiva condotta degli uomini, da un fuoco vorace che venne dall’alto e dal basso. Il secondo mondo finì quando il globo terrestre si inclinò dal proprio asse e tutto si coprì di ghiaccio. Il terzo mondo finì in un diluvio universale. Il modo attuale è il quarto. La sua sorte dipenderà dal fatto che i suoi abitanti si comporteranno o meno secondo i disegni del Creatore”.

“Nella foresta tropicale malese il popolo Chenwong crede che di quando in quando il suo mondo, che chiama Terra Sette, si capovolga, in modo che ogni cosa viene inondata e distrutta. Tuttavia, con la mediazione del Dio Creatore Tohan, la nuova superficie piatta di quella che prima era la parte inferiore di Terra Sette, viene plasmata in montagne, valli e pianure. Nuovi alberi vengono piantati e nascono nuovi esseri umani.”


Come si vede con chiarezza il mito di catastrofi ricorrente è un mito planetario. Queste coincidenze non possono essere frutto del caso. L’evento tramandatoci con maggiore ricchezza di dettagli è il diluvio universale. Sicuramente la sua leggenda origina da un avvenimento reale. Potrebbe essere stata la repentina fine dell’ultima era glaciale, che ha provocato alluvioni e terremoti su tutto il globo. O si può trattare di più episodi eccezionali, che hanno riguardato diverse regioni del globo in tempi diversi, che col tempo e col linguaggio del mito hanno finito per assomigliarsi. L’accadimento di una catastrofe di proporzioni eccezionale è un dato che si può dare per scontato.

AMNESIA

L’uomo ha la tendenza a dimenticare il passato, quindi la persistenza di questo mito dimostra l’eccezionalità dell’evento diluvio. Non ci interessa focalizzarci sul singolo fatto, ma sulle teorie cicliche delle catastrofi. La diffusione di tale teorie in vari popoli, potrebbe dimostrare le difficoltà che ha incontrato l’uomo nel creare una civiltà, il passaggio da uomo raccoglitore-cacciatore a uomo agricolo, stanziale, con precise conoscenze agricole, matematiche e astronomiche e sulla conservazione dei cibi e altre. Questo processo può essere avvenuto più volte, in vari parti del mondo e puntualmente una catastrofe, un'epidemia, un terremoto o altro ha distrutto sul nascere tali tentativi. L’uomo ha dovuto ricominciare daccapo, fintanto che le conoscenze acquisite si siano diffuse e il numero degli uomini aumentato, fattore da non trascurare.

Il progresso umano non è un processo lineare come molti libri di storia lasciano intendere. Alcune scoperte l’uomo le ha dovuto fare più volte. Anzi lo stesso processo scientifico si basa sulla distruzione del saper precedente. Da un articolo del Il Sole-24Ore: “Sul versante della critica interna ai processi di produzione, Lévy-Lleblond osserva per prima cosa che la scienza dimentica il proprio passato ed è costretta a riscoprirlo, sprecando tempo e sforzi. Poiché costruisce sapere sulla distruzione di quello precedente, la sua smemoratezza le è stata utile, ma ora è talmente sistematica da diventare controproduttiva. La dinamica dei fluidi, un campo già dissodato dai matematici dei primi del secolo, ha dovuto essere riconquistata con fatica; la malattia dell’olmo ha ucciso milioni di alberi negli anni ’70 ma si sapeva come curarla dal secolo scorso; perfino la scoperta che la gastrite è un malattia infettiva era già avvenuta un secolo fa.”

Un altro brano tratto da un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno: “Alcune innovazioni sono già state fatte decenni fa e alcuni insuccessi erano già prevedibili: la pericolosità e la tossicità del piombo tetraetile – l’antidetonante delle benzine ormai quasi definitivamente eliminato dalle benzine in commercio, quelle che si chiamano “con piombo” – erano ben conosciute da chi aveva scoperto la nuova sostanza negli anni venti del Novecento. Alcuni processi per diminuire l’inquinamento atmosferico erano già stati inventati nella metà dell’Ottocento e poi accantonati. Gli attuali processi di riciclo dei rottami metallici sono stati inventati un secolo e mezzo fa.”

Come si evince da questi passi l’uomo ha la spiccata tendenza a dimenticare. Se questo è avvenuto nel nostro mondo industrializzato e scientifico è certo che in una civiltà primitiva è accaduto con proporzioni ancora maggiori.

DIFFICOLTA' DEL PROGRESSO

“Fin dall’alba della storia gli uomini hanno dovuto fare lavori terribilmente faticosi. Tutto questo ha ritardato non poco l’evoluzione umana. Quanti di quelli che dovevano lavorare come bestie nei campi sarebbero potuti diventare degli Aristotele o dei Michelangelo, degli Shakespeare o dei Beethoven? Ma non fu mai insegnato loro altro che il necessario a compiere i loro stupidi lavori. Dovettero essere mantenuti in uno stato di inferiorità per necessità economiche.” The Sendai, 1980 William Woolfolk. Questo brano tratto da un libro di fantascienza in cui si racconta la nascita di una razza di schiavi per alleviare l’uomo dalla fatica del lavoro, mette bene in evidenza le difficoltà del progresso. Il progresso richiede risorse ... LEGGI TUTTO.