Il nome Yeti viene dal
termine "yeh-teh" che in
Sherpa "quella cosa".
Chiamato anche
l'abominevole uomo delle
nevi, fa parte delle
credenze tibetane da
secoli. Si dice che sia
grande quanto il Bigfoot
americano, cioè tra i
centottanta centimetri
ed i duecento quaranta,
con una folta pelliccia
di colore marrone scuro,
nero o rossastro che ne
ricopre quasi
completamente il corpo.
I capelli sono lunghi
fino alle spalle ed il
viso, i denti e la bocca
sono molto larghi. La
forma della sua testa e'
conica, e le sua braccia
sono molto lunghe, fino
alle ginocchia. Le
impront e
che gli sono state
attribuite sono
anch'esse enormi (fino a
sessanta centimetri) e
molto larghe. I nativi
affermano che ci
sarebbero due tipi di
Yeti, i "Dzu-teh" (cosa
grossa) ed i "Meh-teh"
(cosa umana che non e'
un uomo), i primi alti
dai duecento ai
duecentoquaranta
centimetri, i secondi
dai centocinquanta ai
centottanta centimetri.
I Meh-teh vengono
avvistati più
frequentemente dei
Dzu-teh.Le prime
impronte dello Yeti
furono scoperte da un
occidentale nel 1889 ed
esattamente dal maggiore
L.A. Waddell a più di
cinquemila metri di
quota. I suoi Sherpa lo
informarono che le
strane impronte che
erano impresse sulla
neve erano dell' "uomo
selvaggio ricoperto di
peli" che viveva in
quell'area.Nel 1921 il
Luogotenente Colonnello
C.K. Howard-Bury stava
conducendo una
spedizione sul monte
Everest. A circa seimila
metri di quota, sul lato
Sud della montagna il
gruppo individuò
numerose impronte tre
volte più larghe di
quelle umane. Gli Sherpa
identificarono le
impronte con quelle di
un meh-teh. Howard-Bury
capì male e pensò che la
parola fosse metoh-kagmi.
Un giornalista le
tradusse erroneamente in
"abominevole uomo delle
nevi" e l'espressione
rimase in voga. Nel 1925
un fotografo inglese
della Royal Geographic
Society di nome N.A.
Tombazi testimoniò di
avere avvistato, vicino
al ghiacciaio del Zemu,
a quattromilacinquecento
metri di quota, e ad una
distanza di trecento
metri circa una figura
che pareva a prima vista
essere un uomo.
Camminava eretto e si
fermava occasionalmente
per sradicare delle
pianticelle di
rododendro nano. Era di
colore marrone e non era
visibile alcun
indumento.
Successivamente sulla
zona vennero ritrovate
sedici impronte. Durante
il novembre del 1951,
Eric Shapton e Michael
Ward stavano ritornando
da una spedizione
esplorativa dell'Everest
ed erano intenti a
studiare la testa del
ghiacciaio Menlung a
6900 metri, vicino alla
frontiera tra Nepal e
Tibet. Scesi a 6250
metri individuarono una
serie di impronte
fresche nella neve alta.
Furono in grado di
seguire queste impronte
per un miglio circa
lungo la cresta del
ghiacciaio. Le impronte
li condussero verso
quote minori, con neve
più bassa, nella quale
le impronte erano
maggiormente definite.
Shipton scattò due foto
che sono sicuramente le
più famose. Nel 1954,
una spedizione del
London Daily Mail
esaminò un presunto
scalpo di yeti che si
diceva fosse vecchio di
trecento anni. Quattro
anni dopo, nel 1958, una
spedizione durata vari
anni e guidata da Tom
Slick esaminò lo scalpo
e delle supposte mani di
Yeti. Una di queste,
proveniente da una
Lamasseria di Makulu
risultò essere di un
leopardo delle nevi ma
l'altra non fu
screditata e potrebbe
quindi essere la prova
dell'esistenza dello
yeti. La mano fu
ottenuta nel 1959 da
Peter Byrne che era
membro della spedizione
di Slick ed e' ora a
capo del Centro di
Ricerca sul Bigfoot.
Byrne fu ammesso nella
Lamasseria di Pangboche,
in Nepal dove supponeva
che si trovasse un'altra
mano di Yeti. Byrne
aveva portato con sé il
pollice e l'indice di
una mano umana che
sostituì a quelli della
mano (che riuscì ad
esaminare da solo). Le
parti originali furono
trasportate dall'India a
Londra e consegnate a
John Hill che ad un
primo esame dichiarò che
erano umane, salvo poi
ricredersi quasi subito
e dichiararle "non
totalmente umane", forse
di un uomo di
Neanderthal. Lo zoologo
Charles A. Leone esaminò
i reperti ma non fu in
grado di catalogarli e
l'antropologo George
Agogino ritenne che non
fossero umane ma che
presentassero forti
caratteristiche
antropoidi. L'esame del
sangue dimostrò che non
erano ne' umane ne' di
primati conosciuti.
Purtroppo si sono perse
le tracce dei reperti e
non si conosce il luogo
dove si trovano
attualmente. Nel 1970,
sul Monte Annapurna uno
scalatore inglese di
nome Don Whillans stava
cercando un posto dove
accamparsi quando sentì
degli strani suoni,
simili ad urla. Il suo
Sherpa lo informò che
erano il richiamo dello
Yeh-Teh e Whillans vide
una figura scura in un
punto abbastanza
distante da dove si
trovava lui in quel
momento. Il giorno
successivo scoprì delle
impronte profonde quasi
mezzo metro nella neve.
Quella notte avvertì la
presenza della figura
che aveva visto il primo
giorno, uscì dalla tenda
e vide lo Yeh-teh alla
luce della Luna. Era un
animale simile ad una
scimmia che scappò
immediatamente. Whillans
fu in grado di seguirlo
con il binocolo per più
di venti minuti prima
che sparisse nel buio.
Due anni dopo, nel
dicembre del 1972, una
spedizione guidata da
Edward Cronin aggiunse
un altro tassello alla
leggenda dello Yeti. La
spedizione stava
svolgendo delle ricerche
in una valle fluviale
nel Nepal orientale,
dove varie rare piante
esotiche ed animali
erano si erano evoluti
separatamente ed
indisturbati. I membri
della spedizione stavano
campeggiando in una
depressione a quota 4000
metri nella zona del
Monte Kongmaa La. Howard
Emery, il fisico della
spedizione scoprì una
mattina delle impronte
di un essere bipede tra
le tende
dell'accampamento. Le
impronte erano lunghe
diciotto ventitre
centimetri circa e
larghe dodici
centimetri. Mostravano
un largo alluce
opponibile ed una
disposizione asimmetrica
delle rimanenti quattro
dita, nonché un largo
tallone arrotondato.
Essi furono in grado di
seguire le impronte per
un po', finché queste
sparirono una volta
arrivati in un
territorio roccioso nel
quale i membri della
spedizione faticarono
molto ad avventurarsi.
Recentemente
l'esploratore Reinold
Messner ha asserito di
avere incontrato e
fotografato uno Yeti
durante la sua ultima
spedizione in Himalaya e
che renderà pubbliche le
foto con il suo prossimo
libro. Il mistero dello
Yeh-teh verrà presto
svelato?
BIGFOOT
Il
Bigfoot (letteralmente
"piedone"), conosciuto
anche come "Sasquatch",
"Momo" ed in molti altri
modi e' insieme allo
Yeti,l'"uomo-scimmia"
più famoso. Il Bigfoot
e' stato avvistato in
tutta l'America del Nord
su montagne, paludi,
foreste, nonché su
strade più o meno
deserte e campi
coltivati. Mentre il suo
comportamento sembra
variare nelle
testimonianze da docile
a curioso a spaventoso,
la sua apparenza
raramente muta:
descritto come un
animale massiccio, alto
circa duecentotrenta
centimetri e pesante
duecentoventi chili
sarebbe coperto da una
folta pelliccia il cui
colore varierebbe dal
castano scuro al
marrone, nero, rosso,
grigio e persino bianco.
Lascerebbe
caratteristiche impronte
al suo passaggio, molto
più larghe di quelle
umane e che presentano
una distribuzione del
peso diversa da quella
dell'uomo, essendo
distribuita
uniformemente su tutta
la pianta (come per i
piedi piatti). A volte
le impronte hanno cinque
dita, altre volte tre,
come ad indicare la
presenza di almeno due
varietà di Bigfoot
(anche se la stragrande
maggioranza delle
impronte presenta cinque
dita). Il Bigfoot, al
pari dei suoi meno
famosi "cugini",
camminerebbe in
posizione eretta. I suoi
occhi sarebbero nella
maggior parte dei casi
gialli, anche se alcuni
testimoni asseriscono di
aver visto Bigfoot con
gli occhi rossi. Sembra
che seppure essi non
comunichino per mezzo di
un vero e proprio
linguaggio emettano
spesso e volentieri dei
suoni gutturali o anche
acuti. Alcuni sostengono
che la leggenda moderna
del Bigfoot sia nata in
America nel 1958, nella
Bluff Creek Valley, in
California, quando un
operaio a nome Jerry
Crew scoprì una serie di
eno rmi
impronte lasciate nel
fango rimosso dal suo
escavatore. Queste
tracce erano state
notate per settimane
dagli operai ma per la
prima volta essi
decisero di farne un
calco. In realtà gli
avvistamenti di Bigfoot
sono molto più antichi.
Quasi ogni tribù di
pellerossa possiede
leggende su creature
simili al Bigfoot. A
quanto sembra, anche i
primi esploratori videro
queste creature. Anche
per i Bigfoot (come per
altri uomini-scimmia) si
riportano casi di
rapimento, nei quali le
vittime (come Albert
Osman nel 1924)
asseriscono di essere
state trattate bene ma
di essere state
segregate e di aver
dovuto escogitare
qualche tipo di trucco
per riuscire a fuggire
(nel caso specifico
Osman offrì il suo
tabacco al maschio e
quando questi iniziò a
tossire egli approfittò
del fatto che tutti gli
altri membri del nucleo
- tre, stando alla sua
testimonianza - si erano
distratti). Molto famoso
e' il filmato che ritrae
una femmina di Bigfoot
che cammina verso la
foresta, ripresa da
Roger Patterson durante
una spedizione nella
zona di Bluff Creek.
Patterson affermò fino
alla morte (avvenuta nel
1972) che si trattava di
un filmato autentico. |