Ad
ogni essere umano è
capitato almeno una
volta di guardare in
cielo e porsi la
fatidica domanda: "Ma
siamo davvero soli
nell'universo?". Alla
ricerca di un'altra
forma di vita
intelligente (ponendo
come prima quella umana,
cosa tutt'altro che
scontata) si sono
dedicati molti uomini
per molte generazioni.
Nessuno di quelli che
hanno scrutato
l'universo non ha mai
sperato nemmeno per un
istante di vedere a un
certo punto
materializzarsi davanti
ai suoi occhi una
creatura aliena, a bordo
della sua astronave. La
letteratura, la
cinematografia e l'arte
in generale hanno sin
dalle loro prime forme
dato sfogo e voce a
questa curiosità
connaturata nell'uomo,
molto spesso
esasperandola e facendo
passare per banali
eventi e situazioni che
in realtà non lo sono.
Una delle più grosse
banalità, che solo negli
ultimi anni è stata
finalmente abbandonata,
era quella che gli
alieni venissero da
Marte, da cui il termine
marziani. Qualche anno
fa ho avuto occasione di
leggere qualcosa di
veramente interessante
riguardo a questa
tematica: gli alieni. Si
diceva di come sia
banale la concezione che
gli alieni vengano da
Marte. In "Fathom", lo
sceneggiatore e
disegnatore Michael
Turner porta
l'attenzione su questo
concetto e lo amplifica
al punto da mostrare una
banalità ancor più
grande, e tuttavia più
celata: perché gli
alieni devono venire per
forza dallo spazio? Con
una sapiente operazione
letteraria, l'autore
porta a riflettere sul
significato intrinseco
della parola alieno, che
etimologicamente deriva
dal latino alius - alia
- aliud, cioè "altro,
estraneo, diverso".
Diverso da cosa? Ma
naturalmente dalla
natura intrinseca
dell'osservatore, che è
inevitabilmente un
rappresentante del
genere umano. Ma
torniamo alla domanda:
perché per forza dallo
spazio? Utile risulta,
per spiegare il
rivoluzionario punto di
vista di Turner, citare
le battute iniziali
della sua opera:
"Terra. Strano nome per
un pianeta la cui
superficie è coperta per
più di due terzi da
oceani, laghi e fiumi.
"Acqua" sarebbe stato
più corretto. Le
montagne più alte... le
depressioni più
profonde... la maggior
parte delle specie di
vita... dei pericoli...
e dei misteri... sono
tutti sotto la
superficie. L'uomo ha
sempre avuto foga di
guardare le stelle per
trovare risposte... o
una guida... o il vero
motivo per cui siamo su
questo pianeta... e ha
dimenticato di guardare
nel luogo più ovvio...
sotto i suoi piedi. Nel
mondo sotterraneo."
Già questo basta a far
intuire al lettore che
aprendo il primo albo di
Fathom si trova alle
prese con un'opera
rivoluzionaria e
innovativa. Ma, proprio
per quella sinergia tra
parole e disegni che si
deve realizzare in un
fumetto, solo guardando
la sequenza delle tavole
che ripercorre e integra
quella delle didascalie
ci si rende conto del
valore intrinseco
dell'opera. Questo
tuttavia è solo il primo
di una serie di spunti
interessantissimi che
Turner ci mostra. Sempre
riguardo al tema della
diversità, egli ci
spinge a riflettere su
come questa vada sempre
ricercata all'interno
delle cose e non sulla
loro superficie. Proprio
per questo i
suoi alieni hanno un
aspetto esteriore
assolutamente
assimilabile a quello
della specie umana,
tanto assimilabile che
la protagonista,
ovviamente un'aliena,
vive per circa tredici
anni in mezzo agli umani
senza rendersi conto
della sua vera natura e
senza che altri notino
la differenza. Una razza
aliena che quindi
potrebbe perfettamente
vivere in mezzo a noi.
Altro tema interessante
è quello della
evoluzione.
Evidentemente, per
essere alieni, questi
esseri devono avere
delle caratteristiche
peculiari. Gli alieni di
Turner vivono
nell'acqua. Di più, sono
fatti di acqua, o meglio
ancora sono in grado di
trasformarsi in acqua. E
dall'acqua sono in grado
di sviluppare un'energia
devastante, di molto
superiore a quella delle
armi costruite
dall'uomo. Oltretutto
sono creature
estremamente
intelligenti ed evolute,
tanto da sviluppare una
tecnologia largamente
superiore a quella degli
umani. Inoltre, a
differenza degli umani
che per quanto evoluti
riescono ad essere
alquanto stupidi, essi
hanno capito che i
rapporti con la razza
umana sarebbero
estremamente difficili.
In questo si può
cogliere un'ulteriore
critica di Turner alla
nostra specie. Nel corso
dei secoli l'uomo ha
preso coscienza della
sua evoluzione e si è
convinto, sbagliando, di
occupare il gradino più
alto della scala
filogenetica. Da questa
consapevolezza è
scaturita l'arroganza di
dover dominare su tutto
quello che lo circonda.
La razza degli
acquatici, consapevole
della sua superiorità
evolutiva quanto della
sua inferiorità
numerica, ha deciso
quindi di estraniarsi
dalle faccende degli
umani, limitandosi ad
osservare senza mai
mostrarsi. L'uomo ha
però commesso
l'inconsapevole quanto
imperdonabile errore di
violare e profanare
l'habitat naturale di
queste creature. I test
per gli ordigni nucleari
sono stati la goccia che
ha fatto traboccare il
vaso, soprattutto quando
hanno distrutto una
città sottomarina e
ucciso migliaia di
esseri viventi. Alcuni
sono rimasti dell'avviso
di non intervenire,
cautelandosi in altro
modo, altri hanno deciso
che la superiorità della
loro razza doveva ormai
venire alla luce per
portare al dominio sul
genere umano. Lo scontro
è a questo punto
inevitabile. Nessuno di
noi può sapere se questa
razza di neo-atlantidei
esiste o esisterà mai, e
sicuramente Turner ha
attinto alla sua
fantasia nel creare la
sua opera. Però uno di
quei famosi messaggi di
cui si è detto sopra
sembra proprio essere
questo: qualunque azione
ci accingiamo a
compiere, dobbiamo
sempre pensare che avrà
delle conseguenze su
quanto ci circonda, e
inoltre non possiamo mai
sapere che cosa c'è
nell'ignoto del nostro
pianeta. Una cosa è
certa: per quanti sforzi
facciamo, nel singolo
come nel collettivo, ci
sarà sempre prima o poi
qualcuno che ci
supererà. Giudicarsi al
di sopra di qualsiasi
altra cosa è solo la
manifestazione di una
cieca arroganza che
purtroppo ci portiamo
dentro fin dalle nostre
prime generazioni.
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