INDICE DI SEZIONE
 ARTICOLI A RIGUARDO

Scilla e Cariddi
a cura di Michele Morettini

SEZIONE CRIPTOZOOLOGIA

        LIBRI A TEMA
 

Misteri e Segreti del Mondo
Sylvia Browne

:: VAI ALLA SCHEDA ::

SEI INTERESSATO AD UN LIBRO SPECIFICO? EFFETTUA UNA RICERCA APPROFONDITA

         LIVE HELP
       NEWSLETTER

Inserisci la tua mail per ricevere gli aggiornamenti mensili del portale. Non perderti nulla del mondo "Daltramontoallalba.it"!

scylla
a cura di Gaetano Fichera

Mostro mitologico greco, divenuto simbolo della voracità del mare, che come una bestia affamata ingurgita tutto il possibile, Scylla, che è anche la denominazione della località Calabrese dove la tradizione colloca la dimora dello stra-famoso mostro marino, che nel nostro immaginario è associato al mostro Cariddi e rievoca le tribolazioni d’Odisseo nel suo viaggio, personificazione delle sorti e delle qualità del popolo greco. Questo mostro e la leggenda tessutagli intorno dal popolo greco possono essere spiegati con qualcosa di tangente, di reale, esistente, al contrario di molte altre leggende che vengono ridotte alle interpretazioni e alle astrazioni di un contesto economico-politico-sociale-ambientale proprio dell’epoca, anche se è sciocco ridurre il “Mithos”a ciò, dato che la componente mistica e archetipa rimane. Molto probabilmente il mostro Scylla è esistito ed esiste ancora. Ma andiamo con ordine. Scylla era un’attraente ragazza che fu tramutata in un orrendo e famelico mostro da parte di una Dea gelosa. Come in molte altre leggende, si è incerti su chi e con quali modalità avesse tramutato la bellissima Scylla in uno spaventoso mostro: alcune fonti indicano Typhon ed Echidna, altre parlano di Phorbas ed Hekate, altre ancora di Phorkys ed Hekate o addirittura si parla di Lamia. Esistono tre versioni della leggenda; nella prima il giovane Glaucos s’infatua di Scylla, rifiutando così l’amore della maga Circe che, saputo la motivazione del ripudio di Glaucos, si adirò con la fanciulla tramutandola in un aberrante ed enorme mostro dal busto femminile dalle sei teste di cane che spuntavano dalla vita. Secondo un'altra versione, Poseidone si innamorò della splendida Scylla facendo andare su tutte le furie la sua consorte Amphitrite che pregò la maga Circe di trasformare l’oggetto del desiderio in un mostro. Ultima versione a noi pervenuta, fusione delle prime due: riporta che fu bensì la bella Scylla ad innamorarsi di Glaucos, così che rifiutò l’amore del Dio del mare. Nell’Odissea Scylla è un mostro dotato di dodici piedi e sei bocche su lunghi colli che latrano senza tregua. In seguito acquisterà altre caratteristiche e forma sempre più umana. Occupiamoci ora delle forme più arcaiche risalenti all’ottavo secolo a.C., che si rifanno al medioevo ellenico (13 sec a.C.). Riflettendo sulle due forme, mettendo in considerazione la fervida rielaborazione dei marinai e del linguaggio usato dai greci si arriva alla conclusione che stiamo parlando di piovre e calamari giganti (come sosteneva Eusebe de Salverte, criptozoologo del diciannovesimo secolo); sei bocche di cane come i tentacoli della piovra (anche se sono otto, ma è pur sempre una mistificazione). Si, siamo di fronte alla rielaborazione dei primi avvistamenti di questi enormi cefalopodi, anche se difficilmente avrebbero potuto entrare in contatto e forse attaccare piccole imbarcazioni (c’è un caso documentato sull’attacco di una piovra ad un imbarcazione - nel 1887 un imbarcazione si trovava al largo della costa occidentale Africana, venne attaccata mentre i marinai erano intenti a rimuovere i cirripedi dallo scafo), anche se possono essere stati comunque avvistati come esemplari spiaggiati. C’è un altro interrogativo; mentre gli avvistamenti di piovre sono molto frequenti nel mare Nostrum (anche se l’attuale e sfrenata pesca industriale nel Mar Mediterraneo sta portando alla decimazione della specie) di calamari giganti - alias Architeuthis Dux (un calamaro di 20 metri) – non se ne trovano, nessuna prova diretta e tangibile, sembrerebbero infatti abitare solo nell’Oceano Atlantico. Eppure le prove indirette esistono e ci vengono fornite da un altro animale, il mastodontico capodoglio (Physeter macrocephalus), cetaceo in stretta connessione ecologica con i calamari di medie e grosse dimensione (che rappresentano una grossissima parte della sua dieta). Ad avvalorare l’ipotesi di questa coesistenza vi sono le frequenti ed enormi cicatrici frontali del cefalopode, causate dalle impressionati lotte per la sopravvivenza che avvengono a centinaia di metri sott’acqua. Nel mare nostrum è presente una discreta popolazione di capodogli che presenta le cicatrici tipiche dei parenti oceanici, anche se la convalida della tesi verrebbe dal sezionamento di un capodoglio che dovrebbe contenere resti dell’animale, ma le commissioni internazionali lo vietano, ma noi appassionati di criptozoologia rimaniamo in attesa, in attesa di uno spiaggiamento di un cadavere o comunque un prova.