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Sul
Terzo Giorno - Prima Parte |
a cura di
Gaetano Barbella |
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PREFAZIONE |
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«Sul terzo giorno», un titolo promettente, ma su argomenti di ordine spirituale, farebbe pensare. Concezioni
anch'esse risorgenti come fu per Gesù Cristo dopo la sua crocifissione sul Golgota. Invece,
paradossalmente, la conclusione del presente saggio è sorprendentemente rivoluzionaria, perchè, pur esaltando le buone
opere, dello zelante scriba Ani dell'antico Egitto dei faraoni, porta alla consapevolezza della necessità del
buon “agio” da predisporre, nientemeno, per il dio del male Seth. Quindi non il primato
delle forze del bene e la sconfitta di quelle del male, bensì uno strano compromesso! Può
sembrare una bestemmia, eppure, “matematica” alla mano, si arriva a dover
“esaltare” anche ciò che, invece, non si dovrebbe, quel dio Seth dei
guai. Questo è il fatto saliente del presente scritto cui si arriva attraverso un itinerario che vede una coppia -
questa volta - ben assortita, Spirito antico e Scienza moderna, che si ritrovano quasi ad amoreggiare fra loro.
La legge di Ferrel, la sfericità terrestre, il magnetismo ed altro, diventano egregi
“attaccapanni” per incomprese concezioni grazie a reperti imbellettati di questo o quel museo, più simili - in verità - a «bottiglie
del naufrago» di un passato egizio, nel caso esaminato, per una potenziale resurrezione di un dì del futuro.
Ecco, questi sono i fatti che ho cercato alla men peggio di porre in risalto e per il resto, come
l'esposizione degli argomenti, forse non soddisferà i lettori eruditi indisposti alla disamina di scritti frammentati, simili ad un
collage di cose in cui prevalgono argomenti presi a prestito di sana pianta. Ma ai lettori vogliosi di sapere,
cosa importa di più, purificare «l'esterno del bicchiere e del piatto» o quella dell'interno di questi
orcioli? Anche il Cristo, che proferì queste parole piene di sdegno, cercava di mostrare ai dotti del suo tempo,
ma senza essere compreso, «la lucerna» del corpo che lui intendeva far porre sul «moggio». Quindi cosa importa
di più, la scoperta di nuove concezioni forse vitali per la comprensione del mistero della vita e della morte
perchè l'uomo ne sia meno schiavo, o la bella parata di un teatro scenico dell'arte del buon scrivere che nel
mio caso può apparire carente. Ma è vero anche che si tratta di preziose «bottiglie del naufrago» da ritrovare
e a ragione di ciò dovendo procedere in luoghi “impervi” ed “insalubri” non sempre è possibile far uso di
“scafandri” o “tute protettive” cui dovrebbe provvedere la sorte e che inspiegabilmente nega. Questo per dire
che quelle insolite bottiglie vanno trovate, per esempio, dal rottamaio.
Mi sovviene una storia che traggo dal libro Śrĩmad-Bhãgavatam, una nota opera culturale della filosofia
indiana dei Vedãnta. Si tratta del verso 6, capitolo IV, Canto Primo: «La Creazione».
«Come gli abitanti di Hastinãstinapura riconobbero Śrila Śukadeva Gosvãmĩ, figlio
di Vyãsa, per il saggio che egli era, quando entrò nella città dopo aver errato per le
provincie di Kuru e Jãńgala, con l'aspetto di un pazzo, privo d'intelligenza e di
parola?»
La spiegazione di questo versetto, che viene data nel libro da cui è stata rilevata, dà questa spiegazione:
«L’attuale città di Delhi (Nuova Delhi) si chiamava un tempo Hastinàpura dal nome del suo fondatore, il re Hasti. Gosvãmí
Śukadeva, dopo aver lasciato la casa paterna, aveva cominciato a vagabondare di qui e di là con l’aria di un pazzo. Come avrebbe
potuto la gente riconoscere la sua grandezza? Non si può giudicare un saggio guardandolo, ma ascoltando le sue parole. Si devono
avvicinare i sãdhu, i grandi saggi, non per vederli, ma per ascoltarli. E se non si è pronti ad ascoltare le loro parole, non si avrà alcun
beneficio dalla loro presenza. Śukadeva Gosvãmí, un vero sãdhu, sapeva parlare delle Attività spirituali e assolute del Signore.
Soddisfare i capricci del volgo facendo il prestigiatore di parole, questo non lo interessava. Ma nel momento in cui narrò il
Bhãgavatam, gli fu riconosciuto il suo giusto valore. Esteriormente poteva sembrare un pazzo, privo d’intelligenza e di parola, ma in
realtà era il più grande saggio e spiritualista.».
Ora più di un lettore, dopo aver letto il suddetto versetto e la spiegazione penserà che io mi prefiguri di
essere, magari, la reincarnazione di questo Gosvãmí Śukadeva, rinomato saggio dell'antica Nuova Dehli, o di
chissà quale altro eccezionale saggio del passato. Invece no, prima perchè la cosa non trova validi sostegni
in me e poi perchè il destino ha voluto dispormi in modo “malconcio”, è vero, ma senza darmene, almeno per
vie interiori, spiegazioni alcuna. Per dire che in questa curiosa dimensione di “delatore”, più che
“ammaestratore”, non ho nessuna opinione. Non faccio altro che la parte di uno insolito
personaggio che legge, in modo che più gli pare, ciò che vede e cerca di trasmetterle,
magari anche “mimando” non riuscendo a parlare come si conviene. Ed allora capita di ricorrere alla parola ben forbita di altri.
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INTRODUZIONE
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Perchè «Il terzo giorno» annunciato col titolo di questo saggio?
Una metafora di vita in virtù di una fede religiosa, quella del Cristianesimo: la
resurrezione di Gesù Cristo dai morti? Oppure il terzo giorno della creazione biblica? Dico subito che il «terzo
giorno», pur non escludendo tutto ciò, lo vedo più come un numero segnatempo, considerato che il tema di questo scritto è il Tempo al suo
esordio. Sappiamo, tanto per dar corpo all'idea del Tempo primordiale, che dapprima regnava il caos, sia
secondo la sintetica versione biblica del Cattolicesimo: «La terra era informe e deserta e le tenebre
ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque»
(Gn 1,2); sia secondo la versione pagana degli antichi greci: Gea è la madre del dio Urano spodestato poi da un titano, Saturno il dio del
Tempo, appunto. Si analizzi poi, il losco intreccio incestuoso derivante dall'unione di Urano con la madre Gea da cui nacquero i
Titani, i Ciclopi e gli Ecatonchiri o Centimani, per legare il Tempo a Gea ma in una
condizione chiaramente caotica. Si capirà poi che le cose della creazione, comunque vengono viste, sono legate a fatti difficili, se non
impossibili, da accettare. E proprio la scienza, come si vedrà in uno dei capitoli seguenti, ci darà la prova di
esseri viventi capaci di esistere e sopravvivere nel caos, considerando che si tratta di far sviluppare la vita e
trasferirla da una fase in esaurimento a quella successiva che nella Bibbia vengono distinte in giorni. Ma non
si tratta di esseri umani, è questa la sorpresa che mortifica la razza umana, rendendo possibile un incerto
compromesso esistenziale, adombrato nell'oscurità primordiale, di «Dio e Mammona», di un inaccettabile
dilemma. Ma è l'ora di cominciare a parlare degli annunciati numeri legati, ad un certo momento, al Tempo. E
poi, se dice bene quel professore di neuropsicologia cognitiva inglese, Brian Butterworth,
che la sa lunga sul «pensare in numeri» (1), da stimarli alla base della vita, il «terzo giorno» ora diventa un invitante curioso quiz
da risolvere, mettendola sullo scherzo per sdrammatizzare i fatti del caos che non piacciono a nessuno. Sono
i fatti di Gea, la terra delle «surrealtà mappali» che è l'argomento trattato di volta in volta attraverso
http://www.etanali.it/blog.surrealtà
? che raccomando di seguire. Non si può negare che Butterworth ha ragione da
vendere quando invita a riflettere sul fatto che senza i numeri la scienza non avrebbe avuto alcuna base per
svilupparsi al rango cui oggi gode. E perciò non ci sarebbero, per esempio, gli aerei, i treni, e tantissime altre
cose indispensabili per vivere civilmente. Se così è stato per la razza umana nulla ci vieta di stimare i
numeri anche prodigiosi artefici in seno alla creazione! Ma oltre a dire stupidamente che il tre è il
primo numero del famoso π greco, il rapporto tra ogni circonferenza con il rispettivo diametro, non si riuscirebbe a dire altro.
Veramente! E' vero, questo tre non sembra faccia progredire il problema del «terzo giorno», tuttavia non
credo proprio che sia tanto stupida l'allusione al π greco. Ma non è proprio il caso stare sulle spine a causa
del «terzo giorno» che deve essere invece motivo di gioia, almeno per chi ha fede da tenere
sempre in piedi, tanto per cominciare. Stabilito così che si tratta di un fatto matematico, in particolare, io dico che si ha a che
fare con la scienza delle costruzioni, considerato che il creatore dell'universo è, prima di tutto riconosciuto
«Architetto». Ovviamente tirerò in ballo le costruzioni edili per capirci meglio, ma la cosa si estende anche alle
costruzioni meccaniche in genere.
Dunque, quando si progetta un edificio o qualsiasi altro manufatto edile, per esempio una slanciata alta torre,
è fondamentale che stia ben salda al suolo perchè non si corra il rischio che crolli. Intimamente, l'ingegnere o
anche il geometra, sa che deve analizzare tutti i pesi del manufatto edile gravanti sulla base che, poi, si dovrà
proporzionare in relazione alla capacità di resistere del suolo e sottosuolo su cui graverà ogni cosa in
progetto. Per semplificare, mettiamo che si propenda in sede progettuale per una base di
fondazione in unica piattaforma: la cosa fondamentale è definire l'asse di gravità del manufatto, lungo il quale è come se fosse
concentrato tutto il peso gravante. Perchè è fondamentale l'asse di gravità? Perchè dovendo assicurarci il
miglior assetto della torre da edificare, in modo che non crolli, l'asse di gravità deve assolutamente trovarsi
entro il cosiddetto «terzo medio». Non vi impressionate. Si tratta semplicemente della terza
parte intermedia della base della fondazione, immaginandola recisa in corrispondenza
dell'asse di gravità. Il caso ideale per un assetto stabile e duraturo è quando l'asse in questione coincide con il centro della base di fondazione.
Questa condizione permette una distribuzione uniforme delle sollecitazioni sul suolo in conformità alla relativa
capacità di carico, tenendo conto in più di un prudente margine di sicurezza. Si capirà che è
questa la condizione ricercata dal progettista della torre. Ci sono casi di costruzioni di cui si teme che siano stabili ed è
proprio con la verifica dell'analisi dei carichi sulla fondazione che si riscontra con sorpresa la posizione
erronea dell'asse di gravità. Perchè? Quando l'asse di gravità si approssima e supera appena il limite
dell'argomentato «terzo medio» allora le cose si mettono male, perchè si comincia a delineare un equilibrio
instabile, che è il caso della costruzione suddetta. Dimenticavo di dire che non si
trascura l'azione del vento che impatta lateralmente alla torre in fase progettuale precedentemente analizzata. Essa viene tradotta in
forze di sollecitazione che, in modo adeguato, si aggiungono alla componente gravitazionale suddetta tale da
far delineare poi una corrispondente risultante cui tener conto per il dimensionamento della fondazione.
Come esemplificazione pratica, per capire l'importanza della «legge del terzo medio», è
interessante la tesi di un laureando, L. Fogale, di seguito riportata, che nel 1998 fu
discussa all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
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TECNICHE COSTRUTTIVE DEL GOTICO: L'ARCO RAMPANTE
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www.tecnologos.it/Articoli/articoli/numero_001/art_gotico/gotico.htm
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La cattedrale gotica costituisce da sempre l'edificio in cui forma e struttura raggiungono una sintesi, raramente eguagliata nella
storia dell'Architettura; Basti pensare agli splendidi esempi che ci offrono paesi, come Francia, Germania ed Austria, in cui questo
stile si può dire che sia cultura. Ogni parte di queste costruzioni è disposta in modo tale
da convogliare verso il terreno quelle tensioni che percorrono, la calma maestà di questi edifici. La precisione, con la quale ogni concio di pietra è tagliato ed incastrato, è
millimetrica, pensare come le connessioni tra i conci partecipino a creare l'aspetto
formale della costruzione è straordinario. In questa architettura in cui costruzione fisica e formale sono un tutt'uno, sono stati analizzati il compito e l'importanza statica di ogni
parte, e specialmente degli archi rampanti. Questi ultimi costituiscono una delle
innovazioni del gotico, spesso giustificati solamente come necessità strutturale, mentre si è dimostrato come alcuni ordini di archi rampanti avessero una scarsa importanza
strutturale ed, al contrario costituissero una vera e propria necessità formale. L'analisi foto elastica su modelli
(Illustr.1) condotta da R. Mark, ha messo in luce la scarsa, per non dire nulla, sollecitazione dell'ultimo ordine di archi rampanti in quasi tutte le
cattedrali gotiche. Il laureando ha dimostrato come, nel caso specifico della cattedrale di Chartres la presenza del terzo ordine di archi rampanti non sia
imposto da necessità strutturali, infatti esso contribuisce ad assorbire parte della spinta orizzontale, ma
l'edificio si reggerebbe ugualmente. A sinistra è presentata la cattedrale di Chartres con il primo dei tre ordini di archi rampanti sovrapposti
(Illustr.2), la verifica mostra come la risultante dei carichi esca notevolmente dal terzo medio della sezione di base,
provocando una parzializzazione della struttura. A Sinistra si può vedere come la
risultante dei carichi rientri nel terzo medio non appena si prenda in
considerazione il secondo ordine di archi. Ciò dimostra come il terzo ordine contribuisca in modo
considerevole a garantire la stabilità della cattedrale anche se la sua presenza non è indispensabile. Chi vollesse approfondire le cognizioni tecniche sulla
«legge del terzo medio» suggerisco di vedere il sito www.istruzioneonline.it/archivio/costruzioni/statica/sollecitazionic1.htm |

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LA MACCHINA DEL TEMPO DEL PAPIRO DI ANI |
Chiaro ora la
giusta metafora sul «terzo medio» del «terzo giorno»?
Non è altro che un ricercato equilibrio - mettiamo in modo
traslato - che per via scientifica se ne trova la luminosa
giustapposizione. E' in virtù di questa condizione che ora si può
capire intimamente il terzo giorno della creazione. «Dio
disse: “Le acque si raccolgano in un solo luogo e appaia
l'asciutto”. E così avvenne: Dio chiamò l'asciutto terra e la
massa delle acque mare. E Dio disse che era cosa buona». Poi
ci fu il perfezionamento in seno alla terra, col dividere altra
acqua da essa. «E Dio disse: “la terra produca germogli,
erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla
terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie”.
E così avvenne: la terra produsse..., Dio vide che era cosa
buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno». (Genesi 1,
9-13)
Si potrebbe, allora, ipotizzare che gli evangelisti, nel
descrivere i fatti “trascendentali” della resurrezione di Gesù
Cristo, conoscevano la legge del «terzo medio»?
Potrei rispondere emblematicamente atteggiandomi a ciò che non
sono, «Voi lo dite». Ma l'ho pur detto attraverso un mio
testo sulla piramide di Cheope, «Alla radice dell'intelligenza
matematica» (4),
dimostrando con una semplice geometria, quasi un “gioco da
ragazzi”, che gli antichi egizi, senza dubbio alcuno, erano
dotati di un pensiero fortemente allineato ad un inconcepibile «pensiero
geometrico». Vi raccomando di leggerlo, perchè costituisce
– secondo me - la presumibile concezione mentale, traslata
appunto ai fatti della vita, del relativo miglior equilibrio sulla
scorta della legge fisica del «terzo medio». Tanto più,
dunque, per gli evangelisti grazie all'azione dello Spirito Santo.
Da qui la relazione - l'unica - col «pensiero geometrico»
di cui erano pregni gli antichi egizi. Ora si può capire anche
perchè ho posto sulla copertina la configurazione del papiro di
Ani che riguarda, appunto, la pesatura del suo cuore. Forse vi
sarete chiesti il perchè di questa figura. E' la rappresentazione
del giudizio dello scriba Ani, attraverso il peso del suo cuore,
appunto. Più da vicino, come si vede, fa spicco una bilancia la
cui struttura portante, che è inclinata (ma questo non c'entra
con i fatti in questione), la immaginiamo del tutto simile alla
torre precedentemente trattata nel capitolo dell'introduzione e
perciò vale anche qui «la legge del terzo medio» per le
sollecitazioni alla sua base. Dunque se in questa base si
verificano delle sollecitazioni dovute a carichi mal disposti,
questi sono immediatamente avvertiti da Anubi, il dio della morte,
tramite il suo ginocchio che vi sta appoggiato ed il piede destro
(che fanno capo, attraverso la mano di Anubi, al cuore da “pesare”).
Ma c'è anche dalla parte opposta Ani in posizione eretta che
influisce sul piedistallo del bilico con la pressione dei suoi
piedi. Non solo, Ani, con la sua genialità, allegoricamente nella
forma di volatile, controlla l'assetto della leva di pesatura. Lo
stesso Ani, poi, è in grado di percepire, come se fosse un
sensore di prossimità (è un dispositivo che segnala il contatto
con la leva di pesatura nel nostro caso), il giusto livello della
leva menzionata. Questo si intuisce dal colore della sua testa che
è verde e corrisponde a quella dell'essere-sensore sotto la leva
di uguale colore. Occorre accettare che la pesatura del cuore di
Ani comporta l'introduzione di tutto ciò che lo riguarda come
funzione e che è rappresentato allegoricamente qua e là sul
papiro in discussione. Ora resta da chiarire cose e fatti del
Tempo che risulterebbero legati alla «legge del terzo medio»
perchè il suo rintocco sia sempre relativamente lo stesso.
Infatti è proprio del “tempo” che si parlerà in
questo saggio, naturalmente non nel senso meteorologico. Più
particolarmente si tratta di immaginare qualcosa di grande mole
legata al Tempo, e cosa se non la «Macchina del Tempo»?
Ma è un termine mediatico strausato che, però, nel nostro caso,
inquadrato nel contesto di una nuova matematica ch'io intendo,
nessuno vi ha messo mai il naso. Parlare del Tempo significa
parlare della Terra che con il suo moto planetario scandisce,
appunto, il tempo. E' la Terra la «Macchina del Tempo»,
non senza tutto il sistema di pianeti e Sole in cui è inserita
nello spazio. |

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ANI E LA CONCEZIONE DI GEA SFERICA |
Si sono sentite dire cose meravigliose sulla cultura dell’antico Egitto, specialmente per la
raffinata arte terapeutica che si fondava sull’analogia dei colori o di forma fra l’organo
ammalato e una pianta o altro oggetto dotato di influenze benefiche, l’ingestione di formule magiche scritte o di immagini sacre. Cinquemila
anni fa, in Egitto, si praticava la cauterizzazione, si amputavano arti, si contenevano fratture, si operava la
cataratta, non senza una farmacopea sorprendentemente vasta. Una scienza medica di tutto
rispetto, ma attraverso empirismo, ritualismo e magia, che si prendevano cura dell’antico
uomo egizio, fino ad accompagnarlo nell’aldilà con formole che gli consentiva di
“approdare oltre i territori del deserto occidentale”. Con una simile prospettiva, di
“rudimentali” strumenti e mezzi operativi, fa meraviglia costatare che, in ogni modo, si
siano ottenuti i sorprendenti risultati terapeutici sopra elencati, stando alla
testimonianza dei numerosi ritrovamenti archeologici. Si deve ammettere, allora, che in
qualche modo ignoto gli antichi egizi, artefici dei menzionati interventi, a dir poco
prodigiosi, pervenissero all’intima conoscenza della materia organica: oserei dire,
all’intimità “animica”, in relazione alla visione di un inconcepibile mondo relativo,
perfettamente aderente a quello organico. Quale sarà stata la forza attiva,
“agente” nell’egizio di quel tempo, a germinare un simile stato di grazia, mi sono chiesto? Forse,
indagando con fiducia “nella soffitta” di qualche “scriba
modello”, con il favore della sorte, si potrebbe trovare un
“punto d’appoggio” su cui far leva con criterio scientifico per pervenire alla chiarezza di quest’enigma, non trovando risposte concrete da parte
della scienza ufficiale in merito. Il caso ha voluto pormi davanti agli occhi, in più di
un’occasione, la riproduzione di un papiro egizio del quale mi ha colpito un particolare che porterà, poi, ad una mia supposizione sbalorditiva.
Questo papiro, insieme con altri, attribuiti allo scriba Ani, furono rinvenuti, in seguito a scavi archeologi, a
Tebe nella tomba omonima risalente alla XIX dinastia dei Re d’Egitto, presumibilmente del 1240 a.C.
Si tratta della rappresentazione relativa al «peso del cuore di Ani», esposto al British
Museum di Londra.
Osservando attentamente questo bel papiro, così ricco di rappresentazioni cariche di
effetti cromatici, mi è sorto a prima vista l’idea di raggruppamenti ben assortiti, e già
questo mi è apparso un chiaro segno di un ricercato equilibrio armonioso in coerenza alla
specifica funzione di “bilancia del cuore”, da considerare,
naturalmente, sul piano “animico”. Il tutto, visto in chiave ingegneristica, è, innegabilmente, una meravigliosa
“progettazione”, fin troppo, accurata nei minimi dettagli. Venendo al fatto importante
annunciato, ciò che, veramente, mi ha sbalordito, come già detto, è la constatazione di
una concezione di una legge fisica posta in atto, che solo 3030 anni dopo, circa,
cominciava a delinearsi in Europa.
Ciò che lascia di stucco, e che traspare in modo evidente, è la disposizione,
chiaramente, inclinata del telaio di “pesatura”, rispetto un’ideale verticalità, tanto più,
che questa cosa non si riscontra in altre rappresentazioni simili in generale, eccetto alcune, mi sembra. Stando alla legge di gravità, concepita a quei tempi, i piatti della
bilancia e il cuore di Ani, da considerare come dei “gravi” privi di
“vincoli” terreni, dovevano essere rappresentati secondo una perfetta verticale. Infatti, gran parte di
rappresentazioni come quella in causa è in armonia con quest'apparente “erronea” concezione scientifica, ma, Ani, da zelante Scriba, invece, vi
contravviene e predispone le cose nel modo riscontrato. A questo punto, ho dovuto ammettere che Ani e,
forse, altri a lui “vicini”, immaginavano cose fuori della concezione culturale corrente di quel
tempo. Andando a fondo alla riscontrata “anomala” disposizione del telaio di pesatura di
Ani, da buon progettista di automazioni meccaniche, nonché sufficiente conoscitore di problemi generali di fisica planetaria, ho dovuto
ammettere che fosse in stretta aderenza al noto fenomeno della fisica planetaria della «deviazione» della
direzione dei corpi in movimento sulla terra in relazione alla forza di gravità. Più particolarmente, si tratta di
variazioni, combinate, dell’assetto gravitazionale dei gravi in genere, dovute alla
rotazione della terra, appunto, e il variare della relativa latitudine. La legge di Ferrel perfeziona questo fenomeno affermando che
un corpo non vincolato in movimento nel nostro emisfero è deviato verso destra rispetto alla direzione del suo
movimento; nell’emisfero australe è deviato verso sinistra (2). È proprio questa deviazione, verso
destra o verso sinistra, che, trova riscontro nel papiro di Ani, oltre all’altra già rilevata
(l’inclinazione del telaio di pesatura), che scuote. Non si può dare altra spiegazione logica all’evidente rappresentazione del piedistallo
centrale che regge il bilico in osservazione. È il classico disegno di uno
“spaccato” («sezione» in termine tecnico), eseguito col preciso scopo di far vedere che l’asta
“potrebbe” ruotare nella sede del relativo supporto. Naturalmente non si ricorrerebbe a tanto se non fosse per il fatto
importante di far capire che quell’asta “potrebbe”
disporsi secondo la supposta legge di Ferrel. A dire il vero questo piedistallo visto in
sezione è riscontrabile anche in altri casi estranei a quello di Ani, ma non vi ha mai fatto caso nessuno. La
“progettazione” del supporto in questione è spinto a tal punto da lasciar intravedere, persino, i possibili
“cuscinetti” di guida attraverso due visibili coppie di
“anelli”! Nell’insieme, il disegno di Ani, vale quanto una
straordinaria orchestra degna di scroscianti applausi. Persino il dio del male, Seth, alla destra in basso di
Thoth, fa la sua parte a meraviglia fungendo da sistema a “galleggiante”, a misura che gli perviene da
Thoth, una certa insostanziale “energia” attraverso una sorta di
“coda” penzolone, che si potrebbe associare ad una “messa a
terra” di sicurezza, simile a quelle delle macchine elettriche, per far mantenere a giusto regime la
condizione di “galleggiamento” sul presunto “liquido” sottostante.
Seth, così come rappresentato, sembra un “otre” in cui è convogliata la supposta
“energia” con una specie di “turbina” posta sotto la sua ascella. Ho
voluto rilevare, a bella posta, questo lato del meccanismo del bilico di Ani, simbolicamente per niente
amabile, eppure, se si riflette, proprio dalla buona condizione di questo
“pallone gonfiato”, stimato, al limite, con corrispondenze terrene, come una concezione immonda, dipende il «giudizio» del «peso del cuore» di Ani. La
stessa cosa dicasi del simile a “scimmia” non si capisce bene però, sulla sommità dell’asta verticale del
“bilico”, dalla cui coda e zampe, dipende il rilascio della leva cui è sospeso il cuore in causa e la possibile
conseguente compromissione. Discostandoci da quest’analisi, non si potrà mai sostenere che gli antichi egizi
dell’epoca intorno al 1240 a.C., quella ritenuta per il papiro di Ani,
elaborassero macchine sulla scorta delle conoscenze come quelle testè rilevate per Ani.
In tal caso, non resta che accettare una sola cosa: che si tratta di “macchine interiori”,
forse capaci di esplicare “poteri” straordinari inconcepibili che non sapremo mai.
Meglio ancora, come più razionale spiegazione, è ammettere che tutto ciò, e altre possibili cose
del genere rilevabili con un’attenta indagine di tutti i reperti archeologici antichi, non solo
dell’Egitto, pongono in evidenza che i “poteri”, argomentati, siano connessi ad una
“visione” animica-spirituale ben precisa, definibile «lucida»
e non «medianica» così come rilevabile ancora oggi in molti uomini e donne interpreti di inspiegabili
“percezioni” che la scienza non riesce a catalogare. Dunque, tirando un po’ di somme, sembra che sia
emerso un certo “agente” dei miracoli alla base dello stato di grazia degli antichi egizi,
argomentato all’inizio e che mi ero proposto di “scovare”. Il caso di Ani, con la rilevata
“inclinazione” dell’asse di gravità che si discosta dalla concezione ortodossa, assunta
secondo l’assetto “verticale”, potrebbe portare alla consapevolezza del presumibile preannuncio della fine dell’epoca faraonica e la possibile nascita di una
nuova Terra particolare, in seno all’uomo, capace di un certo
“muoversi” animico. Ani si potrebbe considerare il Galileo Galileo del suo tempo, forse anche lui soggetto alle stesse analoghe
ostilità del Clero vigente. Non escluderei dei collegamenti a priori con il tentativo
“eretico” del faraone Akhenaton vissuto il secolo precedente, circa. Fa pensare molto un
fatto poco chiaro di questo re preso dall’euforia per la sfrenata
costruzione di nuovi templi in onore di Aton a dispetto della classe sacerdotale che lo osteggiava. Nel quinto
anno della sua ascesa al trono accade qualcosa che cambierà, da quel momento, il corso della storia di
questo reame. «Akhenaton non riesce a raccontare ciò che accadde
realmente, ma di certo la cosa lo mandò su tutte le furie», dice l’egittologo Bill Munarne. «In un’iscrizione trovata ad Amarna il faraone inveisce contro
questo “qualcosa”, definendolo la cosa peggiore capitata. Secondo me, i sacerdoti ne avevano abbastanza;
serrarono i ranghi e gli intimarono di piantarla. E lui per tutta risposta abbandonò Tebe»
(3). Il discorso su Ani,
a questo punto, volge alla conclusione tanto attesa della visione mentale di Gea, la terra, di ordine sferico
dopo aver intravisto una legge fisica, quella di Ferrel, scoperta solo poco più di due secoli fa, in azione
attraverso il Papiro di Ani della pesatura del cuore. Si tratta di una concezione che, se posta in coda alle
concezioni di un fondato «pensare geometrico» degli antichi egizi, argomentato con dovizia col testo
«Alle radici dell'intelligenza matematica» (4), prende corpo senza meravigliare tanto. E' interessante rilevare, poi,
che l'inclinazione del bilico di pesatura di Ani, che ha fatto emergere l'idea di Ferrel, non mi è parso
riscontrarlo in altre configurazioni analoghe dell'antico Egitto. Forse ve ne sono.
Comunque resta il fatto che l'inclinazione del bilico lascia pensare che Ani sia un certo capostipite - mettiamo anche
con possibili altri simili a lui che non so - di un'umanità in embrione del genere nuovo. Ma il fatto di ordine squisitamente fisico
che vi sta a monte è che la legge di Ferrel riguarda il comportamento dei gravi sulla Terra in conseguenza
della sua sfericità. Che vuol dire questo? Che il «pensare geometrico» degli antichi egizi dell'epoca di
Cheope, ovvero del periodo antidiluviano e poco oltre, in virtu' del genere di scriba
“Ani” si evolve facendo concepire concretamente un «pensare sferico». E' Gea che cambia connotazione
“compenetrandosi nell'uomo”, così come ho voluto dire all'inizio quando ho parlato di
come era stata concepita dai greci Gea: «si convenne che fosse la madre di tutti gli
esseri viventi, la dispensatrice dei frutti, delle piante e degli animali necessari alla vita e al sostentamento dell'uomo. Ed ebbe anche caratteri del
mondo sotterraneo nel quale tutti i viventi, completato il loro ciclo, vanno a morire». Ma, ad onore della verità,
è anche il perfezionamento del terzo giorno biblico della creazione che vede, come già detto, la distinzione fra
terra e tutta la vegetazione. Come voler ammettere che Dio e Mammona non sono in discordia!
Incredibile ma è questo il bello la meccanica della matematica, perchè porta a delle
conclusioni che non possono essere contraddette. Vale la pena di rileggere la mia
impressione suddetta in relazione alla meccanica riscontrata nel papiro della pesatura del cuore di Ani che riporto di seguito: |
«Nell’insieme, il disegno di Ani, vale quanto una straordinaria orchestra degna di
scroscianti applausi. Persino il dio del male, Seth, alla destra in basso di Thoth, fa la sua
parte a meraviglia fungendo da sistema a “galleggiante”, a misura che gli perviene da
Thoth, una certa insostanziale “energia” attraverso una sorta di
“coda” penzolone, che si potrebbe associare ad una “messa a
terra” di sicurezza, simile a quelle delle macchine elettriche, per far mantenere a giusto regime la condizione di
“galleggiamento” sul presunto “liquido” sottostante. Seth, così come rappresentato, sembra un
“otre” in cui è convogliata la supposta “energia” con una specie di
“turbina” posta sotto la sua ascella. Ho voluto rilevare, a bella posta, questo lato del meccanismo del bilico di Ani,
simbolicamente per niente amabile, eppure, se si riflette, proprio dalla buona condizione
di questo “pallone gonfiato”, stimato, al limite, con corrispondenze terrene, come una concezione immonda, dipende il «giudizio»
del «peso del cuore» di Ani. La stessa cosa dicasi del simile a
“scimmia” non si capisce bene però, sulla sommità dell’asta verticale
del “bilico”, dalla cui coda e zampe, dipende il rilascio della leva cui è
sospeso il cuore in causa e la possibile conseguente compromissione». |
Ora resta da vedere come nacque nel pensiero egizio antico la relativa
“meccanica” perchè abbia senso lo scopo di Gea attraverso la vita. Una solida ragione che possa appigliarsi al fatto che Gea fu immaginata dai
Greci, e non solo, nel modo suddetto, ma anche come un orologio, il Tempo. Dal mito sappiamo in che razza
di situazioni bastarde Gea si è trovata per far nascere Saturno, il dio del Tempo. Non è possibile che lo stesso
Ani abbia lasciato il suo segno sul Tempo, magari con un bel Papiro illuminante? Niente di
più facile che esporre il Papiro gemello di quello della pesatura del cuore. E' la
rappresentazione del seguito della prova di pesatura che risulta superata. Poi Ani viene condotto alla presenza di Osiride, seduto in un tabernacolo a
forma di sepoltura (illustr.4). Ma questa è una cosa che tratterò nella seconda parte di questo stesso
saggio in cui si parlerà del tempo. Parlerò del «mantice» della forza serpentina del dio del
male, Seth, la forza del «cobra», il serpente ricorrente nell'iconografia dell'antico Egitto.
Si tratta di una concezione che ha modo di agganciarsi alla «geometria cheopiana»
trattata nel mio saggio, precedentemente menzionato, «Alle radici
dell'intelligenza matematica» (4).
Ma come annunciato nella prefazione, le varie argomentazioni porteranno
con sorpresa a porre in risalto la figura del dio del male, Seth, tale da farlo
risultare nel papiro di Ani quasi il personaggio chiave. |

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NOTE |
(1) - Brian Butterworth è professore di neuropiscologia cognitiva all'University College di Londra. E' autore di numerosi saggi scientifici fra cui quello
menzionato del «Pensare per numeri. Intelligenza matematica» edito dalla Rizzoli.
(2) - Un'esemplificazione per capire la legge di Ferrel è quella del vortice che si forma nel lavandino quando si scarica l'acqua. In teoria il senso del
vortice assume posizioni contrarie nell'emisfero nord rispetto a quello sud. Al limite più marcato di questo
fenomeno immaginiamo che esso avvenga esattamente in corrispondenza dei poli della
terra, il nord e il sud. In queste condizioni l'asse di rotazione terrestre è esattamente
verticale e la terra gira sotto i nostri piedi. In senso antiorario se siamo al polo nord, in senso orario se siamo al polo sud. Ora, trascurando le diverse altre
condizioni particolari che normalmente prevalgono (come la forma del lavandino, la posizione del rubinetto ed
altro), cioè ammettendo che non hanno alcuna influenza, l'acqua che cade nello scarico in questione sembra girare nel verso opposto, poiche' in realtà tende a stare ferma, mentre
la Terra e noi stessi stiamo ruotando. Concludendo il verso di rotazione è opposto nei due
emisferi.
(3) - Reportage «I faraoni del sole» di Rick Gore – Mensile «National Geographic Italia» - Aprile 2001
(4) - Vedasi
http://scienzaespirito.etanali.it
e http://www.specchiomagico.net/gaetanobarbella.htm |
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