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Gli Etruschi
Romolo A. Staccioli

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Le forme economico-sociali e politiche
a cura di Mary Falco

La società mantiene a lungo una struttura arcaica, quasi feudale: una classe di nobili cavalieri, che trasmetterà a Roma le proprie insegne equestri, sottomette un'immensa classe servile. Dalla tomba di Regolini-Galassi di Caere e dai Cilnii d'Arezzo emergono immagini d'una società principesca, con palazzi in città popolati di domestici e campagne coltivate da contadini. Tuttavia solo pochi lavoratori erano condannati all'ergastolo nelle miniere, nelle cave e nelle paludi da disseccare. Il grosso della popolazione, anche servile, era organizzato in "familiae" la proprietà privata era diffusa anche tra i servi, come pure l'abitudine di designare l'individuo con la doppia forma onomastica: prenome e gentilizio. All'interno del gruppo parentale si radicano valori da trasmettere, sia pure con ambizioni diverse a secondo della potenza del clan. Nascono le genealogie del gruppo familiare, i miti e le leggende; nelle sepolture si diffondono le urne fatte a capanna, mentre affreschi sempre più accurati narrano le origini illustri della famiglia sepolta. Il mito d'Enea che fugge da Troia in fiamme col vecchio padre sulle spalle, è già raffigurato nel V sec. a.C nelle terrecotte di Veio, mentre etrusca è la leggenda della lupa che allatta un bambino, raffigurata anche a Bologna: i Romani aggiungeranno il motivo dei gemelli. Una cerva infine allatta Telefo, figlio d'Ercole ed Auge, crudelmente separato da sua madre subito dopo il parto, tra i figli dell'eroe questi è il più somigliante ed il più determinato a seguirne le orme: cercherà addirittura d'impedire ai Greci di raggiungere Troia, ma Achille lo ferisce alla coscia e per la doppia influenza di Dioniso ed Apollo si tratta d'una piaga incantata, che solo lo stesso Achille può guarire... in cambio della promessa di non recare soccorso a Priamo. Tuttavia i suoi figli Tarconte e Tirseno dopo la caduta di Troia cercheranno rifugio in Etruria. Secondo un'altra versione invece sarà la figlia di Telefo, di nome Roma, che in greco vuol dire forza, a partire per il Lazio, dove prenderà dimora sul Palatino. Il ruolo d'eroina eponima comunque è condiviso da molte fanciulle troiane. I miti non si contano: la cultura orale non basta più. Dai Calcidesi di Pithecusa, clienti privilegiati, gli Etruschi apprendono l'uso della scrittura, con un alfabeto adattato dal greco, che fa la sua prima comparsa nel tempio di Uni a Tarquinia, la grande dea femminile. La donna, come tra i Celti ed i Germani, godeva di una notevole considerazione sociale, che ha fatto nascere la leggenda del matriarcato. In realtà il suo ruolo era strettamente legato alla struttura patriarcale e se aveva un indubbio valore come moglie, madre e sacerdotessa, non si ricorda nessuna donna che dirigesse una miniera o guidasse un esercito. Lanifica, domiseda, univira la definisce la tradizione: senza dubbio dirigeva la casa, s'occupava principalmente della filatura e tessitura della lana e sedeva accanto al proprio sposo nelle mense, ma non è sicuro che si sposasse per libera scelta: non abbiamo nessuna notizia di serve riconosciute come mogli legittime dai padroni e men che meno di nobildonne che abbiano potuto scegliersi un marito fuori dagli interessi del proprio clan. Va segnalata tuttavia l'abitudine di rappresentarla in urne cinerarie e veri e propri sarcofagi come una regina, spesso seduta in trono, che tra l'altro, come fra i Celti, era il seggio a lei riservato, o languidamente stesa accanto al proprio sposo, nel lettino dei banchetti. La sua partecipazione alle feste, che tanto ha scandalizzato i Greci, va tuttavia un po' ridimensionata: dagli affreschi si vede che in sala da pranzo scorrazzano liberamente cani, gatti e persino animali da cortile... sarebbe stato proprio il colmo proibire l'ingresso alla padrona di casa! Non mancano tombe di famiglia in cui l'urna rappresentante la donna è più grande di quella dello sposo. Tuttavia è poco per parlare di vero e proprio matriarcato, sarebbe più esatto parlare di "matrilinearità", tipica d'una società guerriera in cui gli uomini muoiono giovani e lontani ed il perno della famiglia resta quindi la madre. La scrittura in ogni caso nasce al femminile: i più antichi supporti scrittori appaiono mescolati a fusi, conocchie, rocchetti, pesi da telaio e fusaiole nelle tombe femminili di Veio e di Vulci. Evidentemente la produzione di tessuti di lana e lino era un lavoro rilevante sul piano sociale e strettamente legato alla trasmissione delle genealogie familiari. Forse sotto la direzione della "domina" s'apprendevano insieme i rudimenti d'entrambe le arti e non è escluso che, come si verificherà nel Medioevo, le dita delle donne abituate a filare e ricamare si rivelino più abili a scrivere di quelle dei guerrieri. Ad una donna in ogni caso apparteneva il "carro di Castel Mariano" esposto a Palazzo Grassi in occasione della mostra del 2000. Fu rinvenuto nel 1812 presso l'omonimo castello di Corciano, presso Perugia. Purtroppo secondo un uso abbastanza comune a quei tempi, i vari pezzi furono venduti all'asta ed acquisiti da più collezionisti. Palazzo Grassi ha raccolto i pezzi dai musei di: Perugia, Parigi, Berlino e Monaco. Non si è limitato ad esporre i frammenti ritrovati, che sono le lamine bronzee di rivestimento e le statuette angolari, ma ha voluto esporre anche una ricostruzione completa, che possa dar l'idea del carro originale: un modello da passeggio, leggero e facilmente manovrabile, a due ruote. Questo carro dice molto sulla posizione della donna etrusca. Bisogna aspettare la Rivoluzione Francese perché le signore si rechino di nuovo a passeggio con carri tanto leggeri ed anche allora suscitando un certo scandalo. Greche, Romane, gentildonne del Medioevo e del primo Rinascimento dovranno imparare a cavalcare... o farsi trasportare in lettiga!
    
Le immagini inserite nell'articolo provengono dalla Mostra sugli Etruschi di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

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