Secondo la mitologia
Greca, le Arpie erano le
figlie che Nettuno, il
Dio dei mari, aveva
avuto con Elettra,
Tarmante e Anfitrite. La
mitologia classica narra
che erano state
confinate nelle isole
Strofadi, nel Mar Ionio,
dallo stesso Giove, che
se serviva a proprio
vantaggio contro tutti
coloro che voleva
perseguitare. Ci sono
differenti concezioni
sul loro aspetto:
secondo alcuni era
terrificante,
assomigliano ad un umano
vecchio, con la parte
inferiore del corpo e le
gambe di un uccello, di
cui hanno anche le ali.
I capelli sono arruffati
e sporchi, gli occhi
neri e carichi di
malvagità. La loro
particolarità sta nel
loro famoso e
pericolosissimo canto:
si narra infatti che
tutti gli uomini che
hanno ascoltato le loro
nenie sono stati come
ipnotizzati, perdendo il
libero arbitrio e
provando un incredibile
senso di attrazione nei
confronti di queste...
attrazione che spesso
portava alla morte! La
mitologia greca però si
discosta fortemente
dalla tradizione
Medievale di queste
creature, infatti non
assomigliano ad un umano
vecchio e brutto,
tutt'altro! Hanno invece
corpi di donne giovani e
particolarmente
attraenti, pur rimanendo
particolarmente
aggressive e malvagie,
fermo restando il loro
canto ammaliatore,
capace di soggiogare
anche l'uomo con la
volontà più ferrea. Ecco
alcuni brani classici
dove vengono descritte
le Arpie:
OMERO
" ...ecco che
le fanciulle le Arpie
rapirono in aria,
e in balia delle Erinni
odiose le diedero."
(Odissea, XX, 77-78)
VIRGILIO
"(...)
Strofadi grecamente
nominate
Son certe isole in mezzo
al grande Jonio,
Da la fera Celeno e da
quell'altre
Rapaci e lorde sue
compagne arpie
Fin d'allora abitate..."
(Eneide, III, 354-358)
"(...) Altro di queste
Più sozzo mostro, altra
più dira peste
Da le tartaree grotte
unqua non venne.
Sembran vergini a'
volti, uccegli e cagne
A l'altre membra; hanno
di ventre un fedo
Profluvio, ond'è la
piuma intrisa ed irta,
Le man d'artigli armate,
il collo smunto,
La faccia per la fame e
per la rabbia
Pallida sempre, e
raggrinzita e magra..."
(Eneide, III, 361-368)
ARIOSTO
"...Erano
sette in una schera, e
tutte
Volto di donne avean
pallide e smorte,
Per lunga fame attenuate
e asciutte
Orribili a veder più che
la morte:
L'alaccie grandi avean
deformi e brutte,
le man rapaci, e l'ugne
incurve e torte;
Grande e fetido il
ventre, e lunga coda
Come di serpe che
s'aggira e snoda..."
(Orlando Furioso, XXXIII,
120)
DANTE ALIGHIERI
"...Ali hanno
late, e colli e visi
umani,
piè con artigli, e
pennuto l'gran ventre;
fanno lamenti in su li
alberi strani..."
(If.
XIII, 13-15)
Un particolare
ringraziamento allo
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bluedragon.it per averci
fornito materiale a
riguardo.
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