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Adrion cerca Nezia... una storia d'amore
Aurora Prestini

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Il GIARDINO D'ASTARTE
a cura di Mary Falco

Anno 1099 d.C. I Cristiani sono alle porte di Gerusalemme. Fatima, al servizio di un ricco musulmano, incarica la giovanissima ed ignara schiava Astarte di fuggire dalla Terrasanta, per ricreare nelle terre dei Cristiani il meraviglioso “Giardino del Piacere”, le cui piante, usate incautamente, possono portare sventura e malattia. Astarte, sfruttando i tratti ancora mascolini della sua acerba età, riesce ad imbarcarsi su un vascello e ad entrare nelle grazie del capitano della nave, che...Così inizia l’avventura d’Astarte così come la racconta Aurora Prestini nel suo nuovo romanzo: Adrion cerca Nezia… pubblicato da “Il Filo”. Noi ricostruiremo quel giardino… ma innanzitutto: chi era Astarte?

 

Astarte sta alla più famosa dea Venere come una parente povera, che vien dalle montagne… e da quelle aride ed assolate della Siria arriva il suo culto, tanto che anche in piena età ellenistica, quando come dea dell’amore fu completamente soppiantata da Afrodite, si conservava ancora la memoria di una regina di Byblo che aveva amato Adone.

E ne era la moglie.

Le sottigliezze più tarde (amante, adultera, concubina) non si conoscevano ancora.

Ma la morte e l’abbandono sì, purtroppo, ed il bellissimo Adone, in questa prima versione dei fatti, fu fatto a pezzi da un cinghiale mentre andava a caccia nei primi giorni della Canicola.

Che restava ad Astarte, se non piangere e lamentarsi?

Eppure a lei qualcosa venne in mente. La terra era così arida che sulla tomba non poté mettere i fiori. Così li piantò in ceste e vasi, che innaffiò con acqua tiepida (o forse erano tutte lacrime?) e pose al riparo dalla vampa del sole. Erano semi poveri: grano, orzo, lattuga, finocchi, qualche semente di fiore selvatico raccolto per le sue proprietà officinali… la donna si tagliò le splendide trecce in segno di lutto e restò chiusa nella sua casa per tutto l’inverno. Pareva quasi che il dolore si fosse un po’ sopito; ma un giorno di primavera, uscendo, vide che il torrente sotto casa era diventato rosso come il sangue del suo signore e questo riaccese improvvisamente il ricordo e lo strazio della sua morte. Di nuovo riempì le ceste di semi e lacrime e questa volta le sistemò bene esposte alla luce della primavera…

Ed accadde il miracolo: il bellissimo Adone le fu restituito, più sano ed innamorato di prima e vissero per sempre felici e contenti. Forse la realtà fisica d’Astarte si perse nel culto della Grande Madre fenicia e cananea, naturalmente prima che la terra di Cana fosse conquistata dagli ebrei ed è legata alla fertilità, ma anche alla fecondità ed alla guerra e connessa con l'Ishtar babilonese.

Da allora in tutto l’Oriente la primavera fu celebrata dapprima con questa “coltura forzata” in cesti e vasi, condotti poi fino al fiume arrossato dalle sabbie sciolte nelle prime piogge, in una spettacolare processione con lamento funebre al suono del liuto, una volta giunti a destinazione le piantine venivano gettate in acqua e si cominciava a celebrare la gioia della risurrezione.

I maggiori centri di culto furono Sidone, Tiro e Biblo, ma era venerata anche a Malta ed Erice in Sicilia, dove venne identificata con Venere Ericina. il suo nome Astarte si può far derivare dal greco Astárt in ugaritico ‘ttrt (anche ‘Attart o ‘Athtart, traslitterato Atirat), e in accadico As-tar-tu.

Quando la cultura ellenistica sentì la necessità di rappresentarla comparve spesso nuda ed in quelle egiziane con ampie corna ricurve, sull'esempio di Hathor. Suoi simboli sono il leone, il cavallo, la sfinge e la colomba, la pianta sacra il mandorlo, mentre l’erba officinale l’ortica.

Astarte entrò a far parte dalla XVIII dinastia egizia anche del pantheon egizio, dove venne identificata con Iside. In epoca ellenistica fu accomunata alla dea greca Afrodite, come Urania e Cipride (da Cipro, uno dei maggiori centri di culto di Astarte) e alla dea siriana Atargartis, la Dea Syria dei Romani.

Il nome Astarte o Ashtoret compare spesso nell'Antico Testamento. ma un'altra translitterazione è ‘Ashtart; nella lingua ebraica biblica il nome è (traslitterato Ashtoreth) La differenza di pronuncia nell'ebraico biblico (‘Aštōret invece di ‘Ašteret) deriverebbe dalla sostituzione delle vocali del nome della divinità fenicia con quelle del termine bōshet ("vergogna"). A volte, come in Giudici 10:6, si incontra la forma plurale ‘Aštērōt, termine indicante probabilmente divinità femminili di origine straniera, come i "Ba‘alim" per Baal.

Inutile dire che alla Bibbia le divinità femminili non piacevano molto, inoltre i così detti “giardini d’Adone” apparivano un inutile spreco di sementi in una terra arida e bisognosa di continue cure. In proposito va detto che anche nel più fiorente mondo ellenistico il giardino di casa era un orto, tanto che la coltivazione delle piante necessarie ai vari culti erano esclusiva pertinenza dei templi relativi, così quest’abitudine delle fanciulle di far germinare piante e poi buttarle, era tollerato come un capriccio, non veramente apprezzato e men che meno compreso. Oggi pensiamo che gettare nel fiume una provvista di piantine già germinate ha invece un effetto stimolante sull’eco sistema… ma ci sono quasi tremila anni di storia che ci dividono!

Quando il Cristianesimo fissò il dogma della Resurrezione di Cristo si sentì l’esigenza d’allontanarsi in ogni modo dalla figura d’Adone e quindi d’Astarte non si parlò più, ne’ in bene ne’ in male.

Niente Astarte nella civiltà di Maometto… o almeno nessuna simpatia per l’arcaismo rappresentato da questo nome, anche nel caso che qualcuno lo usasse ancora. La nostra protagonista può far riferimento alla dea solo ed esclusivamente perché è un’illegittima, di cui la famiglia può fare tranquillamente a meno. Se fosse stata inserita fra i suoi cari, sarebbe stata massacrata a Gerusalemme con tutti gli altri e la nostra storia non ci sarebbe.

Solo perché è un’esclusa può andarsene in fretta dalla città assediata e piantare in Occidente i semi del “giardino del piacere” ma prima d’esaminarli ad uno ad uno (e lo faremo prossimamente) è necessario spiegare bene una cosa: Fatima non voleva mettere in salvo Astarte, ma semplicemente vendicarsi dei Cristiani. Era convinta che sarebbero stati tanto stupidi e rozzi da avvelenarsi con le droghe più pericolose, senza riuscire a distinguerle dalle altre. Non dimentichiamo che era un’epoca in cui assenzio, elleboro e cicuta crescevano in ogni prato, mentre l’oppio per far dormire bambini ed ammalati si ricavava facilmente dai papaveri dell’orto… anzi, si coltivavano appunto per quello!

Astarte non arriva a Venezia con essenze magiche e segrete. Di veramente strana c’è solo la sua costanza nel voler trarre un giardino di piacere, cioè uno spazio esclusivamente ludico, in una terra in cui non si riesce a coltivare neppure il grano per il pane di tutti i giorni… ma sarà proprio questa la sua sfida ed il punto di partenza per qualcosa di veramente nuovo. E pericoloso.