Nella
presentazione a questa
rubrica avevo parlato di
come si possano
distinguere tre scuole
di pensiero nel mondo
dei fumetti: italiana,
giapponese, americana, e
come ognuna di queste
abbia un suo personale
stile di interpretazione
delle storie a fumetti.
Jonathan Steele è
un'eccezione a questa
regola. Lo si potrebbe
definire un comics
all'italiana, in quanto
la realizzazione
grafica, l'impaginazione
e molto altro sono
tipicamente
riconducibili agli altri
fumetti italiani (Dylan
Dog, Martin Mystere,
ecc.). Ma, a differenza
di questi, in Jonathan
le cose cambiano.
Cambiano nel senso che
le storie seguono un
filone narrativo (o più
filoni) di ampio
respiro, che si snoda
nell'arco di decine di
albi e al quale ogni
storia aggiunge un
frammento
chiarificatore. E
concluso un filone se ne
apre un altro, legato al
precedente, ma anche
abbastanza indipendente.
Ma di cosa parla
Jonathan Steele? Parla
di come sarà la Terra
nel 2020, anche se tutto
è iniziato nel 2011,
quindi tra pochi anni,
quando la magia ha fatto
la sua comparsa, o
meglio la sua
ricomparsa, sulla Terra.
Gli esseri magici
infatti erano stati
costretti ad
abbandonarla molto prima
che la razza umana
cominciasse ad evolvere.
Ora i poteri oscuri sono
tornati violentemente
sulla Terra, arrecando
modificazioni
all'ambiente e ai suoi
abitanti. Dopo un
periodo di iniziale
sconvolgimento, causato
sopratutto dalle
mutazioni fisiche che
alcuni individui
subirono, la situazione
si normalizzo, e gli
uomini impararono a
convivere con la magia,
sfruttandola a loro
vantaggio. Ma
parallelamente alla
magia un'altra forza,
forse ancora più
misteriosa, ha
continuato a seguire il
suo corso nelle vicende
umane: la tecnologia.
Non è infatti troppo
assurdo pensare che tra
una quindicina d'anni
un'automobile possa
essere trasformata
agevolmente in un
piccolo velivolo, o che
ci siano binocoli in
grado di vedere
attraverso i muri, tutte
cose che accadono nelle
avventure del fumetto.
Magia e tecnologia,
dunque. Due forze
spaventose che si
affiancano e si
completano l'una con
l'altra, proprio come i
protagonisti della
storia. Da una parte
Jonathan, soldato di un
esercito mercenario,
agente segreto, spia,
guardia del corpo, ladro
su commissione, insomma
un mercenario con un
forte senso dell'onore e
della lealtà, con una
forza di volontà che è
l'arma migliore nel suo
mestiere, ma piuttosto
scettico nei confronti
dei fenomeni
paranormali, lucido e
calcolatore. Dall'altra
parte Myriam e Jasmine,
una custode di un potere
magico che non riesce a
controllare, ma che le
dà il dominio sul popolo
fatato, l'altra
depositaria di un antico
libro di incantesimi che
si tramanda nella sua
famiglia da generazioni
e che solo lei è in
grado di utilizzare.
Entrambe però non
sufficientemente
preparate a gestire
situazioni ad alta
tensione come invece lo
sono per i fenomeni di
natura mistica. Due
opposti che si
completano a vicenda,
con una sinergia che
permetterà loro di far
fronte a qualsiasi
minaccia, magica e
tecnologica. Ma le
vicende dei personaggi
non sono certo le uniche
a riempire le storie. Vi
è tutto un sottofondo
che appare a tratti e in
modo velato, ma che è
fondamentale come gli
attori in prima linea.
Una misteriosa
congregazione di dei
provenienti da tutte le
culture dei popoli
osserva silenziosa le
vicende di Jonathan, che
è legato a un destino di
cui ancora non conosce
nulla, ma che presto
dovrà scoprire se vorrà
essere all'altezza della
missione che gli è stata
assegnata. Dei della
mitologia greca,
giapponese e celtica,
spiriti degli indigeni e
dei pellerossa,
seguiranno e a volte
interverranno nelle
vicende dei nostri eroi,
guidandoli attraverso un
sentiero che si delinea
man mano che viene
percorso. Un'opera
davvero degna di nota
quella di Federico
Memola, già
sceneggiatore di altre
serie ai confini della
realtà, che con Jonathan
Steele tocca veramente
il suo massimo creativo.
Inoltre le sue storie
sono sicuramente ricche
di messaggi interessanti
e molto attuali. Uno di
questi è sicuramente
quello della
integrazione. A questo
proposito è splendida
una tavola del primo
albo della serie dove
viene mostrata una
strada qualunque di una
grande città del 2020,
in cui ragazze dalla
pelle squamosa
passeggiano accanto a
uomini dalle sembianze
feline, mentre altri
levitano magicamente per
evitare il traffico. Una
società quindi, quella
di Memola, che è
consapevole che una
diversità esteriore non
è affatto segno di un
diverso valore morale.
Nel mondo di Jonathan la
diversità si manifesta
con le orecchie a punta
o con la pelliccia su
tutto il corpo, nel
nostro con il colore
della pelle o con la
forma degli occhi, ma il
concetto è sempre lo
stesso. E non va
dimenticato.
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