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Neon Genesis Evangelion - La via che condurrà l'uomo a Dio
a cura di Filippo Longo

ANALISI INTERPRETAZIONI E COMMENTI

In questa conclusiva parte dell’articolo mi soffermo a considerare alcuni aspetti particolari e specifici presenti in Neon Genesis Evangelion, aspetti che forse potranno sembrare solo collaterali e di scarsa importanza, a volte addirittura forzati, ma che invece denotano come gli autori di questa grandiosa opera abbiano intriso tutta la serie di riferimenti a concetti appartenenti ad altri ambiti della conoscenza umana, come filosofia, letteratura, psicoanalisi, e non si siano semplicemente limitati a creare un racconto mitologico – religioso, né tantomeno strettamente fantascientifico.

Il problema dei due finali e il loro univoco significato

Come avevo già detto nell’introduzione, alla gran parte del pubblico il finale della prima serie (quella televisiva per intenderci, da cui è stata realizzata l’opera cartacea) non era piaciuto. Questo perché nella concezione comune un finale deve tirare le fila della vicenda, concludendola in maniera univoca, e soprattutto chiarire i punti oscuri e gli enigmi della serie, in particolare in un’opera come Neon Genesis Evangelion, nella quale gli enigmi sono la regola della narrazione e non un complemento. L’idea di Hideaki Anno era invece diversa. Infatti volle trascurare quello che era la narrazione degli eventi religioso – fantascientifici (tutte le vicende legate alla venuta degli Angeli e al Third Impact, per intenderci), per dedicarsi completamente, negli ultimi due episodi, all’aspetto psicologico – esistenziale. Era infatti per lui ben più importante mostrare la maturazione interiore dei personaggi principali. A seguito di logiche di mercato, però, fu quasi costretto a riprendere le fila della serie in Death & Rebirth, e a concluderla in modo, diciamo così, classico, in End of Evangelion. Ma a ben guardare Anno si è limitato a rendere esplicito e di più facile comprensione tutto quello che era già stato presentato nella serie, anche se in modo molto più ermetico e accessibile solo ad un attento analizzatore. Ma andiamo con ordine. Fulcro di tutto sono il famigerato Third Impact, lasciato come sottinteso nel finale della serie e esplicitato nell’End of Evangelion, e il Progetto per il perfezionamento dell’uomo, che a ben guardare si compiono in entrambe le versioni, e sempre in modo diverso da quanto programmato dai suoi artefici (vale a dire la Seele o Gendo Ikari). In entrambi i finali Shinji si trova di fronte ad un bivio: fuggire ed evitare le possibili sofferenze, rinunciando a vivere, oppure continuare la sua strada sulla Terra, con tutte le sofferenze che questo può comportare, ma con la volontà di superarle. E la decisione sarà sempre la stessa in tutti e due i casi. Il finale dell’anime ci mostra uno Shinji che accetta finalmente se stesso, e si mette in gioco nella giostra della vita, decidendo di affrontare il confronto con il suo prossimo e non fuggire appena le cose si fanno difficili. Tutti applaudono, e sembra un finale felice, ma l’errore è quello di dimenticare, durante quell’applauso, tutti i discorsi difficili che sono stati fatti fino a pochi istanti prima. Nell’End of Evangelion Shinji si trova di fronte alla stessa scelta: se decide di unirsi con Rei, fuggirà definitivamente dal contatto con le altre persone, e finalmente non soffrirà più, perché allo stato di divinità sarà il tutto, non proverà dolore. Se invece rifiuterà l’unione sarà tutto come prima. Ma capisce che in realtà fuggendo non troverà nulla, perché in realtà divenendo il tutto sarà al tempo stesso anche il nulla. Allora affronterà di nuovo quella realtà dolorosa, ma con la consapevolezza che lui la può cambiare, cambiando prima di tutto se stesso, il suo atteggiamento verso il mondo. Solo cambiando se stesse le persone saranno in grado di comprendersi. A vincere è stato l’individuo. Tutto questo, che si realizza come azione esplicita nell’End of Evangelion, era già presente nelle riflessioni del finale della serie, dove il Third Impact viene solo inscenato (grande l’idea del palcoscenico) grazie all’analisi psicologica di ciascun personaggio, perché ciascuno di essi ha i suoi problemi. L’End of Evangelion si limita invece ad analizzare solo Shinji ed Asuka. Al contrario del primo, il secondo finale sembra essere tragico (sono morti tutti gli esseri umani tranne Shinji ed Asuka), mentre ha come nota positiva l’istaurarsi di un orizzonte infinito di possibilità che si apre davanti ai due superstiti. Solo loro due hanno vinto la loro battaglia personale, mentre gli altri l’hanno persa. L’umanità riparte quindi dai due novelli Adamo ed Eva, e sarà un’umanità migliore. Tutte le altre persone non sono riuscite a riacquistare la loro forma corporea, perché di fronte alle difficoltà hanno deciso di fuggire, ed di abbandonarsi al piacevole senso di pienezza del nulla. È quindi giusto fare una distinzione tra il significato che il Progetto per il perfezionamento dell’uomo ricopre narrativamente (cioè nella storia) e il suo significato nell’idea dell’autore. Il Progetto nella serie in realtà non si realizza, infatti non si crea quel Dio che avrebbe dovuto racchiudere in sé l’essenza di tutti gli esseri umani. Per Hideaki Anno invece il perfezionamento (inteso come passo avanti evolutivo) è quello raggiunto da Shinji ed Asuka, che capiscono che cambiare se stessi è il primo passo per cambiare la realtà e vivere davvero. Shinji capisce che non deve fuggire dalle difficoltà ma lottare per cambiarle, Asuka capisce che il suo atteggiamento nei confronti del mondo è sbagliato, e che porsi in maniera conflittuale con tutti non porta a niente. Si rende conto infine che valeva la pena di fidarsi dei sentimenti veri, e non disprezzarli con una sterile ironia e un’ostentata superiorità. Bellissimo messaggio quindi quello di Neon Genesis Evangelion: vivere significa confrontarsi con gli altri. Se rifiutiamo ciò c’è solo la morte. Vivi, non lasciarti vivere.

Confronto tra Neon Genesi Evangelion e Nadia

Senza dubbio Neon Genesis Evangelion è l’opera di maggior successo della Gainax, ma non va per nulla trascurata un’altra opera della stessa casa di produzione, realizzata anch’essa da Hideaki Anno e Yoshiyuki Sadamoto: Fushigi no umi no Nadia (conosciuto in Italia come “Il mistero della pietra azzurra"). I punti di contatto tra le due opere sono molto numerosi, e possiamo dire che, rispettando la cronologia, Neon Genesis Evangelion somiglia a Nadia, riprendendone ed ampliandone molti concetti. Le somiglianze sono certamente anche di carattere grafico e di impostazione (d’altra parte era logico, con lo stesso regista e lo stesso disegnatore), ma quelle su cui mi soffermerò sono le similitudini di tipo tematico. In Nadia come in Neon Genesis Evangelion ci viene presentata una possibile origine della razza umana. Nel secondo gli umani discendono da Lilith. In Nadia invece la razza umana è stata creata ad immagine e somiglianza degli Atlantidei, un antico popolo venuto da una galassia lontana che scelse la Terra per far rinascere la propria civiltà. Gli Atlantidei crearono infatti un essere quasi al loro stesso livello per poterlo porre sotto schiavitù. Il primo esemplare di uomo si Chiamava Adam, che quindi qui si discosta dall’Adam di Neon Genesis Evangelion, dove è il primo angelo. Le due pietre azzurre possono essere paragonate alla Lancia di Longinus, in quanto costituiscono il massimo potere esistente nell’universo. Proprio per questo chi le possiede (gli ultimi due discendenti della razza atlantidea) può essere buono come un Dio o malvagio come un demonio: proprio lo stesso discorso che Fuyutsuki fa nell’End of Evangelion riguardo allo 01 unitosi alla Lancia. Inoltre le somiglianze tra le pietre e la lancia sono anche di tipo fisico: la forma elicoidale della Lancia è quella del nastro di Moebius, la particolare figura tridimensionale con una sola superficie, che non è possibile dividere in due, a cui ho già accennato, e che viene assunta come simbolo dell’infinito. Questa è la stessa forma che assumono le due pietre azzurre durante la loro fusione. Sempre nell’End of Evangelion, lo 01 viene paragonato alla nuova arca di Noè, che condurrà l’umanità in un nuovo mondo. Il Nadia la nuova arca è il Noè Rosso, un’immensa nave spaziale che servirà alla civiltà atlantidea per riprendersi il possesso del pianeta ora abitato dagli umani. In Nadia c’è anche una seconda arca, il vecchio Noè Azzurro, che è possibile paragonare, forse un po’ forzatamente, a Lilith, la quale ha permesso agli esseri umani di venire al mondo. Come in Neon Genesis Evangelion, anche in Nadia Hideaki Anno si diletta con una terminologia derivante da varie religioni, cristiana, ebraica, babilonese, che va a confluire nella mitologia di Atlantide, come accade alcune volte anche in Neon Genesis Evangelion (basti pensare al satellite Lucifero). Il tema della scienza risulta praticamente immutato nei due anime: la scienza è la forza dell’uomo, grazie alla quale egli può tutto: Jean da una parte e Argo dall’altra non fanno che ripeterlo, così come Gendo Ikari. Ma le similitudini ci sono anche a livello dei personaggi. Ad esempio, Shinji e Nadia sono praticamente identici: entrambi pensano di essere delle persone inutili, capaci solo di far male agli altri, e che per questo meriterebbero di morire. Alla fine tutti e due avranno di che ricredersi. Il personaggio di Argo rappresenta invece la follia dell’uomo, che per i suoi interessi personali crede di avere il diritto di fare ciò che vuole. L’analogia con Gendo, che non esita a sfruttare il figlio Shinji e l’amante Ritsuko per raggiungere il suo scopo di riunirsi con Yui, è più che palese. Entrambi alla fine risulteranno sconfitti, e puniti per ciò che hanno fatto. Da rilevare infine è anche la concezione secondo la quale l’anima è preponderante rispetto al corpo. Gli esempi chiari sono l’anima contenuta negli Eva, che è in grado di farli muovere e lottare (modalità Berserk) anche quando la loro riserva energetica si è esaurita, e l’imperatore Neo, che ha un corpo robotizzato che necessita di energia elettrica, ma che riuscirà a muovere quando dovrà salvare la sorella Nadia. Come si può vedere, tantissimi messaggi che Anno aveva appena accennato in Nadia, sono stati ripresi ed ampliati in Neon Genesis Evangelion, e così sono giunti a noi, attraverso queste due grandi opere.

Il rapporto tra religione e Neon Genesis Evangelion

Non voglio qui riprendere nuovamente quanto già detto parlando della Cabala nell’opera, e credo che di argomenti religiosi si sia parlato abbastanza. Quello che invece non è stato fatto notare è come in Neon Genesis Evangelion Anno abbia voluto miscelare aspetti della concezione ebraica con aspetti di quella cristiana cattolica. Troviamo infatti Lilith, che non esiste nel mondo cattolico, almeno non in modo esplicito, mentre da questa fede viene ripresa la Lancia di Longinus, che inserisce nella vicenda la figura di Gesù Cristo, anche se in maniera un po’ sfumata. Una cosa che colpisce molto nella serie, soprattutto se a guardarla sono gli occhi di un credente, è che tutte le varie entità religiose acquistano una loro corporeità, anche se sotto strane forme, come appunto la Lancia, probabilmente l’elemento più ambiguo e di difficile interpretazione di tutta la serie. Proprio come nei testi sacri, l’intervento divino diventa tangibile ed evidente, mentre l’aspetto che allontana l’opera dalle credenze religiose è che non vi è alcuna aura di sacralità attorno alle varie figure, e la stessa immagine di Dio rimane stagliata sullo sfondo, senza dare mostra di sé come dell’artefice di tutto, e senza mai entrare in gioco, mentre sappiamo, dall’interpretazione, che tutto ha avuto origine dal suo desiderio di creare esseri perfetti ma soggetti alla sua autorità e alle sue scelte, senza libertà. Ma in Neon Genesis Evangelion non si può vedere nemmeno alcuna forma di paganesimo, in quanto non è presente nessun culto di nessuna delle entità rappresentate (Angeli, Eva, Demoni, Uomini). Tutta la vicenda viene presentata sotto l’ottica della teoria evoluzionistica, e il compito di decifrare la serie dal punto di vista religioso viene lasciato allo spettatore o lettore che sia, con un gioco di frasi accennate ma non chiarite o di immagini senza spiegazioni palesi. Unico richiamo religioso tangibile è quello che invece si vede nel finale dell’End of Evangelion, in cui l’unione di tutte le anime nell’unità è un chiaro riferimento al tantai (letteralmente “Unione del Tutto”), condizione nella quale si sperimenta l’unione metafisica di tutti gli esseri che molte filosofie e religioni orientali teorizzano. Il Third Impact può quindi essere visto come un punto di unione tra aspetti della religiosità orientale con aspetti di quella occidentale.

Paragone tra Neon Genesis Evangelion e 2001: Odissea nello spazio

I film di fantascienza sono indubbiamente tra i preferiti di Hideaki Anno, e hanno certamente giocato un ruolo importante nell’evoluzione della sua opera. Sicuramente Anno aveva ben presente durante il suo lavoro uno dei capolavori di Stanley Kubrick, “2001: Odissea nello spazio”, come si può capire da alcuni chiari riferimenti. Anche qui si possono distinguere citazioni di ordine più tecnico, e altre di tipo più tematico. Tra le prime possiamo ricordare la somiglianza tra il monolito di “2001” e la schermata con la scritta Sound Only che identifica ogni membro della Seele durante le riunioni. Ma indubbiamente le citazioni tematiche sono quelle più significative. Tema fondamentale di “2001” è quello dell’evoluzione umana, che appare controllata dalla comparsa del monolito. È infatti grazie al misterioso influsso di questo che le scimmie all’inizio del film riescono a imparare come utilizzare gli utensili, procurarsi il cibo e difendersi dagli avversari. Senza l’intervento del monolito la scimmia non si sarebbe mai evoluta in uomo. Il ritorno del monolito nell’era in cui l’uomo domina lo spazio ha lo stesso obiettivo. Quando l’uomo avrebbe imparato a dominare lo spazio avrebbe scoperto il monolito sepolto, il quale gli avrebbe fornito l’opportunità per evolversi, altrimenti sarebbe rimasto per sempre fermo a quel livello. L’uomo si evolve in una forma di vita superiore, capace di trascendere la contingenza materiale e di dominare l’universo attraverso la mente. L’idea dell’evoluzione umana organizzata a tappe e regolata da forze superiori (Lilith al posto del monolito) è la stessa in Neon Genesis Evangelion: un First impact per la nascita dell’uomo, un Second Impact per entrare in possesso del potere degli Angeli, un Third Impact per superarli e diventare l’essere perfetto. Anche l’idea degli intermezzi filosofico – psicologici utilizzata da Anno potrebbe essere stata ispirata dalla visione delle scene cui assiste l’ultimo sopravvissuto della missione per lo studio del monolito, e che costituiscono anche il momento in cui questo effettua l’evoluzione umana servendosi di un solo individuo, proprio come in Neon Genesis Evangelion, dove questo ruolo viene ricoperto da Shinji. Altro tema fondamentale di “2001” è il conflitto tra uomo e computer, che si risolve con la vittoria dell’uomo. Tema ripreso perfettamente nell’opera di Anno, dove l’uomo sconfigge l’undicesimo angelo, che si trasforma in un computer per invadere la base della NERV attraverso i MAGI. Ulteriore ripresa da parte di Anno nella sua opera è il tema della violenza dell’uomo. Dopo l’arrivo del monolito sulla Terra, la scimmia impara ad usare gli utensili, ma la prima cosa che fa è quella di utilizzare un osso per uccidere un tapiro e cibarsene, poi assale un suo simile in una disputa per una pozza d’acqua. Anche in Neon Genesis Evangelion questo tema ritorna: alla fine dell’End of Evangelion la prima cosa che Shinji fa dopo il Third Impact è aggredire Asuka cercando di strozzarla, ma poi si rende conto di quello che sta facendo e si ferma iniziando a piangere. Viene quindi rappresentata la naturale tendenza umana alla violenza indiscriminata, ma viene lasciato anche uno spiraglio di speranza, la possibilità che l’umanità sappia un giorno superare questo suo lato violento. Due sono invece le differenze fondamentali tra Neon Genesis Evangelion e “2001: Odissea nello spazio”: il primo è che nell’opera di Anno l’uomo ha un’importanza certamente più ampia, in quanto grazie al Second Impact diventa cosciente che la razza umana, giunta ad un punto morto dell’evoluzione, ha la possibilità di evolversi. Non a caso la creazione della divinità viene infine messa completamente nelle mani della volontà umana (Shinji). La seconda differenza è che in Neon Genesis Evangelion viene presentato il dualismo, l’unione proibita tra Lilith ed Adam, capostipiti di due razze, quella umana e quella angelica. Apparentemente gli Angeli cercano di impedire all’uomo di evolversi, ma finiranno per facilitarlo in questo compito con la loro morte. In “2001” invece capostipite dell’umanità sono solo i monoliti, le cui origini, come quelle di Adam e Lilith, non vengono minimamente prese in considerazione, essendo l’esistenza di queste entità considerata quasi come dato di fatto, e non oggetto di spiegazione.

Il conflitto freudiano tra Eros e Thanatos

Sigmund Freud, che per primo teorizzò la psicanalisi, divise le pulsioni che sono alla base della vita umana in due specie: quelle che tendono a conservare e unire, e che sono quindi erotiche nel senso dell’Eros (o libido), e quelle che tendono a distruggere e ad uccidere, denominate Thanatos (o destrudo). Nella lotta tra Eros e Thanatos Freud vide condensata l’intera storia del genere umano. E non poteva certo mancare un richiamo a questa teoria in un’opera in cui si analizza l’origine e l’evoluzione dell’umanità, come Neon Genesis Evangelion. I riferimenti alla teoria freudiana sono più impliciti nella serie mentre diventano più espliciti nell’End of Evangelion. Il personaggio che meglio rappresenta la pulsione di vita, l’Eros, è Asuka, mentre quello che rappresenta la pulsione di morte, il Thanatos, è Rei. Tuttavia è importante fare delle precisazioni. Si può infatti notare come entrambe le pulsioni, riscontrabili in ogni personaggio in quanto proprie di ogni essere umano, si trovino in conflitto tra loro, anche in Asuka e Rei. Il momento in cui esse vengono alla luce è quando le due ragazze subiscono gli attacchi psicologici del quindicesimo e del sedicesimo angelo. Quando Asuka viene attaccata da Arael, la sua dimensione inconscia viene riportata alla luce, ed in quel momento all’Eros, pulsione di vita, subentra Thanatos. Lo stesso accade a Rei quando l’angelo, penetrando nella sua psiche, riporta alla luce la pulsione di vita, che viene subito soffocata da Rei, che capisce che sta mettendo in pericolo la vita di Shinji. Asuka invece riuscirà a soffocare la pulsione di morte solo nell’End of Evangelion, quando si risveglierà all’interno dello 02. Discorso particolare è quello di Shinji. In lui Eros e Thanatos sembrano convivere entrambi a livello conscio, creando il dilemma proprio dell’essere umano, che si trova a scegliere tra le due pulsioni per trovare una propria dimensione esistenziale. Infatti, il comportamento di Shinji oscilla continuamente tra queste due condizioni, come oscilla la sua attrazione per ciò che le rappresenta, Asuka e Rei. All’inizio della serie in Shinji è certamente prevalente Thanatos, fatto dovuto ai traumi subiti da piccolo. Tuttavia in lui non rimane mai del tutto soffocata la tendenza all’Eros: è infatti alla ricerca di una condizione migliore che gli permetta di vivere felicemente. L’arrivo di Asuka costituisce in questo senso uno spiraglio di luce. Fatti come la morte di Kaworu metteranno nuovamente a rischio il cammino di Shinji verso la pulsione di vita, nonostante il sacrificio di Kaworu sia stato comunque positivo, in quanto salva l’umanità, grazie all’amore puro e disinteressato che contraddistingue gli Angeli, per i quali vivere o morire è la stessa cosa, non essendoci in loro l’eterno conflitto libido – destrudo, e quindi non avendo nemmeno conflitti inconsci (ulteriore prova di quanto profondo sia il baratro che divide uomini e Angeli). Questo Shinji non può capirlo, in quanto osserva il mondo con occhi di un uomo e non con quelli di un angelo, e per questo si sente in colpa, facendo prevalere Thanatos. Per questo durante l’End of Evangelion inizialmente si lascia abbandonare a Rei – Lilith, che apparentemente potrebbe sembrare pulsione di vita, in quanto potenziale creatrice della forma di esistenza perfetta, ma in realtà è pulsione di morte, in quanto annullamento di ogni individualità propria dell’essere umano. Il potere di Thanatos è fortissimo, poiché per un essere umano risulta più facile odiare il prossimo che amarlo. Però non amare il prossimo significa non saper amare neanche il proprio Io. Questo è proprio il caso di Shinji: ora che è in una posizione privilegiata, in quanto il destino dell’umanità è nelle sue mani, se decide di distruggere gli altri porterà inevitabilmente anche il suo Io alla distruzione. Quando il ricordo del crocifisso di Misato ritorna conscio, Shinji capisce che nella sua vita è riuscito a provare anche qualche momento felice, e per questo decide che vale la pena provare a vivere. È questo il momento in cui la pulsione di vita vince in lui, facendo fallire tutto. Anche Asuka, che aveva capito il valore della vita, riesce a riacquistare la sua forma corporea. Tutte le altre persone, al posto di Shinji, avrebbero optato per il perfezionamento, e infatti si sono dissolte. La scena finale è molto ambigua ma, anche qui, ritorna l’opposizione Eros – Thanatos. Shinji comincia a strozzare Asuka, dimostrando che la pulsione di morte è comunque inestirpabile dall’uomo in quanto parte integrante del suo essere. Però Shinji si ferma, perché in lui subentra più forte la pulsione di vita, come anche in Asuka, che giudica “disgustosa” la pulsione di morte, dimostrando di preferire quella di vita. Il significato del finale è dunque quello che Freud aveva espresso a suo tempo quando Einstein, di fronte alla violenza della guerra, gli chiese se un giorno gli uomini saranno in grado di resistere alla pulsione della morte e della distruzione: egli rispose che non c’è speranza di sopprimere totalmente la tendenza aggressiva, ma si può cercare di dominarla, facendo prevalere la pulsione vitale. È la stessa cosa che Hideaki Anno si augura per la società del futuro.

Rei e Kaworu, due angeli molto particolari

Una frase a tutti ormai nota è quella che recita: “Si dice che se un angelo venisse in contatto con Adam causerebbe il Third Impact…”. Però è opportuno fare delle precisazioni. Solo Rei e Kaworu, possedendo anime divine, potrebbero generare la creazione di una divinità. Kaworu è capace di risvegliare il progenitore degli Angeli, Adam (essendo in lui contenuta l’anima di quest’ultimo): così facendo ad evolversi sarebbero gli Angeli, e la razza umana sarebbe condannata alla fine. Per Rei vale l’esatto contrario: ha l’anima di Lilith, creatrice della razza umana. Un Third Impact causato da Rei porterà all’evoluzione degli uomini. Proprio quello che vuole la Seele. E tutti gli altri Angeli? Vengono a fermare i propositi umani di evolversi in divinità, perché se entrassero in contatto con Adam genererebbero un nuovo cataclisma mondiale per purificare la Terra con una punizione divina (come è stato per il polo Sud). Ma sappiamo che sono destinati alla sconfitta, come Kaworu, del resto. La Seele lo manda a morire, anticipando volontariamente i tempi: prima sarebbero morti tutti gli Angeli, prima avrebbe potuto cominciare il suo Third Impact. Lasciare troppo tempo a Gendo Ikari per agire per proprio conto sarebbe un errore, poiché la Seele sospetta che abbia dei piani suoi personali (il suo Third Impact, con il quale si riunirebbe all’anima di Yui). In pratica quella di Kaworu è tutta una messinscena, e lui stesso sa, prima di attaccare, che alla fine, ci sia Adam o Lilith, non riuscirà ad uccidere l’umanità, e con essa Shinji, l’individuo più meritevole di essere amato. Kaworu finisce per assumere un’altra funzione, oltre a quella di morire: offre a Shinji un nuovo ostacolo da superare per perfezionare il suo animo.

L’infanzia, origine dei problemi di Shinji

Freud affermò che l’origine di tutte le nevrosi risiede nella fase infantile della vita umana, periodo nel quale la psiche e la personalità sono in fase di formazione, e non hanno assunto ancora la loro forma definitiva. Lo sviluppo psichico (collegato strettamente con quello sessuale) attraversa varie fasi. Se l’individuo non riesce a superare adeguatamente una di queste, tenderà nel crescere a manifestare problemi psicologici. Hideaki Anno riprende questa teoria psicologica freudiana, collocando l’origine dei problemi di Shinji nella cosiddetta “fase orale”, che va dai primissimi mesi fino a circa un anno e mezzo della vita del bambino. La pulsione (libido) si manifesta in questa fase con l’atto di poppare, e quindi la zona erogena dei bambini in questo periodo è la bocca. La scena del piccolo Shinji in seno alla madre compare infatti in una delle “parentesi psicologiche” che si susseguono nella serie. Anno ci suggerisce quindi che Shinji ha subito un trauma in questa particolare fase. Naturalmente il trauma in questione è la morte della madre. L’unica cosa che un po’ stona è il fatto che Yui è morta quando Shinji aveva tre anni (anche perché ad appena un anno è difficile rendersi conto di qualcosa come la morte della propria madre). Comunque, la prematura scomparsa di Yui ha sconvolto la vita del protagonista. Morta la madre, Shinji ha desiderato profondamente di fuggire. Certo, è stato il padre Gendo a cacciarlo, ma non si può dare tutta la colpa a lui: nel suo intimo Shinji desiderava proprio questo, fuggire dalle cose spiacevoli per trovarne alcune piacevoli alle quali aggrapparsi. Il tipico comportamento che Shinji ha anche da adolescente. Ciò è supportato dal fatto che Shinji ha inoltre rimosso la morte della madre, di cui fu spettatore, dalla zona consapevole della sua personalità (anche se non del tutto, tanto che se stimolato riesce a ricordare il fatto). Infine, si è accorto che non ha trovato nulla fuggendo, e che è inutile aggrapparsi a piccole cose piacevoli. Proprio questa riflessione gli permetterà di prendere la decisione finale.

Cosa scopre Shinji sul palcoscenico della realtà

Tra le molte riflessioni introspettive che sono inserite nel contesto della narrazione delle vicende nella serie, delle quali possiamo trovare il culmine nei due episodi del finale dell’anime, una delle più interessanti è quella che riguarda il problema del “soggetto osservato” (Shinji così come è visto da ogni singola persona) e del “soggetto osservante” (quello che intendiamo propriamente per nostro Io), che ha interessanti punti di contatto con il pensiero e la poetica di Luigi Pirandello. Ciò che spaventa Shinji, nel nostro caso molto particolare, è come egli appare agli altri (il soggetto osservato), perché se viene amato non rimarrà solo. Shinji in seguito capisce cha ad avere influenze su di lui, a definire la forma del suo animo, sono le altre persone. È il problema della maschera pirandelliana, del soggetto costretto a vivere in una forma impostagli dalla società e dall’ambiente in cui nasce e cresce.. così il soggetto, indipendentemente dalla matrice originaria del suo animo, si trova suo malgrado ad essere osservato, e ad assumere una forma che in realtà non corrisponde a quella sua propria. Il soggetto diventa quindi un personaggio in balia della parte che sta recitando, ed ecco da che cosa nasce l’idea del palcoscenico sul quale Anno fa apparire i personaggi negli ultimi due episodi, sottolineandone il carattere di marionette in mano alla realtà realizzandoli in posizioni prive di movimento, quasi innaturali. Rendendosi conto di tutto questo, Shinji comprende di non essere dipendente dallo 01, mentre è in grado di realizzarsi in tante forme quante ne può assumere la realtà, ma solo se trova in se stesso la forza di reagire, e far cadere la maschera di pilota di Eva.

Il rapporto tra Germania e Giappone in Neon Genesisi Evangelion

NERV, Seele, Gehirn… I riferimenti al tedesco sono davvero molti in questa serie, senza contare che la Seele e il suo presidente Keel prendono le mosse dalla Germania, che in questo paese esiste la seconda base della NERV per ordine di importanza, che Asuka è per metà tedesca e che è stata educata in Germania, dove si è perfino laureata. Un fatto interessante che riguarda questo collegamento è che anche Hitler, durante il suo regime, si era messo a cercare il potere della divinità. Per questo era andato a caccia delle più importanti reliquie religiose, come il Santo Graal e la Lancia di Longinus (guarda caso…), le quali lo avrebbero secondo lui consacrato come Dio in Terra. Non c’è poi molto di che stupirsi, considerando le assurde credenze mistico – religiose che stavano alla base del nazismo (un miscuglio di paganesimo e fanatismo). Il punto di contatto è che la Seele cerca, In Neon Genesis Evangelion, quello che nella storia ha cercato Hitler. Ma non solo. Si può anche trovare un contatto ideologico, anche se indiretto, tra la serie e la Germania. Questo contatto è quello tra l’opera di Anno e la filosofia di Friedrich Nietzesche, che tra l’altro (attraverso una interpretazione totalmente scorretta e forzata del suo pensiero) era diventato il filosofo del regime nazista, cosa determinata massimamente dal fatto che le sue opere furono rese pubbliche inizialmente dalla sorella, modificate in gran parte da lei. La filosofia di Nietzesche entra in gioco nell’evoluzione del personaggio Shinji. Senza voler rinnegare quanto detto a proposito del percorso evolutivo compiuto dal protagonista attraverso l’Albero della Vita, questo percorso può anche essere visto come quello dell’evoluzione dell’Oltre – uomo di Nietzesche (traduzione letterale del termine Ubermensch, e sicuramente più corretta del più conosciuto Superuomo). L’Oltre – uomo è infatti colui che è in grado di accettare la vita nella sua totalità, che rifiuta i valori della morale tradizionale per crearne di nuovi, che regge la morte di Dio ponendosi al di là di tutte le certezze metafisiche, che supera il nichilismo, si colloca nella prospettiva dell’eterno ritorno e si pone infine come Volontà di Potenza. Shinji infatti alla fine dell’End of Evangelion ha accettato la vita nella sua totalità, ha creato ed utilizzato i suoi nuovi valori, ha ucciso la divinità con le sue mani, ha superato la fase nichilista (proprio Asuka lo aveva definito così, dicendogli che non faceva altro che scusarsi di tutto), si colloca nella prospettiva dell’eterno ritorno (concezione ciclica della storia secondo la quale tutti gli eventi sono destinati a ripetersi all’infinito: il caso di Shinji ed Asuka come nuovi Adamo ed Eva) e si pone come Volontà di Potenza in quanto afferma il suo essere profondo come forza espansiva e vitale. Quest’ultimo aspetto potrebbe essere interpretato in chiave nazista come forza aggressiva e distruttrice (Shinji che strozza Asuka) ma non è certo questo il messaggio di Neon Genesis Evangelion (Shinji infatti si ferma), e non era nemmeno quello proprio di Nietzesche. Il personaggio dell’Oltre – uomo calza a pennello a Shinji, anche perché va considerato che per Nietzesche l’Oltre – uomo che non ha ancora raggiunto la piena coscienza di questo stato è un uomo depresso, portato a fuggire di fronte all’imprevedibile flusso degli eventi, in preda a continui sensi di colpa, psichicamente autotormentato, ma che nasconde un’aggressività latente che esplode nelle situazioni di stress. Se non è questo il ritratto di Shinji…

La filosofia di Schopenhauer e l’origine dei patimenti negli esseri umani

Pur non essendo decisivo ai fini della storia, e forse Hideaki Anno neanche ci pensava quando ha inserito questo elemento in uno degli episodi finali della serie, riporto questo paragone. Negli ultimi due episodi, che sono un po’ una via di mezzo tra una riflessione psicoanalitica sui personaggi e una disquisizione filosofica, viene aperta, tra le altre, una tematica molto importante: quella dei “vuoti nell’animo”, che secondo Ritsuko esistono in tutte le persone, e dai quali si generano i patimenti dell’animo. Per non soffrire, l’unica via è quella di unificare gli animi delle persone, annullando così i vuoti. Schopenhauer dice, a proposito del dolore, che deriva dalla volontà di vivere, intesa come essenza profonda del nostro Io, cosa in sé del nostro essere. Volontà di vivere significa volere, desiderare, e desiderare significa trovarsi in un continuo stato di tensione per la mancanza di qualcosa che non si ha. Per la natura stessa dell’essere umano, anche dopo aver appagato un desiderio, ne subentra subito un altro, cosicché dopo il piacere derivato dall’appagamento del desiderio subentra la noia, per poi ritornare al dolore. Unificando tutto in una sola entità, non ci saranno più desideri, e quindi patimenti, perché essa è il tutto. Questa nuova entità non potrà quindi provare dolore. È una teoria che può calzare per i personaggi di Evangelion, i quali sono tutti alla ricerca di qualcosa di mancante nella loro esistenza.