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Il Tempo dei Celti
Alexei Kondratiev

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L'erbario Celtico: il melo
a cura di Mary Falco

La pianta d'origini antichissime e proveniente dalle regioni transcaucasiche, è conosciuta in moltissime parti del mondo; probabilmente originaria dell’Asia centrale e occidentale, fu diffusa in Europa fin dai tempi più remoti. Si suppone che fin dal Neolitico, l’uomo abbia conosciuto il melo e ne abbia apprezzato i frutti. Tra le varie testimonianze della vita preistorica si sono trovate mele carbonizzate in siti preistorici svizzeri, austriaci, italiani e svedesi; le mele erano addirittura tagliate a metà e a quarti e questo particolare potrebbe essere forse la prova dell’abitudine di far seccare i frutti per l’inverno fin d'allora. Le prime notizie certe a proposito del melo risalgono al XIII secolo a.C., epoca in cui era certamente coltivato in Egitto e in Asia Minore. Sette secoli dopo, i testi greci ne parlano diffusamente e successivamente lo citano gli autori latini. Plinio, ad esempio, ne descrive trenta varietà e racconta che gli Etruschi, prima dei Romani, erano abilissimi negli innesti. Oggi il melo è indubbiamente l’albero più coltivato nel mondo e la sua fortuna è stata di sicuro favorita dai lunghi tempi di conservazione e dalla facilità di trasporto dei suoi frutti. La sottospecie più conosciuta è il malus communis pumila, da cui si sono ottenute gran parte delle varietà di mele presenti sul nostro mercato. Può raggiungere gli 8-10 metri d'altezza, ha foglie di color verde scuro di forma ovale con il margine seghettato, i fiori sono composti da cinque petali di color bianco rosato. Produce frutti di forma tondeggiante le cui dimensioni e colore variano secondo le numerosissime varietà attualmente coltivate. Negli ultimi anni c'è stata una tendenza a suggerire vecchie varietà di melo ormai abbandonate, le quali hanno ottime caratteristiche organolettiche e soprattutto una grandissima resistenza alle più diffuse malattie. Le mele, oltre che per il consumo fresco, sono utilizzate dall'industria per la produzione di marmellate, succhi, gelatine e per l'essiccazione. Altre specie sono utilizzate per la produzione di piantine da portainnesto. Sono numerosissimi i portainnesti utilizzati per il melo, i più diffusi sono il franco, il dolcino, il paradiso, e i vari portainnesti clonali. L'innesto sul franco dà un grande sviluppo, rendendo la pianta molto longeva ed esaltando le caratteristiche dei frutti, entra però in produzione molto tardi. Il dolcino e il paradiso sono utilizzati per ottenere forme molto ridotte con il vantaggio di avere abbondanti e precoci produzioni, infatti, con questi portainnesti si possono raccogliere le mele già dal primo anno dopo l'impianto. Gli altri portainnesti ottenuti da cloni di dolcino e paradiso, sono classificati in base alla vigoria che danno alle piante innestate su di loro, sono utilizzati esclusivamente per i frutteti da produzione e la loro scelta varia in conformità del tipo di varietà, dal tipo di terreno e dal clima della zona su cui si deve realizzare il frutteto. La coltivazione del melo è molto diffusa in Italia, infatti, prediligendo i climi umidi e freddi, la maggior concentrazione dei frutteti da produzione si trova in tutto l'arco alpino. Nella nostra lingua il nome del melo è la traduzione del latino malum, che deriva a sua volta dal dorico mâlon, in francese si usa il termine pomme, che designa qualsiasi tipo di frutto a nocciolo o a semi, infine in inglese e tedesco apple ed Apfel, che derivano dalla radice indoeuropea abel. Per il noto dio Apollo è stata proposta un'etimologia nordica che ha a che fare con l'albero del melo (mela è Abal in celtico), sacro ai Celti. Infine in bretone ed in gallese abbiamo aval, da cui la mitica isola di Avalon, paradiso di meli in fiore. Nonostante la sua diffusione enorme e la relativa facilità di coltivazione, il melo continua ad essere in tutte le culture un frutto magico… e quindi pericoloso quando finisce nelle mani sbagliate. Nel Paradiso Terrestre, lo sanno anche i bambini, è il frutto proibito ed una volta tanto la tradizione biblica concorda con tutte le altre. Gli Dei dell’antico Egitto ricevevano in dono ceste colme di saporitissime mele. La madre Terra aveva regalato ad Era questi frutti salvifici per le sue nozze, e ne era nato uno splendido giardino sulle pendici del monte Atlante che nessun piede umano poteva calpestare. Il re Euristeo allora spedì Ercole a sottrarre le famose mele d’oro dal giardino delle Esperidi col chiaro intento di perderlo, ma naturalmente non vi riuscì ed Ercole tornò ancor più vittorioso da quell’impresa, la sua undicesima fatica. Una curiosità: il giardino era situato all’estremità occidentale del mondo allora conosciuto ed era bagnato dal fiume Eridano, antico nome del Po. Giorgione recupera una tradizione ancora viva nel Cinquecento dipingendo l’impresa sul fondaco dei Tedeschi, in una posizione illuminata appunto dal sole del tramonto. Poi c’è la famosa mela d’oro che la Discordia gettò sulla tavola del banchetto nuziale di Peleo e Teti, che poi Paride diede alla bellissima Venere, scatenando la guerra di Troia. Secondo Alfredo Cattabiani tutta la vicenda sarebbe derivata dall’errata lettura di un affresco rappresentante appunto Ercole che non dava, ma riceveva la mela dalle tre Esperidi. Sono passate alla storia anche le mele di Ippomene che distraendo Atalanta, gli permisero di vincerla alla corsa e sposarla. Nella Grecia storica il melo era sacro a Venere (probabilmente appunto in omaggio alla scelta di Paride) ed il suo frutto n'era addirittura considerato un'epifania. Nel giardino di Saffo ce n’era uno e la raccolta delle mele ha ispirato teneri versi:

In un frutteto, gli uomini hanno appena finito di raccogliere le mele.
Ne hanno raccolte a ceste, le hanno raccolte tutte.
Ma sul ramo più alto di un grande melo ne è rimasta una, forse la più bella.
Perché l’hanno lasciata lassù? - ci si chiede - non era matura?
No. Non l’hanno vista.

Nelle tradizioni celtiche, il pomo è un frutto di scienza, di magia e di rivelazione. È anche un nutrimento meraviglioso. La donna dell’Altro Mondo, naturalmente bellissima, che viene a cercare Condle, il figlio del re Conn dalle cento battaglie, gli consegna un pomo che lo nutre per un mese e non si consuma mai. Fra gli oggetti meravigliosi la cui ricerca è imposta dal dio Lug ai tre figli di Tuireann, in espiazione dell’omicidio di suo padre Cian, figurano i tre pomi del giardino delle Esperidi: chiunque ne mangi non avrà più fame e sete, dolore e malattia ed essiSala del giudizio di Paride - Questa sala prende il nome dal dipinto sul soffitto, opera di Jacopo Amigoni (1682-1752). Di fronte a Paride, individuabile dal mantello rosso, sono raffigurate Venere nella sua nudità, Giunone maestosa e possente ed infine Diana con l'elmo, mentre una serie di puttini si alternano nel cielo. non si consumano mai. In alcuni racconti bretoni, mangiare un pomo costituisce il prologo di una profezia. Se il pomo è un frutto meraviglioso, il melo (abellio, in celtico) è anch’esso un albero dell’Altro Mondo. La donna dell’Altro Mondo che va a cercare Bran, gli dà un ramo di melo prima di trascinarlo al di là del mare. Emain Ablach in irlandese, Ynys Afallach in gallese, l’isola d’Avalon, altrimenti detta il pometo, sono i nomi di questo soggiorno mitico in cui riposano i re e gli eroi defunti. Nella tradizione britannica, re Artù vi si rifugiò in attesa di venir liberato ad opera dei suoi compatrioti gallici e bretoni dal giogo straniero. Merlino ammaestra sotto un melo. Sempre nella tradizione celtica, il suo legno è uno dei nove Legni Sacri dei Druidi, usato per accendere i fuochi delle cerimonie. Presso i Galli era un albero sacro come la quercia. Nella mitologia scandinava troviamo invece la mela dell’eterna giovinezza che Indhunn teneva ad Asgard, e quella lanciata da una donna dell’Isola della Vita a Conle, che lo nutri’ per un mese facendolo spasimare d’amore. Perfino presso gli Irochesi, indiani del Nord America un tempo fra i più potenti, che sopravvivono oggi in piccole riserve, un albero di mele è ritenuto il centro del cielo Credenze che superano qualsiasi confine geografico e culturale, come nei paesi del Nord Europa, nei misteriosi riti voodo dell’America Centrale, la mela serviva e serve per preparare potenti filtri d’amore, I racconti medievali sono fitti di mele fatate o che donavano l’immortalità, simboli di potere durante il Sacro Romano Impero o secondo Dante Alighieri, di Dio stesso. Guglielmo Tell invece centra una mela posta sul capo del figlio e diventa l’eroe nazionale svizzero. Una provvidenziale mela caduta in testa ad Isaac Newton, sembra gli abbia permesso di intuire il meccanismo della gravita’. Se dici oggi "La grande mela" l’interpretazione è univoca: New York la citta’ mito della vita moderna. La farmacopea moderna riconosce alla mela proprietà calmanti, rinfrescante, febbrifuga, diuretica, antidiarroica e lassativa. Gli erboristi si spingono più in là utilizzando anche fiori, foglie e addirittura corteccia! Nei ricettari del '500 si tramandano ancora ricette di mele afrodisiache, soporifere ed avvelenate, come quella di Biancaneve. Probabilmente perché effettivamente è possibile cuocere il frutto in una pozione, facendogliene assorbire le proprietà e poi caramellarlo per mascherare il gusto. La favola però si spinge oltre quando mostra la mela avvelenata confusa con le altre ancora crude! Oggi grazie alle nuove specie è possibile coltivare una piccola Avalon anche in terrazza! Chi ha dunque un po' di spazio soleggiato può procedere sicuro, trattando in tutto e per tutto la pianta come se fosse un cespuglio di rose. Effettivamente è una rosacea. Del tutto resistente al freddo, ha bisogno tuttavia d'un'accurata potatura tardo-invernale, soprattutto se costretta in un vaso. Come per molte altre piante, anche per il melo è consigliata la concimazione, fatta possibilmente ogni anno, con letame ben maturo o altri concimi d'origine organica, integrandoli con concimi chimici complessi a base di azoto, fosforo, potassio e microelementi, usando percentuali più alte di azoto e fosforo in primavera, per favorire lo sviluppo della pianta sia nella parte aerea sia in quella radicale, con percentuali più alte degli altri elementi durante l'estate fino a settembre, per favorire la messa a frutto, ricordando che il potassio ha una spiccata influenza sulla colorazione dei frutti. I parassiti animali che attaccano il melo sono: gli afidi, che si annidano sui germogli e sulle foglie accartocciandole; le cocciniglie che possono danneggiare i rami, le foglie e i frutti indebolendo sensibilmente la pianta; la tignola che è una larva che si nutre dei germogli e delle foglie ed infine la carpocapsa, una larva che si nutre dei frutti danneggiandoli irrimediabilmente. Per quanto riguarda le malattie di origine fungina più note, segnaliamo l'oidio che è una muffa bianca che si manifesta sulle foglie e sui germogli e la ticchiolatura che colpisce foglie e frutti con macchie brune necrotiche. Per tutti ormai il fiorista ha l'antidoto adatto. In Trentino consigliano invece d'allevare coccinelle e naturalmente di non allontanare i passerotti… sì sporcano e beccano qualche mela, ma sono golosi di parassiti!   

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