INDICE DI SEZIONE
 

I Misteri dei Celti
Stefano Mayorca

:: VAI ALLA SCHEDA ::

SEI INTERESSATO AD UN LIBRO SPECIFICO? EFFETTUA UNA RICERCA APPROFONDITA

         LIVE HELP
       NEWSLETTER

Inserisci la tua mail per ricevere gli aggiornamenti mensili del portale. Non perderti nulla del mondo "Daltramontoallalba.it"!

      ADVERTISING
 

 

Capodanno Celtico. Milano Castello Sforzesco 8 - 28 Ottobre
a cura di Mary Falco

“Chi non sarà presente alla riunione la notte di Samain perderà il senno ed ogni forza… per la mattina successiva si preparerà il suo tumulo.”

Così narrano, in diverse sfumature, le vecchie saghe d’Irlanda (Ogam X e XI), che sono la fonte più antica, sia pure con mille anni di ritardo, di tradizioni celtiche. I druidi infatti non hanno lasciato testi scritti e le testimonianze precedenti ci vengono soltanto da gente come Cesare, che aveva tutto l’interesse a denigrarli. Che accadeva in realtà a Samain o meglio, per usare il nome intero a TRINVXTION SAMONI SINDVOS? La festa era la più importante presso i Celti e si svolgeva, contemporaneamente alla levata eliaca della stella Antares, nei giorni che separavano l’anno vecchio da quello nuovo. Doveva inoltre soddisfare alcuni vincoli lunari essendo celebrata nel sedicesimo, diciassettesimo e diciottesimo giorno del mese di Samonios, come stabilisce il Calendario di Coligny, e quindi due, tre e quattro giorni dopo l’ultimo quarto di luna.
In questa data, che solo successivamente si fece coincidere con l’attuale 1 novembre, si riportava il bestiame al riparo e s’iniziava la vita in comune all’interno dei villaggi, mentre il 1 maggio, al contrario, si riprendevano tutte le attività all’aperto. L’anno era dunque diviso in due parti: la metà chiara, che coincideva con la bella stagione e quella scura. Le due date tuttavia non erano fisse come nel nostro calendario, ma calcolate di volta in volta dai druidi ed il momento di passaggio alla stagione invernale non apparteneva a nessuno dei due e si collocava quindi fuori dal tempo. Quella notte venivano a cadere le tradizionali barriere che dividevano il mondo reale da quello, diremmo oggi, “paranormale” e quindi la separazione tra vivi e morti. Di qui la necessità di riunirsi e vegliare, per non farsi sorprendere dall’imprevisto: la sera ci si recava alle tombe e spesso si passava là tutta la notte, al mattino si celebravano vistose feste di ringraziamento, perché il mondo continuava ad esistere. I detrattori di cui sopra fanno cadere in quest’occasione la spaventosa strage dei primogeniti al dio Crom Crualch, contro cui si possono portare gli argomenti presentati per tutti gli accadimenti analoghi… non ultima la nostra festa degli Innocenti, che cade per l’appunto nel cuore dell’inverno, il 28 dicembre. In un mondo che non conosceva ancora la luce elettrica ed il riscaldamento centralizzato, il cambio di stagione era vissuto effettivamente in modo traumatico, soprattutto se di fatto le stagioni erano due, così antitetiche fra loro come accade appunto nel nord. Un grande alone di mistero circonda, ancora in epoca cristiana, questa notte. Gran parte dei racconti epici e mitologici si collocano in questo periodo magico. Secondo gli amanti della tradizione si tratta solo del pallido riflesso, in epoca ormai cristiana, di quello che accadeva veramente e che nessuna lingua umana può narrare.
     
Certo era la più grande festa dei Celti: sam vuol dire al tempo stesso riunione e fine dell’estate. Ancora oggi il mese di novembre è chiamato in Irlanda “Samain”. Gli storici, naturalmente, vogliono riportare tutto ad un livello più accettabile. I guerrieri, che erano i veri protagonisti della festa, si davano a formidabili bevute e certamente si celebrava il matrimonio tra il re e la dea delle tenebre, rappresentata per l’occasione da una sacerdotessa, mentre tutti gli altri avevano egual occasione d’incontrarsi e stare allegri… non dimentichiamo che si trattava appunto del ritorno a casa di tanti uomini che passavano tutta la buona stagione lontani. Gli Ulati, i guerrieri irlandesi di cui abbiamo maggiori notizie, tenevano un’assemblea nella piana di Murthemme, ogni anno. Si riunivano tre giorni prima di Samain e si lasciavano solo tre giorni dopo. Doveva esserci cibo per tutti, perché bisognava mangiare, bere e stare allegri. Trattandosi dei guerrieri del re il luogo scelto per la riunione è, naturalmente, vicino alla reggia. Le tradizioni gaeliche effettivamente contano una legge che bandiva dal paese chiunque non si fosse presentato a corte per celebrare questa festa.
È veramente tutto? Francamente la strage dei primogeniti pecca per eccesso e la bevuta dei guerrieri del re per difetto! Jean Markale, uno dei più “esoterici” studiosi di storia celtica, ritiene che le usanze irlandesi siano solo il pallido ricordo della vera tradizione, che prima della conquista romana riuniva tutti i druidi in un posto segreto della foresta per celebrare non una festa civile, ma un rito sacro. Era proprio il rito a garantire la sopravvivenza della civiltà e la sua vittoria sulle oscure suggestioni del male. E non è escluso che la partecipazione ad esso, privilegio raro in principio, sia diventato col tempo una noiosa incombenza che bisognava imporre con la forza o quasi… è la vicenda di tutte le religioni di stato.
A.Gaspani, (titolare del corso annuale di Archeoastronomia all'Universita' Cardinal Colombo di Milano nonché membro de I.N.A.F. - Istituto Nazionale di Astrofisica Osservatorio Astronomico di Brera) suggerisce un diverso approccio e parla invece di “…un momento preciso nell’incessante rincorrersi delle stagioni in cui l’Altro Mondo ed il nostro s’incontrano. Il tempo è sospeso, è il tempo del non tempo dove tutto può accadere ed tutto accade. Avviene a Samain insieme fine ed inizio dell’anno celtico (…) la festa rappresentava un periodo favorevole, ideale per iniziare qualsiasi attività.”
Data l’importanza della ricorrenza era d’obbligo la partecipazione… ed importante il luogo in cui celebrarla. Se in Irlanda, come s’è visto in principio, ci si riuniva presso il re supremo, per quanto riguarda la Francia, Markale non ha dubbi: questo spazio magico era un tempo il folto della foresta ed è attualmente occupato dalla basilica di Chartres, cuore della Beauce e sede di un importante centro di studio delle tradizioni templari. Nella cripta della basilica si trova ancora oggi il pozzo dei “Sants Forts”, la cui fonte era oggetto di culto fin dalla più remota antichità. La Vergine Maria ha dunque occupato a buon diritto il posto dell’antica dea delle tenebre, mentre i cavalieri medievali sarebbero i più diretti discendenti dei druidi… e come tali s’attirarono l’odio del potere! Ma questa è un’altra storia.
La Madonna è effettivamente la protagonista dei due periodi di passaggio, perché le si dedica il mese di maggio e quello d’ottobre, col rosario… ma stranamente la gestione di novembre le sfugge o quasi. Unica eccezione è la “festa della Madonna della Salute”, celebrata a Venezia il 21 novembre, dedicata alla presentazione al tempio della Vergine Maria, che si rifà ad una tradizione ortodossa, perché la Chiesa greca era più attenta ai dettagli domestici della Sacra Famiglia. Dobbiamo attendere l’8 dicembre per un’importante celebrazione mariana che interessi tutta la cristianità.
Il “capodanno celtico” continuò ad essere considerato sacro in epoca cristiana, tanto che la Chiesa, preoccupata dell’alone magico e pagano che circondava questa festa, l’ha dedicata ai Santi fin dai tempi di Carlo Magno, aggiungendovi poi la commemorazione di tutti i defunti il 2 novembre, San Carlo Borromeo il 4 ed il famoso San Martino di Tours all’11… con scarsi risultati, se pensiamo che ancor oggi, la notte del 31, i bimbi vagano di casa in casa vestiti da fantasmi gridando il tradizionale ritornello: “dolcetto o scherzetto”.
A Milano da otto anni si è addirittura invertita la tendenza: non più tentativi più o meno riusciti di sacralizzare l’antica festa pagana, ma rievocarla in tutto il suo antico splendore e questo in considerazione del fatto che in questa data potrebbe essere collocabile la fondazione del nucleo gallico della città di Milano, allora nota come “Medhelanon”, da parte di Belloveso, principe gallico che condusse in Italia, attraverso le Alpi, il surplus della popolazione di svariate tribù galliche transalpine. Tito Livio racconta nelle “Historiae”(libro V, 34):
        
“…Mentre a Roma regnava Tarquinio Prisco, il supremo potere dei Celti era nelle mani dei Biturgi, questi misero a capo di tutti i Celti un re. Tale fu Ambigato, uomo assai potente per valore e per ricchezza, sia propria sia pubblica, perché sotto il suo governo la Gallia fu così ricca di prodotti e di uomini da sembrare che la numerosa popolazione si potesse a stento dominare. Costui, già in età avanzata, desiderando liberare il suo regno dal peso di tanta moltitudine, lasciò intendere che era disposto a mandare i nipoti Belloveso e Segoveso, figli di sua sorella, giovani animosi, in quelle sedi che gli dei avessero indicato con gli àuguri. A Segoveso fu quindi destinata dalla sorte la Selva Ercinia, a Belloveso gli dei indicarono una via ben più allettante, quella verso l’Italia. Quest’ultimo portò con sé il sovrappiù di quei popoli, Biturgi, Edui, Ambani, Carnuti, Aulerci. Partito con grandi forze di fanteria e cavalleria, giunse nel territorio dei Tricastini. Di là si ergeva l’ostacolo delle Alpi; e non mi meraviglio certo che esse siano apparse insuperabili, perché nessuno le aveva ancora valicate [ … ] Ivi, mentre i Galli si trovavano come accerchiati dall’altezza dei monti e si guardavano attorno chiedendosi per quale via mai potessero, attraverso quei gioghi che toccavano il cielo, passare in un altro mondo, furono trattenuti anche da uno scrupolo religioso, perché fu riferito loro che degli stranieri in cerca di terre erano attaccati dal popolo dei Salvi. Quegli stranieri erano i Marsigliesi, venuti dal mare da Focea. I Galli, ritenendo tale circostanza un presagio del loro destino, li aiutarono a fortificare, nonostante la resistenza dei Salvi, il primo luogo che avevano occupato al loro sbarco. Essi poi, attraverso i moti Taurini e la valle del Dora, varcarono le Alpi; sconfitti in battaglia i Tusci non lungi dal Ticino, avendo sentito dire che quello in cui si erano fermati si chiamava territorio degli Insubri, lo stesso nome di un pagus degli Edui, accogliendo l’augurio del luogo, vi fondarono una città che chiamarono Mediolanum…”
    
Secondo quanto afferma il prof. A. Gaspani nei suoi articoli “Alle origini di Milano” e “Nemeton di Medehlanon”, la testimonianza di Livio colloca cronologicamente l’epoca di fondazione della città nel VI secolo a.C. in quanto il regno di Tarquinio Prisco si estese dal 616 a.C. al 579 a.C. mentre la fondazione di Marsiglia da parte dei coloni focesi avvenne nel 600 a. C. circa. La fondazione di una nuova città corrispose, come era d’uso presso i Celti, alla definizione di un centro sacro, detto con termine greco “omphalos”, e di uno spazio altrettanto sacro centrato su di esso e delimitato da un’aratura rituale compiuta in senso orario, in accordo con il moto apparente degli astri che popolano la sfera celeste, seguita dalle offerte propiziatorie agli dei e dalla scelta del nome che doveva essere di buon auspicio e spesso racchiudeva un teonimo. La più nota ipotesi sull’origine del nome di Milano è quella che vede nell’etimologia romano-gallica di “Mediolanum” il significato di “terra di mezzo”, ma esiste anche la tesi di chi attribuisce a “Medhelanon” il significato di “centro di perfezione” ovvero “nemeton” santuario a cielo aperto delimitato da un recinto sacro connesso con gli astri. Quest’interpretazione è quella che più si addice al territorio racchiuso dall’antico sacro recinto di Medhelanon. Lo sviluppo di “Medhelanon” fu abbastanza lontano dal modello di oppidum celtico circondato dal tipico ed imponente “murus gallicus”. La realtà protoubana preromana di Milano si estese intorno al nemeton senza alcuna struttura atta a fortificazione, come confermano i recenti scavi condotti dagli archeologi. Alla luce degli ultimi elementi emersi sembra confermarsi un modello di città sviluppatasi attorno ad una zona - santuario che aveva funzioni molteplici: religiose, giudiziarie, amministrative e commerciali.
Considerazioni relative all’altimetria ed all’assetto viario suggeriscono che l’ubicazione del “nemeton” sia da collocarsi nella zona dove ora sorge piazza della Scala. La fondazione della città verrebbe a coincidere con la dedicazione del santuario presumibilmente avvenuta nella data più propizia: l’inizio dell’anno secondo il calendario celtico, evento che nel VI secolo a. C cadeva intorno alla metà di novembre del calendario giuliano.
Molti studiosi non sono d’accordo e premono invece per un’identificazione della città con l’antico “Melpum” fondato dagli Etruschi, che tra l’altro sono i naturali nemici dei Focesi. Dumezil in particolare ha suggerito che Livio non debba essere interpretato alla lettera, ma sia invece uno degli ultimi testimoni d’un’interpretazione mitica dei fatti storici.

LA RIEVOCAZIONE DEL CAPODANNO CELTICO

Non è detto comunque che le due versioni siano rigidamente antitetiche e che i Galli invece di fondare una città “ex novo” abbiano ereditato una struttura etrusca. Quello che è certo è l’impronta celtica che la città conservò fino agli albori del medioevo. Per preservarla e per celebrare questa data ritenuta significativa è nata: L’Associazione Culturale Capodanno Celtico - ONLUS che cresce nel fertile humus culturale determinato dall’intrecciarsi di dialetti, di patrimoni culturali linguistici e musicali, di forti tradizioni, di grande e piccola storia. Da anni opera con l’intento di promuovere, attraversi iniziative culturali gratuite, la riscoperta di una parte della storia politica e culturale della città ancora poco conosciuta. Nel cuore della Lombardia fa rivivere le trame di un antico percorso che dalla protostoria dei primi stanziamenti celtici, dagli arcani riti dei druidi, dalla potente sonorità dei bodran e dei carnix, si snoda, rincorrendosi, fino ai ritmi del folk celtico lombardo, alle movenze delle danze popolari, al fascino di arti e mestieri che attraversano inalterati il tempo. La manifestazione, giunta alla sua ottava edizione ed entrata a pieno titolo nel circuito dei grandi festival celtici europei, guida, nel cerchio senza tempo del Castello, il pubblico sempre più numeroso, in un entusiasmante percorso tra antichi accampamenti, danze sfrenate, accese battaglie, sussurri d’arpe che incantano, artigiani e le più coinvolgenti voci del panorama celtico e folk nazionale ed internazionale, alla scoperta di un patrimonio che è parte irrinunciabile dell’identità culturale di Milano e della Lombardia. Il successo di pubblico e la sua eterogeneità testimoniano un desiderio largamente condiviso di riscoprire le proprie radici ed è legato, a nostro avviso, alla scelta di veicolare il percorso conoscitivo in più sfere di fruizione, promuovendo in ognuna di esse , ove sia possibile, una fattiva partecipazione. L’intento per la nuova edizione è quello di inserire la celebrazione del “Samain” in un percorso didattico – culturale interdisciplinare di più ampio respiro, che racconti gli albori di Milano ed illustri il legame della città con la festa del “TRINVXTION SAMONI SINDIVOS”, spiegando che ripercorrere insieme, oggi, il cammino nel tempo che ci conduce a quegli antichi riti significa tener viva, nella sua culla di sempre, una tradizione che accompagna la città dall’alba della sua fondazione. L’idea è quella di far precedere i tre giorni di rievocazione storica e spettacoli al Castello Sforzesco da due settimane di iniziative culturali volte a promuovere presso il grande pubblico, attraverso una più efficace divulgazione dei progressi della ricerca e delle nuove teorie scientifiche ed accademiche, la riscoperta di una parte ancora poco nota della della storia della città, la storia della Milano golasecchiana e lateniana. Con l’intento e la speranza che le nuove generazioni si ritrovino nell’unicità e nella ricchezza di questo patrimonio culturale, il programma prevede, in tutto l’arco della sua durata, iniziative dedicate specificamente alle scuole ed ai più piccoli. Per conoscere il programma della manifestazione: www.capodannoceltico.com

Nei giorni di rievocazione vera e propria saranno invece protagonisti i gruppi di rievocatori nati in tutto l’arco subalpino, vediamo in dettaglio uno particolarmente vicino al territorio interessato:


POPOLO DI BRIG
- TEUTA AP BRIG -
GRUPPO DI RIEVOCAZIONE STORICA CELTICA III-II SEC. A.C.

 

Il popolo di Brig nasce nel 2004 con lo scopo di far conoscere la cultura , la storia e la civiltà dei Celti d’Italia in epoca preromana, in particolare quella della Brianza. “Brig” (collina, altura) è la radice da cui deriva il nome dell’attuale Brianza (la zona posta a nord di Milano compresa tra Monza, Como e Lecco), abitata in epoca preromana da popolazioni celtiche. Il simbolo del teuta (popolo) è il fiume Lambro, che attraversa i due monti che ne sovrastano la valle. Seppure relativamente giovane, il Popolo di Brig (www.popolodibrig.it) ha partecipato in soli tre anni dalla sua nascita a numerose manifestazioni di interesse nazionale (Celtica-Valle d’Aosta, Trigallia e Nubilaria – Emilia Romagna, Storitalia – Lombardia) e locale (Magiaceltica – Trentino, Lactarella Celtic Festival – Lombardia, Festival Insubre di Marcallo con Casone – Lombardia, Festa di Beltane ad Ornavasso – Piemonte, Festa d’Occidente – Veneto, Fiumalbo Celtica – Emilia Romagna, etc.). Nel 2006 partecipa alla prima edizione dell’Archeofestival di Perugia e alla Centuriazione Romana di Villadose (PD) riscuotendo un grande successo di critica da parte di partecipanti, visitatori ed esperti del settore. Il gruppo è apolitico e aconfessionale ed è aperto a persone di qualunque età, sesso, credo religioso o etnia. Le attività si suddividono tra pratiche (ricostruzione documentata di vestiario, armi, manufatti, cibi e bevande utilizzati nella rievocazione storica; partecipazione a feste e raduni celtici facendo vita da campo e prendendo parte a simulazioni di combattimento) e teoriche (conferenze, visite a mostre, articoli su riviste del settore). Le attività pratiche consistono nella costruzione di oggetti di uso comune nell’età del ferro, fedeli ricostruzioni di ritrovamenti archeologici. Per farlo sono stati riprodotti anche gli utensili e le varie fasi di lavorazione in uso all’epoca; tale attività viene svolta anche sul campo. Una di queste lavorazioni è la costruzione della cotta di maglia, armatura in uso all’epoca dai guerrieri celti, lavorazione che viene eseguita totalmente a mano anello per anello. (Magiaceltica 2006 – Trentino). Altre attività sono: lavorazione del cuoio (scarpe, cinture, scarselle); lavoro al telaio; realizzazione di epigrafi su pietra in alfabeto leponzio. Le attività sono accompagnate da spiegazioni al pubblico sull’artigianato, ma anche sui diversi aspetti della civiltà, della storia e della religione celtica, fino ad interagire il più possibile con la gente. Quando è possibile il gruppo ripropone quella che un tempo era la vita da campo. In una completa sinergia con il pubblico, offre la possibilità di osservare la vita di un accampamento celtico dell’età del ferro, dalla ricostruzione delle tende alla cucina e all’aspetto religioso, che non era mai disgiunto dalla vita di tutti i giorni; è dunque possibile osservare la preparazione del cibo, i rituali e gli allenamenti dei guerrieri.

Visita il sito personale di Mary Falco