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PREFAZIONE DI SEZIONE CURATA DA LAURA QUATTRINI

La parola reliquia ha origine dal latino reliquiae - arum "avanzi, resti" anche di un morto (der. da reliquus, "restante", affine a reliquiere "lasciare"). Letteralmente significa ciò che rimane di qualche cosa, in particolare i resti di persona morta. Più comunemente, si dice, in senso religioso, dei resti corporali, oggetti d'uso, prodotti o tracce di personaggi d'importanza religiosa, o attribuiti ad essi, custoditi in luoghi sacri e venerati nel culto; in particolare, nella tradizione cristiana, i resti mortali del corpo o il sangue dei martiri della fede, gli strumenti del martirio, ecc. Il "culto delle reliquie" è presente, in certe forme, anche presso diversi popoli cosiddetti "primitivi". Fa parte di tali forme il particolare trattamento delle ossa o del cranio sia del nemico ucciso o sacrificato (specie presso i popoli antropofagi cacciatori di teste), sia di un congiunto (ossa del marito legate al corpo della vedova; resti del corpo conservati in casa, ecc.). In queste sue forme il culto delle reliquie è soltanto in elemento di varie e complesse ideologie religiose. Esso acquista una maggiore autonomia in quelle civiltà in cui personaggi di particolare qualifica religiosa, soprattutto il re e lo stregone, sono oggetto di venerazione già nella vita e i loro resti anche dopo la morte. Diversi popoli, per esempio nell'America Meridionale, nelle isole Andamane, ecc, hanno la convinzione che lo stregone morto continui a esercitare i suoi poteri eccezionali e perciò i suoi resti sono conservati, portati dalle tribù nelle migrazioni o venerati nelle tombe. Ma, sempre nelle civiltà primitive, si riscontrano anche reliquie di personaggi mitici, come per esempio degli antenati totemici degli Aranda centro-australiani con cui si sono messi in rapporto i "churinga", oggetti di pietra sacrosanti, custoditi in luoghi sacri, Indubbiamente vi è, seppure inestricabile, una chiara confluenza tra le forme del culto degli antenati e il mito delle origini da una parte e, dall'altra, il concretarsi di questi nel culto delle reliquie, e ciò appare anche nella religione greca, e precisamente nel culto greco degli eroi. Tra le innumerevoli reliquie di eroi greci, realmente esistiti o mitici, troviamo, oltre che resti corporali (tra cui ossa gigantesche: per es di Teseo), oggetti d'uso (armi strumenti musicali, ornamenti), case d'abitazione ecc. ; esistono anche reliquie di animali, ma solo in quanto connessi con gli eroi. Anche divinità vere e proprie possono avere reliquie: a Delfi si mostrava la tomba di Dioniso e la pietra che Crono avrebbe inghiottito in luogo del proprio figlio, Zeus. Già nell'antico Egitto alle parti del corpo di Osiride si attribuivano tombe diverse; un altro culto di reliquie egiziano era quello dei tori Apis che avevano un cimitero particolare. Il culto delle reliquie assume un nuovo significato nelle religioni fondate in tempi storici qual'è, per es. (a parte il cristianesimo), il buddismo: le reliquie del fondatore o dei grandi discepoli sono oggetto di venerazione. Il corpo del Buddha sarebbe stato diviso in otto parti distribuite a otto re che le avrebbero custodite in edifici appositamente costruiti ("stupa"); uno di questi ("Pipravo-stupa") sembra effettivamente di poco posteriore all'epoca della morte del Buddha. Già un'incarnazione precedente del Buddha avrebbe lasciato reliquie cui il re Asoka fece erigere, molti secoli dopo, uno stupa. Il culto buddistico delle reliquie si è diffuso a Ceylon, nella Cina, nel Tibet; in quest'ultimo luogo le reliquie dei singoli Grandi Lama sono oggetto di venerazione. Molto meno intenso è il culto delle reliquie nell'islamismo, dove tutta via l'"asar" (la barba di Maometto), che nessuno doveva vedere, era oggetto di culto: ogni sultano lo venerava, a Costantinopoli, all'inizio del proprio regno. La complessità dei fatti sconsiglia un'interpretazione unilaterale del culto delle reliquie, qual'era quella preanimistica, secondo cui la forza particolare dei personaggi eccezionali sarebbe ritenuta efficiente anche nei loro resti corporali, o quella manistica, secondo cui il culto generale dei morti si sarebbe, col tempo, limitato ai morti di particolare importanza. In nessun caso si può prescindere nell'interpretazione della tendenza caratteristica della religione a legare ora a un periodo di tempo, ora a un luogo, a formule o a oggetti, determinati significati in modo da rendere possibile la loro rievocazione. Nel cristianesimo, dal sec. 4° in poi, la voce reliquia venne usata non soltanto per i resti mortali del corpo o per il sangue dei martiri della fede, ma anche per parti degli strumenti del martirio o considerati come tali (le catene di S. Pietro, di S. Paolo, la graticola di S. Lorenzo, ecc.), per pezzi degli abiti portati dai santi, per oggetti che avessero toccato la tomba di un martire o usati per onorarne la tomba. Un altro genere di reliquie, quelle relative alla vita terrena di Gesù, furono importate dai luoghi santi di Palestina. Il culto delle reliquie prese origine e si sviluppò in modo parallelo al culto dei martiri nell'antichità e fu in uso in tutta la Chiesa. In Oriente la traslazione di reliquie e l'uso molto diffuso di usare i resti dei corpi dei martiri come reliquie non incontrarono difficoltà; in Roma, invece, e in Occidente, si conservava la disciplina primitiva per la quale, il sepolcro di un marte non poteva essere aperto nè si potevano separare particelle del suo corpo; però nel sec. 8° si cominciò ad asportarne anche nella Chiesa latina. Il cambiamento è in relazione con la traslazione dentro la città di Roma delle reliquie dei morti dalle loro sepolture primitive nei cimiteri fuori le mura. In tale occasione si cominciò a staccare parte delle ossa per deporle in cappelle o chiuderle dentro altari. Roma era la città santa per il gran numero di celebri martiri che vi avevano le loro tombe. Un certo numero di essi vennero trasportati in Francia e in Germania, dove sontuose chiese furono fondate per le loro reliquie. Nel sec. 9° cominciò l'uso di mettere le reliquie non più dentro altari, ma in reliquiari per poterle esporre alla venerazione dei fedeli. All'epoca della crociate venne in Occidente una ricca messe di reliquie dalla Terrasanta, ma non possono essere ritenuta nella loro maggioranza come autentiche. Nel 1204 molte reliquie conservate in Costantinopoli vennero portate in Europa e varie città italiane, come Venezia, Amalfi, Bari, ecc., ebbero parte a queste traslazioni. Un nuovo impulso alla venerazione delle reliquie fu dato dalla scoperta delle catacombe di Roma nella seconda metà del sec. 16°. Il protestantesimo nelle sue varie forme rigettò sia il culto dei santi e delle loro reliquie. Più tardi (1669) la direzione e la sorveglianza di esse fu affidata alla S. Congregazione delle indulgenze e delle reliquie, la quale nell'anno 1904 fu riunita con la S. Congregazione dei riti. Attualmente il culto delle reliquie è disciplinato dagli articoli 1276-1289 del "Codex iuris canonici": possono onorarsi con culto pubblico solo quelle reliquie la cui genuinità consti da un documento rilasciato da un cardinale, dall'ordinario del luogo o da altro ecclesiastico cui, per indulto apostolico, sia stata concessa facoltà di autenticare la reliquia; la compra e la vendita di reliquie sono severamente proibite.