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Il Dodicesimo Pianeta - Il Diluvio e il Destino degli Uomini
a cura di Filippo Cozzatelli

Rappresentazione del DNAEnki, operando sul DNA, riuscì a creare l’uomo, ma non un ibrido adatto ad uno stato di schiavitù come volevano gli altri dèi, bensì un uomo con il dono di poter procreare e quindi creare una propria discendenza (come è stato dimostrato da alcuni studi gli ibridi non possono procreare perché hanno una sola serie di cromosomi, mentrechi può riprodursi ne ha due). Qui Bibbia e testi sumerici si incontrano di nuovo: il frutto della conoscenza, l’Eden.

<<Adamo è diventato uno di noi>> dice la Bibbia.

A questo punto l’uomo non è più solo un umile servitore, ma un individuo autonomo, che si separa per volere però delle Divinità affinché egli non divenga capace di sfuggire alla mortalità. L’uomo incominciò a procreare mentre l’ira divina aumentava fino a culminare con la decisione di sterminare la razza umana:

 


E Dio vide che la malvagità dell’Uomo
Era grande sulla Terra,
e che ogni pensiero, ogni desiderio del suo cuore
era maligno, ogni giorno.
Allora Dio si pentì di aver fatto l’Uomo
Sulla Terra, e il uso cuore si riempì di pena.
E Dio disse:
<<Io distruggerò il terrestre che ho creato,
lo cancellerò dalla faccia della Terra>>.


e non solo per la degenerazione morale dell’uomo, ma soprattutto per quella degli stessi dèi i cui figli incominciarono ad avere rapporti sessuali con la progenie dei terrestri:

E avvenne che,
quando li uomini cominciarono a moltiplicarsi
sulla faccia della terra
e diedero alla luce delle figlie,
i figli degli dèi videro le figlie dei terrestri
e videro che erano compatibili.
E presero per mogli quelle che piacquero loro più di tutte.

E poi:

E Dio disse:
<<Il mio spirito non proteggerà l’uomo per sempre;
poiché ha deviato, egli non è che carne>>.


Questa affermazione potrebbe voler dire che la perfezione genetica dell’umanità (lo “spirito” degli dèi) stava cominciando a deteriorarsi, l’umanità aveva “deviato” e perciò era ritornata ad essere solo carne e quindi più vicina alle sue origini animali.Per questo possiamo capire la netta distinzione tra Noè (geneticamente puro) <<un uomo giusto… puro nella sua linea di discendenza>> e il resto dell’umanità <<tutta la Terra che è corrotta>>, e per questo verrà avvertito dell’imminente catastrofe (Diluvio).

La distruzione del genere umano era stata prevista e concordata tra tutti gli dèi, Nibiru, con il suo passaggio, avrebbe rotto la placca di ghiaccio dell’antartico (fine dell’ultima glaciazione) creando maremoti di enormi proporzioni e un’accellerazione alla modifica del clima che comunque era già in atto (basti guardare l’influenza che la Luna ha sulle maree), ma questa fu solo la seconda soluzione, già in precedenza Enlil, spaventato dal moltiplicarsi dell’uomo, decise la decimazione dell’umanità tramite pestilenze, malattie e siccità:

La terra si estese, la gente si moltiplicò
In quella terra essi vivevano come bestie selvatiche.
I loro accoppiamenti disturbavano il dio;
il dio Enlil udì le loro parole
e disse ai grandi dèi:
<<Le parole dell’umanità sono diventate oppressive;
i loro accoppiamenti mi tolgono il sonno>>.


La Bibbia conclude il Diluvio con Noè e gli altri che si trovano sull’arca e che accendono un fuoco offrendo sacrifici alla Divinità:

E Dio sentì il profumo allettante
E disse nel suo cuore:
<<Non maledirò più quella terra
a causa dei suoi abitanti; poiché è solo la gioventù che rende malvagi i loro desideri>>.


Questo “lieto fine” è pieno di contraddizioni come il Diluvio in sé, in quanto comincia con un lungo atto di accusa contro l’umanità culminando con la decisione di far morire tutto ciò che è vivente, ma poi la Divinità avverte Noè con sette giorni di anticipo per fare in modo che il seme del genere umano non vada perduto e, finita la tragedia, Dio si fa allettare dalla carne arrostita dimenticando il proposito originario di cancellare tutta l’umanità! Tutto questo avviene a causa dell’intento monoteistico della Bibbia, che non ha fatto altro che comprimere in un’unica divinità i ruoli che nelle altre versioni erano svolti da più divinità spesso in disaccordo tra loro. Per molto tempo la Bibbia fu l’unico testo a parlare del Diluvio, fino a qEnliluando gli archeologi non scoprirono tracce delle civiltà mesopotamiche e non decifrarono la letteratura sumerica ed accadica. Attraverso il testo accadico “Epica di Gilgamesh”, abbiamo una visione del Diluvio più completa: Utnapishtim (il Noè accadico) viene avvertito dal dio Enki della imminente tragedia, e della decisione votata durante una riunione da tutti gli dèi.

Uomo di Shuruppak, figlio di Ubar-Tutu:
distruggi la tua casa e costruisci una nave!
Rinuncia a tutto ciò che possiedi, pensa solo alla vita!
Lascia tutti i tuoi averi e metti in salvo l’anima.
A bordo della nave metti il seme di ogni essere vivente.
Questa è la nave che devi costruire;
grande abbastanza da contenere ciò che ti ho detto.


Il parallelismo con il racconto biblico è abbastanza evidente, ed inoltre la versione babilonese è certamente più plausibile poiché la decisione di distruggere e poi salvare il genere umano non sono propositi contraddittori di una sola divinità, ma decisioni di divinità diverse. Enki consigliò al suo fedele servitore Utnapishtim di costruire un’imbarcazione e gli fornì dettagliate misure e tecniche per costruirla; ma noi, influenzati dal racconto biblico, immaginiamo l’”arca” come un vascello molto grande, ma il termine biblico “TEBA” deriva dalla radice della parola che significa “sommerso”! Se ne deve concludere che Noè costruì una sorta di sommergibile; secondo il testo accadico Enki parlava di una barca <<munita di tetto sopra e sotto>> ermeticamente sigillata con “pece dura”, doveva essere “come una barca di Apsu”, un sulili; ed è proprio i termine usato oggi in ebraico (soleleth) per indicare un sottomarino. Arrivato il diluvio i Nefilim fuggirono e restarono in orbita attorno alla Terra:

Gli dèi si accucciarono come cani contro il muro.
Ishtar gridava come una donna in preda alle doglie:
<<Gli antichi giorni, ahimè, sono ormai solo argilla>>…
Gli dèi Anunnaki piangevano con lei.
Gli dèi se ne stavano lì, seduti a piangere;
le labbra strette… tutti quanti.


Il diluvio fu un’esperienza traumatica per il genere umano, ma non tutti gli uomini e gli animali morirono; i Nefilim, ridiscesi sulla Terra, capirono che per sopravvivere avevano bisogno che l’uomo sopravvivesse e cosi lo aiutarono insegnandoli l’arte dell’agricoltura e dell’allevamento. Molti scienziati studiando l’origini dell’agricoltura sono giunti alla conclusione che la sua “scoperta” da parte dell’umanità, avvenuta circa 12.000 anni fa, è da mettere in relazione con la mitezza climatica che seguì la fine dell’ultima era glaciale, ignorando le informazioni che derivavano da testi biblici e sumeri che ne indicavano l’inizio con la fine del Diluvio. <<Noè fu il primo contadino, e piantò una vigna>>. Egli divenne dunque il primo agricoltore dell’era post-diluviana, il primo ad impegnarsi volontariamente in quella complessa attività. Gli studiosi moderni, tuttavia, hanno appurato che la pratica agricola comparve si per la prima volta nell’area medio-orientale, ma non, come ci si aspetterebbe, nelle fertili pianure e vallate della regione, bensì tra le montagne che orlavano a semicerchio le pianure. Perché questi primi agricoltori si concentrarono nelle zone montuose, certamente meno agevoli? L’unica spiegazione plausibile è che, al tempo in cui nacque l’agricoltura, le terre basse non erano abitabili perché risentivano ancora dei postumi del Diluvio; difatti la Genesi dice: molte generazioni dopo il Diluvio, genti provenienti “da est”-cioè le regioni montuose a oriente della Mesopotamia- <<trovarono una piana nella terra di Shin’ar [Sumer] e vi si insediarono>>.

Gli studiosi hanno ormai accertato che l’agricoltura nacque con l’addomesticamento di un cereale selvatico dal quale si ricavarono frumento e orzo; tuttavia non riescono a spiegarsi come mai già i primi cereali (per esempio quelli trovati nella grotta di Shanidar) fossero già uniformi e altamente specializzati. La natura richiede migliaia di generazioni di selezione genetica perché una specie possa acquisire un livello minimo di sofisticazione; in questo caso, invece, non c’è alcuna traccia di un processo graduale e prolungato. Si tratta di una sorta di “miracolo” di genetica botanica, spiegabile solo se accantoniamo il concetto di selezione naturale e pensiamo invece a una manipolazione artificiale. La spelta, un tipo di frumento a grano duro, rappresenta un mistero ancora più grande. Essa è infatti il prodotto di “una strana mescolanza di geni botanici”, non deriva dallo sviluppo di un’antica fonte genetica, né da una mutazione di essa: è proprio il risultato di un miscuglio di geni provenienti da diverse piante. Un discorso analogo vale anche per gli animali: come è possibile che l’uomo, in poche migliaia di anni, sia riuscito a modificare cosi profondamente gli animali attraverso l’addomesticamento? Gli studiosi moderni non sanno risolvere questi enigmi, né, più in generale, sanno spiegare come mai il semicerchio montuoso dell’antico Medio Oriente divenne una fonte di varietà sempre nuove di cereali, piante, alberi, frutti, ortaggi e animali domestici. I Sumeri, come al solito, avevano una risposta: i semi erano un dono mandato sulla Terra da Anu.

 BIBLIOGRAFIA

·Il Pianeta degli Dèi” – Anno 2006- Edizioni Piemme
· “La storia volume 1” – Anno 2007- Edizioni Mondatori

WEBGRAFIA

www.paleontologiaumana.it
www.acam.it
www.edicolaweb.net

CAPITOLI ARTICOLO

Prefazione - Zecharia Sitchin - Origini sull'Uomo - I Sumeri - I Nefilim o Anunnaki
Nibiru e la formazione della terra - La creazione dell'Uomo - Il Diluvio e il destino degli Uomini
Epilogo - Prove a sostegno - Orbita Incrociata