“Ed ecco l’agrifoglio
che è così generoso:
compiacere tutti è il
suo intento
ad eccezione di lords e
ladies, distaccati da
tutto questo,
chiunque inveisca contro
l’agrifoglio
d’un balzo sarà appeso
su in alto. Alleluia.
Chiunque canti contro
l’agrifoglio
Può piangere e torcersi
le mani”
Così
canta una vecchia
ballata dell’Inghilterra
medievale ed una volta
tanto Celti, Latini,
Greci ed Etruschi si
ritrovano perfettamente
d’accordo: l’agrifoglio
protegge dal male e
garantisce fecondità e
continuità della vita.
In parte è un presagio
ricavato facilmente
dalle foglie spinose e
coriacee e dai frutti
rossi che maturano nel
cuore dell’inverno, per
cui è sempre stato al
centro delle feste
invernali appunto, dai
Saturnali romani al
Natale cristiano. Gli
Etruschi però, come
sempre, erano più
precisi e la
consideravano una pianta
potente e pericolosa,
vera e propria
protagonista del bosco
di confine della città,
la famosa zona sacra che
si stendeva tra le mura
e l’abitato propriamente
detto, ma per nessun
motivo coltivata
all’interno dei giardini
domestici, forse anche
perché i suoi frutti,
velenosi per l’uomo,
costituiscono un vero e
proprio cibo invernale
per gli uccelli. Gli
intagliatori ne
ricercavano il legno,
che per secoli è stato
un vero e proprio “ebano
nostrano” , dotato di
tutte le caratteristiche
di durezza e lucentezza
del più famoso legno
orientale. Le proprietà
terapeutiche sono state
una riscoperta molto
recente, perché per
secoli l’uso per così
dire “magico” di pianta
natalizia ben augurante
ne ha eclissato ogni
altra proprietà. In
realtà si tratta d’un
eccellente
febbrifugo ad azione
lenta, ma costante
ed è
probabile che prima
della scoperta e
dell’importazione del
chinino lo sostituisse
quasi completamente
nella cura delle febbri
malariche. Molto
apprezzabili sono anche
le proprietà
antireumatiche,
antigottose, sudorifere,
anticatarrali,
antispasmodiche ed
epatoprotettive. Qualche
vecchio erborista ne
afferma anche proprietà
antisteriche ed
antiepilettiche. In
genere si usano le
foglie (raccolte in
primavera ed essiccate
all’ombra) come
febbrifughe e la
corteccia (raccolta in
autunno ed essiccata al
sole) come
antispasmodico. Certo
oggi il termine
d'agrifoglio è in realtà
molto vago, visto che
abbraccia circa 300
specie di arbusti
sempreverdi ed alberi
con foglie decidue,
l’unica costante è data
dai fiori non
particolarmente
appariscenti, composti
da cinque petali di
colore bianco o verde
che sbocciano nel
periodo di maggio e
soprattutto dalle
vistose drupe rosse, ma
esistono anche
gialle e nere, che si
mantengono inalterate
sotto le nevi ed il gelo
dell’inverno. L’ilex
aquifolium
(letteralmente alloro
spinoso), presente in
Europa, Africa
settentrionale ed Asia,
è forse l’agrifoglio più
diffuso, cresce
spontaneo nelle siepi e
nei boschi,
caratterizzato da foglie
di color verde scuro,
lucide, ondulate e con i
margini spinosi solo
negli esemplari più
giovani; in condizioni
favorevoli forma piante
alte tra i 4 e gli 8
metri ed il diametro
della chioma varia tra i
2,5 e i 4 metri. Gli
alberi femminili (se
sono vicini a esemplari
maschili) in autunno
portano le famose drupe
rosse. Il suo “habitat”
preferito è il
sottobosco di faggio,
ombroso d’estate e
luminoso d’inverno e
questo spiega anche il
suo progressivo
rarefarsi, perché il
faggio è una pianta
difficile, che è stata
sostituita dal pino
rosso in montagna e dai
pioppi in pianura ogni
volta che l’uomo è
intervenuto nella
gestione dell’ambiente,
nonché dalle robinie nei
luoghi abbandonati. L’Ilex
altaclarensis
è invece una pianta di
origine orticola. Alta
tra i 5 e i 10 metri è
in realtà un ibrido fra
l'ilex aquifolium e l'ilex
perado. Le foglie sono
ovate e di colore verde
scuro, spinose se la
pianta è giovane, quasi
senza spine nelle piante
adulte. La varietà più
diffusa oggi è "l'hodginsii"
maschile, che si
caratterizza per i
frutti con germogli
color porpora e grandi
foglie spinose. Varietà
molto adatta per le
siepi e molto usato per
le decorazioni
natalizie. Tutte le
specie vivono bene sia
al sole che all'ombra, e
non hanno bisogno di
particolari tipi di
terreno (anche se
crescono meglio in
quelli umidi e fertili).
Si piantano nel periodo
di marzo, tuttavia, se
il clima è mite, si
possono piantare durante
qualsiasi mese
invernale, a condizione
che il terreno non
sia troppo umido. I
fiori femminili e quelli
maschili sbocciano di
solito su alberi
separati, per cui per
ottenere
l'impollinazione e la
produzione di frutti è
necessario piantare gli
alberi vicini. Per
formare una siepe, è
necessario mettere a
dimora piante giovani
nel periodo di marzo
alla distanza di circa
50-60 cm. È meglio non
potare le piante fino
alla primavera
successiva, e poi di
cimarle, così da
favorire la crescita dei
rami. La moltiplicazione
avviene per talee lunghe
5-8 cm che bisogna
prelevare in agosto;
l’ideale è sistemarle in
un miscuglio di torba e
sabbia in parti uguali.
Se la luce è scarsa i
rami avvizziscono ed è
il motivo per cui, in
natura, l’agrifoglio
cresceva bene ai piedi
del faggio. La muffa,
minatrice delle foglie,
può causare pustole
brune: in questo caso è
necessario asportare e
bruciare le parti
colpite ed usare poi un
insetticida sistemico.
Visita il sito personale
di
Mary Falco
|