Enki,
operando sul DNA, riuscì
a creare l’uomo, ma non
un ibrido adatto ad uno
stato di schiavitù come
volevano gli altri dèi,
bensì un uomo con il
dono di poter procreare
e quindi creare una
propria discendenza
(come è stato dimostrato
da alcuni studi gli
ibridi non possono
procreare perché hanno
una sola serie di
cromosomi, mentrechi può
riprodursi ne ha due).
Qui Bibbia e testi
sumerici si incontrano
di nuovo: il frutto
della conoscenza,
l’Eden.
<<Adamo
è diventato uno di noi>>
dice la Bibbia.
A questo punto l’uomo
non è più solo un umile
servitore, ma un
individuo autonomo, che
si separa per volere
però delle Divinità
affinché egli non
divenga capace di
sfuggire alla mortalità.
L’uomo incominciò a
procreare mentre l’ira
divina aumentava fino a
culminare con la
decisione di sterminare
la razza umana:
E Dio vide che la
malvagità dell’Uomo
Era grande sulla Terra,
e che ogni pensiero,
ogni desiderio del suo
cuore
era maligno, ogni
giorno.
Allora Dio si pentì di
aver fatto l’Uomo
Sulla Terra, e il uso
cuore si riempì di pena.
E Dio disse:
<<Io distruggerò il
terrestre che ho creato,
lo cancellerò dalla
faccia della Terra>>.
e non solo per la
degenerazione morale
dell’uomo, ma
soprattutto per quella
degli stessi dèi i cui
figli incominciarono ad
avere rapporti sessuali
con la progenie dei
terrestri:
E avvenne che,
quando li uomini
cominciarono a
moltiplicarsi
sulla faccia della terra
e diedero alla luce
delle figlie,
i figli degli dèi videro
le figlie dei terrestri
e videro che erano
compatibili.
E presero per mogli
quelle che piacquero
loro più di tutte.
E poi:
E Dio disse:
<<Il mio spirito non
proteggerà l’uomo per
sempre;
poiché ha deviato, egli
non è che carne>>.
Questa affermazione
potrebbe voler dire che
la perfezione genetica
dell’umanità (lo
“spirito” degli dèi)
stava cominciando a
deteriorarsi, l’umanità
aveva “deviato” e perciò
era ritornata ad essere
solo carne e quindi più
vicina alle sue origini
animali.Per questo
possiamo capire la netta
distinzione tra Noè
(geneticamente puro)
<<un uomo giusto… puro
nella sua linea di
discendenza>> e il resto
dell’umanità <<tutta la
Terra che è corrotta>>,
e per questo verrà
avvertito dell’imminente
catastrofe (Diluvio).
La distruzione del
genere umano era stata
prevista e concordata
tra tutti gli dèi,
Nibiru, con il suo
passaggio, avrebbe rotto
la placca di ghiaccio
dell’antartico (fine
dell’ultima glaciazione)
creando maremoti di
enormi proporzioni e un’accellerazione
alla modifica del clima
che comunque era già in
atto (basti guardare
l’influenza che la Luna
ha sulle maree), ma
questa fu solo la
seconda soluzione, già
in precedenza Enlil,
spaventato dal
moltiplicarsi dell’uomo,
decise la decimazione
dell’umanità tramite
pestilenze, malattie e
siccità:
La terra si estese, la
gente si moltiplicò
In quella terra essi
vivevano come bestie
selvatiche.
I loro accoppiamenti
disturbavano il dio;
il dio Enlil udì le loro
parole
e disse ai grandi dèi:
<<Le parole dell’umanità
sono diventate
oppressive;
i loro accoppiamenti mi
tolgono il sonno>>.
La Bibbia conclude il
Diluvio con Noè e gli
altri che si trovano
sull’arca e che
accendono un fuoco
offrendo sacrifici alla
Divinità:
E Dio sentì il profumo
allettante
E disse nel suo cuore:
<<Non maledirò più
quella terra
a causa dei suoi
abitanti; poiché è solo
la gioventù che rende
malvagi i loro
desideri>>.
Questo “lieto fine” è
pieno di contraddizioni
come il Diluvio in sé,
in quanto comincia con
un lungo atto di accusa
contro l’umanità
culminando con la
decisione di far morire
tutto ciò che è vivente,
ma poi la Divinità
avverte Noè con sette
giorni di anticipo per
fare in modo che il seme
del genere umano non
vada perduto e, finita
la tragedia, Dio si fa
allettare dalla carne
arrostita dimenticando
il proposito originario
di cancellare tutta
l’umanità! Tutto questo
avviene a causa
dell’intento
monoteistico della
Bibbia, che non ha fatto
altro che comprimere in
un’unica divinità i
ruoli che nelle altre
versioni erano svolti da
più divinità spesso in
disaccordo tra loro. Per
molto tempo la Bibbia fu
l’unico testo a parlare
del Diluvio, fino a q uando
gli archeologi non
scoprirono tracce delle
civiltà mesopotamiche e
non decifrarono la
letteratura sumerica ed
accadica. Attraverso il
testo accadico “Epica di
Gilgamesh”, abbiamo una
visione del Diluvio più
completa: Utnapishtim
(il Noè accadico) viene
avvertito dal dio Enki
della imminente
tragedia, e della
decisione votata durante
una riunione da tutti
gli dèi.
Uomo di Shuruppak,
figlio di Ubar-Tutu:
distruggi la tua casa e
costruisci una nave!
Rinuncia a tutto ciò che
possiedi, pensa solo
alla vita!
Lascia tutti i tuoi
averi e metti in salvo
l’anima.
A bordo della nave metti
il seme di ogni essere
vivente.
Questa è la nave che
devi costruire;
grande abbastanza da
contenere ciò che ti ho
detto.
Il parallelismo con il
racconto biblico è
abbastanza evidente, ed
inoltre la versione
babilonese è certamente
più plausibile poiché la
decisione di distruggere
e poi salvare il genere
umano non sono propositi
contraddittori di una
sola divinità, ma
decisioni di divinità
diverse. Enki consigliò
al suo fedele servitore
Utnapishtim di costruire
un’imbarcazione e gli
fornì dettagliate misure
e tecniche per
costruirla; ma noi,
influenzati dal racconto
biblico, immaginiamo
l’”arca” come un
vascello molto grande,
ma il termine biblico
“TEBA” deriva dalla
radice della parola che
significa “sommerso”! Se
ne deve concludere che
Noè costruì una sorta di
sommergibile; secondo il
testo accadico Enki
parlava di una barca
<<munita di tetto sopra
e sotto>> ermeticamente
sigillata con “pece
dura”, doveva essere
“come una barca di Apsu”,
un sulili; ed è proprio
i termine usato oggi in
ebraico (soleleth) per
indicare un sottomarino.
Arrivato il diluvio i
Nefilim fuggirono e
restarono in orbita
attorno alla Terra:
Gli dèi si
accucciarono come cani
contro il muro.
Ishtar gridava come una
donna in preda alle
doglie:
<<Gli antichi giorni,
ahimè, sono ormai solo
argilla>>…
Gli dèi Anunnaki
piangevano con lei.
Gli dèi se ne stavano
lì, seduti a piangere;
le labbra strette… tutti
quanti.
Il diluvio fu
un’esperienza traumatica
per il genere umano, ma
non tutti gli uomini e
gli animali morirono; i
Nefilim, ridiscesi sulla
Terra, capirono che per
sopravvivere avevano
bisogno che l’uomo
sopravvivesse e cosi lo
aiutarono insegnandoli
l’arte dell’agricoltura
e dell’allevamento.
Molti scienziati
studiando l’origini
dell’agricoltura sono
giunti alla conclusione
che la sua “scoperta” da
parte dell’umanità,
avvenuta circa 12.000
anni fa, è da mettere in
relazione con la mitezza
climatica che seguì la
fine dell’ultima era
glaciale, ignorando le
informazioni che
derivavano da testi
biblici e sumeri che ne
indicavano l’inizio con
la fine del Diluvio.
<<Noè fu il primo
contadino, e piantò una
vigna>>. Egli divenne
dunque il primo
agricoltore dell’era
post-diluviana, il primo
ad impegnarsi
volontariamente in
quella complessa
attività. Gli studiosi
moderni, tuttavia, hanno
appurato che la pratica
agricola comparve si per
la prima volta nell’area
medio-orientale, ma non,
come ci si aspetterebbe,
nelle fertili pianure e
vallate della regione,
bensì tra le montagne
che orlavano a
semicerchio le pianure.
Perché questi primi
agricoltori si
concentrarono nelle zone
montuose, certamente
meno agevoli? L’unica
spiegazione plausibile è
che, al tempo in cui
nacque l’agricoltura, le
terre basse non erano
abitabili perché
risentivano ancora dei
postumi del Diluvio;
difatti la Genesi dice:
molte generazioni dopo
il Diluvio, genti
provenienti “da
est”-cioè le regioni
montuose a oriente della
Mesopotamia- <<trovarono
una piana nella terra di
Shin’ar [Sumer] e vi si
insediarono>>.
Gli studiosi hanno ormai
accertato che
l’agricoltura nacque con
l’addomesticamento di un
cereale selvatico dal
quale si ricavarono
frumento e orzo;
tuttavia non riescono a
spiegarsi come mai già i
primi cereali (per
esempio quelli trovati
nella grotta di Shanidar)
fossero già uniformi e
altamente specializzati.
La natura richiede
migliaia di generazioni
di selezione genetica
perché una specie possa
acquisire un livello
minimo di
sofisticazione; in
questo caso, invece, non
c’è alcuna traccia di un
processo graduale e
prolungato. Si tratta di
una sorta di “miracolo”
di genetica botanica,
spiegabile solo se
accantoniamo il concetto
di selezione naturale e
pensiamo invece a una
manipolazione
artificiale. La spelta,
un tipo di frumento a
grano duro, rappresenta
un mistero ancora più
grande. Essa è infatti
il prodotto di “una
strana mescolanza di
geni botanici”, non
deriva dallo sviluppo di
un’antica fonte
genetica, né da una
mutazione di essa: è
proprio il risultato di
un miscuglio di geni
provenienti da diverse
piante. Un discorso
analogo vale anche per
gli animali: come è
possibile che l’uomo, in
poche migliaia di anni,
sia riuscito a
modificare cosi
profondamente gli
animali attraverso
l’addomesticamento? Gli
studiosi moderni non
sanno risolvere questi
enigmi, né, più in
generale, sanno spiegare
come mai il semicerchio
montuoso dell’antico
Medio Oriente divenne
una fonte di varietà
sempre nuove di cereali,
piante, alberi, frutti,
ortaggi e animali
domestici. I Sumeri,
come al solito, avevano
una risposta: i semi
erano un dono mandato
sulla Terra da Anu.
BIBLIOGRAFIA
·
“Il Pianeta degli Dèi” –
Anno 2006- Edizioni
Piemme
·
“La storia volume 1” –
Anno 2007- Edizioni
Mondatori
WEBGRAFIA
www.paleontologiaumana.it
www.acam.it
www.edicolaweb.net
CAPITOLI ARTICOLO
Prefazione -
Zecharia Sitchin -
Origini sull'Uomo -
I Sumeri -
I Nefilim o Anunnaki
Nibiru e la formazione
della terra -
La creazione dell'Uomo
-
Il Diluvio e il destino
degli Uomini
Epilogo -
Prove a sostegno -
Orbita Incrociata |