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Gli Etruschi
Romolo A. Staccioli

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L'origine e la diffusione della civiltà villanoviana
a cura di Mary Falco

Bisogna fare un piccolo sforzo per pensare al mondo d'allora. La regione è naturalmente ricca ed anche molto più selvaggia di quanto non appaia oggi. I fiumi Fiora, che si getta nel Tirreno e Paglia, affluente del Tevere, hanno carattere torrentizio ed impetuoso; laghi d'origine vulcanica, come Bracciano, Vico e Bolsena, sono circondati da rilievi montani, terreni alluvionali e pianori tufacei, ricchi di querce, faggi e conifere. Dalla costa una fitta macchia mediterranea s'estende fino alle propaggini delle foreste e fino al III secolo a. C. non si conosce la malaria, neppure nelle zone paludose. Il patrimonio faunistico è ricchissimo: cinghiali, lepri, volpi, cervi, orsi, lupi, capre selvatiche lontre e castori a terra, anitre, corvi, picchi, civette, cigni, falchi ed aquile in cielo! In questo paradiso terrestre s'organizzano i primi villaggi di cultura "villanoviana" chiamata così da Villanova, presso Bologna, dove avvennero i primi ritrovamenti. Si tratta d'una civiltà agricola molto progredita, caratterizzata dall'uso d'incinerare i propri defunti e seppellire le urne con tutti gli onori, che poi diventerà caratteristico della civiltà etrusca. La zona si trova esposta al duplice influsso celtico e greco, mediandone le caratteristiche. Già alla fine dell'età del Bronzo infatti un'intensa circolazione di manufatti percorreva la penisola dalle Alpi Orientali alla Sicilia: si navigavano con destrezza mare e fiumi e si trasportano mercanzie sui monti, a dorso di mulo. I manufatti appartenevano ad un più largo giro commerciale: in principio era il frumento ad essere scambiato con giare di vino, olio e sale, poi droghe e ceramiche furono imballate nelle pezze di lana ed infine ecco comparire sul mercato metalli, seta ed ambra. Il santuario di Demetra, attivo centro d'accoglienza, fondato a Selinunte nel VII sec. a. C. certamente in onore alla dea, ma non solo per motivi devozionali, testimonia l'intenso traffico da cui era interessata la zona. I metalli sono estratti nell'attuale Toscana. L'isola d'Elba trae il suo nome dal greco Aithaleia, che vuol dire nera di fuliggine. Col passaggio all'età del Ferro s'assiste dunque ad un grandioso processo di trasformazione dell'assetto territoriale, soprattutto nella Toscana meridionale, che comporta di norma l'abbandono dei villaggi d'altura e l'organizzazione a valle d'insediamenti di 100-150 ettari, enormemente più estesi ed animati da un'intensa concentrazione demografica. Si viveva in "case-ripostiglio": edifici rettangolari in cui trovavano posto circa una cinquantina di famiglie; nel fondo era riposta con cura una ricchissima raccolta d'oggetti metallici finemente intagliati, che oggi fanno la gioia degli archeologi. Si tratta d'una grossa rivoluzione rispetto alle capanne circolari della preistoria e testimonia una vita in comune già organizzata. I nuovi villaggi si chiameranno poi Veio, Tarquinia, Vulci, Orvieto-Volsinii, Bisenzio e Cerveteri. Populonia sarà definita la Pittsburg dell'antichità. La trasformazione è stata rapida, ma non immediata: per una larga fase dell'età del Bronzo, dicono gli esperti, s'è verificato un crescente accumulo di ricchezza, derivante soprattutto dall'estrazione e dal commercio dei metalli, ma anche dalla crescente capacità di sfruttamento delle risorse agricole, che ha motivato e finanziato un nuovo stile di vita. Da un'economia basata essenzialmente sulla pastorizia, spesso legata ancora ad insediamenti stagionali, che nei periodi di carestia si trasformava in brigantaggio, si passa al potenziamento delle attività stabili, come la coltivazione di cereali, soprattutto il farro, e l'allevamento di bovini, caprovini e maiali. La caccia diventa un fenomeno marginale ed il mondo guerriero intuito dietro all'età del ferro sembra inghiottito da una facciata d'egualitarismo più volte segnato nelle necropoli del X e del IX secolo a.C. In realtà è solo un'impressione: con lo sfruttamento della terra, ma soprattutto delle miniere, dove lavorano schiavi di guerra, nasce e si sviluppa la proprietà privata e ben presto si crea uno squilibrio tra i gruppi sociali in grado di accaparrarsi le parti più estese del territorio a scapito del resto della popolazione, fino all'emergere d'una vera e propria classe aristocratica nel corso del VIII secolo a C., qualificata per ricchezza e potenza militare. La vecchia distinzione fra pastori e contadini cede il posto ad una gamma d'attività, spesso legate fra loro. In qualche modo tutte alimentano il commercio, soprattutto per mare. Qualcuno lo chiama brigantaggio. Quel che è certo è che nessun uomo di rango esce di casa disarmato. Non s'estrarrà metallo per niente! Si fa uso dei famosi carri da guerra descritti da Omero e si sono ritrovate numerose armi, quasi tutte in bronzo: le più belle non han mai combattuto, ma son state depositate nella tomba nuove, per designare lo "status" del defunto; i veri reperti bellici invece sono il pessime condizioni, perché sepolti per secoli nella nuda terra; il bordo degli elmi reca il nome della milizia d'appartenenza, si combatteva infatti per mezzo di contingenti privati, che rappresentano un po' un compromesso tra i mercenari veri e propri e l'esercito cittadino. Un'attenta opera di restauro ed integrazione ci restituisce di tanto in tanto frammenti di questa realtà, perché se i reperti di metallo sono intatti, le parti in legno, gli abiti ed i caratteristici cesti di cibi che si offrivano agli dei dell'oltretomba sono ormai polverizzati. Il grande rimpianto degli etruscologi è infatti la completa mancanza delle vesti, che la tradizione e gli affreschi rimastici dipingono vivaci e sontuose: lino e lana erano lavorati con enorme perizia, mantelli, veli e cappe erano allacciati secondo l'uso celtico con fibule preziose, abbondava l'uso della porpora e dell'indaco, ricamati anche in oro ed argento, mentre le calzature e le borse in cuoio erano ornate con borchie di bronzo e pietre dure. Ormai l'Etruria tutta appare come un grande paese d'allevatori ed agricoltori aperto alle influenze orientali. Situato com'è fra nord e sud assorbe e trasforma entrambe le mentalità. I Celti ed i Germani vivono ancora secondo i ritmi d'una natura spesso ostile, ma rigogliosa, l'Egitto e la Palestina strappano faticosamente terra al deserto, la Grecia è ormai completamente urbanizzata ed organizzata per vivere di commercio. L'Etruria elabora un ordine particolare, un equilibrio delicatissimo fra una natura generosa, ma piena di pericoli e l'uomo che s'appresta a volgerla pienamente a proprio vantaggio.
    
Le immagini inserite nell'articolo provengono dalla Mostra sugli Etruschi di Palazzo Grassi www.palazzograssi.it

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