Horus
è il nome greco del dio
egizio HOR, una delle
divinità più antiche
dell’Egitto, la cui
forma originale era
quella di un falcone.
Era un dio solare,
considerato la
manifestazione del re da
vivo così come Osiride
rappresentava il sovrano
defunto. Antiche
iscrizioni raffigurano
Horus con le ali distese
come a voler proteggere
tutti i re della
nazione. Un’altra forma
molto popolare era Horus
figlio di Iside il
quale, deciso a
vendicare la morte di
Osiride, riuscì a
conquistare la vittoria
finale nonostante la
perdita di un occhio in
combattimento. Una
leggenda egiziana diceva
che "Seth, il dio del
male, aveva strappato a
Horus l'occhio sinistro
e glielo aveva ridotto
in pezzi, ma Thot riuscì
a ricompor lo".
Thot, è il nome greco
dato alla divinità
egizia che insegnò agli
uomini la scrittura, la
magia e la scienza. Il
Thot egizio veniva
rappresentato in
sembianza di ibis, un
gruppo di uccelli
caratterizzati da un
lungo collo curvo, da
cui la denominazione di
dio-ibis o anche
"iB-is". Gli antichi
egizi usavano le parti
del simbolo dell'Occhio
di Horus per descrivere
le frazioni.
Il disegno, posto sopra
a destra, mostra quale
frazione indica ogni
parte dell'occhio di
Horus (quello a
sinistra) che compare in
molte raffigurazioni
ideografiche di reperti
dell'antico Egitto. E'
possibile avere altre
frazioni combinando
queste parti, ad esempio
3/4 corrisponde alla
parte dell'occhio che
mostra metà più un
quarto. Evidentemente le
frazioni ottenibili così
sono solo alcune (ad
esempio non si può
ottenere 1/3). Ma, come
si vede nel paragrafo
sulle frazioni, quelle
indicate nell'occhio di
Horus sono quelle
utilizzate per le
divisioni. Un occhio
intero rappresentava
l'unità, ma.....Non
avete notato nulla di
strano? Se provate a
sommare tutti i pezzi,
vedrete che si ottiene
63/64 e non 64/64! Manca
all'appello 1/64! Anche
in questo caso, però,
gli egiziani ci hanno
dato una spiegazione: "
l'1/64 mancante sarebe
comparso grazie a una
magia di Thot." Tutto
ciò esprime (in ma iera
certo molto suggestiva)
che in generale
nell'eseguire una
divisione non importava
andare oltre la
approssimazione del
risultato esatto per
1/64.
1
Questa spiegazione
sembra soddisfacente per
chi si accontenta
dell'approssimazione, ma
incuriosisce non poco
cosa ci potrebbe essere
dietro la magia di Thot,
forse uno stratagemma di
copertura.
Per cominciare si
potrebbe pensare in modo
pratico che le
concezioni aritmetiche
suddette, essendo
relative ad un certo
insieme di parti
dell'occhio in
osservazione, forse,
coinvolgendo un altro
insieme se ne trova la
parte che manca, ovvero
la frazione 1/64, in
discussione. E qui lo
studente curioso, e più
di lui lo scienziato,
che è sempre preso per
trovare la spiegazione
per ogni enigma
scientifico, si chiedono
come fare per scovare il
supposto insieme che
manca. Lo scienziato è
persuaso che nulla si
crea e nulla si
distrugge, secondo il
principio della fisica,
trattandosi in
definitiva di un occhio,
un organo fisico
soggetto, appunto, alle
leggi fisiche. Di qui è
l'equazione della
conservazione
dell'energia che ha
bisogno di sapere
assolutamente sul
misterioso 1/64 mancante
di Horus. Né potrà
risultare buona per un
matematico che si
rispetti la spiegazione
lasciateci dagli antichi
egizi, sopra citata,
ossia : " l'1/64
mancante sarebbe
comparso grazie a una
magia di Thot."
Mette sulla strada della
ricerca dell'insieme, o
degli insiemi mancanti,
la “teoria dei tipi”
concepita da Russel e
Whitehead, due
personaggi che hanno
dato contributi
fondamentali alla
formazione della logica
moderna.
Essi ci hanno spiegato
bene con la loro “teoria
dei tipi” come si
formano e quindi come si
possono evitare degli
“strani anelli” che,
collegando e confondendo
la concretezza, per
esempio, dei suddetti
ragionamenti di una pura
aritmetica sulle
frazioni con la pretesa
magia di Thot, finiscono
per partorire pericolosi
paradossi.
Basta creare infatti una
gerarchia organizzatrice
delle strutture
matematiche e non solo
matematiche per cui una
struttura (l’insieme di
tutti gli insiemi) non
può appartenere a sé
stessa in quanto è di un
tipo superiore a quello
degli oggetti che la
costituiscono.
Ma il fatto di aver
eluso il paradosso è
solo un piccolo passo
avanti, poiché occorre
risalire all'insieme
degli insieme ove si
pensa di trovare la
parte mancante, la
frazione 1/64. E qui si
esaurisce, purtroppo, il
ragionamento matematico
della logica di Russel e
W. Ora immaginando che
gli antichi egizi
dovevavo saperla lunga
sull'aritmetica
dell'occhio di Horus in
stretta relazione con la
magia di Thot, per
cominciare, non resta
che esaminare il bazar
dei geroglifici egizi
che ne son tanti. Però
la ricerca non è
difficile essendo
limitata all'occhio di
Horus, onnipresente un
po' ovunque tra i
reperti archeologici
dell'antico Egitto. Ci
mette sulla giusta
strada il fatto che
l'insieme degli insiemi
dell'occhio di Horus
sinistro, debba per
forza essere un
geroglifico che
comprende anche l'occhio
destro.
E qui ora le cose si
fanno semplici perché
c'è l'imbarazzo della
scelta. Ma l'attenzione
non può che essere
rivolta ad un reperto
archeologico in
particolar modo, però ve
ne sono altri simili. Si
tratta della stele
marmorea di
Nebipusesostri risalenti
al regno di Amenemhet
III, raffigurata di
seguito. Su di essa si
possono leggere le
annotazioni sul culto di
Osiride a Abido.

Come si vede nella
figura, in alto sulla
colonna di centro si
nota con chiarezza il
geroglifico che si sta
cercando. E con gran
soddisfazione, non senza
meraviglia, si scopre
qualcosa di nuovo posto
fra i due occhi di Horus.
Più da vicino riporto di
seguito i dettagli che
vi riguardano. Premetto
che tutte queste cose
sono state tratte dal
libro edito da Giunti,
«Come leggere i
geroglifici» di Mark
Collier e Bill Manley.


Non c'è bisogno di
esaminare l'intimo
significato recondito
racchiuso in questi
simboli che, peraltro,
sembra trasparire
stimando esatta
l'interpretazione
relativa data dagli
autori del libro citato
(quella accanto ai
simboli sopra
raffigurati). Perciò il
ragionamento sarà
limitato alla possibile
spiegazione che può
portare alla risoluzione
dell'incognita numerica
pari a 1/64.
Semplice, a questo
punto, per immaginare
che quei tre piccoli
simboli posti in basso
sotto i due occhi in
causa, potendoli
tradurre in frazioni,
diano la risposta alla
presunta magia di Thot.
Infatti se poniamo 1/128
(la metà di 1/64) al
posto di ognuno dei due
simboli esterni e 1/64
(che è la loro somma) a
quello centrale, ci
troviamo di fronte a una
terna di valori che
potremo stimare
appartenente ad un terzo
insieme, la cui somma è
2 volte 1/64. Giusto
1/64 per ogni occhio. Ed
ecco che l'equazione dei
tre insiemi si azzera
senza lasciare nulla in
sospeso.
Ma c'è anche la metafora
che vi riguarda, poiché
ognuno di quei tre
simboli, a detta degli
autori del libro da cui
li ho tratti, si
riferiscono al cuore e
trachea. Ovvero
vedendoli, appunto
secondo il “cuore”, e
non secondo la mente, ci
compare davanti agli
occhi la suggestiva
visione di tre lacrime
(raccolte in tre piccole
ampolle) che sgorgano
dagli occhi del dio
Horus: gioia e dolore
congiunti, non senza il
segno della croce della
sofferenza, al limite
del martirio. Ecco che
si manifestano gli
attributi del dio Horus,
“Perfezione, Bellezza,
Meraviglia, Splendore”.
Ma ai fini del sapere,
dunque, questo cosa
comporta, visto che
esso, in termini di
frazioni, è stato tratto
dai suoi occhi? Mi
sovviene un fatto che
riguarda il funzionario
egizio Ptahlotep, che
quattro millenni e mezzo
or sono, chiedendo a
Thot, patrono della
sapienza, consigli utili
da trasmettere al
faraone, si sentì
ispirare queste parole
che pensò bene di
preservare mettendole
per iscritto (su papiro
con inchiostro di
bacche):«Ti dice la
maestà di questo dio:
insegnagli prima di
tutto a parlare in modo
da esser di modello ai
migliori tra i sudditi:
Entri in lui il rispetto
di chi gli dispensa il
conoscere. Nessuno è
nato sapiente».
LA
PROFEZIA DI THOTH
La buona matematica, la
matematica veramente
utile, non è quella che
ci permette di fare bene
i conti. La matematica
fine a sé stessa non
giova al progresso
dell'uomo, anzi lo
inaridisce nell'animo,
disgregando in lui il
sentimento che lo
affratella ai suoi
simili. E poi la
matematica per il fatto
di riconoscerla magica e
perciò piacevole,
proprio per questo è
come se ci esortasse ad
entrare nel suo mondo
per svelare le cose
della vita che si
presentano adombrate ed
irrisolvibili con la
ragione pratica.
Tant'è che lo scienziato
ha un suo peculiare modo
di accettare l’incerto e
farne tesoro.
Il defunto scienziato
Richard Feynman, Nobel
per la fisica, nel suo
libro «Il senso delle
cose» tratteggia la
natura dello scienziato
moderno con le seguenti
parole:
«Molti si stupiscono che
nel mondo scientifico si
dia così poca importanza
al prestigio o alle
motivazioni di chi
illustra una certa idea.
La si ascolta, e sembra
qualcosa che valga la
pena di verificare – nel
senso che è un’idea
diversa, e non
banalmente in contrasto
con qualche risultato
precedente – allora si
che diventa divertente.
Che importa quanto ha
studiato quel tizio, o
perchè vuole essere
ascoltato. In questo
senso non ha nessuna
differenza da dove
vengano le idee. La loro
origine vera è
sconosciuta. La chiamano
“immaginazione”,
“creatività” (in realtà
non sconosciuta, è solo
un’altra cosa come
l’“abbrivio”).
Stranamente molti non
credono che nella
scienza ci sia posto per
la fantasia. E’ una
fantasia di un tipo
speciale, diversa da
quella dell’artista. Il
difficile è cercare di
immaginare qualcosa che
a nessuno è mai venuto
in mente, che sia in
accordo in ogni
dettaglio con quanto già
si conosce, ma sia
diverso; e sia inoltre
ben definito, e non una
vaga affermazione. Non è
niente facile.».
L'“abbrivio”, cui si
riferisce Feynmann, è
cominciare a muoversi
con certo impulso onde
acquisire l'inerzia
necessaria e così
procedere per sviluppare
nuove concezioni sulla
base delle idee sorgive
ritenute interessanti.
Come dire – traslando il
concetto
all'insegnamento
scolastico –, dare
l'abbrivio
all'immaginazione dello
giovane studente, per
esempio. Ma ora torniamo
al tema su Horus.
Interessante la mia
ipotesi sugli “occhi di
Horus”, ma la cosa
finisce qui se dopo poco
non ci rimane nulla per
avvalercene, avendo
trascurato ciò che,
magari, resta impigliato
di prezioso tra i suoi
“rami” dell'“albero
della scienza”.
Il gioco dei numeri di
questo fatto curioso
della matematica antica
– di certo – è servito
come attrattiva per il
bambino in noi (il
bambino ha sempre la
precedenza perché sia
sempre sereno e
interessato a modo suo
alla vita), ma molto
spesso si trascura di
essere anche maturi –
quanto basta – per
pensare da adulti, cosa
che non guasta se si è
ancora giovani.
Ma vengo al motivo di
questo approfondimento
sul mio scritto su Horus.
Motivo che riguarda una
nuova domanda che ci si
dovrebbe porre,
riflettendo sulla magia
risolutrice di Thot, il
patrono della sapienza,
per risanare l'occhio
ferito da Seth, dio del
male. E se Thot non ha
mentito, non resta che
supporre, tanto per
cominciare, che egli si
proneva di stimolare il
pensiero riflessivo,
oltre che collaudarlo
all'esercizio della
memoria.
Riflettere su che cosa,
dunque?
Ebbene, occorre credere
che nelle piccole
“capanne”, come questa
che ospita le frazioni
celate negli occhi del
dio Horus, preferisce
dimorare – prediligendo,
appunto, la modestia e
la riservatezza – , una
grande rivelazione che
vale un immenso tesoro.
Nientemeno che la
profezia dell'avvento di
un figlio di Horus,
meglio: un dio anche lui
ma incarnato in un
essere umano. E guarda
meraviglioso caso si
avvale di “tre re magi”,
come fu per Gesù di
Betlemme.
Infatti soffermandoci
sulle tre ampolline a
mo' di lacrime che
sgorgano dagli occhi di
Horus, contenente i suoi
doni con l'uomo,
“perfezione, bellezza,
meraviglia e splendore”,
non ci viene da
accettare che siano una
sorta di tre re magi,
per il fatto che si
tratta veramente della
magia di Thot.
Ma cosa vediamo nel
complesso degli occhi di
Horus? Vediamo il suo
occhio destro, il sano,
che resta suo, mentre
l'altro, l'imperfetto, è
destinato all'uomo. Ed è
in questa differenza che
si rivela la natura
dell'annunciata magia di
Thot.
Si tratta del cuore in
comune tra Horus e
l'uomo, ossia della sede
preferita dal dio come
trono umano e della
trachea il mezzo per
rivelare la sua
sapienza, il verbo. Di
qui il passo è breve per
intuire il senso della
profezia di Thot che si
riferisce ad un poter
“vedere” e “parlare”
chiaramente senza
falsità da parte
dell'uomo, di là a
venire, naturalmente.
Perciò 1/64, alla luce
di questa incredibile
antica previsione, dal
sapore di magia,
starebbe ad indicare
qualcosa che dovrà
“giungere dal cielo” di
un dio per rigenerare
negli uomini il senso
unitario smarrito.
Unitarietà da riferirsi
alla soluzione
scientifica
sull'equazione della
conservazione
dell'energia e in modo
traslato alla
fratellanza degli
uomini.
Ma se è per
affratellarli, occorre
riconoscere in Gesù
Cristo, figlio di Dio e
dell'uomo, questo
mirabile scopo
pienamente raggiunto,
però immolando sé
stesso. In più la
missione di Gesù non
riguarda cose della
scienza, ed in
particolare della
matematica, visto che la
magia di Thot sembra
invece avervi a che
fare.
Ecco ora un'altro
paradosso (poiché si
tratta del paganesino
relativo ad Horus e del
cristianesimo di Gesù
Cristo), che si aggiunge
a quello argomentato
sull'occhio sinistro
leso di Horus, che
aspetta di essere
risolto, ma come?
Ricorrendo ancora ad un
altro eventuale insieme
degli insiemi, ossia di
quelli del paganesimo e
cristianesimo con tanti
altri insiemi
comprendenti religioni,
ideologie ed altro
relativi ai due suddetti
insiemi?
Forse, ora sto andando
troppo veloce, facendo
balenare cose che non è
dato ancora di capire,
essendo racchiuse nel
mistero del futuro.
Tuttavia non possiamo
evitare di riflettere
sull'oggi in cui tutto è
dato di sentire, capire
e parlare, come se
effettivamente, sia
sopraggiunto dal quel
“cielo” in precedenza
argomentato, immaginiamo
anche di Horus, il
giusto “abbrivio” per
vederci in modo meno
offuscato di ieri. Resta
solo la cosa che conta
però ancora da
inforcare, il senso
unitario per unire, per
affratellare, non solo
col cuore ma anche con
la mente.
Sembra inverosimile
questo “abbrivio” che ho
argomentato fin qui,
vero? Però se indaghiamo
sulla “culla” di questa
mia supposta incredibile
profezia, ovvero il
popolo egizio, non ci
meraviglieremo che ciò
sia possibile.
Si sono sentite dire
cose meravigliose sulla
cultura dell’antico
Egitto, specialmente per
la raffinata arte
terapeutica che si
fondava sull’analogia
dei colori o di forma
fra l’organo ammalato e
una pianta o altro
oggetto dotato di
influenze benefiche,
l’ingestione di formule
magiche scritte o di
immagini sacre.
Cinquemila anni fa, in
Egitto, si praticava la
cauterizzazione, si
amputavano arti, si
contenevano fratture, si
operava la cataratta,
non senza una farmacopea
sorprendentemente vasta.
Una scienza medica di
tutto rispetto, ma
attraverso empirismo,
ritualismo e magia, che
si prendevano cura
dell’antico uomo egizio,
fino ad accompagnarlo
nell’aldilà con formule
che gli consentiva di
“approdare oltre i
territori del deserto
occidentale”.
Con una simile
prospettiva fa
meraviglia, di
“rudimentali” strumezzi
e mezzi operativi, fa
meraviglia costatare
che, in ogni modo, si
siano ottenuti i
sorprendenti risultati
terapeutici sopra
elencati, stando alla
tesimonianza dei
numerosi ritrovamenti
archeologici. Senza
trascurare il lato umano
di questa mitica civiltà
che li vedeva proiettati
verso un sacrale
interesse per l'uomo. Un
interesse non solo per
gli uomini illustri, tra
faraoni e principesse
quali rappresentanti
divini sulla terra, ma
anche per i diseredati e
gli umili. Senza dubbio,
è il loro concetto di
solidarietà e rispetto,
nei confronti dei poveri
ed emarginati, che si
rivela attraverso gli
abbondanti reperti
grafologici e che
costituiesce la ragione
ultima di una modernità
che li rende
assolutamente immortali.
Alla luce di ciò, sorge
forte l'idea di
considerare l'antica
civiltà egizia
precorritrice del
Cristianesimo. Non è a
caso quindi il
prepararsi nel tempo del
popolo ebraico
(attraverso Mosè, un
ebreo emblematicamente
allevato e preparato
culturalmente alla corte
reale egizia) presso gli
antichi egizi, se pure
in stato di schiavitù.
NOTE
1:
Arti· Enciclopedia "Oggi
per domani", Principato
Unedi Milano 1964 |