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														 Narra 
														la leggenda che un 
														giorno nel mare 
														d’Irlanda furono 
														avvistati un bosco ed 
														una montagna, che 
														avanzavano velocemente 
														verso le coste. Fu 
														immediatamente convocata 
														la regina Branwen, la 
														quale senza scomporsi 
														riconobbe il proprio 
														fratello Bran, in 
														viaggio per farle 
														visita. Effettivamente 
														di lì a poco l’uomo 
														sbarcò ricco di doni ed 
														accompagnato da un 
														nutrito numero di 
														seguaci e quando 
														giunsero in vista del 
														fiume Linon si stese 
														attraverso la corrente e 
														si trasformò in ponte…. 
														ma le stranezze non 
														erano terminate: 
														sentendosi prossimo alla 
														fine invitò i compagni a 
														tagliargli la testa ed a 
														portarla con loro fino 
														alla Bianca Collina di 
														Londra, dove avrebbero 
														dovuto seppellirla col 
														volto rivolto alla 
														Francia, assicurando che 
														finché la testa fosse 
														rimasta al suo posto 
														nessuno straniero 
														avrebbe potuto invadere 
														l'isola. In realtà Bran 
														non è altro che lo 
														spirito dell’ontano, il 
														legno immarcescibile con 
														cui fin dall’antichità 
														si costruiscono ponti e 
														palafitte: una vera e 
														propria selva d’ontani 
														sostiene i palazzi di 
														Venezia… ma la sua 
														resistenza suggerisce 
														anche usi più prosaici, 
														come zoccoli e manici di 
														scopa. Questo 
														straordinario albero 
														cresce rigoglioso sulle 
														rive dei fiumi, dei 
														laghi e delle paludi, 
														con le radici in acqua, 
														i tronchi nodosi ed i 
														rami contorti. Pur non 
														essendo propriamente un 
														sempreverde, conserva le 
														foglie verdi e lucide 
														fino al momento in cui 
														si staccano dal ramo, 
														inoltre in autunno fa 
														spuntare i suoi amenti, 
														che s’allungano nel 
														corso dell’inverno per 
														aprirsi rigog  liosi 
														tra febbraio e marzo. 
														Prima che si scoprisse 
														il chinino la sua 
														corteccia era la cura 
														migliore per ogni tipo 
														di febbre ed infezione, 
														inoltre fa cicatrizzare 
														ulcere, piaghe e ferite, 
														le foglie ben riscaldate 
														al forno sono un rimedio 
														antico ed efficace per i 
														reumatismi e persino la 
														segatura viene 
														utilizzata per 
														affumicare pesci e 
														carni. Come se non 
														bastasse il legno 
														dell’albero appena 
														abbattuto trascolora dal 
														bianco giallastro al 
														rosso, come se 
														sanguinasse; è facile 
														trarre una simbologia 
														misterica, collocando 
														questa pianta alle 
														soglie dell’Aldilà, 
														soprattutto considerando 
														il fatto che da sempre 
														queste soglie sono 
														collocate alle foci ed 
														alle sorgenti dei fiumi, 
														cioè proprio in quei 
														luoghi umidi dove gli 
														ontani prosperano. Anche 
														nella Grecia arcaica 
														questo legno era 
														personificato in un eroe 
														civilizzatore: Foroneo, 
														fondatore di Argo, a cui 
														era dedicato l’equinozio 
														primaverile; se queste 
														leggende perdono via via 
														mordente fino ad essere 
														dimenticate in epoca 
														classica, Omero pare 
														conservarne un eco 
														quando scorge una selva 
														d’ontani attorno alla 
														grotta di Calispso, 
														colei che nasconde gli 
														uomini e sottrae Ulisse 
														dalla vita reale. Con 
														questa collocazione 
														l’ontano tuttavia 
														subisce già una grave 
														diminuzione di potere: 
														da eroe fondatore ad 
														albero che custodisce 
														non proprio l’aldilà, 
														quanto un piccolo mondo 
														fatato… e non è che 
														l’inizio. Ecco dunque la 
														tradizione celtica 
														d’Irlanda affacciarsi 
														del tutto ignara 
														nell’Europa cristiana 
														dell’anno mille con le 
														sue simbologie intatte e 
														creare non pochi 
														problemi alle menti 
														ortodosse. Come tanti 
														spiriti naturali del 
														paganesimo l’ontano 
														diventa nel Medioevo 
														messaggero di morte, 
														seminando panico e 
														terrore: Gottfried 
														Herder racconta come la 
														figlia del re degli 
														ontani fa morire un uomo 
														solo perché questi alla 
														vigilia delle proprie 
														nozze rifiuta di ballare 
														con lei, mentre Goethe 
														nella sua “Erlkönig” 
														composta nel 1782, 
														racconta di un bimbo che 
														muore tra le braccia del 
														padre, senza riuscire a 
														fargli comprendere da 
														quali forze ostili sia 
														animata la foresta che 
														stanno attraversando. La 
														favola di gran lunga più 
														inquietante è comunque 
														“La  figlia del re della 
														palude” composta da 
														Andersen nel 1858, in 
														cui un tronco d’ontano 
														improvvisamente muove 
														lunghi rami melmosi 
														simili a braccia per 
														trascinare nel fango la 
														principessa d'Egitto, 
														che era giunta nella 
														palude alla ricerca d'un 
														rimedio per il padre 
														gravemente malato. La 
														vera natura dell’ontano 
														e le sue intenzioni nei 
														confronti della 
														fanciulla rapita non 
														sono spiegate 
														chiaramente, ma dopo un 
														certo tempo sorge 
														dall’acqua un fior di 
														loto contenente una 
														splendida bambina, 
														apparentemente in tutto 
														simile alla principessa 
														scomparsa. In realtà 
														appare bellissima e 
														perfida alla luce del 
														sole, mentre si 
														trasforma in un orrido e 
														mite ranocchio durante 
														la notte; cresciuta come 
														figlia da una coppia di 
														Vichinghi (la fiaba è 
														ambientata agli albori 
														dell’anno mille) la 
														strana creatura sarà 
														riscattata soltanto dal 
														sacrificio di un prete 
														cristiano, catturato in 
														una razzia. In ogni caso 
														la redenzione non è 
														indolore, ma coincide 
														con l’abbandono del 
														mondo, proprio quando 
														s’era ricongiunta alla 
														madre per portare il 
														fior di loto al nonno 
														malato e si stavano 
														celebrando le sue nozze 
														con un meraviglioso 
														principe moro. Figlia 
														del re della palude, 
														cioè dell’uomo-ontano 
														che ha rapito la madre e 
														l’ha segregata per anni 
														negli abissi, la 
														fanciulla si presenta in 
														tutto e per tutto come 
														un ponte tra la vita e 
														la morte. Salvezza e 
														salute per il nonno 
														malato o per il prete 
														catturato dai pagani, 
														non riesce poi ad 
														inserirsi nel mondo in 
														cui è tornata la gioia e 
														neppure a tornare nella 
														palude originaria, dove 
														il re ontano continua a 
														vivere da solo, del 
														tutto dimenticato. 
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														di
														
														Mary Falco  
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