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Guida alla Dea Madre in Italia
Andrea Romanazzi

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PREFAZIONE DI SEZIONE CURATA DA ANDREA ROMANAZZI

L’archeomitologia è una nuova disciplina fondata nel secolo scorso dalla ricercatrice Marija Gimbutas e basata sullo studio comparato fra mitologie “non scritte”, tradizioni orali popolari, folklore, manifestazioni magico-religiose e archeologia, che ha portato a impensati sviluppi nella ricerca archeologica. La chiave di volta è l’interdisciplinarità delle ricerche, infatti l’Archeomitologia nasce dall’esigenza di cercare fonti per lo studio di periodi protostorici poco conosciuti per l’esigua mancanza di documenti, ma non per questo meno affascinanti ed interessanti. Per scandagliare il remoto passato, non potendoci basare solo sui reperti archeologici, diventa di rilevante importanza lo studio delle tradizioni orali che si manifestano nella cultura popolare sotto il nome di Mitologia, Cosmogonia e, successivamente nel Folklore di un popolo. Strumento importante dell’Archeomitologia diventa così l’Antropologia Culturale tanto da poter far pensare anche ad una nuova terminologia “Archeoantropomitologia”, cioè lo studio delle mitologie arcaiche attraverso il Foklore, le Tradizioni e la religione popolare, dunque attraverso il sistema di credenze, superstizioni, opinioni e modi di vivere, l’unico “quod superest” di culture primitive mai del tutto scomparse i cui ricordi e le cui tracce si trovano ancora oggi in quella cultura che molti antropologi definiscono “subalterna”. L’elaborazione e l’interpretazione degli antichi rituali e delle conoscenze “primitive” (termine utilizzato non in senso dispregiativo ma da intendere come derivante da “primis”) si basano così su un esame trasversale delle conoscenze di un popolo tentando di eliminare quella fittizia e formale denominazione settoriale delle Discipline che è invece rigido rifiuto ad un esame ed ad una analisi dell’Unica realtà umana e sociale: L’Uomo e le sue Tradizioni.
 

LA TRADIZIONE DEL MAGGIO E IL CULTO ARBOREO

a cura di Andrea Romanazzi

Un Elemento che permea l’intero substrato della cultura e delle tradizioni popolari d’Europa è il culto dello spirito arboreo, filo d’Arianna nell’impervio e intricato sentiero del folklore. Tra le sue numerose manifestazioni esso si presenta ancora oggi tra le pieghe di un rito molto antico, la festa del Maggio, espressione popolare di una figura che, dall’ Animismo al Cristianesimo, ancora resiste alle spire del tempo e delle religioni. Varie sono le ipotesi sull’origine etimologica del nome “Maggio”, per alcuni studiosi esso scaturisce da una antica dea della fecondità, Maja, per altri dal mese stesso in cui questa festa si celebrerebbe, coincidente con quella di Beltane, che a sua volta proverrebbe dal termine “bel”, brillante, forse legato ai numerosi falò che si accendono in questa data, o da un antico dio gallese della pastorizia conosciuto come Belinos, o “grande albero sacro”, denominazione che suggerisce uno stretto rapporto tra la divinità e il Maggio nella figura dello spirito arboreo. Per capire cosa si nasconde realmente dietro questa tradizione dobbiamo esaminare le caratteristiche essenziali della festa. In realtà data la sua notevole diffusione vi sono diversità peculiari per ogni luogo, il Frazer nel suo libro “Il ramo d’oro” descrive tantissime tradizioni europee, narra che usanza più diffusa era quella di portare al villaggio un enorme albero per poi adornarlo con i frutti della terra, animali e piante, come ringraziamento alla divinità ma anche come gesto basato sul concetto di Magia Simpatica molto caro al contadino per il quale “il simile produce il simile”: L’esporre frutti e vivande altro non era così che un modo per propiziare fertilità e abbondanza. Queste tradizioni molto antiche e sicuramente derivanti dall’area nordico - celtica ove il culto arboreo era molto diffuso, le troviamo anche nelle tradizioni romane, nei “floralia” che si tenevano durante le Calende di Maggio, quando, dopo canti e balli, si propiziava l’abbondanza con rituali a sfondo orgiastico, usanze che ancora ritroviamo ... LEGGI TUTTO.