La
pianta d'origini
antichissime e
proveniente dalle
regioni transcaucasiche,
è conosciuta in
moltissime parti del
mondo; probabilmente
originaria dell’Asia
centrale e occidentale,
fu diffusa in Europa fin
dai tempi più remoti. Si
suppone che fin dal
Neolitico, l’uomo abbia
conosciuto il melo e ne
abbia apprezzato i
frutti. Tra le varie
testimonianze della vita
preistorica si sono
trovate mele
carbonizzate in siti
preistorici svizzeri,
austriaci, italiani e
svedesi; le mele erano
addirittura tagliate a
metà e a quarti e questo
particolare potrebbe
essere forse la prova
dell’abitudine di far
seccare i frutti per
l’inverno fin d'allora.
Le prime notizie certe a
proposito del melo
risalgono al XIII secolo
a.C., epoca in cui era
certamente coltivato in
Egitto e in Asia Minore.
Sette secoli dopo, i
testi greci ne parlano
diffusamente e
successivamente lo
citano gli autori
latini. Plinio, ad
esempio, ne descrive
trenta varietà e
racconta che gli
Etruschi, prima dei
Romani, erano abilissimi
negli innesti. Oggi il
melo è indubbiamente
l’albero più coltivato
nel mondo e la sua
fortuna è stata di
sicuro favorita dai
lunghi tempi di
conservazione e dalla
facilità di trasporto
dei suoi frutti. La
sottospecie più
conosciuta è il malus
communis pumila, da cui
si sono ottenute gran
parte delle varietà di
mele presenti sul nostro
mercato. Può raggiungere
gli 8-10 metri
d'altezza, ha foglie di
color verde scuro di
forma ovale con il
margine seghettato, i
fiori sono composti da
cinque petali di color
bianco rosato. Produce
frutti di forma
tondeggiante le cui
dimensioni e colore
variano secondo le
numerosissime varietà
attualmente coltivate.
Negli ultimi anni c'è
stata una tendenza a
suggerire vecchie
varietà di melo ormai
abbandonate, le quali
hanno ottime
caratteristiche
organolettiche e
soprattutto una
grandissima resistenza
alle più diffuse
malattie. Le mele, oltre
che per il consumo
fresco, sono utilizzate
dall'industria per la
produzione di
marmellate, succhi,
gelatine e per
l'essiccazione. Altre
specie sono utilizzate
per la produzione di
piantine da
portainnesto. Sono
numerosissimi i
portainnesti utilizzati
per il melo, i più
diffusi sono il franco,
il dolcino, il paradiso,
e i vari portainnesti
clonali. L'innesto sul
franco dà un grande
sviluppo, rendendo la
pianta molto longeva ed
esaltando le
caratteristiche dei
frutti, entra però in
produzione molto tardi.
Il dolcino e il paradiso
sono utilizzati per
ottenere forme molto
ridotte con il vantaggio
di avere abbondanti e
precoci produzioni,
infatti, con questi
portainnesti si possono
raccogliere le mele già
dal primo anno dopo
l'impianto. Gli altri
portainnesti ottenuti da
cloni di dolcino e
paradiso, sono
classificati in base
alla vigoria che danno
alle piante innestate su
di loro, sono utilizzati
esclusivamente per i
frutteti da produzione e
la loro scelta varia in
conformità del tipo di
varietà, dal tipo di
terreno e dal clima
della zona su cui si
deve realizzare il
frutteto. La
coltivazione del melo è
molto diffusa in Italia,
infatti, prediligendo i
climi umidi e freddi, la
maggior concentrazione
dei frutteti da
produzione si trova in
tutto l'arco alpino.
Nella nostra lingua il
nome del melo è la
traduzione del latino
malum, che deriva a sua
volta dal dorico mâlon,
in francese si usa il
termine pomme, che
designa qualsiasi tipo
di frutto a nocciolo o a
semi, infine in inglese
e tedesco apple ed Apfel,
che derivano dalla
radice indoeuropea abel.
Per il noto dio
Apollo è
stata proposta
un'etimologia nordica
che ha a che fare con
l'albero del melo (mela
è Abal in celtico),
sacro ai Celti. Infine
in bretone ed in gallese
abbiamo aval, da cui la
mitica isola di Avalon,
paradiso di meli in
fiore. Nonostante la sua
diffusione enorme e la
relativa facilità di
coltivazione, il melo
continua ad essere in
tutte le culture un
frutto magico… e quindi
pericoloso quando
finisce nelle mani
sbagliate. Nel Paradiso
Terrestre, lo sanno
anche i bambini, è il
frutto proibito ed una
volta tanto la
tradizione biblica
concorda con tutte le
altre. Gli Dei
dell’antico Egitto
ricevevano in dono ceste
colme di saporitissime
mele. La madre Terra
aveva regalato ad Era
questi frutti salvifici
per le sue nozze, e ne
era nato uno splendido
giardino sulle pendici
del monte Atlante che
nessun piede umano
poteva calpestare. Il re
Euristeo allora spedì
Ercole a sottrarre le
famose mele d’oro dal
giardino delle Esperidi
col chiaro intento di
perderlo, ma
naturalmente non vi
riuscì ed Ercole tornò
ancor più vittorioso da
quell’impresa, la sua
undicesima fatica. Una
curiosità: il giardino
era situato
all’estremità
occidentale del mondo
allora conosciuto ed era
bagnato dal fiume
Eridano, antico nome del
Po. Giorgione recupera
una tradizione ancora
viva nel Cinquecento
dipingendo l’impresa sul
fondaco dei Tedeschi, in
una posizione illuminata
appunto dal sole del
tramonto. Poi c’è la
famosa mela d’oro che la
Discordia gettò sulla
tavola del banchetto
nuziale di Peleo e Teti,
che poi Paride diede
alla bellissima Venere,
scatenando la guerra di
Troia. Secondo Alfredo
Cattabiani tutta la
vicenda sarebbe derivata
dall’errata lettura di
un affresco
rappresentante appunto
Ercole che non dava, ma
riceveva la mela dalle
tre Esperidi. Sono
passate alla storia
anche le mele di
Ippomene che distraendo
Atalanta, gli permisero
di vincerla alla corsa e
sposarla. Nella Grecia
storica il melo era
sacro a Venere
(probabilmente appunto
in omaggio alla scelta
di Paride) ed il suo
frutto n'era addirittura
considerato un'epifania.
Nel giardino di Saffo ce
n’era uno e la raccolta
delle mele ha ispirato
teneri versi:
In un frutteto, gli
uomini hanno appena
finito di raccogliere le
mele.
Ne hanno raccolte a
ceste, le hanno raccolte
tutte.
Ma sul ramo più alto di
un grande melo ne è
rimasta una, forse la
più bella.
Perché l’hanno lasciata
lassù? - ci si chiede -
non era matura?
No. Non l’hanno vista.
Nelle tradizioni
celtiche, il pomo è un
frutto di scienza, di
magia e di rivelazione.
È anche un nutrimento
meraviglioso. La donna
dell’Altro Mondo,
naturalmente bellissima,
che viene a cercare
Condle, il figlio del re
Conn dalle cento
battaglie, gli consegna
un pomo che lo nutre per
un mese e non si consuma
mai. Fra gli oggetti
meravigliosi la cui
ricerca è imposta dal
dio Lug ai tre figli di
Tuireann, in espiazione
dell’omicidio di suo
padre Cian, figurano i
tre pomi del giardino
delle Esperidi: chiunque
ne mangi non avrà più
fame e sete, dolore e
malattia ed essi
non si consumano mai. In
alcuni racconti bretoni,
mangiare un pomo
costituisce il prologo
di una profezia. Se il
pomo è un frutto
meraviglioso, il melo (abellio,
in celtico) è anch’esso
un albero dell’Altro
Mondo. La donna
dell’Altro Mondo che va
a cercare Bran, gli dà
un ramo di melo prima di
trascinarlo al di là del
mare. Emain Ablach in
irlandese, Ynys Afallach
in gallese, l’isola d’Avalon,
altrimenti detta il
pometo, sono i nomi di
questo soggiorno mitico
in cui riposano i re e
gli eroi defunti. Nella
tradizione britannica,
re Artù vi si rifugiò in
attesa di venir liberato
ad opera dei suoi
compatrioti gallici e
bretoni dal giogo
straniero. Merlino
ammaestra sotto un melo.
Sempre nella tradizione
celtica, il suo legno è
uno dei nove Legni Sacri
dei Druidi, usato per
accendere i fuochi delle
cerimonie. Presso i
Galli era un albero
sacro come la quercia.
Nella mitologia
scandinava troviamo
invece la mela
dell’eterna giovinezza
che Indhunn teneva ad
Asgard, e quella
lanciata da una donna
dell’Isola della Vita a
Conle, che lo nutri’ per
un mese facendolo
spasimare d’amore.
Perfino presso gli
Irochesi, indiani del
Nord America un tempo
fra i più potenti, che
sopravvivono oggi in
piccole riserve, un
albero di mele è
ritenuto il centro del
cielo Credenze che
superano qualsiasi
confine geografico e
culturale, come nei
paesi del Nord Europa,
nei misteriosi riti
voodo dell’America
Centrale, la mela
serviva e serve per
preparare potenti filtri
d’amore, I racconti
medievali sono fitti di
mele fatate o che
donavano l’immortalità,
simboli di potere
durante il Sacro Romano
Impero o secondo Dante
Alighieri, di Dio
stesso. Guglielmo Tell
invece centra una mela
posta sul capo del
figlio e diventa l’eroe
nazionale svizzero. Una
provvidenziale mela
caduta in testa ad Isaac
Newton, sembra gli abbia
permesso di intuire il
meccanismo della
gravita’. Se dici oggi
"La grande mela"
l’interpretazione è
univoca: New York la
citta’ mito della vita
moderna. La farmacopea
moderna riconosce alla
mela proprietà calmanti,
rinfrescante,
febbrifuga, diuretica,
antidiarroica e
lassativa. Gli erboristi
si spingono più in là
utilizzando anche fiori,
foglie e addirittura
corteccia! Nei ricettari
del '500 si tramandano
ancora ricette di mele
afrodisiache, soporifere
ed avvelenate, come
quella di Biancaneve.
Probabilmente perché
effettivamente è
possibile cuocere il
frutto in una pozione,
facendogliene assorbire
le proprietà e poi
caramellarlo per
mascherare il gusto. La
favola però si spinge
oltre quando mostra la
mela avvelenata confusa
con le altre ancora crud e!
Oggi grazie alle nuove
specie è possibile
coltivare una piccola
Avalon anche in
terrazza! Chi ha dunque
un po' di spazio
soleggiato può procedere
sicuro, trattando in
tutto e per tutto la
pianta come se fosse un
cespuglio di rose.
Effettivamente è una
rosacea. Del tutto
resistente al freddo, ha
bisogno tuttavia
d'un'accurata potatura
tardo-invernale,
soprattutto se costretta
in un vaso. Come per
molte altre piante,
anche per il melo è
consigliata la
concimazione, fatta
possibilmente ogni anno,
con letame ben maturo o
altri concimi d'origine
organica, integrandoli
con concimi chimici
complessi a base di
azoto, fosforo, potassio
e microelementi, usando
percentuali più alte di
azoto e fosforo in
primavera, per favorire
lo sviluppo della pianta
sia nella parte aerea
sia in quella radicale,
con percentuali più alte
degli altri elementi
durante l'estate fino a
settembre, per favorire
la messa a frutto,
ricordando che il
potassio ha una spiccata
influenza sulla
colorazione dei frutti.
I parassiti animali che
attaccano il melo sono:
gli
afidi, che si
annidano sui germogli e
sulle foglie
accartocciandole; le
cocciniglie
che possono danneggiare
i rami, le foglie e i
frutti indebolendo
sensibilmente la pianta;
la tignola che è una
larva che si nutre dei
germogli e delle foglie
ed infine la carpocapsa,
una larva che si nutre
dei frutti
danneggiandoli
irrimediabilmente. Per
quanto riguarda le
malattie di origine
fungina più note,
segnaliamo l'oidio
che è una muffa bianca
che si manifesta sulle
foglie e sui germogli e
la
ticchiolatura
che colpisce foglie e
frutti con macchie brune
necrotiche. Per tutti
ormai il fiorista ha
l'antidoto adatto. In
Trentino consigliano
invece d'allevare
coccinelle e
naturalmente di non
allontanare i
passerotti… sì sporcano
e beccano qualche mela,
ma sono golosi di
parassiti!
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di
Mary Falco
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