Ma queste sono soltanto
fantasie o può esserci
un fondo di verità in
tutto questo? E se fosse
tutto vero?
E' noto che la scoperta
di Plutone (C.Tombaugh,
1930) non fu effettuata
otticamente, in base
all'osservazione della
volta celeste, bensì
matematicamente,
derivandola dalle
perturbazioni orbitali
di Urano e Nettuno; solo
in un secondo momento
tale scoperta fu
confermata mediante il
telescopio. Nel 1972,
esaminando la
traiettoria della cometa
di Halley, J.Brady (del
Lawrence Livermore
Laboratory - California)
scoprì che anche
l'orbita di questa
cometa, come quelle di
Urano e Nettuno, era
"perturbata". I suoi
calcoli lo condussero ad
ipotizzare l'esistenza
di un pianeta "X" alla
distanza di 64 UA(•) dal
Sole (Plutone ne dista
39), con periodo
orbitale di 1800 anni
terrestri. Brady, come
tutti gli astronomi che
si stavano occupando del
pianeta "X", presumeva
che tale corpo celeste
orbitasse intorno al
Sole nello stesso modo
degli altri pianeti; ne
quantificò pertanto la
distanza dalla nostra
stella in misura della
metà del suo asse
orbitale maggiore.
Questo in accordo con la
seconda legge di Keplero
("Le aree descritte dal
raggio vettore sono
proporzionali ai tempi
impiegati a
descriverle"); vale a
dire che un pianeta si
sposta tanto più
lentamente quanto più è
lontano dal proprio
sole.
Ma, secondo le
testimonianze dei
Sumeri, Nibiru orbita
come una cometa attorno
al Sole, essendo
quest'ultimo uno dei
fuochi della propria
ellissi estremamente
allungata, così che la
distanza dal Sole
corrisponde all'intero
asse maggiore e non alla
sua metà. E' curioso il
fatto che l'orbita del
pianeta "X" calcolata da
Brady (1800 anni) sia
esattamente la metà
dell'orbita di 3600 anni
che i Sumeri
attribuivano a Nibiru.
Ma Brady giunse ad
ulteriori conclusioni,
in sintonia con le
tradizioni sumeriche: il
pianeta "X" sarebbe
dotato, come Plutone, di
un'orbita retrograda,
con il piano fortemente
inclinato rispetto
all'eclittica. Gli
astronomi si
interrogarono se il
responsabile delle
perturbazioni
nell'orbita di Urano e
Nettuno potesse essere
Plutone, ma questi dubbi
svanirono nel giugno del
1978, quando W.Christie
(dell'Osservatorio
Navale di Washington, un
organismo della Marina
Americana sotto il
diretto controllo della
NASA) scoprì che
Plutone, oltre a
possedere un satellite
(Caronte), era molto più
piccolo di quanto si
pensasse (meno di 2/3
della Luna) e quindi
dotato di una massa non
in grado di esercitare
rilevanti influenze
gravitazionali.
L'elaborazione di tutti
questi dati rafforzarono
l'indicazione che
un'unica " forza
estranea" avesse
inclinato Urano,
spostato e inclinato
Plutone ed impresso
un'orbita retrograda
anche a Tritone (un
satellite di Nettuno).
Nel 1981 i dati raccolti
durante le missioni del
Pioneer 10, del Pioneer
11 e dei due Voyager
dimostrarono con
esattezza l’esistenza di
un corpo celeste, grande
almeno il doppio della
Terra, in orbita solare
ad una distanza di
almeno 2.4 miliardi di
km oltre Plutone e con
periodo orbitale di
almeno 1000 anni. Il
"Detroit News" del 16
gennaio 1981 pubblicò la
notizia in prima pagina,
insieme alla
raffigurazione sumera
del sistema solare, così
come appare sul famoso
sigillo cilindrico,
conservato nel Museo di
Berlino, col n.° VA/243.
A questo punto una
svolta decisiva nelle
ricerche fu impressa dal
"Progetto IRAS" (Infrared
Astronomical Satellite),
vale a dire
l'esplorazione agli
infrarossi del sistema
solare, mediante il
lancio in orbita
terrestre a 900 km di
altezza di un telescopio
(60 cm di apertura, 62
rivelatori infrarossi su
quattro bande spettrali,
fra 8,5 e 119 mm / l),
sensibile al calore
racchiuso nell'interno
di corpi substellari. Il
25 gennaio 1983 dalla
base di Vanderberg, in
California, partì il
vettore americano Delta
3910 con a bordo 500 kg
di carico utile, frutto
della cooperazione
USA-Inghilterra-Olanda.
Il satellite
eliosìncrono scattò ed
inviò al centro di
controllo 600.000
immagini, dalla cui
elaborazione emerse
l'individuazione di
250.000 sorgenti celesti
di tipo infrarosso (il
99% delle quali in
precedenza sconosciute),
stelle e sistemi
planetari in formazione
(età < 1 milione di
anni), cinque nuove
comete, quattro nuovi
asteroidi e un
misterioso oggetto in
movimento, simile ad una
cometa.

J. Murray (della UK's
Open University), il
quale, insieme con il
collega J.Matese (University
of Louisiana), ha dato
un annuncio nell'ottobre
'99:"…una forza
misteriosa, generata da
un grande oggetto
invisibile, rallenta il
viaggio delle sonde
terrestri in uscita dal
sistema solare; la
stessa che,
probabilmente, è
responsabile della
deviazione delle orbite
cometarie…". Tornando al
1983, verso la fine di
quell'anno,
un'indiscrezione riuscì
a trapelare, nel corso
di un'intervista
concessa dai principali
scienziati del progetto
IRAS alla rubrica
scientifica del
"Washington Post". La
notizia fu ripresa da
diversi quotidiani
statunitensi, che la
titolarono: "Oggetto
gigante confonde gli
astronomi", "Corpo
misterioso trovato nello
spazio", "Ai limiti del
sistema solare un
misterioso oggetto
gigante", "Un corpo
celeste pone agli
astronomi un enigma
cosmico". Messo alle
strette, G. Neugebauer,
Direttore dell'IRAS,
dichiarò: "Posso solo
dire che non sappiamo di
cosa si tratti".
Successivamente anche la
NASA uscì con un
rapporto ufficiale: "Il
corpo misterioso
rilevato dall'IRAS
disterebbe "solo" 80
miliardi di km dal Sole
e potrebbe trovarsi in
fase di avvicinamento
alla Terra. E' stato
captato due volte dal
telescopio ad infrarossi
(a distanza di sei mesi)
e i dati raccolti
mostrano che in questo
periodo, pur brevissimo
per i tempi astronomici,
si è spostato di poco
nella sua traiettoria.
Ciò evidenzia che non si
tratta di una cometa,
poiché una cometa non
può avere una dimensione
di 5x la Terra ed, in
ogni caso, si sarebbe
spostata maggiormente.
E' possibile, quindi,
che si tratti del decimo
pianeta o pianeta "X",
che gli astronomi hanno,
finora, cercato invano".
Invece, più di
cinquant’anni fa, lo
psichiatra russo ormai
scomparso, Immanuel
Velikovsky scrisse un
saggio intitolato “Mondi
in collisione”,
giudicato dal “New York
Times” un terremoto
letterario. Nel saggio
probabilmente parla
proprio di Nibiru,
menzionando tradizioni
mesopotamiche, Tiamat e
una battaglia cosmica
avvenuta nell’antico
passato. Egli cita anche
un testo di Rockenbach
(1602 Wittenberg) dove
racconta di un “globus
immodicus” (globo
immenso) visto dagli
Israeliti durante la
fuga d’Egitto, questo
globo era di colore
rosso sangue. Gli
antichi dèi mesopotami
verrebbero proprio da un
pianeta rossastro:
“Il grande pianeta,
d’aspetto rosso scuro.
Il cielo divide a metà
E si presenta come
Nibiru.”
La data in cui viene
collocata la fuga degli
Israeliti è ancora
controversa, Sitchin la
pone nel 1433 a.C., il
giornalista turco Burak
Eldem, epigono di
Sitchin, nel 1649 a.C..
Molto significativa la
recente scoperta della
data dell’esplosione
dell’isola di Thera
(l’attuale Santorini),
sempre collocata nel
1500 a.C. ed ora, dopo
un controllo di due
diverse equipe (una
danese, l’altra
americana), collocata in
un periodo compreso tra
il 1660 e il 1613 a.C.
Questi dati danno
credito alla teoria di
Burak Eldem, perché
naturalmente il
passaggio di Nibiru non
può aver creato effetti
solo in terra d’Egitto.
Ma il sigillo accadico
citato da Sitchin in
realtà era già stato
preso in considerazione,
ben dieci anni prima,
dall’astrofisico Carl
Edward Sagan (New York,
1934- Seattle, 1996),
vincitore di un Premio
Pulitzer, docente alla
Cornell University e
specialista in
esobiologia e
planetologia. Autore di
diversi saggi e più di
600 articoli a carattere
scientifico, partecipò
alle missioni NASA
Mariner e Viking, e
giocò un ruolo di primo
piano nelle missioni
Pioneer 10-11 e Voyager
1-2. Proprio nel suo
primo saggio di
divulgazione scientifica
parla del sigillo, ma,
straordinariamente, non
bolla il tutto come
“l’inconscio degli
uomini dell’antichità”
(possibilità che rimane
aperta, precisa), ma
parla di come invece
queste storie
meriterebbero uno studio
molto più critico ed
approfondito di quanto
fatto sinora e precisa
che la possibilità di un
contatto con una civiltà
extraterrestre deve
essere tenuta presente
tra le possibili
interpretazioni.
Inoltre, tornando alle
sonde Voyager, è curioso
il fatto che nel disco
fonografico di 12
pollici di rame e
rivestito in oro, da
loro contenuto e
destinato ad
un’ipotetica civiltà
extraterrestre, sono
incisi oltre ad immagini
e suoni anche i saluti
in 55 lingue diverse,
tra cui la lingua
sumera, accadica ed
ittita. I saluti
cominciano proprio dalla
lingua sumera, scelta
appositamente dal team
della NASA guidato
allora da Carl Sagan.
Ma un pianeta può essere
espulso dal suo alveo
celeste e vagare nello
spazio fino a quando non
viene catturato dal
campo gravitazionale di
una stella vicina? Il
Sole ha vicino a sé il
sistema stellare del
Centauro (circa 4,3 anni
luce) e il sistema
stellare di Sirio: il
primo è un sistema
triplo, il secondo
binario. La compagna di
Sirio è una nana bianca,
incredibilmente già nota
nei secoli passati al
popolo dei Dogon nel
Mali. Una nana bianca è
lo stadio finale di una
stella che è passata
attraverso la fase di
gigante rossa, non
sostiene reazioni
nucleari ed è destinata
a raffreddarsi
progressivamente
diventando una nana
nera. Anche il nostro
Sole, al termine del suo
ciclo, diventerà una
gigante rossa che
probabilmente
vaporizzerà Mercurio e
Venere e renderà la
Terra un deserto sterile
privandola della sua
atmosfera e spostando le
orbite dei pianeti in
modo sostanziale. Se
Nibiru apparteneva ad un
altro sistema solare
potrebbe essere stato
espulso dalla sua orbita
con un meccanismo simile
ma molto più violento, e
catturato dopo centinaia
di migliaia di anni dal
campo gravitazionale del
Sole. Robertino Solarion
sostiene proprio questo,
un pianeta delle
dimensioni di Nettuno si
è staccato dal sistema
stellare di Sirio finchè
il Sole non lo catturò
costringendolo ad una
orbita cometaria.
La possibilità di
sopravvivenza della vita
su un pianeta privo del
calore e della luce
della propria stella è
possibile, come sostiene
l’astrofisico Martin
Rees: “Forse la vita può
svilupparsi e prosperare
perfino su un pianeta
scagliato nella gelida
oscurità dello spazio
interstellare, la cui
principale fonte di
calore è la
radioattività interna,
cioè lo stesso processo
che scalda il centro
della Terra”. Dopo gli
scritti mesopotamici, le
incredibili nozioni
astronomiche degli
antichi (da notare anche
la conoscenza dei vari
colori dei pianeti da
parte dei Sumeri,
confermati dalla sonda
spaziale Voyager 2 a
partire dal 1989) e le
conferme da parte di
scienziati di fama
internazionale possiamo
aggiungere un’ulteriore
prova:
Gli antichi testi
parlano della
propulsione dei “carri
celesti” citando acqua e
pietre fiammeggianti.
Ebbene oggi esiste una
fonte di energia
alternativa molto
simile: l’esperimento di
fusione fredda (o meglio
trasmutazione) secondo
il metodo dei giapponesi
Mizuno-Ohmori
dell’Università di
Hokkaido, già replicato
dal francese Naudin e
dagli italiani
Dattilo-Cirillo-Iorio, i
quali hanno introdotto
alcune varianti. Questi
ultimi hanno presentato
per la prima volta i
risultati dei loro studi
in occasione del
congresso sulle nuove
energie organizzato
dall'O.N.N.E, a
Grottammare (Ascoli
Piceno), il 18 aprile
2004. I ricercatori
italiani hanno
dimostrato che in
un'opportuna cella
elettrolitica è
possibile ottenere una
grande quantità di
energia dalla semplice
presenza di una
soluzione acquosa di un
sale come il carbonato
di potassio. Il titolo
di una loro relazione
esplicativa presente in
Rete è la seguente:
"Trasmutazioni di
metalli a bassa energia
tramite plasma confinato
in acqua", di D.
Cirillo, A. Dattilo ed
E. Iorio. Quello che si
osserva sperimentalmente
è la creazione di plasma
attorno al catodo di
tungsteno della cella,
probabilmente originato
da vere e proprie
reazioni di
trasmutazione nucleari
(vista la presenza di
tracce di nuovi elementi
chimici in soluzione,
dapprima assenti). Ce
n’è abbastanza per un
epocale cambiamento di
paradigma. Forse però
bisognerà aspettare il
pensionamento e la morte
dei cattedratici docenti
di oggi (come diceva Max
Planck), impegnati con
tutte le loro forze in
buona o cattiva fede a
conservare la cosiddetta
“scienza normale” e lo
status quo.
Ma torniamo all’orbita
di Nibiru, esso per la
maggior parte del tempo
non ruota intorno al
Sole ed impiega la
maggior parte del suo
periodo di rivoluzione
al di fuori del nostro
Sistema Solare, almeno
da quanto emerge dalle
ultime teorie. Ma se
Nibiru torna
puntualmente nel nostro
sistema solare ogni
3.657 anni circa, non
può essere considerato
un pianeta “libero”,
quindi dovrà ruotare
intorno a qualcos’altro…
Una teoria che trovò
diversi sostenitori
negli anni ‘70/’80 può
spiegare tutto questo;
essa non considera il
nostro Sistema Solare
come un Sole e nove
pianeti, ma bensì come
un Sistema Stellare
Binario, cioè a due
stelle. La seconda
stella, di dimensioni
comparabili all’altra,
si sarebbe formata dopo
il Sole e poi
allontanata fino a
raffreddarsi e ad
assumere l’aspetto di
una Stella Nana (nana
bruna), perciò di
difficile individuazione
dall’uomo perché non
emetterebbe né luce né
radiazioni. Questa
stella venne chiamata
“Nemesis” e venne posta
ad una distanza compresa
tra 1 e 3 anni luce dal
nostro Sole. Nibiru
passerebbe la maggior
parte del suo periodo
orbitale all’esterno del
nostro Sistema Solare
per poi entrarci ed
aumentare sensibilmente
la sua velocità di
rivoluzione, il suo moto
apparente sarebbe
retrogrado e la porzione
di cielo occupata
sarebbe quella della
costellazione di Orione;
questa teoria potrebbe
sembrare strana o
fantasiosa, ma in realtà
recenti studi confermano
che i sistemi binari
sono molto comuni, anzi
più comuni dei sistemi
ad una stella. Oltre
queste prove a favore ce
ne sono altrettante
contrarie, questo per
dire che ancora c’è
molto da scoprire e
nessuno può avere la
verità assoluta. Il
tempo ci dirà chi ha
ragione, ma certamente
se un giorno apparisse
all’orizzonte un
pianeta, il Nibiru dei
Sumeri, ciò non dovrà
rappresentare per forza
una minaccia per il
nostro pianeta, ma
contemporaneamente se
esistessero veramente
gli Anunnaki, ciò
minerebbe profondamente
le nostre certezze, o
almeno quelle di alcuni,
riguardo a teorie
scientifiche,
evoluzionistiche e
soprattutto religiose.
BIBLIOGRAFIA
·
“Il Pianeta degli Dèi” –
Anno 2006- Edizioni
Piemme
·
“La storia volume 1” –
Anno 2007- Edizioni
Mondatori
WEBGRAFIA
www.paleontologiaumana.it
www.acam.it
www.edicolaweb.net
CAPITOLI ARTICOLO
Prefazione -
Zecharia Sitchin -
Origini sull'Uomo -
I Sumeri -
I Nefilim o Anunnaki
Nibiru e la formazione
della terra -
La creazione dell'Uomo
-
Il Diluvio e il destino
degli Uomini
Epilogo -
Prove a sostegno -
Orbita Incrociata |