L’Antico
Testamento chiamava gli
“angeli” del Signore
malachim,
letteralmente
“emissari”, e lasciano
intuire di essere una
sorta di “aviatori”
divini: Giacobbe li vide
salire al cielo su una
scala, ad Hagar
parlarono dal cielo,
mentre Abramo <<levò lo
sguardo ed ecco, vi
erano tre
uomini in
piedi davanti a lui>>.
Gli antichi testi
indicano che gli dèi
indossavano il loro
abbigliamento speciale
per volare nei cieli più
vicini alla terra, ma
anche i più lontani e
questo si chiamava ME.
Inoltre troviamo la
descrizione del MU (“ciò
che sale diritto”), un
oggetto conico dalla
sommità ovale, contenuto
nel recinto sacro
chiamato
MU.NA.DA.TUR.TUR. (“la
forte pietra dove riposa
il
MU”),
come possiamo vedere da
una moneta ritrovata a
Biblo (la biblica Gebal).
Il MU è descritto, ad
esempio in un inno ad
Inanna, come un velivolo
o mezzo che le permette
di volare su tutti i
luoghi:
Signora del Cielo
Ella indossa il suo
Abito del Cielo
E arditamente sale verso
il Cielo.
Al di sopra di tutte le
terre abitate
Ella vola nel suo MU.
La Signora, che nel suo
MU
Gioiosamente vola fino
alle vette celesti.
Al di sopra di tutti i
luoghi in pace
Ella vola nel suo MU.
E’ provato che i popoli
del Mediterraneo
orientale avevano visto
questi oggetti simili a
razzi non soltanto nei
recinti dei templi, ma
addirittura in volo, ci
sono moltissimi
bassorilievi e sigilli
che dimostrano la
diffusione dalla
Mesopotamia in tutto il
mondo antico di queste
raffigurazioni. Dal
termine sumerico MU
derivano altri due
termini semitici
Sham o Shem,
tradotti erroneamente
come nome. Dall’antico
testamento:
<<Costruiamo una città,
e una torre la cui cima
raggiunga il cielo;
e facciamo uno shem,
affinché non siamo
dispersi sulla faccia
della Terra>>.
Ma questo progetto non
piacque a Dio.
E il Signore scese
A vedere la città e la
torre
Che i figli di Adamo
avevano eretto.
E disse:<<Ecco, sono
tutti come un solo
popolo con una sola
lingua
E questo è solo l’inizio
delle loro imprese.
Ora, qualunque cosa
decidano di fare, non
sarà più impossibile per
loro>>.
Quindi il Signore disse,
rivolgendosi a
imprecisate entità
simili a lui, che
l’Antico Testamento non
nomina:
<<Venite, scendiamo
e confondiamo la loro
lingua;
affinché non possano
comprendersi l’un
l’altro>>.
E il Signore li disperse
da quel luogo
Sulla faccia della Terra
Ed essi smisero di
costruire la città.
Perciò essa fu chiamata
Babele
Poiché là il Signore
mischiò la lingua della
Terra.
La tradizionale
interpretazione di
shem come
“nome” ha reso
incomprensibile questo
racconto per
generazioni. Perché si
sforzavano di “fare un
nome”? Perché questo
“nome” doveva stare su
“una torre la cui cima
raggiunga il cielo”? Se
tutto ciò che quella
gente voleva era, come
spiegano gli studiosi,
farsi una buona
reputazione, perché il
Signore si arrabbiò
tanto, considerandolo un
atto dopo il quale non
vi sarebbero più stati
limiti alle loro
imprese? Le spiegazioni
tradizionali sono
decisamente
insufficienti a spiegare
tale reazione, ma se
leggiamo il termine
shem come
“veicolo celeste” allora
tutto diventa più
plausibile, e non cosi
fantasioso come può
sembrare. Anche nel
testo babilonese noto
come Epica della
creazione si legge che
la prima “Porta degli
dèi” fu costruita a
Babilonia dagli ANUNNAKI,
gli dèi comuni, quindi
può essere stata
considerata una
sfrontatezza del genere
umano costruire la
propria “torre di
lancio”.
L’ipotesi che la Terra
sia stata abitata da
entità intelligenti
provenienti da altrove
presuppone l’esistenza
di un altro corpo
celeste sul quale tali
esseri intelligenti
abbiano fondato una
civiltà più avanzata
della nostra. In tutto
il mondo antico la
rosetta era il più
comune simbolo
decorativo, e gli
studiosi propendono a
credere che essa fosse
una derivazione o una
stilizzazione di un
fenomeno astrale: un
sole circondato dai suoi
pianeti. In un sigillo
cilindrico conservato a
Berlino, al Museo
dell’antico Medio
Oriente, compare una
divinità celeste che
estende i suoi raggi
verso undici corpi
celesti più piccoli che
le stanno intorno: il
Sole con attorno undici
pianeti. Il problema è
che il nostro sistema
solare è composto da un
Sole con dieci pianeti
(contando la Luna), ma i
Sumeri non la pensavano
cosi, essi erano
convinti che ci fosse un
dodicesimo pianeta, il
pianeta da cui
provenivano i Nefilim.
Per seguire i movimenti
dei corpi celesti e le
loro posizioni in
rapporto alla Terra e
fra loro, gli Assiri e i
Babilonesi tenevano
accurate efemeridi, cioè
tavole in cui venivano
elencate le posizioni
passate di tali corpi e
predette quelle future.

Il professor Gorge
Sarton scoprì che per il
calcolo esistevano due
metodi: quello di
Babilonia (più recente)
e uno più antico usato a
Uruk (città sumera). Con
sorpresa scopri che
quello più vecchio era
molto più sofisticato e
più accurato del
successivo, conclusioni
confermate dagli studi
del professor O.
Neugebauer (Astronomical
Cuneiform Texts), il
quale scoprì che le
efemeridi, precise
com’erano, non si
fondavano
sull’osservazione
personale degli
astronomi babilonesi che
le preparavano, bensì
erano calcolate <<sulla
base di schemi
aritmetici fissi… che
erano immutabili e non
potevano essere alterati>>
dagli astronomi che li
utilizzavano. Anzi,
concluse, che gli
astronomi babilonesi non
conoscevano affatto le
teorie sulle quali si
basavano le efemeridi e
i relativi calcoli, ma
si limitavano ad
applicarli con l’aiuto
di appositi testi che li
guidavano passo per
passo. Il professor
Alfred Jeremias concluse
che gli astronomi
mesopotamici conoscevano
il fenomeno della
retrogradazione, il
corso apparentemente
eccentrico e serpentino
dei pianeti come esso
viene visto dalla Terra,
dovuto al fatto che la
Terra ruota attorno al
Sole con una velocità
maggiore o minore
rispetto agli altri
pianeti. L’importanza di
tale conoscenza sta non
solo nel fatto che il
fenomeno della
retrogradazione è legato
al movimento orbitale
attorno al Sole, ma
anche al fatto che per
osservarlo e seguirlo
occorrevano periodi
lunghissimi di
osservazione.
I calendari dei Sumeri
influenzarono tutti i
calendari successivi,
quello principale era
quello di Nippur, il
quale faceva iniziare
l’anno con l’equinozio
di primavera,
utilizzando complicati
calcoli per sapere il
momento preciso in cui
cui sarebbe avvenuto
(tale calendario si
presume risalisse al
4400 a.C.!!). E’
possibile che i Sumeri
avessero queste
sofisticate conoscenze
astronomiche, nonostante
l’assenza di
strumenti tecnologici?
Sembra proprio di si:
usavano la parola DUB
per indicare “la
circonferenza del mondo”
di 360°, misuravano il
calare e il sorgere dei
corpi celesti tramite un
immaginario “orizzonte
celeste” chiamato AN.UR,
riuscivano a calcolare
lo zenith (AN.PA),
meridiani e paralleli.
Inoltre avevano
individuato già molte
costellazioni (sia
dell’emisfero boreale
che australe) e diviso
il cielo in tre “vie”:
la settentrionale (Enlil),
la meridionale (Enki),
la centrale (Anu);
l’attuale fascia
centrale, quella con le
dodici costellazioni
dello zodiaco,
corrisponde esattamente
alla Via di Anu
(anch’essa divisa in
dodici case). I Sumeri
attribuivano molta
importanza al Toro come
prima costellazione, e
questa, per molti
studiosi, è la prova
dell’antichità dello
zodiaco, il professor
Jeremias trovò delle
testimonianze in base
alle quali il “punto
zero”
zodiacale-cronologico si
trovava esattamente tra
il Toro e i Gemelli; da
questo dato e da altri
concluse che lo zodiaco
fosse stato ideato
nell’Era dei Gemelli, e
cioè prima ancora che
comparisse la civiltà
sumerica. Una tavoletta
sumerica conservata al
Museo di Berlino
(VAT:7847) elenca le
costellazioni zodiacali
cominciando da quella
del Leone: ciò ci
riporta indietro fino
circa all’11.000 a.C.,
all’epoca, cioè, in cui
l’uomo cominciava appena
a coltivare la terra. Il
professor H.V. Hilprecht
si spinse ancora più in
là, infatti dopo aver
studiato migliaia di
tavolette contenenti
catalogazioni
matematiche concluse che
<<tutte
le tavole di
moltiplicazione e di
divisione provenienti
dalle biblioteche dei
templi di Nippur e
Sippar e dalla
biblioteca di
Assurbanipal si basavano
sul numero 12.960.000>>.
Analizzandolo concluse
che poteva essere
collegato solo al
fenomeno della
precessione, e che i
Sumeri erano certamente
a conoscenza del Grande
Anno di 25.920 anni. La
precessione è il
fenomeno determinato
dalla rotazione
dell’asse nord-sud della
Terra, che fa si che il
Polo Nord (quello
rivolto verso la Stella
polare) e il Polo Sud
traccino due grandi
cerchi nel cielo.
L’apparente ritardo
della Terra rispetto
alle costellazioni
ammonta a circa 50
secondi di arco
all’anno, o un grado
ogni 72 anni. Il grande
cerchio (il tempo che
impiega il Polo Nord
terrestre per tornare
nella stessa posizione)
corrisponde a 25.920
anni (72x360). Per il
fenomeno della
precessione, l’equinozio
di primavera ed altri
fenomeni celesti, che
accumulano ritardo ogni
anno, si trovano
ritardati, ogni 2.160
anni, di un’intera casa
zodiacale. Come facevano
i Sumeri ad apprendere
tale fenomeno visto che
richiedeva cosi tanti
anni? Grazie ai Nefilim,
popolo di un altro
pianeta che aveva
l’esigenza e la
competenza necessaria
per compiere queste
complesse misurazioni
astronomiche (ci sono
anche tavole sumeriche
con su scritti calcoli
per misurare la distanza
tra pianeti).
BIBLIOGRAFIA
·
“Il Pianeta degli Dèi” –
Anno 2006- Edizioni
Piemme
·
“La storia volume 1” –
Anno 2007- Edizioni
Mondatori
WEBGRAFIA
www.paleontologiaumana.it
www.acam.it
www.edicolaweb.net
CAPITOLI ARTICOLO
Prefazione -
Zecharia Sitchin -
Origini sull'Uomo -
I Sumeri -
I Nefilim o Anunnaki
Nibiru e la formazione
della terra -
La creazione dell'Uomo
-
Il Diluvio e il destino
degli Uomini
Epilogo -
Prove a sostegno -
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