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Adrion cerca Nezia... una storia d'amore
Aurora Prestini

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Il GIARDINO D'ASTARTE - GElsomino
a cura di Mary Falco

’“… Ricordi la disposizione del giardino di piacere, vero?» ed al suo timido assenso proseguì «appena arrivata cercherai un pezzetto di buona terra e ricostruirai il giardino così com’è. Mi raccomando, non variare nulla! Quando il gelsomino formerà bei padiglioni profumati e la fontana canterà alla sua ombra, la padrona ed io ti raggiungeremo e vivremo insieme, felici e contente. Ma attenzione! Se cambierai anche la più piccola cosa non riusciremo più a trovarti! Hai capito bene?»”

Da: “Adrion cerca Nezia” di Aurora Prestini, pag.30

Inizia così la fortunata avventura d’Astarte, che invece di perire a Gerusalemme come tutti gli altri, vivrà felice e contenta a Torcello… anche se abbiamo seri dubbi sull’esatta corrispondenza di piante ed alberi nel nuovo giardino che riuscirà a coltivare!
Padiglioni profumati e fontane colpirono certo l’attenzione di tutti i crociati ed al loro ritorno dalla Terra Santa ci fu un fervere di coltivazioni nuove: albicocchi, mandorli e scalogni, per citare solo le innovazioni più note, mentre ribes, agrumi e carrube prolificavano felicemente in Sicilia ed in Spagna, dov’erano stati introdotti direttamente dagli Arabi… ma a parte l’evidente difficoltà di costruire fontane a Venezia (la nostra Astarte dovrà accontentarsi d’un pozzo) i pergolati che ombreggiavano i giardini per tutto il medioevo dovettero utilizzare piante più rustiche. E perché impazzire coi gelsomini, se rose ed edera s’arrampicavano già così bene e resistevano perfettamente al freddo?
Senza contare, come s’è visto qualche mese fa, l’abbondanza delle clematidi!
Così per quanto lo “Jasminum officinalis” d’origine persiana fosse notissimo anche agli antichi greci e romani, il primo a coltivarlo davvero in Italia fu Cosimo I de Medici, che naturalmente ne aveva proibito la diffusione fuori dai giardini granducali… l’Inghilterra dovrà addirittura aspettare il 1730, quando rgelsominoiceverà una pianta dal Malabar.
Che cosa coltivava allora Astarte nel suo giardino di Torcello?

“… L’indomani, nell'ora calda, mentre gli altri riposavano ed Astarte restava sola con la sua signora a filare lino dorato, le propose di portare il lavoro in giardino, nel padiglione di gelsomini, invece di restare sotto al pergolato di vite come facevano sempre. In realtà il padiglione era di piselli, le piantine di gelsomino erano ancora piccole piccole, ma crescevano insieme di buon accordo.”

Scopriremo più avanti, a pagina 65! E più avanti ci sarà anche una nuova disillusione… ma è inutile sfogliare un intero romanzo alla ricerca delle tracce di gelsomino.
Più interessante è chiederci perché questa pianta così delicata fosse considerata tanto indispensabile in un giargelsominodino. Forse può aiutarci l’osservazione attenta del fiorellino bianco e profumato dello “Jasminum officinalis”: un piccolo pentacolo naturale.
Nelle tradizioni mediterranee e mediorientali il cinque simboleggia la Grande Madre dai molti nomi: se infatti si iscrivono nel cerchio dell’anno le congiunzioni superiori del pianeta Venere in base alla loro posizione nello Zodiaco s’ottiene un pentagramma. Così già Ishtar babilonese e poi Afrodite in Grecia, furono rappresentate dalla stella a cinque punte, considerata un potente amuleto contro gli spiriti maligni.
Come unione tra il divisibile due e l’indivisibile tre, il cinque è anche il simbolo del matrimonio. Una deliziosa leggenda araba vede la madre di tutte le stelle, Kitza, intenta a preparare dei vestitini d’oro per i propri figli, quando le giunge una piccola delegazione di stelline scontente di quelli che indossano: - troppo larga – troppo stretta – poco fulgida – … ma le proteste riescono solo ad irritare il re degli spazi, Micar, che le caccia tutte dal cielo, per gettarle nel fango della strada.
Le lacrime della madre non riescono a fargli cambiare idea, ma in compenso impietosiscono la Signora dei giardini, Bersto, che le trasforma in fiori profumati… da allora i gelsomini sono messaggeri d’amore!
L’indimenticabile Sissi non mancherà d’inviarne al cugino, Ludwig di Baviera!
Il medioevo però era troppo pratico (ed affamato) per coltivare un fiore solo per un significato simbolico! Ed ecco il famoso olio di gelsomino, che i Persiani offrivano agli invitati nei banchetti importanti, arricchirsi da Dioscoride a Linneo d’una quantità di virtù officinali… tutte impietosamente smentite dalla farmagelsominoopea moderna!
Per fortuna nel frattempo s’è diffuso anche lo “Jasminum sambac” di più facile cultura, che resta tranquillamente all’aperto nelle zone temperate. Ecco dunque coltivazioni industriali in Calabria e Sicilia (se ne ricavano deliziosi profumi) ed una discreta presenza in tanti altri giardini nostrani.
Ed a proposito di profumo: l’aromaterapia ammette ciò che la farmacopea tradizionale ha appena escluso e così apprendiamo che il profumo di gelsomino è euforizzante e stimola direttamente l'ipotalamo a produrre l'enkefalina, sostanza che oltre ad inibire il dolore procura uno stato di benessere e di felicità.
Il gelsomino dissolve le paure e le tensioni legate alla sessualità ed è tradizionalmente usato per curare i disturgelsominobi uterini e per facilitare il parto.
Inoltre il suo profumo sensuale, paradisiaco ed afrodisiaco, aiuta a superare i blocchi e stimola la libido. Nella sfera emotiva, permette di superare l'impotenza di fronte alle sofferenze interiori, le depressioni, l'apatia ed al pessimismo.
Ma attenzione! Per essere efficace deve esser ricavato dai fiori raccolti all'alba. In effetti il gelsomino è una "regina della notte" e non emana il sugelsominoo profumo durante il giorno. Occorrono un milione di fiori per produrre 1 Kg. di essenza! Chi non usa pesticidi di sorta può anche provare a candirli, facendo fondere a bagnomaria mezzo chilo di zucchero in mezzo bicchier d’acqua dove si sono sciolti dieci grammi di cremor tartaro e poi adagiandovi delicatamente i fiori, fino a coprirne il fondo. Dopo cinque minuti di cottura i fiorellini vanno tolti uno per uno ed adagiati su un tavolo di marmo appena unto. Si conservano in un recipiente ben chiuso, ma non a lungo. Per gustarli profumati bisogna affrettarsi. Più alla portata di tutti resta la degustazione di un buon thé al gelsomino, fra i numerosi offerti sul mercato… Astarte comunque non lo faceva.