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FOTOGRAFIA AMBIENTALE ALL'INFRAROSSO
La fotografia ambientale all’infrarosso con strumenti fotografici digitali
a cura di Michele Morettini

Nel campo della ricerca parapsicologica la fotografia all’infrarosso riveste un ruolo molto importante, anche se secondario rispetto a quella all’ultravioletto, che avremo modo di approfondire in futuro. Ma cominciamo a definire questo tipo di mondo a noi “invisibile”. Le radiazioni elettromagnetiche (onde elettromagnetiche) vengono classificate in base alla frequenza o all'energia dei fotoni. All'aumentare della frequenza queste onde prendono il nome di: radioonde - microonde - infrarosso - luce visibile - ultravioletto - raggi x e raggi gamma. A seconda della loro energia, queste radiazioni provocano fenomeni di ionizzazione della materia che attraversano, ionizzazione variabile a seconda del tipo di materia attraversata, dal tipo di radiazione, ovviamente e dell'energia, come già detto. Le radiazioni ionizzanti si estendono al di sotto della banda dell'ultravioletto.

Il nostro occhio è in grado di percepire una piccolissima parte dello spettro elettromagnetico, definito quello della luce visibile (detta anche luce bianca). La luce bianca, irradiata appunto dai raggi solari è in grado di farci percepire il mondo come lo conosciamo grazie alle frequenze dei colori che il nostro occhio cattura:

Per comprendere meglio questo pensate all'arcobaleno: esso non è altro che la suddivisione di ogni singolo componente della luce bianca. In termini di lunghezza d'onda in nanometri (ricordo che la lunghezza d'onda delle radiazioni e.m è inversamente proporzionale alla frequenza delle stesse) noi riusciamo a vedere dai 400 nm ai 700 nm. Alle estremità di queste lunghezze d'onda abbiamo l'ultravioletto (dai 100 nm a 400 nm) e l'infrarosso (700 nm - 1000 microm). Parti di queste frequenze possono essere catturate in termini fotografici mediante varie tecniche.

Lo spettro della radiazione elettromagnetica e le lunghezze d'onda di acquisizione delle varie pellicole per la fotografia analogica

Ma torniamo all’infrarosso. Per la fotografia digitale occorrono sensori di acquisizione aventi una banda estesa al rosso (molte fotocamere classiche sono in grado di "percepire" solo lo spettro della luce visibile). La zona dell'infrarosso è molto ampia ma si riesce ad acquisire fotograficamente solamente in un range spettrale definito, che va dai 700 nm ai 900 nm, anche se, avendo un portafoglio molto appesantito e comperando apparecchiature molto costose, si arriva anche nei pressi dell'infrarosso definito “alto", pari a 1350 nm; oltre a sensori CCD aperti a questa frequenza è indispensabile utilizzare dei filtri passa-banda che lascino passare solamente il range di frequenze prestabilito, tagliando completamente le altre, luce bianca compresa. La ripresa ambientale all’infrarosso è fattibile anche con fotocamere analogiche, ma il tutto risulta molto più laborioso. Innanzitutto dobbiamo procurarci emulsioni fotografiche (pellicole) che possano essere impressionate delle frequenze in questione, poi è necessario far sviluppare questi rullini in laboratori specializzati, cosa che aumenta l’onere economico per questo tipo di sperimentazioni.

La fotografia all’infrarosso viene sperimentata tramite due tipi di tecniche, la fotografia ambientale e quelle dell’infrarosso riflessa, che sono simili nel loro concetto base. Nella fotografia ambientale è il sole che fornisce alla scena da fotografare l’indispensabile illuminazione IR, nella fotografia riflessa, ad ovvia causa della mancanza di sufficiente illuminazione IR naturale, siamo noi che la apportiamo mediante l’utilizzo di fotodiodi (L.E.D.) capaci di generare tali emissioni spettrali. Questi fotodiodi emettono fasci di fotoni aventi una lunghezza d’onda che interessano proprio il nostro campo applicativo. Nel grafico sopra riportato vediamo lo spettro emissivo di un L.E.D. infrarosso, che ha una curva emissiva di picco da 910 nm a 970 nm. Per farvi comprendere meglio, questi fotodiodi sono utilizzati come illuminatori infrarossi per le telecamere notturne o di video sorveglianza, oppure, sono molto più comuni da riscontrare nei telecomandi delle normalissime televisioni, che permettono di gestire da distanza i comandi remoti della televisione. Questi sono solo alcuni esempi esplicativi, i fotodiodi sono impiegatissimi nel mondo dell’High Tech. Che sia infrarosso ambientale o riflesso, noi non facciamo altro che riprendere i differenti comportamenti della materia irradiata con l’infarosso, che può assorbire o riflettere questa frequenza. Una nota molto importante: la fotografia all’infrarosso non consente di registrare le radiazioni termiche spontanee emesse dai corpi a temperatura ambiente. L’emissione spontanea dei corpi più caldi, come gli scappamenti delle automobili o i gas di scarico egli aeroplani, delle ciminiere industriali ed i corpi soggetti ad attrito, può essere registrata solo se la temperatura raggiunge i 250°-300° C, perché solo in tali casi le radiazioni da essi emesse raggiungono il limite di sensibilità delle acquisizioni CCD, e, ovviamente, in questo caso la ripresa deve essere effettuata al buio. La rilevazione di sorgenti di calore e di corpi a temperatura più bassa di 250°C fino a temperatura ambiente è possibile, ma richiede l’uso dei rilevatori non fotografici e riguarda il campo della termografia (il costo di una buona termocamera si aggira intorno ai 10.000 – 15.000 euro). In pratica si può affermare che la fotografia all’infrarosso consiste nella registrazione delle radiazioni infrarosse emesse in abbondanza dal sole o da altre sorgenti di luce artificiale e riflesse o assorbite dai corpi che le circondano. Le radiazioni riflesse o assorbite dai corpi non dipendono dalla temperatura dei corpi stessi, che può essere anche molto bassa, ma dalla loro struttura e composizione, cioè da caratteristiche che non sono rilevabili all’occhio umano.

LA SPERIMENTAZIONE SUL CAMPO

Dopo questa breve introduzione al mondo della fotografia all’infrarosso, occupiamoci di come poter realizzare praticamente foto IR e come potrebbe aiutarci questa tecnica nel campo della parapsicologia. Gli studi parapsicologici effettuati da validissimi ricercatori esteri, o anche italiani, ci insegnano che è fondamentale monitorare a livello fotografico sia la banda spettrale infrarossa che ultravioletta (con maggiore attenzione), oltre a quella del visibile chiaramente, poiché in molti casi si sono potute rilevare immagini anomale o vere e proprie riprese di immagini extra. Sembrerebbe quindi possibile documentare a livello fotografico le manifestazioni energetiche psi di sensitivi e medium, o anche fenomeni energetici spontanei. Oltre alla chiara applicazione nella fotografia paranormale, è possibile utilizzare questa tecnica di ripresa per acquisire ulteriori informazioni sull’ambiente o luogo che andremo ad analizzare durante una possibile indagine sul campo. Vediamo ora praticamente come poter realizzare una foto all’infrarosso, riprendendo un campo visivo irradiato da luce solare. Questa è la strumentazione che ho utilizzato per realizzare foto esplicative per questa breve guida:

Fotocamera digitale Fuji FinePix S5600 UV/VIS/N-IR (Range spettrale= 300 nm - 1100 nm)

Filtro HOYA passa IR (R72)
Filtro che lascia passare tutte le radiazioni a partire dalla gamma dell’infrarosso vicino (720nm), eliminando completamente tutto lo spettro della luce visibile e dell’ultravioletto.

Cavalletto fotografico
Indispensabile per la fotografia IR con tempi di esposizione medio-lunghi, senza di esso le foto risulterebbero mosse e fuori fuoco.



Come inquadratura di base ho scelto di fotografare il corso del fiume Esino (che attraversa trasversalmente parte della provincia di Ancona fino a sfociare nell’Adriatico. Questo scatto è stato fotografato da Serra San Quirico - Ancona), poiché in questa ripresa abbiamo molti elementi naturali che la fotografia all’infrarosso permette di analizzare. In primo piano abbiamo il fiume, a destra in secondo piano abbiamo il Monte Murano, e in profondità di campo, molto lievemente, si può scorgere il Monte della Castelletta. Ho scelto appositamente questo tipo di paesaggio, in questa giornata un pochino fosca, per mostrare gli utili aspetti della fotografia all’infrarosso e le notevoli informazioni che tramite essa possiamo acquisire. Sotto ogni foto mostrerò lo schema di acquisizione spettrale, per far comprendere meglio quali frequenze ogni singolo scatto ha interessato.

Come prima cosa dovremo posizionare il nostro cavalletto in maniera stabile e fissare la fotocamera nell’apposito alloggio; ora dovremo selezionare la ripresa fotografica in bianco e nero (chiaramente la macchina fotografica che utilizzeremo deve essere predisposta a questo tipo di scatti), questo perché, fotografando a colori, la foto risulterà con una gradazione di rosso davvero sgradevole. Nella fotografia all’infrarosso i tempi di esposizione sono molto differenti (più lunghi) da quelli che si utilizzano nella fotografia tradizionale, il modo più efficace per esporre correttamente una foto è fare diversi scatti con tempi di esposizione variabili (la prima foto di riferimento a colori è stata scattata con un tempo di esposizione pari a 1/1500 di secondo, un tempo rapido). Anche la messa a fuoco risulta un problema; solitamente il sistema AF (autofocus) risolve bene la questione, ma ricordiamoci che l’infrarosso va in fuoco su un piano differente del normale, quindi anche in questo dobbiamo affidarci alla pazienza e fare diverse prove per mettere a fuoco bene l’inquadratura (nel mio caso, il sistema AF della fotocamera ha lavorato discretamente). Prima di iniziare a fotografare con il filtro posizionato davanti l’obiettivo è utile effettuare una foto in bianco e nero classico, per poter confutare in sede di elaborazione del materiale i vari scatti. Ecco come si presenta il paesaggio fotografato con questa tecnica:

Bene. Presi questi due riferimenti fotografici, selezioniamo dal menù della nostra fotocamera l’opzione per la modifica del tempo di esposizione. Ma che cosè il tempo di esposizione? Per comprendere meglio questo concetto, ragioniamo in termini di fotografia analogica. Una macchina fotografica è un congegno che, attraverso un sistema di lenti e specchi contenuti all’interno di un obiettivo, riesce a riflettere una determinata immagine e trasferirla su di una pellicola chimicamente impressionabile. Fin qui nulla di complicato. La macchina fotografica oltre che essere provvista di un diaframma, che regola l’intensità di luce che può penetrare all’interno dell’obietto (e quindi sulla pellicola), ha un otturatore, una specie di finestra che si apre e si chiude secondo tempi variabili preimpostabili. In condizioni di luminosità elevata questa finestrella dovrà aprirsi e richiudersi molto rapidamente, poiché la grande quantità di luce che penetra nell’obiettivo e che va ad impressionare l’emulsione fotografica rischia di sovresporre lo scatto (ovvero si ottiene uno scatto troppo luminoso o totalmente bianco); al contrario, in condizioni di scarsa luminosità, questa finestrella dovrà rimanere aperta molto di più, per non incorrere nel rischio di una sottoesposizione (uno scatto poco luminoso o totalmente nero). Iniziate con una esposizione di un secondo (in condizioni di luminosità elevate) e andate avanti finchè non avrete trovato la giusta esposizione. Una volta selezionata l’esposizione, applicate il filtro all’obiettivo e iniziate a scattare. Di seguito vi mostro le prove di esposizione che ho fatto:

Dopo vari tentativi, ecco una bella fotografia all’infrarosso correttamente esposta. L’immagine che otteniamo è sorprendente, quasi spettrale. La prima cosa che notiamo è l’assoluta assenza di foschia e la precisa determinazione dei contorni delle montagne in secondo piano e lungo campo, la fotografia all’infrarosso ha la particolarità di riuscire a penetrare moltissimo la foschia, oltre che fornire ottimi contrasti. Possiamo anche notare nel bordo destro del fiume la riflessione infrarossa che produce la vegetazione, riflessione causata dalla clorofilla presente nelle piante stesse. Purtroppo la foto non rivela particolari extra, ma comunque fornisce più informazioni di un tradizionale scatto. In conclusione possiamo dire che la fotografia all’infrarosso ambientale può:

Rilevare fenomeni energetici di natura paranormale
Ottenere riprese molto dettagliate con alti contrasti
Penetrare nella foschia anche in lungo campo
Fornire informazioni sulla composizione chimica dei particolari ripresi (effetto clorofilla)


Anche se di importanza minore rispetto alla fotografia all’ultravioletto, la fotografia IR è uno strumento utile a monitorare quella porzione di mondo “invisibile” che altrimenti non riusciremmo a vedere, è da considerarsi quindi uno strumento molto utile nel campo della ricerca parapsicologica.

BIBLIOGRAFIA

· La fotografia all’infrarosso – Cesare Romeo
· Fotografia all’infrarosso bianco e nero all’ultravioletto e alla fluorescenza – Associazione italiana fotografia all’infrarosso
· Photography in archaeolog and art – Charles C. Thomas
· La termografia ed il suo impiego nell’analisi del manufatto architettonico – Cesare Romeo
· Filtri Kodak per uso scientifico e tecnico – Easteman Kodak Company
· Appunti personali dell’autore