Bisogna
fare un piccolo sforzo
per pensare al mondo
d'allora. La regione è
naturalmente ricca ed
anche molto più
selvaggia di quanto non
appaia oggi. I fiumi
Fiora, che si getta nel
Tirreno e Paglia,
affluente del Tevere,
hanno carattere
torrentizio ed
impetuoso; laghi
d'origine vulcanica,
come Bracciano, Vico e
Bolsena, sono circondati
da rilievi montani,
terreni alluvionali e
pianori tufacei, ricchi
di querce, faggi e
conifere. Dalla costa
una fitta macchia
mediterranea s'estende
fino alle propaggini
delle foreste e fino al
III secolo a. C. non si
conosce la malaria,
neppure nelle zone
paludose. Il patrimonio
faunistico è
ricchissimo: cinghiali,
lepri, volpi, cervi,
orsi, lupi, capre
selvatiche lontre e
castori a terra, anitre,
corvi, picchi, civette,
cigni, falchi ed aquile
in cielo! In questo
paradiso terrestre
s'organizzano i primi
villaggi di cultura
"villanoviana" chiamata
così da Villanova,
presso Bologna, dove
avvennero i primi
ritrovamenti. Si tratta
d'una civiltà agricola
molto progredita,
caratterizzata dall'uso
d'incinerare i propri
defunti e seppellire le
urne con tutti gli
onori, che poi diventerà
caratteristico della
civiltà etrusca. La zona
si trova esposta al
duplice influsso celtico
e greco, mediandone le
caratteristiche. Già
alla fine dell'età del
Bronzo infatti
un'intensa circolazione
di manufatti percorreva
la penisola dalle Alpi
Orientali alla Sicilia:
si navigavano con
destrezza mare e fiumi e
si trasportano mercanzie
sui monti, a dorso di
mulo. I manufatti
appartenevano ad un più
largo giro commerciale:
in principio era il
frumento ad essere
scambiato con giare di
vino, olio e sale, poi
droghe e ceramiche
furono imballate nelle
pezze di lana ed infine
ecco comparire sul
mercato metalli, seta ed
ambra. Il santuario di
Demetra, attivo centro
d'accoglienza, fondato a
Selinunte nel VII sec.
a. C. certamente in
onore alla dea, ma non
solo per motivi
devozionali, testimonia
l'intenso traffico da
cui era interessata la
zona. I metalli sono
estratti nell'attuale
Toscana. L'isola d'Elba
trae il suo nome dal
greco Aithaleia, che
vuol dire nera di
fuliggine. Col passaggio
all'età del Ferro
s'assiste dunque ad un
grandioso processo di
trasformazione
dell'assetto
territoriale,
soprattutto nella
Toscana meridionale, che
comporta di norma
l'abbandono dei villaggi
d'altura e
l'organizzazione a valle
d'insediamenti di
100-150 ettari,
enormemente più estesi
ed animati da un'intensa
concentrazione
demografica. Si viveva
in "case-ripostiglio":
edifici rettangolari in
cui trovavano posto
circa una cinquantina di
famiglie; nel fondo era
riposta con cura una
ricchissima raccolta
d'oggetti metallici
finemente intagliati,
che oggi fanno la gioia
degli archeologi. Si
tratta d'una grossa
rivoluzione rispetto
alle capanne circolari
della preistoria e
testimonia una vita in
comune già organizzata.
I nuovi villaggi si
chiameranno poi Veio,
Tarquinia, Vulci,
Orvieto-Volsinii,
Bisenzio e Cerveteri.
Populonia sarà definita
la Pittsburg
dell'antichità. La
trasformazione è stata
rapida, ma non
immediata: per una larga
fase dell'età del
Bronzo, dicono gli
esperti, s'è verificato
un crescente accumulo di
ricchezza, derivante
soprattutto
dall'estrazione e dal
commercio dei metalli,
ma anche dalla crescente
capacità di sfruttamento
delle risorse agricole,
che ha motivato e
finanziato un nuovo
stile di vita. Da
un'economia basata
essenzialmente sulla
pastorizia, spesso
legata ancora ad
insediamenti stagionali,
che nei periodi di
carestia si trasformava
in brigantaggio, si
passa al potenziamento
delle attività stabili,
come la coltivazione di
cereali, soprattutto il
farro, e l'allevamento
di bovini, caprovini e
maiali. La caccia
diventa un fenomeno
marginale ed il mondo
guerriero intuito dietro
all'età del ferro sembra
inghiottito da una
facciata d'egualitarismo
più volte segnato nelle
necropoli del X e del IX
secolo a.C. In realtà è
solo un'impressione: con
lo sfruttamento della
terra, ma soprattutto
delle miniere, dove
lavorano schiavi di
guerra, nasce e si
sviluppa la proprietà
privata e ben presto si
crea uno squilibrio tra
i gruppi sociali in
grado di accaparrarsi le
parti più estese del
territorio a scapito del
resto della popolazione,
fino all'emergere d'una
vera e propria classe
aristocratica nel corso
del VIII secolo a C.,
qualificata per
ricchezza e potenza
militare. La vecchia
distinzione fra pastori
e contadini cede il
posto ad una gamma
d'attività, spesso
legate fra loro. In
qualche modo tutte
alimentano il commercio,
soprattutto per mare.
Qualcuno lo chiama
brigantaggio. Quel che è
certo è che nessun uomo
di rango esce di casa
disarmato. Non
s'estrarrà metallo per
niente! Si fa uso dei
famosi carri da guerra
descritti da Omero e si
sono ritrovate numerose
armi, quasi tutte in
bronzo: le più belle non
han mai combattuto, ma
son state depositate
nella tomba nuove, per
designare lo "status"
del defunto; i veri
reperti bellici invece
sono il pessime
condizioni, perché
sepolti per secoli nella
nuda terra; il bordo
degli elmi reca il nome
della milizia
d'appartenenza, si
combatteva infatti per
mezzo di contingenti
privati, che
rappresentano un po' un
compromesso tra i
mercenari veri e propri
e l'esercito cittadino.
Un'attenta opera di
restauro ed integrazione
ci restituisce di tanto
in tanto frammenti di
questa realtà, perché se
i reperti di metallo
sono intatti, le parti
in legno, gli abiti ed i
caratteristici cesti di
cibi che si offrivano
agli dei dell'oltretomba
sono ormai polverizzati.
Il grande rimpianto
degli etruscologi è
infatti la completa
mancanza delle vesti,
che la tradizione e gli
affreschi rimastici
dipingono vivaci e
sontuose: lino e lana
erano lavorati con
enorme perizia,
mantelli, veli e cappe
erano allacciati secondo
l'uso celtico con fibule
preziose, abbondava
l'uso della porpora e
dell'indaco, ricamati
anche in oro ed argento,
mentre le calzature e le
borse in cuoio erano
ornate con borchie di
bronzo e pietre dure.
Ormai l'Etruria tutta
appare come un grande
paese d'allevatori ed
agricoltori aperto alle
influenze orientali.
Situato com'è fra nord e
sud assorbe e trasforma
entrambe le mentalità. I
Celti ed i Germani
vivono ancora secondo i
ritmi d'una natura
spesso ostile, ma
rigogliosa, l'Egitto e
la Palestina strappano
faticosamente terra al
deserto, la Grecia è
ormai completamente
urbanizzata ed
organizzata per vivere
di commercio. L'Etruria
elabora un ordine
particolare, un
equilibrio delicatissimo
fra una natura generosa,
ma piena di pericoli e
l'uomo che s'appresta a
volgerla pienamente a
proprio vantaggio.
Le immagini inserite
nell'articolo provengono
dalla Mostra sugli
Etruschi di Palazzo
Grassi
www.palazzograssi.it
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di
Mary Falco
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