INDICE DI SEZIONE
 

Gli Etruschi
Romolo A. Staccioli

:: VAI ALLA SCHEDA ::

SEI INTERESSATO AD UN LIBRO SPECIFICO? EFFETTUA UNA RICERCA APPROFONDITA

         LIVE HELP
       NEWSLETTER

Inserisci la tua mail per ricevere gli aggiornamenti mensili del portale. Non perderti nulla del mondo "Daltramontoallalba.it"!

      ADVERTISING
 

 

La religione etrusca
a cura di Mary Falco

Contrariamente a quanto si può pensare tuttavia l'etrusco, circondato da tanta ricchezza, non smette mai di pensare a Dio. Attento osservatore del cielo ed esperto conoscitore dei cicli stagionali, come vuole la sua professione composita di navigante, coltivatore ed estrattore di metalli, conserva un profondo atteggiamento mistico nei confronti dei fenomeni naturali: in tutto ciò che accade vede il riflesso del favore o della collera divina ed è ansioso di meritare un giudizio positivo. Ritiene un dovere non solo rispettare la natura, ma migliorarla dove può, come quando bonifica una palude o "purifica" il territorio dove s'è abbattuto un fulmine. La religione etrusca è rivelata da una zolla di terra appena arata che si muove da sola. Al contadino accorso ad ammirare il prodigio, un minuscolo essere Tagete predica non ardite norme etiche, ma il corretto modo di tracciare i confini tra i campi, d'osservare il volo degli uccelli, di proteggersi dai fulmini e dai terremoti, allora anche più frequenti d'oggi. Più tardi la ninfa Vegoia spiegherà il corretto uso delle acque e dei frutti terrestri. In una società urbana dalle precoci aperture, in cui anche i servi più modesti avevano diritto ad una vita propria, la professione d'aruspice resta rigorosamente riservata agli aristocratici, uomini e donne. Le nostre conoscenze in fatto di religione etrusca derivano da due fonti: dati archeologici e testimonianze documentarie di scrittori romani, che ricorrevano loro per proporre una "procuratio" ossia per porre rimedio ad eventi prodigiosi che facessero sospettare la collera degli dei e far tornare la "pax deorum"; la religiosità degli Etruschi era talmente nota da suggerire anche una curiosa etimologia del nome Thyrrhenoi da "thyein", che vorrebbe dire sacrificare. Il segno divino, definito con linguaggio tecnico "ostentum" viene analizzato in maniera estremamente minuziosa e se ne studia in forma altrettanto accurata la "procuratio" o rimedio. Mentre per ciò che riguarda la sfera privata e familiare non abbiamo alcune testimonianze, tutti i prodigi riguardanti il potere erano fatti oggetto d'un'analisi particolarmente attenta e fu proprio questo ruolo politico a guadagnare agli aruspici etruschi un ruolo ufficiale nella scena politica romana. Tuttavia i Romani avevano un carattere troppo pratico per capire le motivazioni profonde della religione etrusca, che come quella celtica aveva una forte componente sciamanica e si basava sostanzialmente sull'apprendimento orale, custodito da una casta sacerdotale chiusa. L'osservazione attenta di fenomeni mai capiti fece nascere tante leggende strane, come quella che i sacerdoti etruschi potessero evocare a piacimento tempeste e tuoni. Certamente l'attenta osservazione della natura e la comunione con piante ed animali produceva una simbiosi con l'ambiente maggiore di quella verificata e pianificata dalla ragione, ma questo non comporta necessariamente l'uso di pratiche magiche. Il buco nell'ozono, l'inquinamento e la mucca pazza stanno a dimostrare che l'approccio tecnico scientifico non è ne' l'unico ne' il migliore possibile! Per secoli ci si è dovuti accontentare delle testimonianze romane e quindi poco obbiettive, ma oggi l'archeologia ha fatto grandi passi, abbiamo in particolare due documenti eccezionali, senza mediazioni: si tratta del "liber linteus" di Zagabria, un calendario sacrale realizzato in lino e compilato nel II a.C. in area cortonese o perugina, tagliato e riadoperato per far bende in una mummia d'Egitto ed il "Fegato di Piacenza" un modellino di bronzo di fegato di pecora, sempre del II a. C. recante indicazioni epigrafiche atte a trarre auspici. Gli Etruschi infatti condividevano con gli Ittiti la concezione d'una perfetta corrispondenza magica tra gli organi degli animali ed il cielo, tanto da realizzare questa specie di "mappa" per trovare subito gli spazi celesti ed inferi legati alle varie divinità. Veniamo così a conoscenza delle principali divinità etrusche: Tinia=Zeus Giove (divinità legata anche al culto celtico del Dio Thor), Uni=Hera Juno, Turan=Afrodite Venere, Turms=Hermes Mercurio, Nethunus=Poseidone Nettuno, Menerva=Athena Minerva e Maris=Ares Marte. Non sempre però esiste questa completa corrispondenza: il principale dio Etrusco, venerato nel santuario federale di Volsini col nome di Voltumna non corrisponde ad alcuna figura greca o romana, mentre, al contrario, Ercole è completamente importato da Cartagine insieme ad Astarte, che si fonde non già con Turan, bensì con Uni, principale dea femminile, infine Artemide ed Apollo verranno direttamente dalla Grecia, senza nessuna fusione locale. Le dee etrusche sono comunque più dolci delle sorelle greche, introducendo anche a Roma la stessa visione bonaria: Ercole sarà praticamente adottato da Giunone, attraverso il famoso espediente del latte da cui scaturiranno i gigli e le stelle della Via Lattea, mentre Ippolito, che nella tragedia greca muore, trova seconda vita nelle selve del Lazio dove, col nome di Virbio, sposerà la ninfa Aricia. Tornando ai reperti archeologici, che son poi quelli da cui traggono alimento le storie mitologiche, c'è il "Tegolo di Capua", risalente al V sec. a. C. un rituale relativo alla sfera infera da osservarsi per i mesi che vanno da marzo ad ottobre, inciso su una tegola rinvenuta appunto a Capua, per molti secoli capitale della Campania etrusca ed infine la lamina di Santa Marinella, del VI sec. a. C. testo forse oracolare di un santuario cerite. Si tratta sempre e comunque di testi religiosi, che vanno ad affiancarsi alle iscrizioni delle tombe e si riducono in ogni caso a semplici norme per la misurazione del tempo e dello spazio. La prescrizione vera e propria era sempre dominio esclusivo dell'aruspice, che data la situazione consigliava di volta in volta il da farsi. Il rigoroso rispetto delle norme non deve tuttavia far pensare ad un rigido fatalismo, al contrario l'idea era appunto di sottrarsi progressivamente al peso delle leggi materiali per vivere in una dimensione più spirituale attraverso la pratica religiosa. Qualsiasi destino poteva essere mutato da un opportuno rituale ed un eventuale debito contratto con gli dei, che comportasse una pena, poteva essere rimandato di almeno dieci anni, fino al raggiungimento del settantesimo anno d'età, quando l'uomo era considerato una specie di "sopravvissuto" ed il suo destino apparteneva ormai agli dei, senza nessuna possibilità d'intervento o modifica.
    
Le immagini inserite nell'articolo provengono dalla Mostra sugli Etruschi di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

Visita il sito personale di Mary Falco