Esistono luoghi dove le
leggende e i racconti
legati ad eventi
paranormali, raggiungono
una tale diffusione ed
intensità da renderli
famosi ed oggetto di
studio da parte di un
gran numero di persone,
siano essi appassionati
o semplici curiosi.
Questi luoghi non
conoscono confini
geografici e culturali,
ogni paese e ogni razza
umana presenta una
propria collocazione
dove gli uomini
raccontano di aver
vissuto esperienze di
tipo paranormale che si
manifestano, a seconda
dei casi, in apparizioni
spettrali, infestazioni,
poltergeist o comunque
in fatti che esulano dal
normale; gli esempi si
sprecano, si pensi a
Borley Rectory in
Inghilterra, alle
innumerevoli leggende di
fantasmi in Italia ed,
inoltre, ogni continente
nessuno escluso, ha i
propri spettri da
raccontare, esibire,
studiare.
È interessante studiare
il fenomeno sotto un
profilo sociale ed
antropologico e per fare
ciò possiamo aiutarci
col coniare la
definizione di “serbatoio
esoterico”,
ossia un luogo,
fisicamente esistente e
geograficamente
individuabile dove, i
fenomeni paranormali
presentano una casistica
al di sopra della norma
sia a livello
quantitativo che
qualitativo.
Stando alla definizione,
la locazione in
questione dovrebbe
essere fisicamente
esistente, cioè non
presentarsi come il
frutto della fantasia ma
avere caratteristiche
tangibili ed avere una
collocazione geografica
ben precisa, in modo da
poter essere visitabile
e raggiungibile mediante
comuni indicazioni
topografiche;
solitamente si tratta di
spazi chiusi come case,
castelli, sotterranei ,
ecc. ma si può anche
parlare di luoghi aperti
come campi, boschi,
terreni teatri di
battaglie, fiumi,
montagne, ecc.
Ma perché proprio in
questi luoghi abbiamo
una così elevata
casistica paranormale?
Per rispondere a questa
domanda possiamo partire
da due approcci diversi
tra di loro che, a prima
vista, potrebbero
sembrare dicotomici:
l’approccio scettico e
quello di coloro che
credono ciecamente
nell’esistenza dei
fenomeni paranormali;
proviamo a basarci su un
esempio semplice e di
cui tutti quanti abbiamo
sentito parlare: in un
dato paese si sente
parlare da generazioni
di una casa la quale si
dice abitata da strane
presenze che si
manifestano in
un’elevata percentuale
di casi e a più persone.
Lo scettico che sente
parlare della “casa
degli spettri” reagirà
con un sorriso ironico
affermando che, le
presenze che abitano la
casa, sono il frutto
della fantasia o delle
burle di qualche
buontempone o sono
niente altro che
farneticazioni di
persone facilmente
suggestionabili. Certo
questa prospettiva è
difficile da scardinare
perché si basa su
postulati razionali, la
logica ci insegna che
determinati fenomeni non
possono essere reali e
non possono esistere e,
quando ci troviamo di
fronte a fatti
inspiegabili, la nostra
mente ha una sorta di
cortocircuito dove il
lato razionale e quello
metafisico sono in
perenne lotta tra di
loro.
Il positivismo asserisce
che tutto ciò che noi
vediamo, sentiamo,
tocchiamo si basa su un
sistema fisico e
matematico il quale
funzione in base a
meccanismi logici, tutto
ciò che non rientra in
questo ambito è per
definizione falso e
quindi non esiste;la
conoscenza e il modo di
vedere il mondo reale
sembrano proprio basati
su questi solidi
postulati.
Ma come avviene la
conoscenza? Kant rispose
a questo interrogativo
dicendo che si conosce
attraverso il potere
unificante
dell’immaginazione e la
sintesi dell’intelletto
che raccoglie
empiricamente le
esperienze
classificandole in tre
categorie: spazio, tempo
e rapporto di causa.
Questo postulato è stato
però contraddetto dalle
recenti scoperte
scientifiche come la
teoria della relatività
che ha scardinato i
principi spazio tempo e
il principio di
indeterminazione di
Heinsemberg secondo il
quale, non possiamo
conoscere la posizione
di una particella in
quanto, quando la
investiamo con un fascio
di luce per cercarla,
essa si sposta.
Se proviamo ad applicare
tale importantissimo
principio alle scienze
sociali, possiamo
affermare che la
conoscenza dipende dalle
condizioni del soggetto
osservante ed è quindi
culturalmente
condizionata cioè è il
soggetto stesso che
configura la realtà: la
natura non è
indeterminata ma
siamo noi che, a causa
dei nostri strumenti
limitati, non siamo in
grado di captarne in
pieno le determinazioni.
Quindi, ragionando in
questi termini siamo
sicuri che l’approccio
scettico sia corretto?
Solo perché un fenomeno
non può essere
nell’immediato visto e
riprodotto significa che
esso non è vero o
plausibile?
Le domande non sono di
facile soluzione ma
Popper, che nel 1934
pubblica “la
logica della ricerca
scientifica”,
ci fornisce se non una
risposta, un’acuta
riflessione affermando
che se la scienza
positivista esclude a
priori che la metafisica
sia razionale, questa è
un’ affermazione
contraddittoria perché è
incontrollabile e quindi
metafisica per
definizione; il filosofo
osserva che “per quanti
cigni bianchi
osserviamo, non saremo
mai sicuri di non
incontrare un cigno
nero” quindi, asserzioni
particolari non possono
portare alla
formulazione di una
legge generale.
Nel caso specifico i
fantasmi, le case c.d.
infestate, analizzate da
un punto di vista
scientifico, sfidano e
contraddicono le leggi
fisiche che fino ad oggi
conosciamo, le persone
morte non possono
interagire in nessun
modo con il nostro mondo
e le energie psichiche,
ammettendo che esistano,
sono talmente deboli da
non poter essere
percepite. Ma ne siamo
sicuri?
Consideriamo ora una
posizione del tutto
opposta: quella di un’
altra persona che crede
nell’esistenza dei
fenomeni paranormali ed
è convinta che, in
quella casa, i fantasmi
esistano e si
manifestano con una
certa regolarità.
Qui il discorso potrebbe
proseguire semplicemente
ribaltando le
affermazioni precedenti
ma rischierebbe di
diventare banale,
occorre quindi fare
molta attenzione.
Nel XIX secolo Sir
Arthur Conan Doyle,
medico e illustre
scrittore creatore di
Sherlock Holmes, a
seguito di un evento
traumatico in cui perse
un proprio caro, si
avvicinò e rimase
coinvolto dallo
spiritismo, teoria (per
alcuni vera e propria
religione), secondo cui
l’aldilà esiste ed è
possibile mettersi in
comunicazione con i
defunti attraverso
persone particolarmente
sensibili dette medium;
Doyle credette talmente
in questa dottrina
esoterica, (a differenza
della sua creatura
letteraria completamente
positivista) da farsi
coinvolgere in truffe e
speculazioni talmente
palesi da essere
imbarazzanti.
Probabilmente la seconda
persona presa in esame,
ha voglia di credere
nella casa dei fantasmi
e quelle strane luci e
quegli strani rumori,
provenienti da quelle
mura, sono sicuramente
riconducibili agli
spiriti,ciò è avvalorato
dalla constatazione che
molte persone dicono di
aver visto e sentito
strane cose e, magari,
in quella casa è
deceduto anche un
bambino di morte
violenta.
Che l’uomo abbia bisogno
di credere è indubbio e
la fede ne è la
dimostrazione più
lampante; il fatto che
stupisce più di tutti è
che l’oggetto stesso
della fede è riferito ad
un’ampia gamma di
manifestazioni siano
esse una religioni o
ideologie.
Fin dalla notte dei
tempi credere è stato un
bisogno primario, in
quanto l’uomo si trova
da sempre immerso in un
ambiente dove esistono
poche certezze e dove si
osservano fenomeni che
non sempre hanno
spiegazione, inoltre la
naturale fine della vita
è un evento biologico
traumatico chiamato
morte, al di là del
quale non si sa di
preciso se e come il
cammino umano prosegua.
Non dimentichiamoci che
ci si trova sempre ad
affrontare una realtà di
tipo mediato dove
giocano un ruolo enorme
le influenze esterne,
soprattutto in un’era
come la nostra dove le
informazioni di
qualsiasi tipo hanno una
rapidissima diffusione e
come determinati
meccanismi, studiati
dalla sociologia
dimostrano le false
piste a cui portano le
leggende metropolitane e
alcune branche della
psicologia, affermano
che si può vivere di
falsi ricordi pur
essendo in piena
buonafede.
In alcuni casi si può
dire che i fenomeni
paranormali sono
amplificati dalla mente
dell’osservatore che,
posta in determinate
condizioni di stress o
di suggestionabilità,va
ad influire sui
parametri obiettivi e
sullo spirito di
osservazione.
I due punti di vista
analizzati, possono
sembrare apparentemente
dicotomici ma in realtà
celano entrambe una
voglia innata e molto
forte di credere o in
una scienza e in una
razionalità onnipotenti,
o in un desiderio
inconscio di osservare
determinati fenomeni.
Resta comunque un punto
fermo e cioè che quel
luogo, dove molte
persone dicono che ci
siano i fantasmi, di cui
scrivono i giornali, di
cui gli studiosi si
appassionano e tentano
di fornire spiegazioni,
esiste e il suo nome è
conosciuto da molti
decenni e da intere
generazioni.
Probabilmente è proprio
una risposta di tipo
sociologico, psicologico
e antropologico che
spiega come mai esistano
luoghi che corrispondono
alla definizione di
serbatoio esoterico e,
abbandonando una
posizione troppo
ancorata a canoni
scientifici e al
contempo anche quella di
pura fede, scopriamo un
approccio corretto al
problema nella persona
che ha l’umiltà di
interessarsi a questi
fenomeni utilizzando una
forma mentis
metodologica e validi
strumenti di indagine.
L’uomo, di qualsiasi
età, cultura e posizione
sociale, sente un
profondo interesse e
richiamo per le
tematiche che sfuggono
ai normali canoni di
comprensione.
Ecco quindi apparire,
nell’immaginario, in
quello che Jung chiamava
“inconscio collettivo”
un luogo dove la nostra
sete, il nostro bisogno
primordiale di venire a
contatto con aspetti
misteriosi ed
inspiegabili della vita,
si concentra in uno
spazio ben definito dove
si concentrano le
leggende e la storia che
gli uomini hanno vissuto
o sentito di quel luogo.
Si crea in questo modo
una sorta di zona
franca, dove ognuno è
libero di sfogare i
propri pensieri su che
cosa sono e cosa
rappresentano quelle
strane voci e in cui
ognuno, a suo modo,
trova conferma che la
realtà che ci circonda,
non è poi così definita
come si crede ed
esistono campi che
esulano dalle conoscenze
comuni dove, la
curiosità dell’uomo e a
sua spiritualità trovano
libero sfogo e le
energie psichiche
liberano i pensieri non
più legati a canoni
scientifici a volte
castranti. Non abbiamo la
presunzione di decidere
se questo sia corretto o
meno ma il brivido che
ci corre lungo la
schiena, quando
osserviamo al buio
quelle mura e sentiamo
quei rumori, ci ripaga
oltremodo più di ogni
teorema; forse è proprio
ciò che il serbatoio
esoterico ci regala: la
libertà di immaginare e
di sognare. |