L’Okapi (Okapia
johnstoni) è sicuramente
il caso più eclatante di
animale ritenuto
mitologico che è poi
entrato a far parte
ufficialmente della
zoologia. Le prime
immagini dell’Okapi sono
state ritrovate in
Egitto quando questo
animale era noto con il
nome “Unicorno d’Africa”
ma la zoologia ufficiale
se ne dimenticò, anche
perché non vennero mai
trovati esemplari vivi o
resti tangibili, fino al
1890 quando viene
pubblicato il libro “In
Darkest Africa” di Henry
Morton Stanley in cui
l’esploratore inglese,
partito a sua volta alla
ricerca del famoso David
Livinsgtone, racconta
della normalità con cui
gli indigeni,
appartenenti alla tribù
wambutti, che abitavano
nelle zone dell’attuale
Congo, accolsero i
cavalli degli espl oratori
europei senza che gli
animali, che secondo la
zoologia occidentale
erano sconosciuti agli
indigeni, portassero
loro il minimo
turbamento. Morton si
fece dunque spiegare
dagli indigeni quale
animale simile ai
cavalli essi
conoscessero e questi
gli descrissero un
animale simile ad un
somaro che gli stessi
indigeni talvolta
riuscivano a catturare
scavando buche nel
terreno per poi
mimetizzarle. Questi
animali erano
prettamente erbivori e
la loro carne era
considerata presso i
wambutti estremamente
deliziosa e ricercata.
Naturalmente queste
notizie non ci misero
molto a raggiungere gli
ambiti accademici
europei ma, vista la
rispettabilità di Morton,
nessuno osò apertamente
contrastare
l’avventuriero inglese.
Ma l’ambiente accademico
si dimostrò per lo più
disinteressato a questo
fantomatico asino
africano.
L’unica persona che,
inizialmente per hobby,
si occupò di cercare
notizie sull’animale fu
Harky Johnston,
governatore inglese
dell’Uganda. Sfruttando
la possibilità di
lavorare sul campo e di
poter interpellare
direttamente gli
indigeni ed i
cacciatori, Johnston fu
il primo a raccogliere
testimonianze più certe
e precise.
Si racconta che un
giorno Johnston venisse
a sapere che un
impresario tedesco
avesse catturato quattro
wambutti per portarli in
Europa come fenomeni da
baraccone. Il
governatore dell’Uganda
non approvò la scelta
dell’impresario e fece
liberare i pigmei che,
col tempo, avevano
guadagnato il suo
rispetto e la sua
fiducia. In cambio della
promessa di essere
riportati a casa i
pigmei soddisfarono
tutte le curiosità di
Johnston riguardo
l’animale citato nel
libro di Morton. I
pigmei raccontarono a
Johnston che l’Okapi era
un animale molto simile
ad un asino ma con una
pelliccia rossastra e
delle stricie bianche e
nere come quelle delle
zebre nella parte
posteriore. Tutti i
racconti raccolti da
Johnston nelle sue
ricerche indicavano come
luogo di diffusione
dell’animale l’allora
Congo Belga e fu proprio
lì che Johnston si
diresse sempre più
rapito dalla ricerca di
questo animale. Si
diresse al principale
forte belga della
regione, Mbeni, e lì
ebbe l’eccezionale
sorpresa: gli ufficiali
bianchi erano
perfettamente a
conoscenza
dell’esistenza
dell’Okapi e
dichiaravano per di più
che la carne
dell’animale era
deliziosa avendone
mangiata in più di
un’occasione. Johnston
ripartì dal Congo Belga
con due cartucce da
fucile rivestite di
pelli di Okapi ma ciò
non bastava all’ormai
appassionato
ricercatore. Voleva
vedere un esemplare vivo
per poter verificare di
persona di che cosa si
trattasse esattamente.
Nel 1901, dopo aver
inviato a Londra le
cartucce per un’analisi,
un colpo di fortuna
inaspettato risolse la
questione che tanto
premeva a Johnston: egli
infatti incontrò un ex
comandante del forte
belga, lo svedese Karl
Erikson che gli procurò
due crani ed una pelle
intera e perfettamente
conservata dell’animale.
Anche questi reperti
giunsero alla Società
Zoologica Reale di
Londra che corresse,
grazie agli studi
relativi ai nuovi
reperti, la prima errata
attribuzione di nuova
specie di zebra. I
reperti dimostrarono che
l’animale in questione
in realtà era
imparentato strettamente
con i bovini ed in
maniera ancora più
sorprendente e specifica
con la giraffa.Johnston,
aprresa la notizia, si
mise a cercare a quale
tipo di giraffa potesse
appartenere l’Okapi e si
convinse, erroneamente,
che si trattasse di una
delle moltissime specie
di giraffa preistoriche
estinte, precisamente l’Helladoterium
e così battezzò
l’animale da lui
scoperto Helladoterium
Tigrinum. Ma a Londra le
analisi proseguivano e
il Professor Edwin
Lankester si accorse che
l’Okapi non era affatto
l’animale creduto
estinto che Johnston
aveva individuato ma si
trattava di una nuova
specie del tutto
sconociuta alla Zoologia
occidentale. La battezzò
Okapia Johnstoni in
onore di colui che tanto
aveva combattuto ed
inseguito la sua
scoperta.
La data ufficiale della
scoperta e del successo
di Johnston è l’8 Giugno
1901. L’unico cruccio di
Johnston fu di non
riuscire mai a vedere un
esemplare dal vivo. La
scoperta dell’Okapi
affascinò moltissimo gli
zoologi europei ed aprì
una nuova stagione di
apertura mentale dei
cultori della materia.
L’Okapi si dimostrò un
animale estremamente
affascinante date le sue
caratteristiche simili a
quelle dell’asino,
dell’antilope, della
giraffa e della zebra.
Tale animale, così
carico di simbolismo, fu
adottato nel 1982 dallo
zoologo belga Bernard
Huevelmans come logo e
simbolo della Società
Criptozoologica
Internazionale nata con
lo scopo di studiare
tutti quegli animali la
cui esistenza non è
stata ancora
riconosciuta dalla
scienza. Il primo Okapi
arrivò in Europa nel
1918 ad Anversa e da lì
ne partì un altro
diretto in America allo
Zoo del Bronx nel 1937.
Il primo Okapi nato in
cattività nacque allo
Zoo Brookfield in
Illinois e vi fu una
graduale espansione
negli zoo di tutto il
mondo alla ricerca di un
esemplare di Okapi.
Attualmente, seppure non
sia classificato come
animale in pericolo
d’estinzione, l’Okapi è
minacciato dalla
distruzione del suo
habitat. Nel Congo, sua
zona d’origine, nel 1992
è stato creato l’”Okapi
Wildlife Reserve”, una
riserva naturale in cui
l’Okapi possa vivere
tranquillamente nel
proprio habitat
naturale. L’8 Giugno
2006 (evidentemente la
data porta fortuna
all’Okapi) gli
scienziati hanno
ritrovato tracce
evidenti che segnalano
la presenza di Okapi nel
Parco Nazionale Virunga
in Congo e questo è il
primo avvistamento di
animali nel loro habitat
dopo l’ultimo avvenuto
nel 1959. Il 27
Settembre 2006 allo Zoo
di Brookfield in
Illinois è nato Sauda
(che in Swahili
significa “Nera
Bellezza”) che è
diventato da subito il
beniamino del numeroso
pubblico che ogni giorno
visita lo Zoo. |