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														Il drago è il 
														protagonista di 
														interessanti storie che 
														ricorrono in tanti miti 
														d'Occidente e d'Oriente. 
														Per gli occidentali il 
														drago era per lo più un 
														abitante delle caverne, 
														feroce ma vano custode 
														di preziosi tesori come 
														il vello d'oro rapito da 
														Giasono e l'oro del Reno 
														conquistato da Sigfrido. 
														Per gli orientali invece 
														il drago era una 
														creatura celeste, 
														protettore e simbolo 
														della Cina imperiale. I 
														draghi si dividevano in 
														diverse categorie:  
														    
														
														
														· Draghi celesti: 
														di colore simile ad un 
														verde molto chiaro, 
														erano a guardia del 
														cielo ed erano gli unici 
														ad avere 5 artigli per 
														zampa; 
														
														
														· Draghi 
														spirituali: di 
														colore azzurro, erano i 
														più venerati in quanto 
														guardiani del vento, 
														delle nuvole e 
														dell’acqua, e quindi da 
														loro dipendeva il 
														raccolto dei contadini; 
														
														
														· Draghi 
														terrestri: di colore 
														verde smeraldo, erano i 
														guardiani dei corsi 
														d’acqua, regolandone il 
														flusso e vivendo nelle 
														profondità dei fiumi; 
														
														
														· Draghi 
														sotterranei: di 
														colore dorato, erano i 
														custodi di grandi ed 
														immensi tesori e 
														dispensatori di felicità 
														eterna;  
														
														
														· Draghi rossi e 
														Draghi neri: 
														creature violente e 
														bellicose, che si 
														scontravano 
														continuamente nell’aria 
														causando con la loro 
														energia violente 
														tempeste.  
														     
														Ma per tutti esso era un 
														gigantesco rettile con o 
														senza zampe artigliate, 
														quasi sempre con larghe 
														ali di pipistrello e 
														spesso pure con le ampie 
														fauci vomitanti fuoco. 
														Alla sua creazione 
														collaborarono, in misura 
														varia a seconda della 
														località e dei tempi, 
														tre elementi: in primo 
														luogo le ossa di animali 
														fossili rinvenute in 
														caverne preistoriche, 
														perciò spesso denominate 
														"grotte del drago": tale 
														è il caso del drago di 
														Klagenfurt, il cui 
														monumento, eretto colà 
														al principio del 
														Seicento, ebbe per 
														modello un cranio di 
														rinoceronte velloso 
														dell'era glaciale che fu 
														poi gelosamente 
														custodito nel locale 
														municipio; in secondo 
														luogo il fantastico 
														ingigantimento e 
														travisamento di comuni 
														rettili temibili, come 
														il coccodrillo e il 
														serpente; in terzo luogo 
														l'esistenza, in certe 
														contrade, di rettili 
														effettivamente 
														abbastanza rispondenti 
														alla tradizionale 
														immagine del drago o del 
														suo compagno basilisco: 
														tali sono le iguane 
														sud-americane, i varani 
														d'Africa e d'Asia e, 
														soprattutto, quella 
														curiosa lucertola 
														dell'Indonesia che, per 
														la presenza di 
														espansioni alari 
														funzionanti da 
														paracadute, s'ebbe non a 
														torto da Linneo il nome 
														di "Draco volans"; a 
														quest'ultimo infatti si 
														riferiscono 
														evidentemente le 
														descrizioni e le 
														illustrazioni 
														cinquecentesche di 
														Girolamo Cardano, di 
														Konrad von Gesner e di 
														Pierre Belon. Ben più 
														simili ai draghi delle 
														leggende dovevano essere 
														molti dei colossali 
														rettili che popolavano 
														il globo nell'era 
														secondaria. Ma era 
														assurdo pensare che 
														qualcuno di essi, 
														scampato all'estinzione 
														databile a cento milioni 
														di anni fa, fosse 
														servito da spunto a 
														qualche favola. Era 
														assurdo... fino al 1912. 
														In quell'anno il 
														professor Owen del 
														giardino botanico di 
														Giava fece una 
														sensazionale scoperta: 
														indotto appunto dalle 
														strane dicerie degli 
														indigeni di Komodo, 
														un'isoletta tra Sumbawa 
														e Flores, egli allestì 
														una piccola spedizione e 
														scoprì, anzi, uccise 
														addirittura uno dei 
														misteriosi "Doeje darat", 
														i terribili draghi che, 
														a detta degli indiani, 
														vivevano nel fondo della 
														giungla. La preda si 
														mostrò tutt'altro che 
														inferiore alla leggenda: 
														lungo sino a quattro 
														metri, con le possenti 
														zampe anteriori più 
														lunghe delle posteriori, 
														il lucertolone di Komodo 
														aveva, per dimensioni e 
														per portamento, un 
														aspetto ben degno dei 
														suoi lontani progenitori 
														fossili. Il drago, 
														sebbene senza ali, non 
														era più un mito. 
														
														
														
														UNA FAMOSA LEGGENDA: SAN 
														GIORGIO UCCIDE IL DRAGO 
														
														
														
														(da A. M. Smyth, Storie 
														di animali favolosi) 
														Questa storia sui 
														draghi, dall'aria 
														candida, vi darà un'idea 
														di come,  
														alcuni secoli fa, degli 
														uomini sensati 
														accettarono questo 
														spaventoso mostro. 
														
														"- Questo è il grazioso 
														drago che hai preso - 
														disse il soldato 
														britannico Giorgio al 
														suo amico romano Lucio. 
														- Vorrei che fossero 
														tutti come questo! Egli 
														era in viaggio dal campo 
														romano a Corinium o 
														Cirencester, come lo 
														chiamava nella propria 
														lingua, per andare 
														incontro all'avventura 
														di uccidere il drago 
														feroce che atterriva il 
														paese. Parecchi giovani 
														soldati romani e 
														britannici avevano già 
														tentato l'impresa, ed 
														erano stati uccisi o 
														feriti dal drago. Così 
														Giorgio aveva ottenuto 
														una settimana di licenza 
														e, prese le armi e 
														inforcato il grosso e 
														pesante cavallo 
														britannico, s'era messo 
														in cammino. La sera 
														prima raggiunse la villa 
														di Lucio, un suo amico 
														romano, che era venuto 
														in Britannia con 
														Giorgio, e si era 
														talmente innamorato del 
														paese che aveva comprato 
														del terreno e aveva 
														costruito una bella 
														villa sul modello delle 
														ville romane, e ora 
														coltivava la terra e 
														allevava cavalli. Lui e 
														Giorgio andarono in giro 
														per i campi e 
														raggiunsero delle 
														piccole vacche nere che 
														erano una razza speciale 
														da latte. Sdraiato 
														accanto ad esse, la 
														lingua fuori e gli occhi 
														svegli c'era un bel 
														draghetto. - Si - disse 
														Lucio - Don è una 
														bellezza. Migliore di 
														qualunque cane. I lupi, 
														le volpi e i cani 
														selvaggi non mi danno 
														più preoccupazione da 
														quando l'ho ammaestrato 
														a sorvegliare la 
														mandria. - E' sempre 
														così docile e fidato? - 
														Si, sempre così! Devi 
														sapere che lo trovai 
														ferito sulla strada. 
														Credo che sia andato a 
														sbattere contro un carro 
														da guerra, ed aera 
														allora solamente un 
														cucciolo, aveva un'ala 
														rotta e la zampa 
														anteriore schiacciata. 
														Ma io lo portai a casa, 
														gli misi a posto l'ala e 
														gli bendai la zampa, e 
														da quel momento è stato 
														come un bambino. Qui 
														Don! Il drago balzò in 
														piedi e si avvicinò 
														saltellando al suo 
														padrone. Era alto un 
														metro circa e lungo un 
														metro e mezzo, con un 
														corpo coperto di scaglie 
														blu che sotto il ventre 
														sfumavano nel giallo, la 
														coda dentellata, le ali 
														membranose grigio blu 
														dalla forma molto 
														delicata, quattro grandi 
														zampe piatte, con 
														artigli forti e 
														bellissimi, e una testa 
														grande e fiera. Aveva 
														piccole orecchie 
														armoniose, puntate in 
														avanti e foderate di 
														pelo grigio; aveva gli 
														occhi gialli, 
														lucentissimi e 
														intelligenti; le 
														mascelle lunghe e 
														fornite di denti enormi. 
														Di tanto in
														
														 tanto, 
														mentre ansava di piacere 
														ed eccitazione alla 
														vista del padrone, una 
														sbuffata di fumo saliva 
														dalla sua grande bocca 
														rossa. Lucio e Giorgio 
														gli grattarono le 
														orecchie e gli diedero 
														dei colpetti sul collo 
														massiccio. - Non brucia 
														le cose con il fiato 
														come fanno gli altri 
														draghi - disse Lucio - 
														Un eremita che abita da 
														queste parti e possiede 
														uno di questi draghi, mi 
														consigliò di dargli da 
														mangiare molta lattuga, 
														perché questa diminuisce 
														enormemente il calore 
														del fiato. Naturalmente 
														non può andare vicino al 
														fienile o ad altri 
														simili posti, ma può 
														venire in casa, lo fa 
														spesso e non brucia 
														nulla per la stanza. - 
														Ho sentito che la cosa 
														più terribile del drago 
														che devo combattere è 
														che non si può stargli 
														vicino per il calore. - 
														Male, male - convenne 
														Lucio - Oh sono molto 
														diversi come dimensioni, 
														carattere eccetera. A 
														proposito l'hai sentita 
														l'ultima sul tuo drago? 
														- Ho sentito che la 
														gente deve legare delle 
														povere vacche fuori del 
														villaggio, la sera, 
														perché la bestiaccia se 
														le venga a mangiare la 
														notte, e che deve metter 
														fuori dei secchi di 
														latte. - Molto peggio. 
														L'ultima è che la gente 
														lega le proprie figlie o 
														dei parenti vecchi, 
														insomma, tutti quelli 
														che non sono molto 
														utili, e li lascia 
														divorare dal drago al 
														posto delle vacche 
														che,naturalmente, 
														costano di più. A meno 
														che la scorta delle 
														vacche non sia 
														terminata. - Deve esser 
														così certamente! - disse 
														Giorgio alquanto 
														inorridito. - Oh non so. 
														Voi Britanni siete 
														capaci di tutto. Siete 
														la gente più dura ch'io 
														conosca, eppure sono 
														stato nella maggior 
														parte dei paesi 
														dell'impero. - Bene, mi 
														sa che farò bene a 
														pensarci domani - 
														replicò Giorgio. Il 
														giorno dopo, di buon 
														mattino, egli partì a 
														cavallo del suo grosso 
														baio su per le colline 
														calcaree. Le allodole 
														saettavano dai loro nidi 
														sopra gli zoccoli del 
														cavallo, e si libravano 
														cantando nella limpida 
														aria di giugno. Le 
														colline erano scoperte e 
														nude se non per qualche 
														gruppetto di faggi e di 
														biancospini, freschi e 
														verdi nel sole 
														mattutino, e ai loro 
														piedi spuntavano le 
														felci. Il sole 
														risplendeva sull'elmo e 
														sul pettorale di 
														Giorgio, sull'armatura 
														che gli copriva le 
														gambe, le mani e le 
														braccia, sullo scudo 
														rotondo e sulla punta di 
														ferro della lancia. La 
														sua spada romana corta e 
														piatta e il pugnale gli 
														pendevano al fianco 
														nella guaine di cuoio. 
														In un sacco posato sulla 
														sella, egli portava 
														anche il pane, la carne, 
														il formaggio e il vino 
														che gli aveva dato 
														Lucio. Mentre cavalcava 
														udì picchiare degli 
														scalpelli e dei martelli 
														nelle cave di gesso 
														delle colline, e il 
														vocio degli uomini per 
														l'aria tranquilla. Il 
														sole era salito al punto 
														più alto del cielo ed 
														egli si affrettò. Dopo 
														poco raggiunse l'alta 
														cima dove, nei pressi di 
														un villaggio, viveva il 
														drago. Fin dove poteva 
														spingersi lo sguardo si 
														scorgevano solo delle 
														ondulazioni perdersi 
														fino all'orizzonte. 
														Eccetto per alcune 
														capanne grigie, era una 
														delle regioni più 
														desolate della 
														Britannia, e Giorgio si 
														rese conto del perché il 
														drago fosse riuscito a 
														sopravvivere così a 
														lungo. Quei miseri 
														contadini non dovevano 
														essere né armati né 
														abbastanza abili per 
														scontrarsi con una 
														bestia tanto possente e 
														astuta. Egli arrivò fino 
														a Uffington e fu 
														accompagnato dal capo 
														del villaggio. - Signore 
														- disse il capo - 
														fareste meglio a 
														riposare e a 
														rinfrescarvi fino al 
														calar del sole, perché 
														il mostro dorme tutto il 
														giorno e non si vede mai 
														fino a sera. Allora esce 
														a divorare la vittima... 
														L'uomo si interruppe e 
														scoppiò in pianto. 
														Dall'interno della sua 
														dimora già Giorgio aveva 
														udito pianti e 
														singhiozzi, e così 
														chiese di cosa si 
														trattava. - Signore, 
														abbiamo tirato a sorte 
														per sapere chi doveva 
														sacrificare la propria 
														figlia, ed è toccato a 
														me, e questa sera la mia 
														univa figlia sarà 
														portata dagli anziani 
														del villaggio e 
														sacrificata al drago. 
														Signore, è la nostra 
														sola figlia, è sempre 
														stata la nostra gioia e 
														la nostra consolazione. 
														- E si torse le mani, 
														disperato. - E lo sarà 
														ancora - disse Giorgio, 
														appoggiando la mano 
														sulla spalla del povero 
														uomo. - Il drago ha 
														avuto la sua ultima 
														vittima... stanotte 
														morirà. Egli rimase quel 
														pomeriggio nella casa 
														del capo, e vide che il 
														suo cavallo era 
														premurosamen te 
														accudito. Verso il 
														tramonto, gli anziani 
														del villaggio vennero a 
														prendere la ragazza, e 
														Giorgio le disse di 
														andare pure con loro e 
														di lasciarsi legare, ma 
														di aver fiducia in lui 
														perché l'avrebbe 
														salvata. Poi sellò il 
														cavallo e seguì la 
														compagnia. Non appena la 
														fanciulla fu legata 
														all'albero sacrificale 
														si sentì sotto terra un 
														rombo sordo. La gente 
														del villaggio se la 
														diede a gambe e Giorgio 
														vide delle buffate di 
														fumo uscire da quella 
														che pareva una cava 
														fuori uso. Seguì uno 
														spruzzo di fuoco, lo 
														strepitio si fece più 
														forte e avanzando 
														pesantemente si presentò 
														il drago. Era una vista 
														spaventosa: tre o 
														quattro volte più grosso 
														del Don di Lucio, e con 
														le mascelle che 
														eruttavano continuamente 
														buffi di fumo e lingue 
														di fuoco. Avanzando, 
														ruggiva e sibilava, 
														agitando la coda potente 
														e dentellata. Il corpo, 
														benché grosso, si 
														muoveva molto agilmente 
														sugli enormi piedi 
														muniti di artigli. Il 
														coraggio di Giorgio per 
														un istante vacillò. Non 
														aveva immaginato che un 
														mostro potesse essere 
														tanto grosso e 
														selvaggio. Ma, non 
														potendo ormai far marcia 
														indietro, spinse avanti 
														il cavallo. Il drago 
														smise di avanzare con 
														ferocia verso la 
														fanciulla, per 
														attaccarlo. Il cavallo 
														saltò di fianco, 
														spaventato dal fumo e 
														dal fuoco, e Giorgio 
														dovette spronarlo per 
														affrontare il drago. 
														Egli stesso era mezzo 
														asfissiato. Prese di 
														mira la bestia con la 
														lancia. Il drago 
														sovrastava Giorgio in 
														sella al suo cavallo. La 
														lancia lo colpì sulla 
														spalla sotto l'ala e, 
														con gran smacco di 
														Giorgio, guizzò via come 
														respinta da una lastra 
														d'acciaio. Il cavallo 
														sgusciò di fianco e così 
														salvò Giorgio dalla 
														tenaglia delle enormi 
														mascelle. Egli udì lo 
														strepito del loro 
														sbattere appena dietro 
														di lui e sentì la 
														scottatura, e allora 
														voltò prontamente il 
														cavallo per tenerlo fra 
														il drago e la fanciulla 
														prigioniera. Questo 
														combattimento era ben 
														diverso da qualunque 
														altro avesse mai 
														immaginato. Il fumo che 
														mezzo lo soffocava gli 
														nascondeva il drago, 
														così che egli non poteva 
														veder bene né seguirne i 
														movimenti. Era rivestito 
														di scaglie 
														impenetrabili, e le sole 
														parti vulnerabili del 
														corpo erano, forse, 
														quelle ventrali, che 
														Giorgio poteva 
														raggiungere solo 
														smontando da cavallo; ma 
														in questo caso i suoi 
														gesti sarebbero stati 
														troppo lenti per eludere 
														il mostro. Mentre 
														cercava di architettare 
														un piano, trascinò il 
														drago più lontano dalla 
														fanciulla, 
														indietreggiando dinanzi 
														ai suoi impetuosi 
														attacchi. Poi l'assalì, 
														caricandolo più volte, 
														colpendolo in diversi 
														punti, nel tentativo di 
														trovare quello 
														vulnerabile. Più volte 
														egli sentì un colpo come 
														se la lancia urtasse 
														contro un corpo 
														corazzato, ma non 
														penetrò in nessun punto. 
														Aveva il volto e il lato 
														destro scottati, come il 
														cavallo che inoltre era 
														stato ferito da uno 
														strappo delle fauci del 
														mostro. La luce stava 
														per spegnersi, ed egli 
														comprese che doveva 
														affrettarsi. Mentre 
														girava il cavallo, 
														Giorgio si rese conto 
														che c'erano solo due 
														punti da prender di 
														mira, l'occhio o la 
														gola. L'occhio era un 
														bersaglio troppo piccolo 
														ed era spesso nascosto 
														dal fumo, così egli 
														decise per la gola. Il 
														drago, infuriato dai 
														colpi che aveva 
														incassato, e affiatato 
														com'era, lo assalì 
														ruggendo con le fauci 
														spalancate e sputando 
														fuoco. Giorgio avanzò 
														arditamente, prendendo 
														giusto di mira il fuoco 
														con la propria lancia. 
														Ci fu un cozzo e il 
														cavallo cadde 
														all'indietro perché la 
														lancia aveva fatto presa 
														e si era infissa nella 
														gola del mostro. Si 
														alzarono tremende strida 
														della bestia ferita, che 
														si sollevò nel tentativo 
														di schiacciare Giorgio 
														sotto i piedi. In un 
														balzo, Giorgio scivolò 
														giù dal cavallo, sfoderò 
														la spada, mirò diritto 
														al fianco del mostro 
														dove l'affondò nella 
														giuntura fra la gamba 
														anteriore sinistra e il 
														corpo. Il colpo fu 
														fatale. Il drago era 
														trafitto al cuore. Il 
														sangue corse rovente giù 
														per i fianchi della 
														collina e scavò nel 
														suolo dei canali che 
														sono visibili ancor 
														oggi. Le fiamme 
														diminuirono mentre 
														cessavano le 
														contorsioni, e 
														finalmente la paurosa 
														creatura giacque morta. 
														Giorgio andò dalla 
														fanciulla, piuttosto 
														male in arnese, ma pieno 
														di contentezza. La slegò 
														e la riconsegnò al 
														padre, che venne con gli 
														abitanti del villaggio a 
														benedirlo. Gli offrirono 
														la ragazza in sposa, ma 
														egli ringraziò e 
														rifiutò, dicendo che era 
														un soldato e non poteva 
														ancora prender moglie. 
														Allora il capo lo 
														ricevette a casa sua per 
														la notte mentre i 
														villici facevano festa 
														intorno al corpo del 
														drago che poi venne 
														bruciato. La mattina 
														dopo Giorgio rimontò a 
														cavallo e rifece il suo 
														viaggio su per le 
														colline per ritornare al 
														reggimento."  |