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Raffaello Sanzio - Geometria della Trasfigurazione in Sposalizio della Vergine

a cura di Gaetano Barbella

      

    

DENTRO L'OPERA

Non sono in pochi a domandarsi, "Ma perché mi piace Raffaello? Le sue Madonne sono una più bella dell'altra". La risposta ce la dà Giorgio Vasari: «Sicurissimamente può dirsi che i possessori della dote di Raffaello non sono uomini semplicemente, ma dèi mortali». Dunque la piena comprensione dell'arte di Raffaello, che piace da morire attraverso Illustrazione 1le sue madonne, come La Madonna del Granduca dell'illustrazione 1 (conservato oggi presso la Galleria Palatina – Palazzo Pitti di Firenze), risulta insufficiente se vista solo in modo esteriore. Allora non resta che tentare di entrare "dentro l'opera", e ravvisare, per cominciare, l'arte del dipingere col doppio senso dei segni. Naturalmente questo genere di visione non può riscontrarsi nella Madonna del Granduca, ma sembra di sì in opere, come lo "Sposalizio della Vergine" (conservata oggi presso la pinacoteca di Brera di Milano), per esempio, sulla quale si svilupperà il tema di copertina, "la geometria della trasfigurazione". Vedremo il giusto modo per entrare "dentro l'opera" attraverso una singolare geometria strutturale, inconsueta fra gli artisti del Rinascimento cui Raffaello apparteneva.
L'illusione, spesso, non manca di adombrare le arti figurative e perciò nel mondo della pittura capita di riscontrare esempi di immagini ambigue, ingannatrici, nelle quali non tutto è solo come appare. Nel senso che l'artista, pur non contravvenendo alla corretta rappresentazione scenica del tema pittorico, si dispone in modo velato a concepire immagini che si prestano a doppi significati, abbastanza percepibili alcuni, altri meno. Naturalmente qui si sta parlando dell'arte del Rinascimento che ha dato luogo ad una fioritura di opere disposte a simili concezioni. L'artista del Rinascimento sentiva fortemente in sé la necessità di velare ad arte concezioni occulte ereditate dal passato Medio Evo, assai diffuse nel suo tempo e che era "spinto" a far "transfugare" nel mistero. Occorre dire che era un'epoca in cui la severa vigilanza del clero del Vaticano non tollerava cose del genere, ragion per cui il ricorso ai doppi sensi dei segni era inevitabile.

     

Illustrazione 2

    

Albrecht Dürer (1471-1528) è un esemplare artista di quelli dei quali si sta parlando. Lo vediamo all'opera, per esempio, nel suo autoritratto (illustrazione 2) che egli realizzò nel 1500 (conservato oggi presso l'Alte Pinakothek di Monaco). Egli sembra rifarsi all'iconografia che tradizionalmente alludeva al Cristo. Con questo lavoro, Dürer sembra voler sottolineare come l'Artista "ricalchi", "imiti" il virtuoso cammino di Gesù, l'uomo-divinizzato, la pietra filosofale. Notare che l'arte di Albrecht Dürer era ben nota a Raffaello.
E poi, in materia delle artefazioni in questione, vale l'esempio classico di Leonardo da Vinci. Egli si dimostra un acuto conoscitore dei fenomeni ottici, tant'è che avrebbe inserito nei suoi dipinti immagini nascoste negli sfondi o nei drappeggi. Ma è una cosa che egli stesso ce lo fa intendere attraverso il suo
"Trattato della pittura" [1].
Naturalmente Raffaello Sanzio, ha imparato tanto da questo genio delle scienze oltre che quello delle arti figurative. E quindi non meraviglierebbe, scoprire in lui un geniale cultore dell'arte ermetica.

      

Illustrazione 3

   

Stupirà intravedere quest'arte, nella citata opera, "Sposalizio della V.", che non manca di mostrare dettagli che disorientano. Infatti nel mio saggio "La geometria astronomica in Sposalizio della Vergine", vengono evidenziate chiare dissonanze sul tempietto in relazione all'orditura delle colonne (illustrazione 3). Sembrerebbero 16 ma le colonne che si intravedono sul retro fanno capire che dovrebbero essere 15. Però in tal caso si dovrebbe vedere la colonna di centro del retro, invece non la si vede attraverso la porta centrale che presuppone almeno un finestrone sul retro. Ma poi nel saggio menzionato riesco a spiegare questo arcano per far nascere, attraverso il dipinto raffaellesco, un genere di geometria a sorpresa che pone sul moggio, nientemeno, l'astronomia capace di benedire le nozze celebrate in "Sposalizio della Vergine" con il tempo equinoziale. Quanto basta per far partecipe il cosmo nel modo consono.
Ancora più in garbugliata risulta la situazione del gruppo degli sponsali, oggetto della trattazione di quest'altro saggio, che poi si lega al primo per dar luogo a mie successive concezioni geometriche perché si dimostrino divine attraverso una meravigliosa rappresentazione simbolica di una convincente "trasfigurazione". Giusto in relazione al dipinto che Raffaello non riusci a completare a causa della sua dipartita. Ma non voglio anticipare ciò che farò emergere attraverso meravigliose linee che trovano riferimento alla "disposizione" a quelle del quadro in osservazione.

    

Illustrazione 4

     

Dunque rivolgendo l'attenzione al gruppo degli sponsali (illustrazione 4) osserviamo, per cominciare, la raffigurazione di S. Giuseppe, l'unico senza calzari. Occorre premettere che per un artista della levatura di Raffaello, ogni opera è occasione autobiografica e così può essere questo capolavoro.
Cosa vuol dire allora che S. Giuseppe è senza calzari? Che Raffaello avrà inteso raffigurarsi in Mosè sul Monte Sinai al cospetto di Dio che gli si manifesta sotto le sembianze del «Roveto Ardente» (Esodo 3,2). E sappiamo che Dio, in forma di fuoco, gli impose di togliersi i calzari, appunto perché la terra del luogo era sacro. Ma dove, nel dipinto in osservazione, la possibile intravisione del «roveto ardente» ?
"Dentro l'opera"! Ovvero cerca il «V.I.T.R.I.O.L.». supponendola improntata all'esoterismo. Ma che vuol dire questo termine, che è ermetico? «Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem (Veram Medicinam)». Visita l'interno della terra e depurando, troverai la pietra occulta, la vera medicina. Si tratta del motto degli alchimisti filosofi.
Altro dettaglio che disorienta:
Osservando da vicino il punto centrale del dipinto, vediamo S. Giuseppe che si appresta a infilare l'anello nuziale nell'anulare della sposa Maria. Nulla di tanto strano, ma la cosa che non va è che si tratta dell'anulare della mano destra della Vergine Maria! L'unica possibile spiegazione è che il dipinto sia un'immagine riflessa in uno specchio. Di qui tante conseguenti concezioni da poter fare. Come quella connessa con le cose della riflessione, per esempio, relative ad un processo interiore disposto per la trasmutazione personale, di Raffaello naturalmente. Infatti, come farò vedere con la geometria strutturale, è la riflessione che dà luogo a delle meravigliose concezioni grafiche che portano al concetto di deificazione riferentesi al titolo di copertina, in piena assonanza alla parola evangelica di Gesù quando afferma:

«Io ho detto: Voi siete déi»
(Giov 10,34).

Ed ancora:
Si notino i piedi nudi di S. Giuseppe (ovvero di Raffaello Sanzio stesso)? Ora si provi questa postura in pratica per capire che è anomala al punto da considerarsi difficile da assumere. La possibile spiegazione è che Raffaello, così facendo, ha voluto creare ("forzatamente") attraverso sé stesso una occulta "base" con lati ad angolo retto: di qui, essendo i due lati retti fra loro uguali (i piedi lo sono) nulla da obiettare che si tratti, occultamente, di un quadrato. Ed è come immaginare il processo e lo scopo finale dell'opera in Raffaello:

«La pietra scartata dai costruttori
è diventata testata d'angolo;
ecco l'opera del Signore;
una meraviglia ai nostri occhi»
(Sal 117 [118], 22-23)

secondo il Cristianesimo, appunto. Sensazionale no? Non sembra un interessantissimo preambolo da Codice da Vinci? Come a rilevare in "Sposalizio della V." un retroscena esoterico che non pochi studiosi d'arte hanno tentato invano di scoprire. Perciò quest'opera singolare, con tutta probabilità, adombra occultamente un reale "matrimonio ermetico" sperimentato o intrapreso dall'iniziato ai lavori ermetici in Raffaello.
Ma non finiscono qui le perplessità...
Per esempio sul giovanotto sulla destra, accanto a S. Giuseppe, che sta spezzando la sua "verga": tutti i critici d'arte hanno convenuto che si tratta di un rituale ripreso da una leggenda medievale per far vedere, con questo gesto, la rinuncia di pretese matrimoniali. Nulla da obiettare, ma è un evidente "meme", si direbbe oggi, per "vestire" un certo virus ermetico (nell'ermetismo si procede per "meme" a iosa). Come la postura dei piedi nudi di S. Giuseppe, ovvero Raffaello, è un altro evidente "meme" come ho dimostrato prima. Ma se si ha il fiuto di segugio, si direbbe che quel tale non dimostra niente sulla presunta rinuncia di pretese matrimoniali.
Non è una prova valida. Perché? Perché si tratta di un tentativo di "piegare" e non di "spezzare" quel bastone. E c'è di più a complicare le cose, il fatto quasi scontato che quel bastone, piegato a quel modo, effettivamente si deve spezzare! L'angolo di flessione è molto pronunciato per far rientrare la cosa in un'accettabile freccia d'inflessione del piccolo travicello legnoso, osserverebbe l'ingegnere addottorato nella scienza delle costruzioni. Secondo questi la sollecitazione di flessione che ne deriva è ben oltre quella di rottura.
Dunque nulla da obiettare se Raffaello insapora l'opera sua dello "Sposalizio della V." in modo a lui congeniale, raffigurandosi in quel bel giovane intento a piegare gli "EVENTI" in quella verga. Ma tutte le altre cose sopra rilevate, non sono tanti altri modi di "piegare gli eventi" ad opera di Raffaello?
E l'arte delle madonne, come quella del "Granduca", dunque? Il modo principe di Raffaello di tentare di "piegare" la Natura con la sua stessa Natura nella sua sfolgorante bellezza terrena. Niente travisamenti, artefazioni. La bellezza terrena come antidoto alle manipolazioni occulte della Natura.
Scrive infatti Raffaello:

«il pittore ha l'obbligo di fare le cose non come le fa la natura, ma come ella le dovrebbe fare».

Ed ancora:

«Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l'ordine ne è una indispensabile condizione. Disposizioni quali la planimetria di una città o di un edificio, un insieme di utensili, un'esposizione di mercanzia, la manifestazione verbale di fatti o di idee, ovvero quali un dipinto o un brano musicale, sono disposizioni dette tutte ordinate quando sia possibile a chi le osservi o le ascolti per coglierne la struttura generale ed anche il diramarsi di essa in una certa articolazione di dettaglio. L'ordine consente di concentrar l'attenzione su quanto si assomiglia e quanto è, invece, dissimile; su quanto vicendevolmente si corrisponde o è, invece, segregato in sé.»

Ma le due frasi si rivelano contraddittorie fra loro. Nella prima il pittore si erge come "maestro" sulla natura, ma è vero anche che se questa non si disponesse in modo "ordinato" in tutte le sue concezioni, non avrebbe la possibilità di replicarsi senza correre il rischio di catastrofiche conseguenze genetiche. Cosa che non è, salvo eccezioni. Dunque le "disposizioni", cui si riferisce Raffaello nella seconda frase, che egli raccomanda di osservare – mettiamo in "Sposalizio della V." –, non può che sottintendere il fatto che l'osservatore le ravvisi, altrimenti non avrà modo di penetrare l'arcano ivi riposto in conformità al suo "obbligo" di artista "maestro" della natura.

IL ROVERETO ARDENTE

Poche parole sul "roveto ardente" di biblica memoria che fa coppia ai discussi piedi nudi di S. Giuseppe, alias Raffaello Sanzio, come ho anticipato sopra. Quel tanto che basta per introdurre il lettore "dentro l'opera" attraverso la geometria che in "Sposalizio della V." si dimostrerà divina, giusto come riteneva l'opera di Raffaello il Vasari e come anticipato dal titolo di questo saggio.

    

Illustrazione 5

    

Ma non è una mia novità aver ravvisato questo "roveto" che Raffaello traduce in concezione geometrica. Solo che pur intravedendo questa forma geometrica nessuno vi ha dato una spiegazione esoterica. Tutti hanno apprezzato il collegamento del tempietto sullo sfondo con il folto gruppo dei convenuti al matrimonio della Vergine, con l'armoniosa pavimentazione a raggiera che al centro confluisce formando un preciso triangolo equilatero (illustrazione 5). Ho posto per base di questo triangolo la linea che passa appena sotto l'anello nuziale e precisamente per il polso di S. Giuseppe, perché è attraverso di esso che confluisce tutta l'energia del fuoco leonino dell'artista Raffaello una sola cosa con l'Arte stessa. Ma poi vedremo che questa base in termini esoterici trova sostegno inequivocabile attraverso la geometria.
Resta ora da porre in evidenza in che modo Raffaello abbia posto in risalto la solarità di cui si è avvalso per ottenere il successo che sappiamo. Il quadro è improntato al Cristianesimo perciò vale la parabola evangelica del sale e del lucerniere sul moggio da porre in stretta relazione al lucernino della cupola del tempietto che è appena indicato invece di apparire per intero come si conviene (dunque è una "disposizione" dissonante che Raffaello raccomanda di osservare:

«...L'ordine consente di concentrar l'attenzione su quanto si assomiglia e quanto è, invece, dissimile; su quanto vicendevolmente si corrisponde o è, invece, segregato in sé.»)

,si riesce a capire ogni cosa sulla solarità da sapere. Il sole, perciò, è presumibilmente la cupola stessa ed è nera perché allusiva alla prima operazione alchemica, detta appunto Nigredo. Naturalmente, essendo un'operazione occulta e al nero, la luce, quella del lucernino del tempietto, non si può vedere ma solo immaginare. Però se si "entra" nel tempietto (l'invito iniziale "Dentro l'opera") e ci si dispone sotto la cupola in questione, ecco che guardando in alto si ha modo di essere inondati dalla luce del lanternino.
Però, mi preme chiarire che la dissertazione esoterica sul conto di "Sposalizio della V." sin qui esposta, che sembra portare alla concezione della divinità che Raffaello si proponeva di tradurre in opera d'arte, non è dell'esperto in me di simili argomenti. Invece ciò che vale secondo me, ritenendomi qualificato, è tutto l'itinerario relativo dello sviluppo del tema della divinità, che come già detto, sarà tradotto in concezioni della geometria che deve aver praticato il geniale Raffaello Sanzio per strutturare "Sposalizio Della V.". Resta pertanto solo la geometria della quale mi faccio garante, essendo inoppugnabile, poiché in modo traslato, come farò vedere, porta da sola all'idea della divinità che si attua quasi in modo magico, poiché ad un tratto i tre personaggi chiave del quadro in esame, i due sposi ed il sacerdote, da che compaiono col busto appena chinato si portano in posizione eretta. Sono posture decisamente anomale, che si aggiungono alle altre testé rilevate, ma è proprio da qui che verso la fine si delinea la mia geometria della "trasfigurazione" che doveva essere il fine cruciale di Raffaello da tradurre in linee e colore, ma che non riusci a fare. Così come gli allievi di Raffaello completarono l'opera della "trasfigurazione" del loro maestro dopo la sua morte, ora è toccato a me, un certo suo "allievo" del futuro, nemmeno esperto nell'arte pittorica, di concepire in linee geometriche questo evento dell'anima del mondo perché appaia sul "monte" nella sua giusta luce sfolgorante.

Sull'idea della "trasfigurazione", che io ho supposto quale tema principe cui si è accinto Raffaello a tradurre in linee e colori con "Sposalizio della V.", conta rispondere a questa domanda: com'era visto Raffaello Sanzio nel suo tempo?

«… era bello e raffinato – scrive il Vasari – oltre che di grande abilità e colui che sa creare opere simili non va chiamato uomo ma, se possibile, dio mortale…».

E venne la morte di questo "dio mortale", che coincidendo con la sua data di nascita, sembrò cosa inutile perché fu come se rinascesse deificato, appunto. Oppure viene da immaginare che la stessa morte non poté che portarsi via le sole sue spoglie minate al suo petto là dove egli, col suo cuore interiore, il Leone alchemico, aveva lottato fino alla fine.
La morte giudica la vita secondo natura ma arrivando a quella di Raffaello Sanzio, aveva trovato in lui un «ordine nuovo» in seno alla natura sua, perché così si era prefisso sin dalla prima giovinezza durata così poco. Ma era anche eccezionale, smisurato, il fuoco leonino, il suo Zolfo alchemico, che aveva agito in lui.
Michelangelo Buonarroti commentò:

«… un astro nel mondo si era spento per sempre …»

,ma era da considerarsi veramente così? A cominciare dalla "Trasfigurazione", l'opera che egli non aveva potuto completare e che gli fu posta accanto in punto di morte, immaginariamente seguita da tutte le sue opere eseguite in precedenza, non erano altrettanti astri tutt'altro che spenti, fuoco sotto cenere? Soli sfavillanti che attendevano forse quel tragico momento per cominciare ad espandere la loro luce nelle tenebre perché l'accogliessero.
E la fantasia dei contemporanei che sorse dopo la sua morte? Lui che era diventato per il suo garbo, classe, eleganza, amabilità, specie con le donne, un tutto per niente invadente e senza vanagloria, un uomo ideale quasi a rapportarlo alla figura del Cristo!
Racconta il Conte Pandolfo Pico della Mirandola, il sabato santo, all'indomani, alla duchessa Elisabetta Gonzaga, sposa di Guidobaldo da Montefeltro:

«… quando nostro Signore Raffaello spirò, un grande nembo s'addensò sul Vaticano e s'aprirono crepe nelle pareti e in cielo apparvero carri; gli stessi segni della morte di Nostro Signore Gesù Cristo e il Papa, urlando, scappò all'interno più oscuro dei palazzi vaticani…»

e fu così che nacque subito una leggenda: Raffaello morì all'età di 33 anni e non più 37 per uguagliarlo ancora di più a Nostro Signore.
Manca però a tutt'oggi, al mondo intero dell'Arte, la giusta visione degli astri che Raffaello rese splendenti, come suddetto. Manca appunto la sua reale "Trasfigurazione" che lui non poté completare e perciò furono i suoi allievi a farlo, ma non tanto da vivificarla perché i veli del suo tempio si potessero veramente squarciare. E qui si parla ora della sua Grande Opera dell'Arte Regia, quella che è passata inosservata fino ai nostri giorni, ma che sembrava profilarsi attraverso "indizi" abilmente frammischiati negli stupenti e cromatici scenari dei suoi dipinti. Senza contare su

«...l'obbligo di fare le cose non come le fa la natura, ma come ella le dovrebbe fare»

, che egli, come pittore, diceva e quindi doveva assolutamente adempiere per coerenza.
Raffaello assorbì dai diversi suoi maestri, con i quali venne a contatto, quel che occorreva per celare ad arte i suoi intimi segreti legati all'Opera edificatrice del suo Tempio di sé stesso per "porlo", al tempo stabilito, nelle mani di chi riusciva a raccogliere la sua personale "bottiglia del naufrago", il suo "Mosé" neonato sul Nilo. E Mosé, come si vedrà, è veramente il personaggio in cui egli si cela per un esemplare matrimonio ermetico, quello dell'opera giovanile lo "Sposalizio della V.", del quale il tema, come già detto, doveva essere tutto predisposto, nel futuro da venire, per "trasfigurazione" divina di Raffaello Sanzio.

LA MATERIA DELL'OPERA - PRIMA FASE DELL'OPERA

        

Illustrazione 6

    

Si capisce subito che la "materia dell'opera" per un qualsiasi artista della pittura è l'opera stessa, la tavola, la tela o il muro da affrescare. Perciò, stimando una cosa seria l'alchimia, questi generi di supporti su cui viene dipinta l'opera – mettiamo – da un artista profano, diventano per certi versi opere d'alchimia. Ma in questo modo potrebbero stimarsi alchemiche tutte le opere dell'uomo.
Tuttavia si è ben lungi dall'Alchimia con l'arte concepita senza l'indispensabile partecipazione attiva dei tre elementi costitutivi dell'uomo, spirito anima e corpo, cosa che nel caso Raffaello Sanzio, come già supposto, è sembrato possibile. Insomma Raffaello doveva conoscere molto bene le cose d'alchimia, sulla scorta dell'indagine pittorica fin qui da me disposta.
Con questo capitolo farò vedere come Raffaello ha concepito l'impronta ermetica in "Sposalizio della V.", mettendoci sulla strada a lui congeniale, la geometria.
Per prima cosa, dovendo procedere alla disamina della pala di Raffaello in questione sotto il profilo della geometria, mi sono accinto ad verificare il lato dimensionale della tavola su cui è riportato la pittura. Dico subito che sarebbe stato l'ideale avere sottomano l'opera in questione che è invece ben custodita alla pinacoteca di Brera.
Dal web per la maggior parte si rileva che le sue misure dichiarate sono di 117 x 170 cm. Ho immaginato che si riferiscono alla parte visibile mentre la pala avrebbe un contorno in più di 2 cm. per l'alloggio nella cornice con la quale è esposta a Brera, tant'è che in altri casi di esposizioni sul web, le misure sono invece 121 x 174.
Però avendo esaminato gran parte delle foto, sia del web e sia altre rilevate dall'enciclopedia Treccani libri e dalla rivista Art e Dossier, in buona scala dimensionale, è risultato che il rapporto della base con l'altezza è diverso da quello derivante dalle suddette misure. Non è grande la differenza, ma è tale da impedirmi di avere certezze su cui impostare una serie di ipotesi di geometria strutturale cui ricorrevano ritualmente gli artisti del Rinascimento.
Volendo comunque procedere ho dato credito più alle dimensioni derivanti dalle foto che non alle suddette misure, immaginando che la misura al netto della pala di "Sposalizio della V." possa essere 117 x 173 o anche 115 x 170.
A questo punto si hanno abbastanza elementi strutturali per confrontarli con il grafico da me concepito nel saggio sopra menzionato, "La geometria astronomica in Sposalizio della V."
Ma è una cosa già fatta e con successo per avere la certezza che Raffaello si sia servito dell'analemma vitruviano per dimensionare la sua pala (illustrazione 6).

SECONDA FASE DELL'OPERA

   

Illustrazione 7

  

Finalmente ora si va avanti speditamente introducendo la novità su come poté iniziare i lavori Raffaello (che ipotizzo impostati sull'esoterismo) nel concepire velatamente la Materia dell'opera ermetica. Raffaello, attratto fortemente dalle concezioni di Leonardo da Vinci, pensò bene di partire dall'Uomo Vitruviano (illustrazione 7) di questi disponendo la Materia della sua opera con un quadrato di altezza pari a quella della pala di 173 o 170 che, forse, si riferiva alla sua statura fisica.
E, naturalmente, sorge subito la domanda di com'è che dal quadrato si passa poi al rettangolo arrotondato a semicerchio superiormente? Ma perché partendo proprio da questo quadrato si delinea il processo di trasmutazione e con essi il concretizzarsi delle supposte "nozze alchemiche". Ricorrendo ad un artificio geometrico si possono avvicinare gradualmente i due sposi, Maria e Giuseppe.

      

Illustrazione 8

   

Dall'illustrazione 8 si capisce chiaramente come questo può avvenire. Visto in elevazione la retta tratteggiata X1X2 è il quadrato suddetto che ruotando di un angolo definito e visto di fronte, si vede come se fosse rimpicciolito con i nuovi punti sull'asse di mezzeria con centro 0 in X'1X'2.
Questi punti, che si sono portati verso il centro, danno appunto l'idea dell'avvicinarsi dei due sposi, Maria e Giuseppe. Vedremo poi come si può conciliare il ricorso obbligato all'arrotondamento superiore della pala con il rettangolo derivato dall'inclinazione del quadrato dell'uomo vitruviano di Leonardo.

 

TERZA FASE DELL'OPERA

    

Illustrazione 9

      

Ed ora si comincia a delineare la meravigliosa geometria di Raffaello con la quale le due concezioni ermetiche del suo sole e fuoco, idealmente rappresentate col cerchio e triangolo equilatero (entrambe in rosso) che non sono stati disegnati a caso come si vedrà.
Si è visto che dal quadrato dell'uomo vitruviano si passa al rettangolo della pala, ovvero dal cerchio si passa l'ellisse che vi corrispondono secondo l'illustrazione 9. La prima cosa che viene chiarita è che l'ellisse trova buon riferimento alla suddetta necessità di eseguire l'arrotondamento superiore del quadro. Subito dopo si scoprono due cose stupefacenti che permettono al cerchio e il triangolo suddetti (in rosso) di armonizzarsi con l'ellisse e quindi con la pala nel suo complesso.
Prima cosa: si punta col compasso in X'2 e con apertura X'2 C1 si traccia un arco fino all'asse verticale mediano nel punto F1 e vediamo che quest'intersecazione coincide con due cose, il centro del cerchio in rosso ed il punto focale dell'ellisse.
Seconda cosa: si punta il compasso in A1 del rettangolo della pala A1B1C1D1 e con apertura A1Y2, la metà della base A1B1, si traccia un arco fino a intersecare il lato verticale A1D1 in M1. Si traccia poi la parallela M1N1 alla base A1B1 e riscontriamo che essa coincide con la base MN del triangolo equilatero MNL (in rosso). Ed ora si passa alle fase successive per scoprire altre due cose meravigliose, l'apparizione dell'esagramma e pentagramma, due emblemi cari al Cristianesimo ma anche all'ermetismo.

QUARTA FASE DELL'OPERA

   

Illustrazione 10

  

Riferendoci all'illustrazione 10 si comincia a tracciare l'esagramma sul cerchio relativo al quadrato ABCD. Per fare questo basta segnare con un archetto di raggio pari a quello del cerchio, i quattro punti E,F,G e H che non si conoscono, puntando il compasso prima in Y1 e poi in Y2. Fatto questo si disegna l'esagramma relativo al cerchio e poi la figura corrispondente sull'ellisse utilizzando in punti di intersezione E1,F1, G1 e H1 di questa.
Ecco che si scoprono le due cose meravigliose suddette. Il segmento dell'esagramma E1F1 risulta tangente al cerchio con centro F1 (in rosso) ed il segmento opposto G1H1 risulta tangente al cerchio circoscritto al triangolo equilatero MNL (in rosso).
E qui viene da riflettere sul contenuto emblematico che riguarda l'esagramma. Se la pala è intonata alla Stella di David, per sancire che si tratta dell'armonia divina in atto, tale da far nascere, dal matrimonio di Maria e Giuseppe, Gesù il Figlio di Dio appunto, deve per forza essere anche intonata al pentagramma, emblema dell'uomo che sancisce che Gesù è anche il figlio dell'uomo. Infatti con la rappresentazione grafica del pentagramma che seguirà sembra concordare ogni cosa detta.

    

QUINTA FASE DELL'OPERA

    

Illustrazione 11

      

Ci si riferisce all'illustrazione 11. La prima cosa è identificare sul cerchio relativo al quadrato ABCD il pentagramma ricercato. Si segue il metodo seguito a scuola di disegno nel modo seguente. Si individua il punto S tracciando la diagonale DY2 del semiquadrato AY2Y1D poi, puntandovi il compasso con apertura SY2, si traccia un arco fino a intersecare l'asse mediano orizzontale in T. Di qui puntando il compasso in Y2 con apertura Y2T si traccia un altro arco fino a intersecare il cerchio, relativo al pentagramma da trovare, in N2. Il resto è facile ricorrendo al compasso con la stessa apertura precedente Y2T o Y2N2 per eseguire dei piccoli archetti sul lato opposto in M2 e successivamente in U1 e e V1 col puntale del compasso in M2 ed N2.
Anche in questa quinta fase ci sono le belle sorprese perché il nostro pentagramma trova due coincidenze. Il suo segmento M1N1 con la base del triangolo equilatero MNL (in rosso) e la doppia tangenza dei segmenti UN1 e VM1 con il cerchio con centro F1 (in rosso).
A questo punto sorge nell'osservatore la perplessità nel non accettare la rappresentazione del pentagramma in modo capovolto che tanto si accosta all'emblema del maligno, Satana.
Ma occorre riflettere per capire che la rappresentazione è più che coerente per porre in mostra una meravigliosa armonia fra le due figure e per traslazione il "Figlio di Dio" ed il "figlio dell'uomo" in Gesù Cristo. Sono i due divini che si compiacciono fra loro guardandosi come immagini riflesse in uno stagno: di qui la concezione del Cielo e della Terra. Diversamente, vedendo i due ideogrammi staccati, ossia di un mondo diviso in sé, veramente il pentagramma capovolto si riferisce a Satana.

SESTA FASE DELL'OPERA

E qui, ora si entra nelle cose del regno di Dio, perché ciò che non è possibile all'uomo «...è possibile a Dio». Ricordate la questione evangelica del «cammello» e della «cruna d'ago» relativa al giovane ricco che cercava la perfezione? Ma gli fu di impedimento la rinuncia dei suoi beni che non riusciva ad attuare (Mt 19,16-26; Mc 10,17-27; Lc 10,18-27). Può dunque la matematica, e per essa la fedele geometria, non esservi conforme in qualche modo? E se non in chi serve fedelmente Iddio in nome del Padre, del figlio e dello Spirito santo, il sacerdote che Raffaello ritrae nella postura, che vediamo in "Sposalizio della V.", quale segno di sottomissione?
Dunque, trattandosi delle cose riservate a Dio, nulla che scandalizzi pensare che esse si attuano al tempo debito, in un futuro in cui il giusto frutto è maturo per dar luogo alla perfezione, nel caso di Raffaello, della sua agognata "trasfigurazione" davanti ai suoi simili.
E qui Iddio si serve del frutto della "scienza del bene e del male", che solo lui può cogliere, per sbaragliare gli increduli.
Nella fisica ottica tutti i raggi, passanti per uno dei fuochi di un ellisse, riflettendosi entro di esso convergono all'altro fuoco per poi ripetersi nello stesso analogo modo il transito verso il primo fuoco e così via indefinitivamente all'infinito per approssimarsi sempre più a coincidere con l'asse passante per i due fuochi.

        

Illustrazione 12

  

Nel caso dell'illustrazione 12 si tratta del raggio Z1Z2 che passa per il fuoco F2 e che trova simmetria con il contrapposto raggio Z1' Z2'. Fatto è che l'asse QQ1, passante lungo il tronco-testa superiore del sacerdote, risulta parallelo al raggio Z1Z2 suddetto e questo per effetto "induttivo" del potere riposto in questi vi si adegua facendo suo il potere di orientarsi sulla verticale se pur con approssimazione.
Naturalmente altri raggi passano per il fuoco F2 per poi disporsi dopo infiniti riflettersi nel cavo dell'ellisse, e fra questi vi sono quelli che risultano paralleli alle verghe di S. Giuseppe e dei suoi amici dietro di lui. Dunque anche queste verghe, saranno oggetto dell'influsso induttivo dei raggi paralleli.
Ora sulla base del fatto che è indefinito nel tempo il fenomeno di riflessione testè descritto, viene da concepire in che modo si concretizza l'immortalità, nel nostro caso, propria di un uomo destinato appunto alla divinità assicurato nel Vangelo di Giovanni 10,34, come già detto.
Mancava a tutt'oggi ‒ ho detto nel capitolo iniziale ‒, al mondo intero dell'Arte, la giusta visione degli astri che Raffaello rese splendenti, come suddetto. Mancava appunto la sua reale "Trasfigurazione" che lui non poté completare e perciò dispose la sua personale "bottiglia del naufrago", il suo "Mosé" neonato sul Nilo, attraverso un emblematico Giuseppe sposo di Maria, in cui egli stesso vi si raffigura, e la affidò al fiume del tempo.
Oggi io lo raccolta e da buon "geometra" ho avuto modo di adempiere le intime "scritture" pittoriche del maestro di Urbino, Raffaello Sanzio.
Raffaello ha avuto una grande fede e questo ha permesso alla sua mano di congegnare la "disposizione" di "Sposalizio della Vergine" facendo da maestro alla Natura, ma con "sottomissione". Ed è questo che gli è valso la sua esaltazione e immortalità.

NOTE

•1) Dal "Trattato della pittura" di Leonardo da Vinci:
Precetti del pittore
«Quello non sarà universale che non ama egualmente tutte le cose che si contengono nella pittura; come se uno non gli piace i paesi, esso stima quelli esser cosa di breve e semplice investigazione, come disse il nostro Botticella, che tale studio era vano, perché col solo gettare di una spugna piena di diversi colori in un muro, essa lascia in esso muro una macchia, dove si vede un bel paese. Egli è ben vero che in tale macchia si vedono varie invenzioni di ciò che l'uomo vuole cercare in quella, cioè teste d'uomini, diversi animali, battaglie, scogli, mari, nuvoli e boschi ed altre simili cose; e fa come il suono delle campane, nelle quali si può intendere quel dire quel che a te pare. Ma ancora ch'esse macchie ti dieno invenzione, esse non t'insegnano finire nessun particolare. E questo tal pittore fece tristissimi paesi. ...».
Modo d'aumentare e destare l'ingegno a varie invenzioni
«Non resterò di mettere fra questi precetti una nuova invenzione di speculazione, la quale, benché paia piccola e quasi degna di riso, nondimeno è di grande utilità a destare l'ingegno a varie invenzioni. E questa è se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o in pietre di vari misti. Se avrai a invenzionare qualche sito, potrai lì vedere similitudini di diversi paesi, ornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure grandi, valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverso battaglie ed atti pronti di figure strane, arie di volti ed abiti ed infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e buona forma; che interviene in simili muri e misti, come del suono delle campane, che ne' loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabolo che tu t'immaginerai. Non isprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda che non ti sia grave il fermarti alcuna volta a vedere nelle macchie, de' muri, o nella cenere del fuoco, o nuvoli o fanghi, od altri simili luoghi, ne' quali, se ben saranno da te considerati, tu troverai invenzioni mirabilissime, che destano l'ingegno del pittore a nuove invenzioni sì di componimenti di battaglie, d'animali e d'uomini, come di vari componimenti di paesi e di cose mostruose, come di diavoli e simili cose, perché saranno causa di farti onore; perché nelle cose confuse l'ingegno si desta a nuove invenzioni. Ma fa prima di sapere ben fare tutto le membra di quelle cose che vuoi figurare, così le membra degli animali come le membra de' paesi, cioè sassi, piante e simili ...».

               

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