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La Stregoneria in Italia
Andrea Romanazzi

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Il banco della reson e il processo alle Streghe di Cavalese
a cura di Gabriella Cinque

Passeggiando per il suggestivo parco di Cavalese, splendido capoluogo trentino della Val di Fiemme, ci si imbatte necessariamente in un “ospite”del parco, uno strano ammasso di pietre posto nel verde, sotto grandi alberi ombrosi. Si tratta di un tavolo scolpito nella pietra, con un incavo centrale e quattro grossi sedili curvi di pietra che lo circondano. Vicino c’è un epigrafe che recita:

QUI
SCARIO E REGOLANI
DELLA MAGNIFICA COMUNITA’ 
DI FIEMME
ELETTI LEGIFERAVANO
DEL CIVILE DEL CRIMINAL
DEL COMUN
CONSACRANDO
IN ASSEMBLEE DEI VICINI
NEI QUADERNOLI I PRINCIPII
DELLA GIUSTIZIA DELL’ORDINE
DELLA LIBERTA’
IN PENSIERO ET ITALICO IDIOMA
LA VITA DI QUESTA ALPESTRE
DIMORA

Si tratta del Banco della Reson,il Banco della Ragione, ma in realtà gli eletti della Comunità di Fiemme hanno consacrato ben poca giustizia, ordine e libertà seduti su quelle pietre. Tutto è iniziato durante il regno del principe vescovo di Trento Udalrico Lichtenstein (1493-1505), quando era capitano della valle di Fiemme il barone Vigilio Firmian e suo vicario, cioè giudice, Domenico Zen. A quel tempo, da almeno due secoli, l’Europa è stata letteralmente messa in ginocchio da una delle più crudeli piaghe di tutti i tempi: l’Inquisizione. Bastava un nonnulla, una qualunque quisquiglia che accadesse a qualcuno che, nell’atmosfera di panico e d’ignoranza del tempo, facesse gridare al malocchio, alla stregoneria, a discapito di qualche povera donna che finiva arrostita sul rogo perché potenzialmente in contatto col demonio. E, checché il nostro attuale Papa ne dica, il numero delle vittime regolarmente processate e giustiziate dall’Inquisizione ammonta ad una cifra che varia tra le 30000 e le 50000 persone, senza contare i disgraziati morti nelle carceri e sotto tortura. Ebbene, neanche il Trentino, luogo di rinomata tranquillità e serenità, è scampato alla furia inquisitrice. Gli inizi del XVI secolo furono per la regione micidiali: dopo un primo processo svoltosi nel 1501 e conclusosi con la messa al bando dell’imputato, nel 1505 vennero accusate di stregoneria 28 persone, 6 delle quali riuscirono a fuggire prima dell’arresto e furono condannate in contumacia. Delle 22 persone incarcerate, 18 vennero condannate al rogo ed arse vive, mentre 4 morirono in prigione. Gli interrogatori si svolsero nel palazzo vescovile di Cavalese, la cosiddetta Magnifica Comunità. Ma i processi pubblici veri e propri ebbero luogo, come di consueto, al Banco della Resón. Il processo si concludeva con la classica votazione, fatta attraverso l'introduzione di alcune biglie nell'incavo del lastrone interno del Banco. Il risultato di 4 a 1 portava alla definitiva condanna al rogo delle sventurate. Chiunque sia interessato a calarsi nel vivo della realtà seicentesca della Val di Fiemme non può non partecipare alla rievocazione in costume dei processi alle streghe che si tiene ogni anno a Cavalese agli inizi di gennaio. Questo si attiene perfettamente alle cronache del tempo, e tra i costumi e i dialoghi, improntati su quelli dell’epoca, non ci si può non perdere in una così grande tragedia della storia dell’uomo, così magica e lontana ma, allo stesso tempo,fatta di intolleranze e pregiudizi che si manifestano, seppur con altri volti, anche nel nostro quotidiano.

Lo splendido paesaggio dei dintorni di CavaleseL'epigrafe del Banco della Rason

Il Banco della RasonImmagine del centro di Cavalese