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Il trucco fotografico

a cura di Maxim79

    

Il mondo dell’occulto, del mistero, dello spiritismo, non manca di approdare anche nella fotografia. Infatti già dagli esordi di questa, i fotografi usavano “ trucchi “ fotografici per creare presunte foto di fantasmi. La fotografia è nata ufficialmente nel 1839 a Londra. Nello stesso anno, iniziava la sua attività di fotografo in Londra un francese, Antoine Claudet, il quale apriva in quella città uno dei primi laboratori di dagherrotipia. Antoine Claudet fu probabilmente il primo a proporre degli interventi in sede di ripresa, per modificare l’effetto della fotografia pura e semplice. Claudet proponeva di cambiare il fuoco durante l’esposizione del ritratto, affinché tutti i piani del viso fossero riprodotti in modo nitido, e nello stesso tempo ammorbiditi da una leggera sfocatura. Claudet propose anche di disporre un vetro davanti l’obiettivo per rendere più morbido il ritratto. Tali interventi suscitavano la derisione da parte dei puristi, i quali non tolleravano che venissero apportate modifiche alla tecnica pura e semplice della ripresa fotografica. Per illustrare l’efficacia dei suoi sistemi anticonformisti, Claudet raccontò un interessante episodio: nelle prime macchine a vapore, occorreva che qualcuno aprisse e chiudesse una valvola durante il funzionamento del motore. Un ragazzo pigro, addetto a quel lavoro, escogitò un sistema che gli consentiva di andare a giocare con gli amici: collegò la valvola ad un altro organo mobile della macchina, mediante una corda, e questa trovata rivoluzionò le macchine a vapore. Perché – si chiedeva Claudet - i fotografi non dovrebbero avvalersi delle innovazioni? Tacciato di eresia e di ciarlataneria, Claudet propose di non toccare la messa fuoco durante l’esposizione, ma di ricorrere piuttosto ad obiettivi non perfettamente corretti, per ammorbidire l’immagine. È del 1868 la descrizione di un obiettivo a <<morbidezza variabile>>, in cui un elemento mobile consentiva di variare il grado di aberrazione sferica. Anche Fox Talbot, inventore di uno dei primi sistemi di registrazione dell’immagine ottica, suggeriva di interrompere uno o due fogli di carta tra la negativa e la carta (allora si stampava per contatto) per ottenere le desiderata morbidezza dell’immagine. Sotto questo profilo Fox Talbot può considerarsi il precursore della tecnica della negatività di carta. I primi anni della fotografia videro gli interventi più abominevoli da parte di ritoccatori, specialmente su ritratti. I capolavori del cattivo gusto erano realizzati da coloro che aggiungevano il colore alle fotografie. Una fotografia così colorata, risulta con sdegno dell’esposizione della Royal Photographic Society, fu accettata e messa in mostra alla Royal Accademy di pittura, senza che la giuria si accorgesse subito che quello non era un bel quadro, ma una brutta fotografia. Questo accadeva nel 1861. Nello stesso periodo Henry Peach Robinson pubblicò uno scritto in cui si descriveva l’arte di stampare immagini fotografiche da diverse negative. È famosa la prima delle sue stampe combinate, Fading away, si può tradurre approssimativamente <<Andarsene>> , riferito ad un giovane morente di mal sottile. Fading away fu stampata partendo da cinque negative diverse, e per valutare la serietà e l’impegno dell’artista, basti pensare che per produrre questa fotografia, la protagonista aveva fatto tre anni di pratica prima che fosse in grado di fornire un immagine soddisfacente. Robinson era scrupoloso a tal punto che nella composizione, Ofelia, il personaggio raffigurato, era composto di due persone: la testa era presa da una modella, ed il corpo da un’altra. Robinson voleva essere coerente con i costumi degli antichi. Sosteneva infatti che il pittore greco Zeusi dipinse il famoso ritratto di Elena servendosi di cinque tra le più belle ragazze di Cortona, e prese da ciascuna le fattezze migliori. In una pubblicazione successiva, Pictorial effect in Photography, (1869) Robinson descrisse in maggior dettaglio la tecnica della stampa combinata. Pochi anni dopo un italiano, produceva immagini caricaturali servendosi di specchi curvi. Nel 1889 Jascques Ducos du Hauron scopriva nuovi metodi di trasformazione, di distorsione dell’immagine fotografica. Ducos du Hauron è famoso nella storia della fotografia per aver inventato un sistema di fotografia a colori che forniva buoni risultati, nonostante gli enormi limiti posti dalla natura del materiale sensibile reperibile a quell’epoca.

Ritratto conico (1890 circa)

   

Lasciò uno scritto, Photographie Trasformiste, in cui spiegava che otteneva le sue trasformazioni, servendosi di una fessura mobile al posto dell’obbiettivo, e che tale tecnica poteva venire utilizzata per abbellire certi soggetti, allungandoli leggermente nella dimensione giusta. Sul finire del secolo i tentativi di trasformare l’immagine ottica divennero numerosissimi, ed è impossibile un’enumerazione. Basterà ricordare i <<ritratti conici>> (sopra), che venivano su una pellicola avvolta a cono. Una volta distesa la negatività l’immagine appariva leggermente distorta. Altra stranezza dell’epoca, che non ha rapportato con i trucchi ma mostra fin dove si spingeva l’inventiva dei fotografi, è questa: esisteva un procedimento di stampa che utilizzava una emulsione costituita da bicarbonato di potassio, gelatina e pigmento; la stampa al bicarbonato era possibile perché le parti esposte alla luce indurivano in funzione della quantità della luce, mentre altre potevano essere lavate via. È del 1898 il suggerimento di stampare fotografie di defunti utilizzando le ceneri del caro estinto applicandole sulla fotografia in modo che <<aderiranno alla parti non esposte alla luce, e si otterrà un ritratto composto interamente della persona raffigurata>>. Tornando al tema spiritismo, è del 1882 un libro inglese intitolato "Cronache della fotografia di esseri spirituali e di fenomeni invisibili all’occhio materiale". L’occhio materiale sarebbe l’occhio umano. Era molto diffusa la concezione che fosse possibile registrare su lastra fenomeni spiritici, ed il libro del 1882, scritto dalla spiritista Georgia Houghton, è zeppo di lettere e testimonianze che dimostrano la verità della fotografia spiritica. Nelle fotografie spiritiche appaiono defunti, animaletti di casa, remote immagini ancestrali, e persino ectoplasmi di Gesù Cristo, di santi e di fantasmi minacciosi. Onestamente però la signorina Houghton era ben cosciente del fatto che alcune fotografie spiritiche erano dei falsi volgari. In effetti la fotografia spiritica rappresenta la prima applicazione su vasta scala delle tecniche, descritte in questo libro, di esposizioni multiple. Nei libri fotografici dell’ epoca, e semplicemente in quelli dedicati ai passatempi fotografici, esistono descrizioni ben precise di come si realizzavano le fotografie spiritiche. In genere la tecnica è questa: si pre espone la lastra fotografando contro uno sfondo nero l’ectoplasma, o un ritratto dello spirito. Poi fotografava la persona, si sviluppava la lastra, e sulla persona è visibile l’immagine dello spettro. Questa tecnica è la più semplice e naturale offre il fianco alle critiche degli increduli. Se la fotografia si impediva di usare le sue lastre, ma si pretendeva che usasse lastre vergini, fornite da una fonte insospettabile, allora lo spirito non compariva. Per risolvere questo problema si utilizzarono fondi dipinti con vernici fluorescenti al chinino, che emettevano luce invisibile all’occhio, ma fortemente attinica, ossia dotata della capacità di impressionare la lastra sensibile.La fotografia venne utilizzata per studiare il movimento, e qui la strada dei fotografi recettori si avvicina moltissimo a quella degli esponenti di certe correnti di pittura. Sono noti gli esperimenti di Eadwerd Muybridge, che usava una serie di macchine fotografiche che scattavano in rapida successione registrando ciascuna una frazione del movimento di un soggetto. Gli esperimenti di Muybridge avvenivano negli anni ’70. Altri ricercatori eseguirono registrazioni successive in un soggetto in movimento sulla stessa lastra, sovrapponendo quindi immagini diverse. Queste ricerche portavano a risultati molto simili al prodotto di certi pittori, come il famoso quadro Nudo che scende una scalinata del pittore Duchamp, o le opere di Bella e Boccioni, nel campo della pittura e di Anton Giulio Bragaglia nella fotografia.  

Fotografia spiritica: Tre immagini destinate a provare l’esistenza dei fantasmi (1881 circa.)

    

COME CREARE UN FOTOMONTAGGIO

Oggi giorno, a differenza di anni fa, e molto più facile creare fotomontaggi con presunti fantasmi, rendendo il tutto molto credibile. Ci sono tantissimi programmi per creare questi falsi. Uno di questi, forse il più usato, è Adobe Photoshop©. Basta prendere una foto di una paesaggio qualsiasi, magari se tetro è meglio, oppure dove c’è qualche leggenda di presunte infestazioni. Portiamo la foto sul computer tramite scansione…..  

Scegliamo poi una foto di un personaggio, ad esempio in questo caso ho preso la foto di una bambina che ricordasse la storia di Villa Clara (vedi il mio articolo sul sito); in alcuni casi è meglio prendere foto di bambole, per rendere il volto più vuoto e pallido. Portiamo anche questa foto sul computer tramite scansione.  

Bene, ora abbiamo sullo schermo del nostro computer 2 foto. Selezioniamo la parte della foto del presunto fantasma che abbiamo scelto e portiamola (trascinandola tenendo premuto il tasto sinistro del topo ) fino sopra lo sfondo. Nello stesso modo mettete la foto del fantasma nel punto che ritenete più d’effetto, se l’immagine del fantasma è sproporzionata  rispetto allo sfondo ridimensionatela facendo questa operazione ( Modifica , trasforma, numerico e qui mettete la percentuale in larghezza e in altezza che desiderate. ) Fatto questo, nella finestra dei livelli, date una percentuale di opacità fino a rendere il vostro fantasma poco visibile. A questo punto con lo strumento sfumino, sfumate gli angoli del fantasma per dare un effetto come nebbiolina in alcuni punti. Se desideriamo trasformare la foto in b/n basta togliere le informazioni sul colore. Ecco il risultato finale...

         

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