Compare fantasma nella foto, si riapre un caso di omicidio.

LA SPEZIA – Don Emilio Gandolfo fu ucciso 12 anni fa a colpi di crocifisso e l’autore dell’omicidio non ha ancora un nome. Il parroco è stato ammazzato il 2 dicembre del 1999 a Vernazza, in provincia di La Spezia. Ora l’intero paese di Vernazza farà l’esame del Dna: il sindaco è stato il primo ad offrirsi volontario. Ne parla oggi il Corriere della Sera. “Piccolo, segaligno, scorbutico, quasi sempre in abiti borghesi, camicia a quadri e cappellino con visiera, don Emilio era quanto di più lontano dal pacioso parroco di paese. Colto (aveva curato la pubblicazione degli scritti di Gregorio Magno), aveva frequentazioni vaticane, era stato addetto agli uffici diplomatici della Santa Sede, per anni aveva fatto da guida ai pellegrinaggi in Terra Santa: ormai anziano era approdato nella chiesa sul mare del borgo delle Cinque Terre, non lontano dal paese natio, vicino a Sestri Levante. Fu ucciso in modo barbaro – si legge – la sera in cui si fa risalire l’omicidio (scoperto il giorno dopo), il 2 dicembre, tutto il paese era in piazza, sul sagrato della chiesa, per montare le luminarie di Natale”. «In piazza – ricorda Caporuscio che prese in mano le indagini – c’era anche il sindaco di allora, il comandante dei vigili. Nessuno si accorse di nulla». L’ottantenne Don Emilio forse fu torturato: aveva tutte le costole fratturate, le dita di una mano spezzate e la mandibola fratturata in due punti. «Una violenza bestiale» commenta Caporuscio. Per colpire il sacerdote fu usato un pesante crocifisso d’argento e, forse, un altro oggetto mai trovato. Sotto le unghie il medico legale trovò un capello: ora c’è il Dna. Proprio quel capello potrebbe appartenere ell’assassino. «Abbiamo considerato l’idea di chiedere alla popolazione di sottoporsi all’esame – dice Caporuscio – ma questo non significa che qualcosa ci spinga a ritenere che il colpevole sia fra gli abitanti di Vernazza. L’assassino, o gli assassini, non hanno lasciato tracce». Il Paese è convinto che l’assassino non sia uno del posto, ma qualcuno che il parroco conosceva bene. Secondo la ricostruzione fatta al tempo, don Emilio avrebbe aperto di persona la porta al suo assassino.

UN POSSIBILE MOVENTE Il sacerdote criticava aspramente la politica finanziaria intrapresa dalla Compagnia di San Paolo, di cui faceva parte, che aveva iniziato a investire in immobili e nel leasing di aerei per trasportare i pellegrini in Terra Santa o nell’Est europeo. Alcune società che facevano capo o avevano rapporti con la Compagnia sarebbero state domiciliate a un numero civico fantasma di La Spezia: ben 70 ragioni sociali, alcune fanno pensare a traffici illeciti. Compreso il traffico d’armi. La Compagnia poi fallì per 400 miliardi di lire – scrive il Corriere – don Emilio aveva anche modificato il proprio testamento destinando alla Compagnia prima unica erede solo due quinti dei suoi beni, circa 150 milioni delle vecchie lire. E aveva investito 70 milioni di lire in un’assicurazione sulla vita. Dalla canonica, dove don Emilio fu massacrato, sparì un crocifisso d’oro ma nessuno toccò il milione di lire in contanti: l’ipotesi della rapina, con il fermo di un balordo fu presto abbandonata. Sparì soprattutto la cartella con i documenti da cui don Emilio non si separava mai.

UN MOTIVO SINGOLARE HA PERMESSO LA RIAPERTURA DEL CASO All’inizio di aprile un turista ha scattato una foto nella chiesa di Vernazza in cui appare una figura eterea, con sembianze simili a quelle del parroco assassinato: nel paese si è subito parlato del fantasma di don Emilio. Caporuscio ha disposto che sia raccolta a Roma la testimonianza di un amico di don Emilio, Antonio Thierry, da sempre convinto che il prete fosse finito su un terreno pericoloso.

Fonte: http://www.leggo.it/articolo.php?id=119805

Discussione nel forum: http://www.daltramontoallalba.it/public/forum/viewtopic.php?f=10&t=3860

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Data: sabato, 7. maggio 2011 20:09
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