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Raffaello Sanzio - Geometria Astronomica in Sposalizio della Vergine

a cura di Gaetano Barbella

     

L'ORDINE NELLE OPERE DI RAFFAELLO

Scrive Raffaello: «il pittore ha l'obbligo di fare le cose non come le fa la natura, ma come ella le dovrebbe fare». Ed ancora: «Qualunque cosa la mente umana si trovi a dover comprendere, l'ordine ne è una indispensabile condizione. Disposizioni quali la planimetria di una città o di un edificio, un insieme di utensili, un'esposizione di mercanzia, la manifestazione verbale di fatti o di idee, ovvero quali un dipinto o un brano musicale, sono disposizioni dette tutte ordinate quando sia possibile a chi le osservi o le ascolti per coglierne la struttura generale ed anche il diramarsi di essa in una certa articolazione di dettaglio. L'ordine consente di concentrar l'attenzione su quanto si assomiglia e quanto è, invece, dissimile; su quanto vicendevolmente si corrisponde o è, invece, segregato in sé.».
Detto questo, col presente saggio, non mi pongo subito la questione di capire come Raffaello intenda l'"ordine" con il quale egli si prefigge di correggere la natura, attraverso le sue opere pittoriche ed altro. Ma seguendo le relative possibili "disposizioni" cui egli si è attenuto in virtù di quanto egli stesso assicura di fare di proposito, mi preme mettere a fuoco non poche avvisaglie anomale che mi è parso di riscontrare in una sua opera in particolare, "Sposalizio della Vergine". Una volta riscontrato con assoluta certezza tale sua "disposizione" in tutti i possibili dettagli e implicazioni, mi dispongo a procedere per intenderne la possibile ragione che ha mosso Raffaello, di certo per far da maestro alla natura come egli, da buon artista della pittura, si "obbliga" di fare.
In questa ottica dunque, nulla di strano che Raffaello abbia manipolato a bella posta la visione reale delle cose di "Sposalizio della V.", visto che in questa sede si concentra la mia attenzione. Un'opera che, secondo me, non è stata veramente svelata, proprio perché l'autore deve avere "disposto" ad arte i dettami suddetti. Da buon iniziato, a lui premeva che fossero celati nel tempo perché maturasse in modo occulto la sua personale didattica sulla natura che solo in tal modo è in grado di "accettare" gli ammaestramenti dagli uomini disposti a far loro da maestri. E non meraviglia che la natura arrivi anche a tale previdenza per salvaguardare il processo di generazione che potrebbe subire deviazioni incontrollate, a causa di possibili imprevisioni del progetto creativo degli albori della creazione. Ma è così anche per i tanti iniziati alle arti occulte, operanti nel tempo in tanti modi per il bene dell'umanità. Ecco una visione razionale di un procedere evolutivo in cui l'uomo svolge una duplice funzione: quella di "studente" che impara e si sviluppa e l'altra di "maestro" che insegna.
Onde la Vergine che si unisce al suo sposo Giuseppe in "Sposalizio della V.", ovvero al maestro d'Arte in Raffaello è la Natura stessa che si dispone alla trasmutazione, quasi predisposta con impercettibile alchimia attraverso modificazioni strutturali che poco o niente sembrano differire dalla esatta disposizione geometrica secondo la perfezione. Si tratta come si vedrà di rappresentazioni geometriche che Raffaello tenta e con successo, di "sposare" fra loro con una sola immagine pittorica. Ed è qui la vera maestria del divino Raffaello, appunto.
Entrando ora nel vivo di "Sposalizio della V.", il tema è in che modo abbia potuto inserire in tale contesto, ciò che ho supposto in anteprima col titolo di questo saggio, una inconsueta geometria astronomica. È davvero un'impresa fuori dai canoni introdurre il concetto dell'astronomia in un tema pittorico ed in particolare in quello di "Sposalizio della V." e se Raffaello veramente lo ha fatto è davvero mirabile. Come a voler stigmatizzare quest'opera con lo stesso «fulgore» che percosse la mente del sommo poeta Dante facendogli concludere la sua Commedia con «l'amor che move il sole e l'altre stelle». In materia d'arte questa concezione riferita all'astronomia ha trovato sostegno in un'opera architettonica di notevole pregio, Castel Del Monte che, secondo taluni, fu fatto erigere dall'imperatore Federico II di Svevia su ispirazione dei Templari.

  

Castel Del Monte. Sezione trasversale del castello. La linea dei raggi solari durante l'equinozio, pone in ombra tutto il cortile interno del castello.

    

Infatti le proporzioni di questo castello, secondo studiosi degni di stima, sono state disposte in modo da fungere da segna tempo facendo capo alla teoria vitruviana dell'analemma dello gnomone.
La gnomonica è lo studio delle ombre proiettate da un bastone conficcato in terra, ombre che consentono di stabilire le ore del giorno, i giorni dell'anno, la latitudine del luogo, la forma e la grandezza della Terra. L'architetto romano Vitruvio, vissuto al tempo dell'imperatore Augusto, per la realizzazione dei suoi analemmi (sono i diagrammi dalla caratteristica forma a "8", che mettono in relazione il giorno dell'anno, la declinazione del Sole, cioè la sua distanza angolare dall'equatore celeste, e l'equazione del tempo) adottava nella zona di Roma il rapporto 8/9 come latitudine e l'angolo di 24° come inclinazione dell'eclittica, in quanto tale misura divide il cerchio mediano in pentadecagono (360°/24° = 15).
Nella figura sopra: la linea dell'equinozio è la diagonale del triangolo rettangolo formato dallo gnomone, l'altezza del castello, pari a 9 e dalla base, il cortile interno del castello, pari a 8; mentre l'angolo di 24°, che in questo caso è diverso da questo angolo essendo la latitudine locale diversa da quella di Roma della teoria di Vitruvio, è pertanto quello relativo compreso dalle semirette dell'equinozio e il solstizio invernale da un lato e il solstizio d'estate dal lato opposto. Chiusa, per il momento, la parentesi sull'analemma dello gnomone vitruviano e riprendendo la discussione su "Sposalizio della V.", ci si rende conto che questa opera è composta di due parti distinte di cui quella superiore si presenta come "distaccata" dal gruppo dello sposalizio in basso.
Ed è questa parte superiore che sarà oggetto di discussione del presente scritto, rimandando ad un successivo saggio la trattazione dell'altra parte suddetta.
Si tratta di un tempietto garbatamente architettato, che sembra troneggiare, ma con moderazione. Tutti concordano nel paragonarlo al tempietto di S. Pietro in Montorio a Roma (1502-3) progettato da Donato Bramante. Dunque ecco la costruzione architettonica posta – io dico a bella posta – da Raffaello per fare concentrare l'attenzione dell'osservatore, tanto per cominciare, senza per questo trascurare di fare la stessa cosa al gruppo degli sponsali. Il maestro di Urbino ha disposto le cose in modo che la pala, proporzionata al rettangolo ricavato dall'analemma suddetto, sia in armonia con l'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci del quale si serve per sviluppare lo scenario del gruppo degli sponsali. Ma com'è possibile una tal cosa visto che si tratta di due geometrie diverse (l'uomo disposto in un quadrato che poi si ritroverebbe in un rettangolo)? Eppure farò vedere che Raffaello è stato capace di trovarne la geometria confacente, non solo, ma è andato ben oltre a questa concezione così inconsueta...
Ritornando al tempietto da esaminare, essendo un'opera architettonica nulla deve aver vietato a Raffaello, che mirava a far sbalordire i suoi conterranei, dapprima tutti suoi maestri, di servirsi dei canoni di Vitruvio, di cui Leonardo da Vinci ne fu il proseguitore, ma che dovette trovare Raffaello pronto a trovarne le giustapposizioni in Sposalizio della Vergine, appunto. Ma, come già accennato, anche per il gruppo degli sponsali è di scena ancora Vitruvio con l'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci.

   

UN TEMPIETTO CHE LASCIA PERPLESSI

   

   

La domanda che pongo all'osservatore, ora, è di concentrare l'attenzione su questo tempietto che secondo l'opinione generale dei critici d'arte, Raffaello, nel dipingerlo con queste proporzioni, si è ispirato al tempietto di S. Pietro in Montorio a Roma (1502-3) progettato da Donato Bramante. Infatti così sembra ma fino ad un certo punto perché si ingenerano diverse anomalie in materia dell'invocato "ordine" geometrico di Raffaello stesso in questo caso.
Se il tempietto in osservazione fosse realmente proporzionato come quello suddetto del Bramante che è di 16 colonne, non dovrebbero presentarsi ai due lati i pilastri sul retro. Si sa che in un esadecagono la parte anteriore degli otto spigoli è simmetrica a quella posteriore dei restanti otto spigoli, mentre, a quanto pare non è nel caso in questione.
Non solo, ma in qualsiasi poligono regolare, disposto anteriormente come nella figura in osservazione, il lato di centro frontale è maggiore della proiezione dei due lati accanto, mentre nel tempietto di Sposalizio della Vergine questo lato è appena appena maggiore, ma di pochissimo, di quelli laterali, e questo non basta.
Quindi se non è un poligono di sedici lati la base della pilastratura del tempietto, a ragione dei pilastri laterali del retro che si vedono, dovremo considerare che il poligono è di quindici lati, facendo finta che i pilastri frontali siano disposti in modo conforme. Però resta un serio ostacolo a quest'altra ipotesi, il fatto che il supposto pilastro centrale posteriore si dovrebbe intravedere attraverso la porta centrale illuminata (che lascia intendere la presenza di un'altra nella parte opposta, infatti così è per il tempietto di paragone di S. Pietro in Montorio di Roma).
Ma è vero anche che se Raffaello si è proposto di disegnare la geometria di questo tempietto in modo da far compenetrare diverse sue soluzioni architettoniche – mettiamo della pilastratura in questione –, non poteva che architettarsi così come ha fatto per lasciare intendere due o più concezioni che riguardano l'astronomia come farò vedere.
Non resta che vedere la cosa con riga e compasso e rendercene conto con delle certezze geometriche che si mostrano evidenti con la figura che segue.

    

     

Ci voleva proprio, disegnare le ipotesi testé fatte a lume di naso e occhio, per convincerci sulle ipotesi fatte che vede fondata la "disposizione" dei pilastri tutta orientata per il pentadecagono e immaginare che a causa di una certa "ombra", di cui fra poco se ne parlerà, non ci si accorge del pilastro numero 1 della figura sopra. Come si vede tutto è ben disposto eccetto le due coppie di pilastri (in rosso) 6, 7 e 10,11, ma così come sono poste (irregolarmente) non destano turbamenti, infatti mai alcun critico d'arte, ch'io sappia, lo ha rilevato.
Vedremo poi perché quest'anomalia. Intanto ci si pone immediatamente il perché del pentadecagono e non l'esadecagono del tempietto di paragone del Bramante. Con l'esadecagono si poteva pensare alla simbologia della stella di Davide che vi può derivare, mentre con il pentadecagono è il pentagramma a far da simbolo relativo. Questo può pure andare, ma nel rendermi conto di questo pentadecagono ho subito pensato all'analemma Di Vitruvio che sfrutta le ombre dello gnomone illuminato dal sole per stabilire le variabili del tempo durante l'anno. Di qui la possibilità che Raffaello, attraverso l'ombra di uno gnomone – poi vedremo quale –, ha cercato di proporzionale la sua tavola su cui poi ha dipinto "Sposalizio della V.". In merito alla questione dell'esadecagono e pentagramma poc'anzi sfiorata, è sta stimarsi come anticipazione di relative geometrie che svilupperò nel saggio successivo a questo su "Sposalizio della V.".

   

    

Riprendendo il tema sullo gnomone vitruviano da sviluppare, sempre con riga e compasso, mi sono accinto a concepire la base di partenza per stabilire che gnomone disporre sul quadro di Sposalizio della Vergine e subito ho pensato che potesse essere ciò che resta dell'unità (immaginando l'altezza della pala pari a 1) se si detrae la relativa sezione aurea. Ora guardando la figura sopra ho fatto queste operazioni per giungere alla rappresentazione della sezione aurea. Si tracciano le diagonali della tavola di "Sposalizio della V." che è il rettangolo ABCD. Rintracciato il centro O si tracciano poi gli assi mediani FG e GH, poi col compasso puntato sul centro A e con apertura AG si segna un arco fino al punto I sulla base AB. Indi si congiunge I con D e si traccia un successivo arco con centro in I e con la stessa apertura precedente, fino ad incontrare l'ipotenusa ID nel punto M. Puntando poi il compasso in D con apertura DM, si esegue l'arco fino ad intersecare il lato verticale Ad del quadro in N. Ecco che DN è la sezione aurea di AD ricercata. Dopodiché lo gnomone, come ho stabilito in precedenza, è il segmento NA che per comodità didattica preferisco considerarlo mediano, ossia il segmento PF.
Procediamo poi per la determinazione del raggio equinoziale che, secondo Vitruvio, interseca la base relativa all'ombra prodotta dallo gnomone in un punto che è distante dalla base dello gnomone di un'entità numerica dettata dal rapporto di 8/9 valevole per Roma però. Ma il tempietto in osservazione è stato immaginato all'insegna di quello di S. Pietro in Montorio che è di Roma, quindi il rapporto anzidetto di 8/9 va più che bene.
E qui la sorpresa nel vedere che l'ombra relativa alla fase equinoziale corrisponde esattamente al limite estremo B del quadro in esame. Resta ora da completare l'opera intrapresa e disegnare di seguito l'analemma sul quadro di "Sposalizio della V." per perfezionare lo studio che porta all'ipotesi di partenza che vede l'astronomia in perfetta armonia con quest'opera di Raffaello in osservazione.
Ora vorrei far riflettere sulla portata dell'idea vitruviana suddetta nel contesto di uno speciale sposalizio. Quale migliore, e addirittura meravigliosa concezione, di servirsi di un segno equinoziale della portata astronomica! Al cospetto di questa prospettiva raffaellesca non sto nella pelle e debbo convenire col Vasari quando dice di Raffaello queste parole: «... era bello e raffinato oltre che di grande abilità e colui che sa creare opere simili non va chiamato uomo ma, se possibile, dio mortale...».

    

    

Completato il grafico che si vede sopra in figura, con piacevole sorpresa si aggiungono altre due interessanti coincidenze. La prima completa l'individuazione del quadro di Raffaello col punto H dell'asse mediano orizzontale grazie alla proiezione del punto Z comune all'orizzonte dell'analemma con l'asse del cerchio vernale (derivato dal solstizio relativo). E così abbiamo la prova (ipotetica) di come abbia "disposto" le sue pennellate Raffaello per proporzionale il suo capolavoro. Resta la seconda coincidenza che, attraverso il punto U sulla base AB del quadro (individuato dal raggio solare del solstizio d'estate), trova relazione con una colonna del tempietto in alto. Si tratta, guarda caso, del pilastro anomalo, insieme a quello accanto, che non si armonizzano, sia con la disposizione della pilastratura secondo un esadecagono (come il tempietto di S. Pietro in Montorio romano), sia con la disposizione secondo un pentadecagono precedentemente analizzato e disegnato.
A questo punto ho immaginato che Raffaello abbia voluto suggerire una terza cosa a perfezionamento del legame del tema della sua opera di "Sposalizio della V." con la realtà temporale attraverso l'astronomia, appunto. E così mi sono accinto a fare un altro disegno per vedere se la disposizione anomala dei pilastri 6,7 e 10,11 in rosso, della figura della pilastratura a forma di pentadecagono precedentemente esposta, dia luogo ad un'altra forma di poligono regolare.

     

    

Infatti, guardando il nuovo disegno, sopra in bella vista, risulta che i quattro pilastri anomali si armonizzano con un tetradecagono. Che vorrebbe significare questa ulteriore "disposizione", dunque? L'unica idea che mi viene da pensare è che si possa riferire a tutto ciò che della realtà temporale immaginata in precedenza e comprovata (restando sempre un'ipotesi, ovviamente) con l'analemma vitruviano attraverso il concetto legato al numero sette. Di qui l'idea della settimana in relazione al tempo, ma anche alla scala dell'armonia musicale, ai colori dell'iride! Per non parlare delle 4 fasi del mese lunare che è di 28 giorni.

         

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