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Il Pianeta degli Dei
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Il Dodicesimo Pianeta - Origini dell'Uomo
a cura di Filippo Cozzatelli

Da quando Charles Darwin sbalordì gli studiosi ed i teologi con la sua teoria è stato tracciato un percorso storico che, culminando nell’uomo, passa attraverso i primati, i mammiferi, i vertebrati, via via fino a forme di vita progressivamente inferiori, fino al punto in cui, miliardi di anni fa, si presume sia cominciata la vita. Da questo punto gli studiosi hanno incominciato ad intravedere la possibilità di altre forme di vita in qualche altra parte del nostro sistema solare o al di fuori di esso, ed è qui che nascono i primi dubbi circa la vita sulla terra.
Se tutto è cominciato con una serie di reazioni spontanee, come mai la vita sulla Terra ha una sola e unica fonte, e non una serie di fonti dettate dal caso? E perché tutta la materia vivente contiene cosi poco degli elementi chimici che abbondano sulla Terra e così tanto di quelli che sono rari sul nostro pianeta? La posizione dell’uomo nella catena evolutiva ha ulteriormente complicato il problema. I primati antenati all’uomo vengono datati approssimativamente a 25 milioni di anni fa, a circa 14 milioni di anni fa troviamo la transazione verso primati più simili all’uomo mentre solo 10 milioni di anni più tardi sarebbe apparso il primo uomo-scimmia classificato come Homo.

L’Australopithecus Afarensis (e poi Africanus) viene considerato come capostipite del genere umano, appare circa 4 milioni di anni fa, con fattezze sicuramente più scimmiesche che umane, avevano una cultura materiale riguardante ossa, denti, e pietre.

L’Homo Habilis appare circa 2 milioni di anni fa, ha un volume cranico maggiore e il suo corpo incomincia ad avere arti più proporzionati, ma nonostante ciò non differisce di molto dal suo predecessore; inoltre utilizza pietre scheggiate o frammenti di quarzite (alcuni attribuiscono la nascita del fuoco a questa epoca, anche se, presumibilmente è casuale).

L’Homo Herectus (in Africa chiamato Ergaster) appare circa 1,8 milioni di anni fa, i suoi tratti anatomici si modificano, pur restando sempre lontani dagli attuali, utilizza pietre che riesce a modellare scheggiando i ciottoli lungo il bordo e su tutte e due le faccie (amigdale). Esse vengono usate per scavare radici, ma non ancora come coltelli.

L’Homo Neanderthalensis appare circa 250.000 anni fa, con sembianze ancora scimmiesche, ancora non è un grande camminatore nonostante lo stato eretto del corpo, la sua cultura materiale è più avanzata, infatti sono state ritrovate armi ed utensili vari, ed anche i primi metodi di sepoltura, ma ancora non riesce a parlare.

Poi improvvisamente, circa 35.000 anni fa, appare L’Homo Sapiens Sapiens o di Cro-Magnon, molto simile a noi. Abile a costruire caverne e rifugi, e proprio per questo girava sulla Terra senza problemi, molto più abile nel costruire arnesi per i vari usi ed armi fatte di legno ed ossa. Viveva in forme di società organizzate, una sorta di clan guidato da un patriarca, aveva un buon senso artistico dimostrato dalle incisioni e sculture trovate nelle caverne, nonché una qualche forma di religione apparentemente legata al culto di una Dea Madre, raffigurata talvolta da una Luna crescente. Il “mistero” dell’uomo di Cro-Magnon si arricchisce di altri tasselli, infatti con il tempo venivano alla luce altri resti di questo uomo moderno in località come Swanscombe, Steinheim e Montmaria, e diveniva sempre più evidente che discendeva da un più antico Homo Sapiens vissuto nell’Asia occidentale e in Nord Africa circa 250.000 anni prima di lui, quindi non poteva essere un’evoluzione dell’Homo Neanderthalensis e nemmeno dell’Homo Erectus (conferma data dal Dipartimento di biologia dell’Università di Ravenna guidato da Giorgio Bertorelle dopo uno studio sul dna, Neanderthal e Cro-Magnon sono due specie distinte).

Inoltre l’uomo di Cro-Magnon sembra discostarsi nettamente dal lento processo evolutivo, tanto che molte delle nostre odierne caratteristiche, come la capacità di parlare, non hanno assolutamente a che fare con quelle dei precedenti primati. Il professor Theodosius Dobzhansky, autorità indiscussa in materia, era particolarmente colpito dal fatto che questo sviluppo fosse avvenuto proprio in un periodo in cui la Terra andava incontro ad un’era glaciale, una condizione, quindi, niente affatto propizia al progresso evolutivo. Partendo dal presupposto che l’uomo di Cro-Magnon manca completamente di alcuni tratti che caratterizzavano i tipi precedenti conosciuti, e ne presenta invece altri mai apparsi prima, concluse:<<L’uomo moderno ha senza dubbio molti parenti e affini tra i fossili rinvenuti, ma non ha progenitori; quale sia l’origine dell’Homo Sapiens resta davvero un mistero>>.

Ma come è possibile che gli antenati dell’uomo moderno siano comparsi circa 300.000 anni fa, e non 2 o 3 milioni di anni più avanti, come avrebbe dovuto essere se fossero stati rispettati i ritmi del processo evolutivo? Sappiamo dove è cominciata la civiltà e come si è sviluppata, ma non sappiamo perché è nata. Tanti studiosi, seppur a malincuore, ammettono che secondo i dati di cui disponiamo l’uomo non dovrebbe aver raggiunto uno stadio avanzato di civiltà. Non vi è alcuna ragione evidente per cui noi dobbiamo essere più civilizzati delle tribù primitive che vivono nella giungla amazzonica o nelle regioni più inaccessibili della Nuova Guinea. In genere si obietta che queste tribù sono ancora come nell’età della pietra perché sono rimaste isolate. Ma isolate da cosa? Se vivevano anche loro sulla Terra come noi, perché non hanno acquisito le nostre stesse conoscenze scientifiche e tecnologiche?

Il vero problema, tuttavia, non è l’arretratezza di questi “selvaggi”, ma semmai il contrario: il nostro stesso progresso. Gli uomini dovrebbero essere ancora dei “selvaggi”. Ci sono voluti 2 milioni di anni perché l’uomo non si limitasse ad usare le pietre cosi come le trovava, ma capisse che poteva tagliarle e modellarle a seconda dell’uso che doveva farne, ed ora eccoci qua, a meno di 50.000 anni dall’Homo Neanderthalensis a mandare astronauti sulla Luna. Se è un mistero la comparsa dell’Homo Sapiens invece non vi sono dubbi sul luogo dove tale civiltà è sorta: il Medio Oriente. E’ li che sono state trovate caverne con tracce evidenti dell’esistenza di un uomo preistorico, ma moderno, come a Shanidar dove il professor Ralph Solecki trovò tracce di un’abitazione frequentata dall’uomo e risalente a un periodo compreso tra 100.000 e 13.000 anni fa.
La cosa strabiliante che il reperto dimostrava era che la civiltà umana segui un percorso di regresso invece che di progresso, infatti, considerando un determinato standard di partenza, le generazioni successive mostrarono un livello meno elevato di civiltà, fino ad arrivare, tra 27.000 e 11.000 anni prima di Cristo, a scomparire quasi del tutto. Per ragioni soprattutto climatiche, l’uomo è quasi completamente scomparso dalla regione per 16.000 anni, ma poi, intorno all’11.000 a.C., l’uomo riappare con nuovo vigore e con un livello culturale inesplicabilmente più alto. Ma ancora una volta, intorno al 4.500 a.C., il progresso cominciò a rallentare di nuovo fino quasi a fermarsi, difatti i ritrovamenti archeologici dimostrano il ritorno ad utensili di pietra ed a oggetti d’argilla sempre più semplici (prima avevano un design molto elegante e la produzione era molto varia), fino a quando, ancora una volta, una mano misteriosa sottrasse l’uomo al suo declino vedendo nascere una civiltà nella quale anche la nostra affonda saldamente le radici: quella sumerica.

 BIBLIOGRAFIA

·Il Pianeta degli Dèi” – Anno 2006- Edizioni Piemme
· “La storia volume 1” – Anno 2007- Edizioni Mondatori

WEBGRAFIA

www.paleontologiaumana.it
www.acam.it
www.edicolaweb.net

CAPITOLI ARTICOLO

Prefazione - Zecharia Sitchin - Origini sull'Uomo - I Sumeri - I Nefilim o Anunnaki
Nibiru e la formazione della terra - La creazione dell'Uomo - Il Diluvio e il destino degli Uomini
Epilogo - Prove a sostegno - Orbita Incrociata