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PREFAZIONE DI SEZIONE CURATA DA
LAURA QUATTRINI |
Secondo la mitologia
popolare, la strega è un
essere soprannaturale o
una donna reale dotata
di facoltà
straordinarie, che
svolge un'attività di
magia nera e comunque
dirige i suoi
eccezionali poteri ai
danni degli altri. La
credenza, universalmente
diffusa, in persone
dotate di facoltà
straordinarie che
possono impiegare ai
danni del prossimo
(magia nera,
stregoneria) non fu
sradicata completamente
neanche dalla
spiritualità del
cristianesimo che,
d'altra parte, ereditava
anche le idee, d'origine
mitologica, relative ad
esseri nocivi
soprannaturali. Queste
credenze restarono
tuttavia ai margini
dell'ideologia cristiana
per oltre un millennio:
in sede teorica si
distingueva nettamente
tra le persone umane
dedite alla magia nera
(malefici, maleficae),
che mediante il
malocchio, sortilegi
vari, filtri, ecc.
potevano danneggiare il
prossimo, e le "strigae",
esseri soprannaturali
che volavano per l'aria,
erano capaci di ogni
sorta di metamorfosi,
rapivano e mangiavano i
bambini ecc. A
cominciare dal XII
secolo si hanno prove
del fatto che nelle
credenze e idee
dell'epoca si stava
operando una graduale
fusione tra le due
categorie di esseri
nocivi; si verificava
cioè, in fondo, un
graduale ritorno a
concetti che si
ritrovano presso diversi
popoli primitivi, che
non distinguono
chiaramente, o non
distinguono affatto, tra
le persone umane dedite
alla magia nera e gli
esseri demoniaci di cui
si servono e in cui esse
stesse possono
trasformarsi. Lentamente
prendeva il sopravvento
l'idea che certe persone
umane e, forse in
conseguenza
dell'atteggiamento
ascetico medievale nei
riguardi delle donne,
particolarmente donne,
fossero in contatto con
il diavolo, il quale
desse loro capacità
nocive soprannaturali:
in determinati luoghi e
giorni (che per lo più
sono luoghi e date di
antichi culti pagani, la
cui nuova funzione
mostra la demonizzazione
del paganesimo) avrebbe
preso luogo la tragenda,
il sabba, la riunione
tra queste persone e i
diavoli, celebrata con
orge sessuali. S.
Tommaso ammetteva la
possibilità di un
commercio sessuale tra
persone umane e
demoniache, e le sue
disquisizioni sugli
incubi e succubi non
rimasero senza
conseguenza per le
future posizioni della
Chiesa al riguardo delle
streghe. Ma la prima
presa di posizione
ufficiale della Chiesa
risale al 1233, data
della bolla "Vox in
Rama" di Gregorio IX;
nel 1258 si ha il primo
processo contro le
streghe, e pare che nel
1275, a Tolosa, sia
stata per la prima volta
bruciata sul rogo una
strega. La base
giuridica di questi
processi è stata
elaborata dalla
filosofia scolastica:
poiché l'attività delle
streghe si fonda su un
patto col diavolo, essa
implica un'apostasia e
perciò cade sotto la
competenza
dell'Inquisizione. Al
principio del XIV secolo
l'accusa di stregoneria
serve a volte interessi
politici e personali,
come nella casa di
Filippo il Bello contro
i Templari e di papa
Giovanni XXII contro il
vescovo di Cahors,
bruciato sul rogo sotto
l'accusa di aver
praticato sortilegi
contro la vita del
pontefice. Ma il periodo
classico dei processi
contro le streghe si
estende tra il XV e il
XVI secolo. Si calcola
che complessivamente non
meno di un milione di
persone siano rimaste
vittime della credenza
nelle streghe, favorita
dalle autorità
ecclesiastiche, da
personalità religiose
sia cattoliche sia
protestanti, dagli
eruditi come dal
fanatismo popolare. I
protestanti, in parte
per la particolare
attenzione che
dedicavano all'Antico
Testamento, in parte
perché anche il loro
pensiero si fondava
sulla scolastica,
accettavano in pieno le
idee relative al diavolo
e alle streghe, e quasi
un terzo delle vittime
dei processi sono state
bruciate in paese
protestanti. L'Italia fu
tra i paesi meno
funestati da questi
processi, specie se si
prescinde dalla
Valtellina dove la
maggior parte di essi
ebbe luogo. Nei processi
dell'Inquisizione
s'impiegava anche la
tortura e fu certamente
in buona parte per la
paura della tortura,
sebbene probabilmente
anche per tutta
l'atmosfera satura di
fanatismo che non era
estraneo neanche alle
stesse vittime, che
abbondavano anche le
confessioni spontanee.
Tra le opere che,
giustificando e anzi
spronando la
persecuzione delle
presunte streghe, ebbero
un influsso infausto in
questo periodo della
storia occidentale,
restano memorabili il "Formicarius"
di J. Nider (1440) e,
soprattutto, il "Malleus
maleficarum" dei
domenicani Henricus
Institoris e Jakob
Sprenger (1489). Le
prime voci che nel XVI
secolo si alzavano
contro il fanatismo
urtavano nella severa
opposizione dei
sostenitori dei
processi. J. Bodin
chiedeva la condanna al
rogo di J. Weyer, il cui
"de praestigiis daemonum"
(1563) aveva tentato di
polemizzare con la
credenza dominante. Il
volume "Discovery of
witchcraft" di R. Scott
(1584) fu bruciato sul
rogo. Con l'andar del
tempo tuttavia quelle
voci diventavano sempre
più frequenti e
insistenti, sia tra i
protestanti sia tra i
cattolici. La lunga
sopravvivenza dei
processi contro le
streghe, fino a qualche
caso sporadico (Messico)
nel 1800, dipendeva
anche dalla mancata
unificazione del diritto
in molti paesi feudali,
dove singole
legislazioni locali,
dettate dai signorotti,
erano in ritardo
rispetto ad altre. Così,
mentre nella Prussia,
che arrivò relativamente
presto a quella
unificazione, l'ultima
condanna di streghe è
del 1728, nella Baviera,
dove permanevano
condizioni giuridiche
più arretrate, ancora
nel 1775 si brucia una
strega. Date ancora più
recenti si hanno per
Siviglia (1781) e per
Poznan (1793).
Scomparsa, finalmente,
dalla cultura ufficiale
e dalla giurisdizione,
la credenza delle
streghe sopravvive
tuttora presso le
popolazioni rurali di
tutta l'Europa. Presso i
popoli primitivi è molto
frequente l'idea che
ogni male provenga da
forze extraumane (per
es. da spiriti), contro
cui si lotta con mezzi
magici conosciuti e
posseduti per lo più
soltanto da persone
particolari
(stregoni...); ma altre
persone, dotate delle
stessa facoltà speciali,
si servono di queste a
fini dannosi. La
distinzione tra magia
"bianca" e magia "nera"
o stregoneria, tra
stregoni buoni e
cattivi, si fonda
unicamente sul criterio
dell'utilità sociale: la
stregoneria non è tale
se svolta ai danni di
nemici o stranieri, e in
tal caso può essere
opera dello stregone
"buono". Anche nelle
cosiddette civiltà
superiori e non soltanto
nelle classi arretrate
della popolazione, la
credenza nella
stregoneria è largamente
diffusa. Nell'antico
Egitto, verso la fine
del 2° millennio a.C. la
stessa regina Teje
ricorse a sortilegi
esercitati su statuette
per assicurare il trono
al proprio figlio, al
posto dell'erede
legittimo. Nella
Babilonia i sacerdoti
esorcizzatori
s'impegnavano contro gli
spiriti, ma anche contro
gli stregoni ("kassapa",
femm. "kassaptu"); dalla
biblioteca di
Assurbanipal ci sono
rimasti numerosi scritti
magici con riferimenti
alla stregoneria. In
India già l'Atharvavèda
contiene formule contro
l'opera degli stregoni.
Se l'alta letteratura
greca del periodo
arcaico e classico
preferisce evitare
l'argomento, esso è
tuttavia presente nella
mitologia (Medea,
Circe); in epoca
ellenistica, però, come
pure nella letteratura
romana, la stregoneria è
un tema frequente.
Documenti archeologici
confermano la realtà
della stregoneria anche
nella vita quotidiana.
Nel folclore molte sono
le superstizioni
relative alla
stregoneria. Si crede
che persone concepite
nella notte
dell'Annunciazione o del
Natale abbiano facoltà
di stregoni o streghe,
che altre acquistino
tali facoltà mediante un
sacrilegio appositamente
commesso, che inoltre
gli stregoni possano
trasformarsi in animali
(gatti, pipistrelli,
serpenti); che essi si
riuniscano in dati
giorni (per es. ogni
sabato) sui monti o
sotto certi alberi (noce
di Benevento). Contro le
supposte fatture
(particolarmente
efficaci quelle della
notte di S. Giovanni) si
ricorre a forme di
protezione: si mette una
scopa o una pannocchia
di granoturco all'uscio,
perché gli stregoni
siano costretti a
contarne i fili, ovvero
i chicchi, prima di
entrare in casa. |
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