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FUORI DALLA TOMBA
a cura di Marco Pini

Il rapporto con la morte in passato era sicuramente molto diverso e talvolta molto più terrificante di quanto lo sia oggi; escludendo le anime che si aggirano tra vecchie case ed antichi castelli in attesa di portare a termine qualcosa di incompiuto in vita, noi vediamo nella maggior parte dei casi, la morte come la fine del nostro corpo su questa terra cioè il passaggio da una vita umana ad una spirituale in un'altra dimensione (credenza in parte alimentata dai casi di Quasi-Morte). I nostri antenati però la pensavano diversamente, temevano i morti molto più di noi, considerandoli esseri non del tutto “andati” capaci di uscire dalla loro tomba e riprendersi ciò di cui hanno bisogno. Questo li portava ovviamente a prendere delle precauzioni, alcune conosciute praticamente da tutti, altre più insolite sono da molti ignorate.


SESSO POST-MORTEM

Come l’alimentazione, l’altro principale motivo in grado di trascinare un defunto fuori dal suo alloggio era il sesso. I morti nel corso di ere diverse (compresa l’era egizia) erano considerati sessualmente attivi. Per essere precisi, si credeva che solo i defunti di sesso maschile fossero in grado di lasciare il luogo di sepoltura per la mancanza di una vita sessuale; a provarcelo ci sono i ritrovamenti delle Concubine Di Pietra: statuette femminili poste sul sepolcro con gli organi sessuali e di funzione erotica molto accentuati e sempre senza piedi, in modo che non potessero scappare. Questa però non era la precauzione più macabra presa dalle civiltà antiche. Sempre in Egitto, come in Mesopotamia e altri numerosi siti, il ritrovamento di due cadaveri (uno maschile ed uno femminile) nella stessa bara, ci racconta come questi popoli convinti di placare il bisogno di sesso dei trapassati , gettassero una compagna in dono all’uomo. Probabilmente vera compagna anche in vita ma resta comunque da chiarire se, in tutti i casi di cui attualmente siamo a conoscenza, costei, fosse sempre morta al momento della sepoltura (la bare erano in pietra pesante quindi non furono trovati segni di alcun tipo).

I MORTI E LA FAME

La necessità di nutrirsi dopo il trapasso era convinzione di moltissime civiltà e donare cibo al defunto, da sempre trovato nei sepolcri delle popolazioni antiche, era di uso comune. A volte non era del tutto sufficiente lasciare pane, miele e farina esclusivamente al momento della sepoltura, così si portavano periodicamente scorte di cibo alla tomba evitando che il trapassato potesse sentirsi insoddisfatto e costretto quindi, a camminare tra i vivi per saziarsi. Pratica utilizzata inoltre per garantire una vita abbondante nel regno dei morti o per pagare, se necessario, colui che accoglieva il defunto nell’Aldilà, stesso motivo che spingeva gli antichi (egizi in primis) ad abbandonare tesori di grande valore sul luogo di sepoltura. Nel caso in cui le offerte risultassero insufficienti per il defunto, l’usanza era quella di mummificare un altro morto riservandogli un posto ai banchetti in modo che il cadavere “insoddisfatto”, provvedendo a sfamarsi da solo, si limitasse a divorare il proprio corpo nella tomba non potendo usufruire di un posto a tavola già occupato. Non mancavano i sacrifici (quasi sempre di giovani in salute) al duplice scopo di: placare la fame dei morti ma soprattutto di offrire loro il cibo che preferivano (la carne umana) che sarebbe andata a colmare il divario tra la vita e la morte riportando chi non c’è più ad una vita normale.

I VAMPIRI

E’ nei paesi slavi che queste credenze riguardanti le necessità dei morti vanno a fondersi in un unico essere: il cosiddetto “demone bevitore”, meglio conosciuto come vampiro. La condanna di questo essere “non morto” animato da una presunta entità malvagia direttamente legata all’inferno e il piacere che costui e la vittima, provano nel morso fatale di questa immonda creatura (il piacere sessuale del vampiro proviene dalla bocca), unisce perfettamente la tradizione del morto che per fame o per sesso è costretto a lasciare la propria dimora cercando soddisfazione tra i vivi. Come riportato nel libro “Storie Di Vampiri (I MAMMUT)”, volume dal quale ho tratto alcune informazioni, all’origine della leggenda del vampiro ci sono due attività che si pensava potessero proseguire dopo la morte: il sesso e l’alimentazione. Anche qui, evitando eventuali persecuzioni da parte dei (non)morti, nascono i metodi che tutti conosciamo: il paletto di frassino, la croce, l’acqua santa, la decapitazione ecc.. Ricordando come in alcuni paesi d’Europa la “caccia al vampiro”, continua per tradizione quasi sempre clandestinamente. Tuttora infatti si scoperchiano tombe in cerca di “non morti” pronti a tormentarci; segno che certi credi, non sono ancora pronti a lasciarci.

MORTE, QUESTA SCONOSCIUTA

Tanti dunque sono stati i dubbi nelle menti degli uomini. Un argomento come la morte non ha trovato e forse non ha bisogno di una spiegazione scientifica e razionale. Le credenze dei nostri antenati erano nella maggior parte dei casi errate e notevolmente più macabre delle nostre, portandoli a ricorrere spesso a metodi piuttosto pesanti come ad esempio: le usanze dei popoli nomadi in Russia, dove i cadaveri venivano inchiodati alla tomba trafitti alla testa e al cuore per evitare che seguissero il resto del popolo durante gli spostamenti. Che sia dunque la fine di una vita terrena (con il proseguimento di una spirituale nell’Aldilà come oggi in molti credono e come anche in antichità molti popoli ritenevano possibile), che sia un anima vagante nelle stanze di un castello o il corpo stesso ad abbandonare la propria dimora (cadaveri “insoddisfatti” o un mito forte da secoli come quello del vampiro), questi dubbi non sembrano abbandonarci e in ogni modo, in ogni epoca, pare proprio che l’uomo non sia in grado o non voglia rinunciare al dare vita a qualcosa d’impossibile comprensione, quello che in effetti, potrebbe essere in realtà la morte e cioè la fine di tutto.