INDICE DI SEZIONE
 

I Dogon
Antonio Bonifacio

:: VAI ALLA SCHEDA ::

 

Yenei, Vedere un Altro Mondo
Marilinda Sforza

:: VAI ALLA SCHEDA ::

 

I Giganti e il Mistero delle Origini
Louis Charpentier

:: VAI ALLA SCHEDA ::

SEI INTERESSATO AD UN LIBRO SPECIFICO? EFFETTUA UNA RICERCA APPROFONDITA

         LIVE HELP
       NEWSLETTER

Inserisci la tua mail per ricevere gli aggiornamenti mensili del portale. Non perderti nulla del mondo "Daltramontoallalba.it"!

      ADVERTISING
 

 

i dogon
a cura di Luca Berto

Il territorio occupato dai DogonI Dogon sono una delle oltre venti etnie che abitano la parte orientale del Mali, al confine Nord Ovest del Burkina Faso. E’ una popolazione di circa 300.000 persone che risiede in piccoli villaggi al di là della pianura alluvionale del complesso fluviale Niger-Bani, disseminati ai piedi ed alla sommità della falesia di Bandiagara, una parete rocciosa dell’altezza media di 400 metri che attraversa il Sahel per oltre 200 chilometri a sud di Timbuctù. L’altopiano s’interrompe a strapiombo sulla pianura di Séno-Gondo, con una parete rocciosa orientata verso Nord-est fino a Douentza e verso est fino a Hombori. Questo territorio è sotto la protezione dell’UNESCO, che lo ha dichiarato “patrimonio dell’umanità” per la sua rilevanza naturale e culturale. Stabilire con certezza l’origine di questa popolazione non è cosa facile. Secondo le teorie antropologiche più accreditate, i Dogon sarebbero i discendenti di un’antica popolazione di nomadi originari del Mandé, da cui fuggirono attorno al X secolo probabilmente per sfuggire alle spinte espansionistiche dei grandi imperi islamici medievali costituitisi sulle sponde del Niger e per salvare, così, la loro identità culturale e religiosa. I dati storici concernono principalmente gli abitanti della regione di Sanga, che s’insediarono in villaggi sul bordo dell’altopiano di Bandiagara e nella parte sud della falesia tra il XII e il XIV secolo, scacciando i Tellem, la trogloditica popolazione che abitava le grotte oggi visibili nella parete verticale della falesia (oggi necropoli dei Dogon). Da quei tempi remoti fino ai giorni nostri, pare che i Dogon non abbiano avuto contatti con nessun tipo di civiltà (anche se alcune teorie ipotizzano un ancestrale contatto con gli antichi Egizi od i Greci, come vedremo). I primi a far conoscere questa popolazione furono due etnologi, Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, che li studiarono dal 1931 al 1952 e li fecero conoscere al mondo con il volume Il Dio d’acqua: oltre ad informazioni prettamente etnologiche, il libro contiene anche una esauriente trattazione della cosmogonia e della cosmLa Falesiaologia Dogon. Tali rivelazioni furono fatte ai due scienziati da un cacciatore ottantenne cieco di nome Ogotemmel, il quale, nel 1946, chiese a quattro sacerdoti di iniziare Griaule, permettendogli così di accedere a conoscenze riservate esclusivamente alla casta sacerdotale. 

Dal punto di vista etnologico, i Dogon non sono poi molto diversi dai popoli con i quali confinano. I villaggi Dogon si sviluppano in basso, ai piedi della roccia. Sono costituiti da un insieme di casupole raggruppate lungo esili strade di terra. Le case sono costruite con una mistura di fango, sterco e paglia, resa più resistente da un’ossatura in legno. Più in alto stanno i granai, coperti da un caratteristico tetto di paglia a guglia. I villaggi Dogon sono orientate da nord a sud e la sua pianta rappresenta simbolicamente il corpo umano. La testa è il togu-nà, la “casa della parola”, dove si riuniscono gli anziani per le decisioni più importanti. Il torace è rappresentato dalle case costruite e i granai. Le mani sono rappresentate dalle case delle donne mestruale, situate ai due estremi del villaggio. In basso c'è l'altare, dalla caratteristica forma fallica. La gran parte della vita famigliare si svolge nei cortili della case. Il togu-nà l'elemento fondamentale ed il punto di riferimento della comunità. Al suo riparo vengono prese le decisioni che riguardano il villaggio. I Dogon lo indicano come casa degli uomini poiché ad essi è riservata. Generalmente ha una pianta rettangolare e poggia su pilastri di legno o di pietra. Il tetto è formato da strati alternati di steli di miglio che contribuiscono ad isolarlo dalla calura. Ogni 10-15 anni è necessario rifare il tetto e tutto il villaggio viene coinvolto in un’attività che ha importanza quasi religiosa.
 
Villaggio DogonL'economia della società Dogon è di mera sussistenza, basata solo in parte su caccia, pesca e allevamento (di capre, pecore ed asini) e principalmente sull'agricoltura. Contadini incredibilmente attivi, i Dogon coltivano piccoli orti di terra riportata o strappata faticosamente alla roccia. Hanno contatti commerciali con i pastori fulani contatti finalizzati principalmente allo scambio di prodotti agricoli con carne, sale ed altri beni di consumo. Nei villaggi il lavoro è rigorosamente diviso in base al genere sessuale: mentre l'agricoltura è un'occupazione sia maschile sia femminile, soltanto degli uomini è il compito di cacciare, pescare, occuparsi del bestiame, intreccire canestri e tessere cotone. La tessitura è un'arte sacra riservata a pochi; considerata la prima arte insegnata all'umanità, simboleggia la combinazione degli opposti: il maschile e il femminile, la terra e l'acqua. Attività prettamente femminili, invece, sono, ad esempio, la produzione di farina di miglio (la base dell’alimentazione dei Dogon; può essere cotta o trasformata in farinata o in birra di miglio, destinata allo scambio interno od esterno) e la pilatura del miglio (ottenuta lavorando il miglio in appositi mortai di legno con lunghi pestelli detti kuni-i), oltre, naturalmente, la cura dei figli e gli obblighi “casalinghi” comuni anche alle civiltà occidentali. Centro di riferimento temporale, spaziale e sociale è il mercato. Il mercato non è solamente un luogo di compravendita, ma è un punto di incontro caratterizzato da un’intensa celebrazione di scambi sociali e diventa il luogo di incontro tra i membri dispMaschera Kanagaersi della stessa famiglia, dello stesso villaggio d’origine o di villaggi diversi. Il commercio si svolge all’aperto nei mercati ogni cinque giorni e consiste nella vendita del sovrappiù delle orticolture (pomodori, acetosa, fagioli, peperoncini e cipolle, di cui i Dogon sono i più importanti produttori del Mali), della produzione di cotone, di canapa e di tabacco in cambio di carne, di pesce essiccato, di sale, di caffè e di alcuni prodotti di manifattura (come la già citata famiglia di miglio). I Dogon hanno rinomate abilità artistiche, ereditate dai Tellem, popolazione che visse nella stessa regione molti secoli prima della migrazione dei Dogon sulla falesia, come detto. Le pulsioni artistiche dei Dogon si manifestano nella colorazione dei tessuti e nell'intaglio del legno: mirabili esempi di questo e raffinate opere d'intaglio sono le porte delle abitazioni e dei granai, le statuette votive e le maschere rituali. 
   
Vediamo, ora, di presentare la religione dei Dogon. La concezione dell'universo si basa su due principi fondamentali: la vibrazione della materia ed il moto perpetuo del cosmo (il fonio, il cereale dai grani piccolissimi che noi chiamiamo Digitaria, simboleggia il germe della vita proprio per la forza interna che lo anima e che gli fa spezzare per nascere il sottile strato che l'avvolge; le linee a zig-zag che si possono osservare sulle case dei villaggi dogon rappresentano il moto perpetuo dell'universo, riprodotto a sua volta dal moto dell'acqua). La religione dei Dogon è di tipo animista. Credono che mondo sia un grande insieme, all’interno del quale convivono in armonia il mondo delle cose, il mondo animale ed il mondo degli uomini. L'uomo non è il padrone assoluto del creato, ma un elemento che, come gli altri partecipa, di esso. Il loro dio principale è Amma, il dio supremo, “l’uovo del mondo” che aveva all’interno tutte le cose. Egli creò il cielo, l'acqua e le nuvole lanciando nello spazio pallottole di terra impastata con acqua, secondo la tecnica di fabbricazione del vasellame. Creò la terra (Tenga) con corpo di donna, coricata ed appiattita e con la faccia rivolta al cielo. Amma sposò Tenga ma un formicaio, erigendosi sulla Terra, impedì il congiungimento; il dio infuriato rase al suolo il formicaio (cioè circoncise la donna); poi rese fertile Tenga col suo seme, ma già era compiuto l'errore primordiale, la calamità, il disordine. Dall'unione difettosa, infatti, nacque Yourougou, lo sciacallo (la volpe secondo successive versioni), il nato solo, l'errore, figlio di violenza. Poi l'acqua, seme divino, penetrò senza incidenti nel grembo della terra e la generazione seguì il ciclo regolare della gemellarità. Nacque Nommo, abbozzo di una coppia di gemelli, insieme di due esseri anfibi gemelli, chiamati Nommo, al singolare, per sottolineare il loro essere uno (l'unicità per i Dogon è sempre duplice, come il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il maschio e la femmina, la vita e la morte, l'acqua e la parola, la parola e le stelle, elementi diversi ma che si concretano nel confronto). Nommo, incarnazione divina, è la forza vitale di Amma, concepita come acqua e come parola, il verbo creatore di Amma; è simboleggiato dal numero otto (come otto sono le membra del Nommo) o da immagini di creature anfibie (il coccodrillo, il geco, la tartaruga). Nommo, dio d'acqua, tornato al cielo, vide dall'alto delle stelle la madre terra che giaceva nuda e priva di parola. Allora intrecciò per lei fibre di piante già create nelle regioni celesti. La veste che ne risultò divenne simbolo di parola, primo segno di un possibile ordine universale affidato al Nommo. Così rivestita, la terra ebbe finalmente un linguaggio: la fibra fu la prima parola conosciuta in questo mondo. Era una cosa buona, anche se ancora rudimentale. Tuttavia, aprì nuovamente al disordine. Lo sciacallo Yourougou, figlio nato dalla violenza, volle impadronirsi della parola e mise le mani sulle fibre della madre, con un gesto interpretato come incestuoso. L'incesto ebbe gravi conseguenze: diede allo sciacallo la parola, mezzo con il quale poteva rivelare agli indovini i disegni del dio suo padre. Oltre a questo, rese impura la terra agli occhi di Amma, che generò da solo gli esseri viventi. Impastando acqua e sabbia, Amma creò la coppia primordiale, l'uomo e la donna, immortali e duplici come Nommo, uguali tra loro e dotati di un'anima maschile e di una femminile. Nommo, però, capì che la vita umana non poteva adattarsi ad esseri doppi. Così per mezzo della circoncisione privò l'uomo della sua parte femminile e con l'escissione privò la donna della maschile, ristabilendo finalmente l'ordine. L'anima doppia è presente sempre in ogni neonato Dogon; solo la circoncisione o l'escissione toglie l'anima superflua. L' uomo e la donna plasmati da Amma ebbero quattro coppie di gemelli misti, cioè gli otto Nommo, quattro maschi e quattro femmine, otto doppi, tutti immortali. I quattro uomini erano uomo e con principio non dominante donna, le quattro donne erano donna e con principio non dominante uomo. Essi generarono otto discendenze distinte, riproducendosi ognuno da sé essendo ognuno maschio e femmina. Da questa nuova generazione degli otto Nommo antenati nacquero i Dogon, dai quali gli uomini avrebbero poi imparato tutte le arti. Compiuto il tempo, ogni antenato avrebbe dovuto transustanziarsi, rientrando nel seno della terra madre per perdere la condizione terrena e ritornare al cielo. Così fecero tutti tranne il settimo. Questi, rimasto più a lungo nel seno della terra, ricevette la conoscenza perfetta della parola affinché la trasmettesse a tutti gli uomini attraverso l'arte della tessitura. Divenne così il padrone della seconda parola, più articolata della prima e scavalcò il malvagio sciacallo, padrone della prima, ancora imperfetta. Il primo Nommo accolse in cielo gli otto trasformati, ma la società celeste cadde ben presto in un nuovo disordine. Due degli otto antenati violarono il divieto di cibarsi dei grani dati loro in custodia dal dio Amma: questo atto di dismisura li rese impuri e tutti dovettero lasciare il mondo celeste. Ridiscesero sulla terra con un gigantesco equipaggio di simboli dove si era insediata anche una terza e definitiva parola necessaria al funzionamento del mondo. Con l'aiuto di Amma, portarono dal cielo tutto ciò che poteva essere utile agli uomini. A questo punto il mito di biforca. Secondo una versione, Amma mise su un'arca gli otto antenati insieme con gli otto grani dei primi vegetali (anzitutto il seme del fonio), gli animali e i minerali, e li mandò sulla terra. Diede loro anche un paniere, dal fondo quadrato e con l'apertura circolare, contenente l'argilla necessaria per costruire i granai dei villaggi, simboli dell'universo. Nel granaio dei villaggi Dogn le scale indicano non solo le coppie di maschi e femmine che generarono i Dogon, ma anche costellazioni e stelle: a nord le Pleiadi, a sud Orione, ad est Venere, ad ovest la stella cometa. Secondo un'altra versione tramandata a Griaule, gli otto scesero sulla terra seguendo l' ordine numerico. Per primo scese il nommo fabbro (il primo antenato): egli aveva rubato dalla fucina dei grandi Nommo, i fabbri del cielo, un pezzo di Sole, sottoforma di brace e di ferro incandescente, servendosi di un “bastone da ladro”; inoltre, portò via l'incudine e il mantice, che lasciò lungo un arcobaleno. Per battere il ferro e dissodare la terra, con gli strumenti ricevette braccia articolate con avambracci come avrebbero avuto anche gli uomini. Vennero poi l'antenato dei pellai e il nommo cantastorie (il griot), che scesero lungo un filo. Ognuno portava i suoi strumenti e i suoi attributi. L'ottavo antenato (la parola) non rispettò la precedenza e il Settimo (il signore che insegna la parola), presa la forma di un grande serpente, giunto sulla terra volle vendicarsi. Istigati dal fabbro, gli uomini lo uccisero, ne mangiarono il corpo e diedero la testa al fabbro che la seppellì nella sua fucina. Poiché era stato ucciso il maestro della parola, gli uomini non avrebbero mai potuto ricevere la terza parola, quella della musica (simboleggiata dal tamburo). Perché ciò avvenisse, bisognava che morisse il più vecchio dei viventi, Lebè, che sarebbe dovuto passare nel medesimo mondo del Settimo e realizzare i disegni del dio. Ciò avvenne secondo un progetto di morte/sacrificio e di resurrezione del Lebè e del settimo nommo, divenuti unità inscindibile ed immortale, per comunicare la forza vitale della parola alla carne dell'uomo, e trasmetterla a tutta l'umanità. Così gli uomini ricevettero la parola definitiva, chiara e perfetta, conveniente ai nuovi tempi. Le ricerche continuate dopo la morte di Ogotemmeli, presso altri vecchi saggi, nelle successive missioni di Griaule, completarono la conoscenza del grande mito cosmogonico. Il mondo fu creato da Amma, essere che preesisteva ad ogni cosa e che possedeva nella saliva una “parola” ancora non formulata, il pensiero creatore. Egli creò per mezzo di essa una placenta, la madre originaria, che fecondò ponendo in essa il seme di due coppie di gemelli dalla forma di siluri (l'immagine del feto umano). Uno dei gemelli maschi, Yourougou, abbandonò prematuramente la placenta materna, prendendone con sé un pezzo, che in seguito divenne la Terra. Cosciente della sua solitudine, andò in cerca della sua gemella nelle viscere della Terra sua madre, compiendo così un incesto. Amma pose fine al disordine cosmico trasformandolo in volpe, animale notturno molto selvaggio che vive in profonde tane. Quando Yourougou uscì dall'uovo non possedeva la parola articolata, ma vi era predisposto, perché sul pezzo di placenta che aveva portato via dalla madre c'erano dei segni grafici, delle parole in potenza. Amma riprese la parola tagliandogli la lingua, ma non poté togliergli completamente la facoltà di esprimersi. Poi rimediò al disordine del mondo sacrificando Nommo, l'altro gemello maschio dell'uovo, e purificando l'universo con le parti del suo corpo smembrato. Poi Amma fece esplodere il seme della Digitaria exilis: il suo contenuto, cioè tutti gli elementi della creazione, si riversò su un'arca di terra pura formata dalla placenta rimasta. Pose su di essa Nommo resuscitato e i suoi “bambini”, quattro coppie di gemelli che sono gli antenati dell'umanità. L'arca fu fatta scendere dal cielo con una catena di rame (che simboleggia il cordone ombelicale) e si schiantò sulla terra di Yourougou, dando origine all’umanità. Gli antenati si stabilirono sulla Terra e Nommo insegnò loro l'agricoltura. La parola è creazione di Nommo. Egli tessé dei fili di cotone da lui espettorati per mezzo della sua lingua biforcuta; mentre faceva questo egli parlava e la sua parola si fissò nel tessuto. Essa fu poi trasmessa agli altri da uno degli antenati, Binou Serou, per mezzo di un tamburo: le prime forme di linguaggio furono dunque anche la prima fascia tessuta e il primo ritmo musicale. Dopo la rivelazione della lingua la società si organizzò. I quattro antenati maschi furono i fondatori delle quattro principali istituzioni dei Dogon. Il primogenito, Amma Serou (letteralmente “testimone di Amma”), associato al dio creatore, è rappresentato nella società attuale dal patriarca, capo della grande famiglia allargata, che risiede nella ginna (“grande casa”"), dalla facciata con nicchie e colonne, dove si trova l'altare degli antenati, a cui il vecchio rende culto. L'antenato Binou Serou (“testimone del binu”) è rappresentato da un sacerdote alla testa del clan totemico (composto da parecchie stirpi in linea paterna), che si occupa del culto degli antenati totemici, associati a certe specie animali o vegetali. Questi binu rappresentano le parti di Nommo sacrificato e il loro insieme forma il suo corpo intero resuscitato. Il culto è associato all'acqua e alla vita ed e' celebrato in santuari con la facciata dipinta. L'antenato Lebè Serou ("testimone di Serou"), morto e resuscitato sotto forma di serpente, e' associato alla terra e alla vegetazione che muore e rinasce. Il suo sacerdote è l'Hogon, l'uomo più vecchio della regione, che celebra insieme al sacerdote totemico la festa delle sementi e distribuisce agli abitanti del villaggio i semi di miglio. L'antenato Dyongou Serou (“testimone del rimedio”) è celebrato dalla società dei maschi, in cui i ragazzi entrano dopo la circoncisione; è in relazione con la natura selvaggia, la morte, il fuoco; dunque è associato a Yourougou. La sua morte è commemorata da una cerimonia, il sigi. Come si può vedere, grande attenzione è data alla parola. Dogon hanno una concezione molto precisa di come si forma e funziona la parola tra gli interlocutori. Essa nasce nel corpo umano, dove attinge le "sostanze" che la compongono (e il cui dosaggio ne determina la natura). Le principali sono l'acqua (le fornisce la vita), la terra (le da' il senso), il fuoco (le da' il calore), l'aria (le fornisce il respiro). Altri elementi che possono comporre la parola sono l'olio, la bile, il miele, il sale, ecc.. L'elaborazione della parola segue un meccanismo simile a quello della fucina e in parte a quello della tessitura. Presso i Dogon i dialoghi sono molto codificati e anche la qualità della voce ha un grande ruolo negli scambi verbali. La morte si caratterizza per la non-parola, mentre sul dialogo si fonda la vita sociale.

Ciò che dà importanza, dal nostro punto di vista, alla popolazione dei Dogon, sono le loro straordinarie conoscenze astronomiche. Vediamo perché. Nel 1950, Griauel e Dieterlen pubblicarono sul Journal de la Societè des Africainistes un articolo, riguardante i Dogon dal titolo Un Systeme Soudanais de Sirius. Secondo quanto riportato nell’articolo, le tradizioni più occulte dei Dogon affermavano che attorno a Sirio A (Sigi tolo) orbitava un'altra stella, Sirio B (Po tolo o Digitaria), la quale descriveva una traiettoria ellittica in circa 50 anni; la rotazione di Digitaria su se stessa avveniva, invece, in un anno. Oltre a questo, gli anziani dei Dogon erano a conoscenza del fatto che la materia costituente Sirio B era alquanto densa e pesante e che nel sistema siriano esisterebbe una terza stella, Sirio C (Emme ya), quattro volte più leggera di Sirio B ed orbitante anch'essa in 50 anni attorno a Sirio A lungo un’orbita di maggiore lunghezza. A queste informazioni se ne aggiunsero altre nel 1965, quando Dieterlen pubblicò Le renard pale, La volpe pallida, opera che rivelava altre straordinarie conoscenze in possesso del “primitivo” popolo dei Dogon: la tribù del Mali era a conoscenza del fatto che la Terra è sferica, che ruota su sé stessa ed attorno al Sole, che la Luna “è un pianeta arido e privo di vita”, che “Giove possiede quattro satelliti” (le lune scoperte da Galileo, i Satelliti Medicei), che “Saturno è provvisto di un anello che lo circonda” e che “tutti i corpi celesti (tolo tanaze)” del nostro sistema planetario orbitano attorno al Sole, che la Via Lattea ha una struttura e un movimento a spirale, cui partecipa anche il nostro Sole e che l'Universo "è un'infinità di stelle e di vita intelligente". Per quello che riguarda Sirio, le conoscenze dei Dogon sono parzialmente esatte. Sirio A dista dalla Terra 8,7 anni luce, ha una massa più che doppia rispetto al Sole ed emana 23 volte più luce; Sirio B, invece, possiede una massa appena superiore a quella del nostro astro, ma il suo diametro è 30 volte inferiore. Ciò comporta una densità interna media di 25.000 grammi per centimetro cubo (materia ultradensa). L'astrofisica moderna stima l'età del sistema di Sirio in 130/330 milioni di anni: è un dato significativo, poiché rende assai remota, se non impossibile, la probabilità che, in qualche eventuale pianeta del sistema siriano, la vita abbia avuto il tempo necessario per svilupparsi ed evolversi in maniera più rapida che da noi. SullaUn disegno Dogon raffigurante un pianeta in orbita attorno a Sirio ed un'immagine reale di Sirio. Terra, infatti, i primi batteri sono apparsi dopo 900 milioni di anni e le cellule con nucleo dopo 3 miliardi di anni. Ovviamente non si possono giudicare batteri e cellule creature intelligenti. La teoria dell'evoluzione stellare ha pure dimostrato che Sirio B, un tempo, doveva essere più massiccia di Sirio A, poiché si trattava di una stella “gigante rossa” che, liberatasi degli strati esterni, si è evoluta in una “nana bianca”. Va detto, ancora, che la distanza angolare (distanza apparente di due corpi celesti in cielo) tra Sirio A e B varia da 12” d'arco (1" = angolo sotteso da una moneta di 100 lire alla distanza di 6 Km) all'afelio, sino a 4 secondi d'arco al perielio. Un uomo dotato di vista acuta può osservare come separati due oggetti che distino almeno 90 secondi d'arco. Sirio A ha una magnitudine visuale pari a - 1,5 mentre Sirio B sfiora appena la magnitudine 8,5. Questa stella è dunque 10.000 volte più debole della sua ragguardevole compagna. La luce ed il fulgore di Sirio A, quindi, eclissano la debole Sirio B. Alla luce di questo, si può affermare che sicuramente nessun membro della tribù Dogon avrebbe potuto scorgere la piccola nana bianca, anche avvalendosi di un telescopio di modeste dimensioni.
   
Ovviamente, il fatto che tali esatte conoscenze astronomiche siano in mano ad una popolazione come quella dei Dogon ha creato un certo “scalpore”. In particolare, fu lo studioso Robert Temple ad enfatizzare ulteriormente la questione, quando, nel 1976, pubblicò The Sirius Mystery, Il Mistero di Sirio. Andando a ripescare molte parti delle tradizioni egizie, sumere e greche, Temple costruisce un interessante disegno complessivo: le conoscenze dei Dogon derivano da rivelazioni fatte loro da esseri anfibi intelligenti provenienti da un pianeta di Sirio C, esseri che, nella tradizione, vengono identificati nei Nommo. Nelle loro tradizioni, i Dogon accennano ad una “stella della decima luna”, che Temple interpreta come la base spaziale da cui sarebbe giunta sulla Terra l'astronave dei Nommo. Temple congettura anche che quella base sia la decima luna di un pianeta del sistema solare: Febo, satellite di Saturno. Si tratta di una luna che orbita con moto retrogrado, ha densità molto bassa e che, secondo Temple, sarebbe quindi cavo; inoltre è la decima luna di Saturno, come “sostenuto” dai Dogon. Questa ultima asserzione, tuttavia, non corrisponde al vero: diametro e massa pongono Febe al nono posto mentre assegnano il decimo a Epimeteo, che ha densità perfino inferiore. 
Nel tentativo di dare basi più solide alla propria teoria, Temple cita un articolo scientifico ad opra di due astronomi francesi, Benest e Duvent, è apparso sulla rivista Astronomy and Astrophysics nel 1995. Sussistono però delle forti discrepanze tra quanto afferma l'Americano e le tesi degli studiosi. Tanto per cominciare, Benest e Duvent non si dicono certi dell'esistenza di Sirio C; ma anche volendo ipotizzare la sua esistenza, la possibile presenza del terzo astro è rilevabile da perturbazioni sul sistema di Sirio A/B e non da osservazioni ottiche dirette. Inoltre, Sirio C orbiterebbe attorno a Sirio A in 6 anni, non in 50 come postulato da Temple; la sua massa, poi, dovrebbe essere 1/20 di quella solare e non ¼, come avvallato in The Sirius Mystery. Poi, Sirio B percorre una traiettoria orbitale più lunga di Sirio C, mentre Temple afferma l’esatto opposto. Ancora: se i dati presentati nell'articolo scientifico sono corretti, Sirio C disterebbe da Sirio A circa 640 milioni di chilometri; dunque, un pianeta orbitante attorno alla piccola stella potrebbe avvicinarsi pericolosamente all'astro principale del sistema. Va aggiunto che la crosta superficiale del proto-pianeta di Sirio C, dopo un periodo di raffreddamento, per formarsi avrebbe impiegato qualche centinaio di milioni di anni, cioè l'età attuale stimata del sistema di Sirio. In conseguenza di questo, privo di un'adeguata atmosfera tutto il corpo celeste sarebbe stato bombardato da radiazioni e meteoriti. 
La teoria degli “antichi visitatori” che Temple si sforza così tanto di comprovare è sicuramente affascinante. Ma è plausibile? E’ logico ed accettabile tutto quanto detto finora? A darci qualche delucidazione in merito è Gianni Comoretto del CICAP. 

La storia [come sappiamo] ha avuto un "boom" con un libro di Robert Temple, in cui questi ha ipotizzato che i Dogon conoscessero questi fatti da almeno 500 anni, e che li avessero appresi da esseri anfibi provenienti da Sirio. Altri "studiosi" ipotizzano che le conoscenze derivassero dagli egizi, e che questi ultimi avessero telescopi in grado di vedere Sirio B. Tutte queste ipotesi sono basate su elementi a dir poco inconsistenti. Nessuno di questi "studiosi" ha fatto ulteriori ricerche, ma hanno semplicemente lavorato di fantasia sugli studi di Griaule e Dieterlen. Ad es. la datazione di 500 anni dipende dal fatto che i Dogon costruiscono una maschera cerimoniale ad ogni cerimonia. In un sito sono state trovate 6 maschere, più due cumuli di polvere che potrebbero essere altre 2 maschere. In ogni caso, pur ammettendo che questo porti indietro a 480 anni fa, dimostrerebbe solo che il rito è molto antico. L'esitenza di telescopi egizi è stata invece dedotta dal ritrovamento di una sfera di vetro ben lavorata, che dimostrerebbe che gli egizi potevano lavorare il vetro, quindi potevano fare delle lenti, quindi potevano fare dei telescopi, quindi potevano fare dei grossi telescopi. Un ulteriore revival di questa storia, sempre senza che nessuno raccogliesse ulteriori elementi sul campo, è sorto quando sostenitori dell'afrocentrismo hanno ipotizzato che le popolazioni africane potessero vedere stelle molto deboli ad occhio nudo, per misteriose proprietà della melanina. 
Il lavoro di Griaule e Dieterlen è stato criticato per molti aspetti. I due hanno sempre lavorato con interpreti, e tutta la storia di Sirio deriva da interviste ad una singola persona. Non hanno tenuto conto del fatto che i Dogon tendono ad evitare ogni forma di contrasto, e quindi a non contraddire una persona stimata e rispettata (come erano loro) se questa fa ipotesi un po' strampalate. Griaule e Dieterlen affermano che i Dogon conoscono pure una terza compagna di Sirio, che non è conosciuta. L'interpretazione della stella compagna come una stella doppia è scarsamente documentabile anche dal lavoro dei due antropologi. 
Ma la cosa che fa crollare miseramente la teoria è che i Dogon non sono inaccessibili. Sono una delle etnie più studiate del centrafrica, e nessuno ha mai trovato traccia delle conoscenze anomale. Al di fuori praticamente dell'informatore di Griaule e Dieterlen, nessuno ha mai sentito parlare di stelle compagne, o di periodi di 50 anni, o di materia ultrapesante. Questo non è spiegabile con conoscenze segrete, perché i Dogon non hanno un corpo mitico segreto. La conoscenza è diffusa, senza una casta che custodisce i segreti religiosi. 
Walter Van Beek, che ha passato 11 anni tra i Dogon, ha trovato che pochissimi Dogon utilizzano i nomi Sigu Tolo e Po Tolo (Sirio A e Sirio B secondo Griaule). L'importanza di Sirio è minima nella loro cultura. Nessuno, neppure gli informatori di Griaule, hanno idea che Sirio sia una stella doppia. Jacky Boujou, che di anni coi Dogon ne ha passato 10, concorda in pieno. E sottolinea che le teorie di Griaule possono essere interpretazioni distorte di quest'ultimo, confermate per spirito di armonia dal suo interlocutore. 
Sagan ha ipotizzato che le conoscenze anomale potessero essere il frutto di racconti di visitatori occidentali, poi entrate nella cultura Dogon. Anche se l'ipotesi non è improbabile, i Dogon hanno miti "bianchi" diventati in meno di una generazione parte della loro cultura, alla luce di quanto visto sopra direi che l'ipotesi non è necessaria.

   
Comunque sia, la teoria che “qualcuno” sia giunto dallo spazio in tempi antichissimi non è così nuova come si potrebbe pensare. Vediamo cosa dice in proposito Colin Wilson in Dei dell'altro Universo.

C'è un mito in particolare che secondo Shklovskii e Sagan potrebbe presumibilmente riferirsi a un contatto tra esseri umani e alieni. “La leggenda”, scrivono, “suggerisce che avvenne un contatto tra gli uomini e una civiltà extraterrestre prodigiosamente evoluta sulle coste del Golfo Persico, forse nei pressi dell’antica città sumerica di Eridu, nel IV millennio a.C., o poco prima”. La leggenda può essere fatta risalire a Beroso, sacerdote del dio Bel-Marduk nella città di Babilonia ai tempi di Alessandro Magno. Beroso aveva accesso a incisioni cuneiformi e pittografiche (su cilindri, tavolette e pareti dei templi) risalenti a migliaia di anni prima. In uno dei frammenti a lui attribuiti, Alessandro Poliistore descrive la comparsa nel Golfo Persico di “un animale dotato di ragione, che fu chiamato Oannes”. Questa creatura aveva una coda dì pesce, ma anche piedi simili a quelli degli esseri umani, e parlava con voce umana. Insegnò agli uomini la scrittura e le scienze, ogni sorta di arte, e anche a costruire case e templi. “In breve, egli li istruì in tutto ciò che poteva civilizzarli”. Oannes era solito trascorrere la notte in mare, perché era anfibio. Dopo di lui, giunsero altre creature della sua razza.
Un altro antico cronista, Abideno, discepolo di Aristotele, parla dei re dei Sumeri e menziona “un altro semidemone, molto simile a Oannes, che giunse una seconda volta dal mare”. Egli menziona anche “quattro personaggi che gettavano duplice ombra”, con ciò intendendo presumibilmente metà uomini e metà pesci, “che giunsero dal mare”.
Infine, Apollodoro d'Altene scrive che all'epoca di re Amennon il Caldeo “apparve il Musarus Oannes, l’Annedotus, uscendo dalle acque del Golfo Persico”, e in seguito “un quarto Annedotus uscì dalle acque del mare, ed era metà uomo e metà pesce”. E durante il regno di re Euedoresco comparve un altro uomo-pesce di nome Odacon. Apollodoro definisce Oannes l'“Annedotus” come se fosse un titolo anziché un nome proprio. Passai un'ora e mezzo cercando in vari vocabolari ed enciclopedie il significato di annedotus e anche di musarus, riuscendo finalmente a scoprire nel dizionario di greco di Liddell e Scott che musarus significa abominevole. Ma di annedotus nessuna traccia. Poi, ricordando che Robert Temple aveva menzionato il dio-pesce in The Sirius Mystery, consultai il suo libro e scoprii che avrei potuto risparmiare tempo e fatica, perché aveva già fatto il lavoro per me. Annedotus signifìca “il repellente”. Era sbalorditivo: il “Musarus Oannes l'Annedotus” significa “l'abominevole Oannes il repellente”.


La tradizione degli dei anfibi non è limitata ai Dogon o ai popoli del Vicino Oriente. Scrive Salvatore Poma: 

Dal Medio Oriente ai paesi del Mediterraneo sono molte le leggende che riguardano esseri dalle caratteristiche simili a quelle di Oannes. Va detto che Oannes è il nome dato dal greco Elladio all'essere mitologico che i popoli accadici chiamavano in realtà "Uan". Anche in America i maya adoravano un essere anfibio che chiamavano "Uaana" che significa "colui che risiede nell'acqua". Si noti che personaggi mitici hanno nomi simili in civiltà che non sono mai venute a contatto tra loro. Anche i Filistei adoravano una creatura anfibia chiamata Dagon (o Odakon) che veniva raffigurata, assieme alla sua compagna Atargatis, con coda di pesce e corpo umano. Dagon appartiene alla stessa radice linguistica di "Dogon", nome di una tribù del Mali che adora il Nommo, un essere superiore dal corpo di pesce, propiziatore di tutta la loro cultura, che tornò tra le nuvole all'interno di un "uovo rovente". A Rodi, infine, troviamo i Telchini, divinità anfibie dotate di poteri magici, che Zeus scacciò dall'isola perché avevano osato "mutare" il clima.

Come si può vedere, sul “mistero Dogon” la parola FINE non è ancora stata scritta.

WEBGRAFIA

· http://domenicoforte.interfree.it/I%20DOGON%20E%20LA%20STELLA%20SIRIO.htm
· http://it.wikipedia.org/wiki/Dogon
· www.itinerariafricani.net/dogon.htm
· http://misteri.interfree.it/dogon.htm
· www.videoexplorer.it/Dogon.htm