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Adrion cerca Nezia... una storia d'amore
Aurora Prestini

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Spirito di Lucerna
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Il GIARDINO D'ASTARTE - oleandro: velenoso e resistente
a cura di Mary Falco

’“La cesta era stipata di rametti verdi dalle foglie lunghe e appuntite. Il padrone le spiegò che erano talee di una pianta rarissima, proveniente da un paese vicino all’India, disse che si adattava a far cespugli ed alberi a volontà ed aveva stupendi fiori di ogni varietà di rosso e di rosa. Pare che nei giardini romani ne conoscessero l’uso, ma poi se n’era persa traccia...”

Da: “Adrion cerca Nezia” di Aurora Prestini, pag.102

OleandroSi tratta dell’oleandro (Nerium oleander L., 1753 per gli amanti della botanica) e chiunque sia andato in autostrada fino in Puglia o in Calabria, stenterà a credere che un giorno sia stato importato come “talea rarissima”… adesso è quasi infestante!
Originario dell'Asia, molto probabilmente dell’Indonesia, ora è naturalizzato e spontaneo nelle regioni mediterranee e diffusamente coltivato a scopo ornamentale. Se ne sono trovate raffigurazioni negli affreschi di Pompei ed è pertanto ritenuto comune nei giardini romani… ma con l’avvento del cristianesimo si preferì riservare la buona terra alle specie commestibili e molte delle così dette “piante coronarie” coltivate esclusivamente per ricavarne serti di fiori da offrire agli dei, scomparvero per far posto ai semplici ed agli ortaggi, o a piante fiorite che potessero anche essere usate in cucina, prima fra tutte la rosa.
È plausibile dunque che facesse parte delle “scoperte” preziose di qualche mercante curioso di novità, che non si limitasse al grano ed alle spezie… ma a differenza di tanti cugini esotici, non creò nessun problema d’adattamento, tanto che oggi cresce spontaneo lungo i corsi d’acqua, compresi quelli che sono periodicamente in secca, affondando salde radici nei suoli sabbiosi freschi, ma anche in quelli argillosi, soprattutto nella fascia litoranea; il nome stesso del genere (Nerium), che deriva dal greco "Nerus", nome di una divinità del mare, ci rimanda a questa tipologia di distribuzione.
Più tecnicamente possiamo definirla una specie termofila (amante del caldo) ed eliofila (amante del sole), abbastanza rustica. Trae vantaggio dall'umidità del terreno rispondendo con uno spiccato rigoglio vegetativo, tuttavia ha caratteri xerofitici (adatta cioè ad un clima secco) dovuti alla modificazione delle foglie, che gli permettono di resistere a lunghi periodi di siccità. Teme il freddo, pertanto deve essere posto in luoghi riparati e soleggiati. È un arbusto sempreverde a rapido accrescimento, inizialmente di forma più o meno eretta e poi globulare e facilmente spoglia alla base da adulta. Appartiene alla famiglia delle Apocynaceae ed è coltivato soprattutto per la fioritura e per il fogliame.
Attualmente ha un areale piuttosto vasto, che si estende nella fascia temperata calda del Giappone a tutto il bacino Mediterraneo. In Italia vegeta spontaneamente presso i litorali, inoltrandosi all'interno fino ai 1000 metri d'altitudine lungo i corsi d'acqua. S'insedia sia sui suoli sabbiosi alla foce dei fiumOleandroi o lungo la loro riva, sia sui greti sassosi, formando spesso una fitta vegetazione. In effetti si tratta di un elemento comune e inconfondibile della vegetazione degli ambienti mediterranei, quasi sempre associato ad altre specie “riparie” (che crescono lungo la riva dei fiumi) quali l'ontano, il tamerice, l'agnocasto.
L'associazione vegetale riparia, con una marcata presenza dell'oleandro prende il nome di “macchia ad oleandro ed agnocasto”, solitamente d’estensione limitata. Spesso s’accompagna ad altre specie mediterranee, come lentisco, carrubo, mirto. Un caso singolare, forse unico in natura, si rinviene nella Gola di Su Gorropu fra il Supramonte di Orgosolo e quello di Urzulei in Sardegna: in questo caso la macchia ad oleandro e agnocasto si inoltra fino ai 1000 metri confinando col bosco di lecci.
Viene coltivato in tutta Italia a scopo ornamentale e spesso è usato lungo le strade perché non richiede particolari cure colturali. Nonostante il portamento cespuglioso per natura, può essere allevato ad albero per realizzare viali alberati suggestivi per la fioritura abbondante, lunga e variegata nei colori. In questo caso richiede frequenti interventi di spollonatura per rimuovere i polloni basali emessi dalla ceppaia.
I fiori, che variano dal rosa al bianco, dal rosso al giallo, sbocciano praticamente dall'inizio della primavera fino all'autunno inoltrato. Sono state selezionate numerose specie a fiore doppio. Sono numerosissime le varietà create dall'uomo, a fiori semplici, semidoppi e stradoppi, con colori che vanno dal bianco al rosso cupo, passando attraverso sfumature avorio, rosate o arancio.

“Il giardino era sovraccarico di fiori ed il loro profumo, al mattino, quando il sole asciugava la rugiada notturna, imbalsamava l’aria, mescolandosi al sentore d’incenso delle infiorescenze dei salici, che crescevano sulle rive. Tutti aspettavano con trepidazione che le nuove piante schiudessero i grossi mazzi di boccioli verdi e appuntiti, disposti a raggiera sull’estremità dei rami. Soprattutto il padrone che, avendo rimandato il primo viaggio della stagione per attendere la nascita del nipote, cominciava ad annoiarsi un poco a stare fermo a terra ed aveva bisogno d’inventarsi qualche interesse.«Il bello di questo fiore» diceva con enfasi «è che non sai mai di che colore sarà una volta sbocciato. Può essere appena rosato, o decisamente carminio!».”

Da: “Adrion cerca Nezia” di Aurora Prestini, pagg. 112 - 113

L'oleandro produce frutti vistosi, di colore bruno-rossiccio, eretti, lunghi dai 10 ai 15 centimetri. Come s’è visto si tratta di una essenza che si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno. Per ottenere abbonanti fioriture è importante provvedere ad abbondanti irrigazioni durante il periodo estivo. Durante il periodo invernale le annaffiature dovranno invece essere di molto ridotte, soprattutto nelle regioni settentrionali.
Se la pianta viene coltivata in vaso è buona norma rinvasarla ogni due anni, concimandola con del concime granulare e aggiungendo ogni tanto sangue di bue.
Si consiglia inoltre di provvedere alla potatura delle piante giovani per ottenere l'infoltimento della chioma. Si moltiplicano per seme o per tale durante il periodo estivo.
Di crescita rapida, e resistente come poche altre piante alla siccità e al salino, l'oleandro ha un solo grosso inconveniente: l'essere velenoso in ogni sua parte, al punto che bruciando rami e foglie bisognerà fare attenzione a non inalarne il fumo!

Oleandro“…Un giorno di maggio, mentre Nezia filava seduta al sole sulla riva, spalleggiata dagli “ulivi d'oriente”, Astarte fu dolorosamente colpita dalla loro bellezza. C’era qualche cosa d’analogo tra i fiori che il padrone aveva portato da lontano e quella fanciulla bionda e solenne che non provava mai stanchezza alcuna. Entrambi parevano venuti da un altro mondo, eppure s’erano acclimatati meglio di lei. Guardò le corolle rosa, rosse, gialle e cremisi, che tremolavano al sole come se fossero più antiche dei pini e degli ulivi e ricordò come Nezia stessa li avesse definiti velenosi.”
Da: “Adrion cerca Nezia” di Aurora Prestini, pagg. 137 - 138

Attenzione dunque: si tratta di una pianta assai velenosa, in tutte le sue parti, è' sempre opportuno quindi lavarsi le mani dopo averlo toccato. Tutta la pianta (foglie, corteccia, semi) è tossica per qualsiasi specie animale. Se ingerita porta a tachicardia, con aumento della frequenza respiratoria, disturbi gastrici, tra cui vomito, nausea e bruciore e disturbi del sistema nervoso centrale, che possono portare ad un innaturale assopimento assopimento.
Responsabile di questa estrema tossicità è l'oleandrina, un glicoside cardiotossico. Ma l'oleandro contiene una serie di altri principi tossici, che si conservano anche dopo l'essiccamento, come i cardenoidi, che influiscono sul normale funzionamento cardiaco, eccitando e stimolando l'azione del cuore in maniera più o meno elettiva, fino ad un aumento della forza contrattile, diminuzione della frequenza e conduzione di stimoli dagli atrii ai ventricoli e potenziandone l'eccitabilità.
Esempi di piante contenenti sostanze cardiocinetiche sono: la digitale (vedi Digitalici), lo strofanto, la scilla marittima, il mughetto, l'elleboro e l'oleandro.)
Le specie animali più colpite sono gli equini, i bovini e i piccoli carnivori. Nel cavallo abbiamo anche la comparsa di gravi e profonde lesioni a livello della mucosa orale. La morte sopraggiunge per collasso cardio-respiratorio solo nel caso in cui se ne ingeriscano grandi quantità.
Al riguardo la storia racconta che diversi soldati delle truppe napoleoniche morirono per avvOleandroelenamento dopo aver usato rami di oleandro come spiedi nella cottura della carne alla brace, durante le campagne militari in Italia. Le sue proprietà tossiche sono state usate come "arma" per l'omicidio descritto nel film White Oleander.
Sembra sia di moda in Sri Lanka uscire di casa stressati e ingoiare un seme di oleandro giallo (Thevetia peruviana). Per i buddhisti il suicidio è un pochino meno drammatico che per gli altri, vista la certezza della reincarnazione, ma resta lo stesso un sintomo di malessere sociale. Vandana Shiva racconta come si suicidino in massa gli agricoltori indiani che non riescono a pagare i debiti.
Basta un seme di oleandro giallo a fermare il battito cardiaco; in Sri Lanka la moda partì una ventina d’anni fa, quando un paio di ragazzine ne morirono, per sbaglio, e la notizia fu riportata dai giornali. Da allora in poi il numero dei suicidi con semi di oleandro è cresciuto vertiginosamente e oggi ci provano qualche migliaio di persone ogni anno. Il 10% ci riesce.
Esistono dei farmaci per fermare l’intossicazione, ma costano tantissimo. Infatti l’oleandro e le altre specie velenose di cui sopra, contenendo glicosidi attivi sul cuore, vengono utilizzati in medicina e quindi i medici statunitensi, che li usano per rimediare al sovradosaggio di farmaci cardiaci, hanno a disposizione anche gli antidoti.
Tanta produzione di veleno ha uno scopo: adatto a vivere in condizioni di privazione, l’oleandro si difende così dai parassiti… ma non sempre ci riesce! Il suo nemico più frequente è l'aspidioto dell'edera (Aspidiotus hederae), assai frequente nei paesi del mediterraneo. Si tratta di un particolare tipo di cocciniglia, che attacca prevalentemente la pagina inferiore della foglia. Altro parassita assai frequente è la cocciniglia fioccosa (Chloropulvinaria floccifera) che riesce a invadere la pianta riproducendosi praticamente per tutto il corso dell'anno. La melata prodotta finisce per imbrattare la pianta, creando spesso fumaggini. Le contromisOleandroure devono quindi essere tempestive, potendo il parassita condurre ad un grave deperimento e anche alla morte.
La sua tenace resistenza alle condizioni avverse e la sua sostanziale pericolosità non potevano che essere riflesse nei significati culturali attribuiti all’oleandro: poiché le foglie sono disposte a tre a tre Pitagora lo considerava addirittura simbolo della Triade e quindi dell’armonia stessa dell’universo. I greci lo mettevano tra i fiori sacri ad Afrodite. Nel Medioevo era soprannominato “mazza di San Giuseppe” perché gli apocrifi volevano che fosse fiorito, al posto del giglio, sul famoso bastone di San Giuseppe ed ancora nel vocabolario d’amore ottocentesco simboleggia la baldanza… eppure una tenace tradizione popolare lo ha soprannominato “ammazza cavallo” o “ammazza asino”, mentre in Sicilia ed in Toscana è un fiore funerario. A Venezia viene considerato la pianta della mala sorte, mentre nel milanese si ritiene che nelle case dove c’è un oleandro le ragazze non troveranno marito!

Aurora Prestini ha un punto di vista diverso. Astarte, la protagonista, non riceverà alcun danno da quelli che continua a chiamare “ulivi d’Oriente” ma intorno a lei la città cambia… in un romanzo successivo, ambientato nella Venezia di fine cinquecento, immagina che un alchimista padroneggi davvero il segreto della vita, fino al punto di… VUOI SAPERNE DI PIU'? CLICCA QUI!