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luna - segreti e misteri del nostro satellite
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Siamo davvero andati sulla Luna?
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Che fai tu, Luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa Luna?
a cura di Luca Berto

Per Giacomo Leopardi, la Luna sta nel cielo, immota, immobile, vergine, incurante delle umane disgrazie, lontana, irraggiungibile. E’ ancora così? Nel 1987, nelle librerie statunitensi comparve un libro che fece scalpore e che valse, al suo autore, la creazione di un fascicolo tutto suo negli archivi della CIA. L’uomo in questione è Bill Kaysing, direttore delle pubblicazioni tecniche presso la Rocketdyne Research, la ditta che ha progettato e realizzato i motori per i viaggi lunari; il libro è We never went to the Moon, Non siamo mai andati sulla Luna nell’edizione italiana della Cult Media Net Edizioni del 1997. L’intero libro, come si capirà dal titolo, ruotava intorno alla convinzione, suffragata e avvallata da moltissime immagini e documenti più o meno segreti portati dall’autore, che l’uomo non fosse mai andato sulla Luna e che, di conseguenza, l’intero programma Apollo della NASA fosse un’enorme balla. Il volume descrive quelle che sono le trame segrete governative per la costruzione di questa epocale messa in scena, trame che hanno protagonisti nel governo, ovviamente, negli ambienti dell’agenzia spaziale americana e, soprattutto, negli astronauti. La trama, chiaramente, è molto complessa: di conseguenza, in questo scritto, ci concentreremo soprattutto delle prove fotografiche portate da Kaysing a conferma della sua idea, forse le prove più facili da valutare, rispetto a misteriosi ed oscuri documenti governativi, che richiederebbero discussioni e disquisizioni eterne; di seguito, ci concentreremo su quali siano stati i motivi per la costruzione di una messa in scena di questo tipo.

Prima di procedere all’analisi delle foto, alcune caratteristiche tecniche, utili soprattutto per chi si intende di fotografia. La NASA utilizzò, per tutte le missioni lunari, apparecchi fotografici Hasselblad, macchine usate per ritratti, paesaggi e nature morte: il meglio del tempo, le più moderne che la tecnologia potesse offrire. Il mirino si trovava nella parte superiore dell’apparecchio, cosa ottimale per gli astronauti, che avevano la macchina montata sul petto. L’obbiettivo era da 250 mm a fuoco fisso, quindi relativamente facile ed immediato da usare. Il pulsante dello scatto era inserito nei guanti di gomma della tuta. Il formato delle foto era quadrato. Passiamo ora alle foto, provenienti dai books fotografici di tutte le missioni Apollo, cominciando, ovviamente, da quelle della missione Apollo 11.

[Nota: le sigle riportate sotto le foto corrispondono ai numeri di identificazione usati dall’ente spaziale americano per siglare ogni fotografia. Per comodità di impaginazione, le immagini sono state ridotte nelle dimensioni.]

La prima immagine che andremo ad analizzare è una “cartolina” dalla Luna, precedente all’atterraggio, che ci lascia un po’ perplessi e sulla quale è bene fermarsi un momento.


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L’ombra che si può osservare in basso a sinistra è quella prodotta dall’ugello del modulo di comando dell’Apollo 11. In base a quanto affermato dalla NASA, tale ombra aveva una lunghezza di 95 chilometri ed era proiettata ancora sulla faccia visibile della Luna. Gli occhi terrestri puntati sulla superficie del nostro satellite, quel giorno di luglio, erano certamente più di un paio e grande sarebbe stata l’emozione che, vedere in prima persona tale ombra, avrebbe prodotto in tutti gli spettatori terrestri. Tuttavia, la NASA non fece mai riferimento a quest’ombra nei momenti direttamente precedenti all’atterraggio. E dire che sarebbe stata un’ottima pubblicità, per l’agenzia americana. Perché questo silenzio? Forse l’ombra era impossibile da vedersi?
A parte questo fatto, ciò che colpisce è l’incredibile perfezione dei bordi dell’ombra. In genere, tanto più un corpo è lontano dalla fonte di luce (od anche dalla superficie sulla quale viene gettata l’ombra), tanto più i contorni dell’ombra che produce risultano indefiniti; contemporaneamente, il “colore” dell’ombra stessa non appare più nettamente nero, ma varia lungo tutta la scala di grigi. Quest’ombra di 95 chilometri, oltre ad essere esageratamente grande, è anche incredibilmente perfetta, nella forma e nel colore.

Il LEM si è staccato dal modulo di comando Columbia ed inizia l’atterraggio sul suolo lunare.


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Sono foto incredibilmente perfette sia dal punto di vista dell’inquadratura (ricordiamo che gli astronauti galleggiavano nella loro navicella priva di gravità) che dell’illuminazione, che, con questi effetti di luce rosata e azzurra, rendono quasi magici i momenti dell’allunaggio. L’ultima immagine, in particolare, pare l’illustrazione di un romanzo di fantascienza… 

Il LEM è atterrato e gli astronauti iniziano la discesa sul suolo lunare. Un momento storico senza precedenti, un momento che celebra la grandezza del genio umano, in grado di varcare i confini terreni imposti dal destino.


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Due fatti, principalmente, in riferimento a queste foto. Il primo riguarda la terza immagine: tutti gli obiettivi delle macchine fotografiche usate dagli astronauti erano supportate da “crocette”, utili a centrare e raddrizzare l’oggetto della foto nell’obiettivo. In questa immagine, dicevamo, le “crocette” sono storte: evidentemente l’astronauta che scattò la foto era in posizione non proprio verticale rispetto al terreno; l’orizzonte, però, è perfettamente orizzontale. L’altro fatto riguardante queste immagini è la misteriosa sparizione dei negativi delle foto. Un fatto ben strano, visto che si tratta delle prime due immagini tratte dell’uomo sulla Luna.


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Questa immagine mostra il suolo sotto il LEM in seguito all’atterraggio. Secondo quanto affermato da Armstrong, la polvere sollevata dai razzi frenanti durante l’atterraggio era tale da mettere in pericolo lo stesso atterraggio. Un tale movimento di polvere avrebbe dovuto quantomeno creare un piccolo cratere sotto al LEM. Eppure, il suolo è intatto. A questo si aggiunge un’altra stranezza: nonostante il suolo polveroso, le parti color oro del LEM non si sono minimamente sporcate.


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Questa strana anomalia è riscontrabile anche osservando i “piedi” del modulo di atterraggio. Vista la consistenza del suolo lunare, costituito da una sabbia a grana irregolare e soffice, essi avrebbero dovuto almeno affondare di qualche centimetro nel terreno. Invece…


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Un discorso simile si può fare anche riguardo alle impronte degli astronauti nel terreno. Le impronte lasciate dagli scarponi sono un po’ troppo regolari e pulite per essere state lasciate su un suolo sabbioso. Sembra quasi, invece, vista la loro perfezione, che siano state lasciate nella creta. Un ottimo surrogato terrestre del terriccio lunare è un miscuglio di pozzolana, pietra pomice e cenere vulcanica.

A questo punto, gli astronauti Armstrong ed Aldrin, per sancire ufficialmente davanti al mondo il primato statunitense nella conquista dello spazio, piantano, nel suolo lunare, la bandiera americana. 


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Quello che balza immediatamente all’occhio, riguardo questa foto, è l’enorme disparità nella lunghezza delle ombre gettate dai due astronauti. Ora, la lunghezza di un’ombra di un oggetto proiettata sul terreno è determinata dall’altezza, rispetto alla linea dell’orizzonte, della fonte di luce. Per fare un esempio, alla massima altezza, ossia allo zenit, un corpo non avrà alcuna ombra, in quanto il sole sarà perfettamente perpendicolare all’orizzonte; alla minima altezza del sole, invece, cioè al tramonto o all’alba, un oggetto avrà un’ombra alla massima lunghezza. In questo caso, la differenza di lunghezza delle ombre è spiegabile con un unico motivo: ci sono due fonti di luce distinte. Il che, inutile dirlo, è cosa assai strana, nello spazio, dove l’unica fonte di luce dovrebbe essere il Sole.

A questo si aggiunge, inoltre, un altro fatto: incredibilmente, la lunghezza dell’ombra della bandiera americana è, proporzionalmente, uguale a quella dell’ombra dell’astronauta all’estrema sinistra.


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Un’altra immagine di Aldrin di fronte alla bandiera americana. Questa foto soprattutto, ma anche tutte le altre, ci fa sorgere un dubbio. Per usare le parole di Kaysing, “perché in tutte le foto delle missioni lunari le uniche stelle visibili sono quelle della bandiera statunitense?” I corpi celesti luminosi sono visibili ad occhio nudo dalla Terra nonostante i molti strati di gas atmosferici che ne smorzano la luminosità relativa: a maggior ragione, sulla Luna, dove l’atmosfera è del tutto assente e perciò non ci sono “filtri” alla luce, le stelle dovrebbero essere non solo visibili, ma anche molto più luminose. Eppure, un misterioso buio cosmico è presente in tutti gli sfondi lunari.

Inoltre, cosa incredibile per tutti meno che per Peter Pan e per gli astronauti Apollo, l’ombra della bandiera americana è scomparsa dal terreno! Parliamo ancora di ombre ed osserviamo questa fotografia.
 


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L’ombra del LEM sembra sfiorare lo sfondo nero, che, però, è troppo vicino per essere all’orizzonte. Il sole, infatti, è in alto e non sull’orizzonte, come dimostrano le ombre gettate dal LEM sotto di esso. Una spiegazione è che il modulo sia atterrato sulla montagna più alta della Luna, montagna che, guarda un po’, ha una cima piana ed abbastanza ampia da consentire un atterraggio. Un’altra spiegazione è che il cielo nero sia un fondale fotografico.


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In tutte le fotografie precedenti, l’illuminazione era ristretta alla sola zona dell’atterraggio. Nell’immagine qui sopra, invece, il campo appare illuminato in maniera molto maggiore. Come se, al posto del Sole, ci fosse un “occhio di bue”, un faro di solito utilizzato negli studi fotografici. E veniamo, ora, a quella che è forse la più famosa immagine del programma “Apollo”.


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La foto è stata scattata da Neil Armstrong e mostra “Buzz” Aldrin in avvicinamento verso il LEM. A vederla così, niente appare così strano (tralasciati i vari elementi fin qui esaminati e presenti anche in questa foto, ovviamente). Ma proviamo ad osservare meglio la visiera dell’astronauta e noteremo alcune cose interessanti.

Nella visiera sono riflessi Armstrong (4), l’ombra di Aldrin (2), il LEM (3), la bandiera dell’esperimento sul vento solare (1) e… un misterioso oggetto. A prima vista, questo oggetto sembra “fluttuare nell’aria”, privo di appoggi sul terreno. Alcuni (soprattutto coloro che credono alla messinscena) dicono che si tratti di un elicottero, altri di una struttura in vetro-plastica alta 12 metri. La NASA, invece, sostiene che si tratti di una parte dell’equipaggiamento. Di cosa in particolare si tratti, però, non si sa. Un’altra osservazione va fatta, riguardo a questa foto. Come detto in precedenza, sulla Luna non c’è atmosfera a fare da filtro alla luce, attenuandola. Per questo motivo, tutte le foto dovrebbero essere estremamente nitide, luminose. Invece, il paesaggio dietro Aldrin sfuma verso il buio: l’unica spiegazione a questo fenomeno va forse vista nella diversa adattabilità della pellicola, inferiore a quella dell’occhio umano. Quello che, invece, non trova spiegazione plausibile è un altro “difetto” di illuminazione. Sulla Luna, il contrasto tra luce ed ombra dovrebbe essere molto netto, visto il motivo di cui sopra. Un esempio di questo nell’immagine seguente.


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Invece, sulla tuta di Aldrin, per esempio, si notano molti particolari: con i dovuti ingrandimenti, si potrebbero leggere perfino l’ora (ora della Luna, naturalmente), in cui è stata scattata la fotografia… 

Non è soltanto il contributo fotografico della missione Apollo 11 a lasciare dei dubbi sull’autenticità delle spedizioni spaziali. Anche nelle successive missioni ci sono alcuni particolari interessanti. Ovviamente, analizzare tutte le foto di tutte le missioni sarebbe cosa noiosa, oltre che infinita. Dunque, ci limiteremo a studiare alcune immagini “esemplari”, non più di un paio per missione.

Missione Apollo 12. Alan Bean viene fotografato da Charles Conrad

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Il casco di Bean è ben visibile per intero: cosa ben strana, se si considera che Conrad aveva la macchina fissata al petto ed era al livello di Bean e che il terreno sembrava essere piano. Inoltre, le ombre che si possono vedere riflesse sulla visiera dello stesso Bean non seguono linee parallele, come se ci fossero più fonti di luce. Ancora: il contenitore che Bean tiene in mano sembra risplendere nella parte inferiore, che, però, non è rivolta verso la luce. La sua luminosità potrebbe essere dovuta alla luce riflessa proveniente dalla tuta dell’astronauta; tuttavia, il resto del contenitore, dallo stesso lato, appare scuro.


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Questa immagine è stata scattate durante la missione Apollo 14. Oltre a non vedere, come al solito, alcun cratere al di sotto del LEM, possiamo notare un’altra cosa assai strana. Nonostante nessuno vi abbia ancora messo piede (e comunque, per farlo, sarebbe dovuto passare al di sotto dell’ugello del modulo come se ballasse il limbo…), sotto il modulo di escursione lunare si può notare quella che sembra l’impronta di uno stivale.


Missione Apollo 16. Nonostante la parete del LEM sia completamente in ombra, buia, gli unici dettagli facilmente leggibili sono le targhe “United States” e la bandiera americana. Caso strano…


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Un’altra immagine dell’Apollo 16. Questa immagine offre almeno tre spunti di riflessione.


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Il primo riguarda l’antenna del Lunar Rover, la “jeep dello spazio” fornita agli astronauti per le loro escursioni lunari a partire dalla missione Apollo 12. Osservando con attenzione l’antenna, notiamo che questa sembra sovrapporsi ad una delle “crocette” dell’inquadratura. Due sono le spiegazioni a questo: o la fotografia è stata ritoccata oppure si tratta di un raro ma possibile fenomeno di rifrazione avvenuto all’interno della pellicola, dovuto ad una sovraesposizione della stessa.

Il secondo punto riguarda la strana curva a 90° lasciata dalle gomme della Rover lunare.

A meno che gli astronauti non si divertissero ad organizzare rally sulla luna (anche se un caso c’è stato…), sgommando usando il freno a mano, possiamo pensare che si tratti di tracce lasciate dai tecnici e fotografi che hanno scattato le fotografie del finto allunaggio. Altro particolare da notare è l’incredibile nitidezza delle impronte dei copertoni, difficilmente spiegabili se si pensa che il suolo lunare è estremamente arido e polveroso. Come si può constatare osservando il nuvolone di polvere alzato dalla Rover in questa altra immagine.


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Il terzo ed ultimo punto riguardante questa immagine è quasi clamoroso. Osservando lo spazio compreso tra le due linee, è possibile notare sassi e pietrisco terminino improvvisamente su un fondo piatto e sfuocato e, cosa incredibile, verticale, perpendicolare al terreno. Sembra quasi una quinta teatrale…

Ora, una piccola curiosità. La seguente immagine è stata catturata durante la missione Apollo 11. Si tratta di un’immagine molto affascinante, soprattutto per l’effetto ed il gioco cromatico scaturito dal contrasto con la luce solare.


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Un’attenta analisi di questa immagine, condotta aumentando la luminosità, ha mostrato la presenza di alcuni ritocchi e cancellature, camuffati, ovviamente, operati sullo sfondo.

A prima vista, ovviamente, questo potrebbe far pensare che si cercasse di nascondere qualcosa. Tuttavia, questa immagine è stata realizzata “a mosaico”, unendo, cioè, varie fotografie di piccoli particolari, allo scopo di ottenere un’inquadratura più ampia. E’ quello che, per esempio, è stato fatto, di recente, con le foto scattate dalla sonda spedita su Marte, allo fine di avere una visione panoramica dell’ambiente marziano. Tornando alla nostra foto, dunque, è possibile che queste cancellature derivino dalla costruzione dell’immagine nella sua totalità. Stavolta, quindi, nessun tentativo di “fregarci”…

Riguardo i motivi che spinsero gli americani a mettere su questo spettacolo da circo, peraltro riuscito ad una prima occhiata solamente superficiale, come si è potuto notare osservando le foto, il discorso si fa più complesso. Nel maggio del 1961, il presidente John Fitzgerald Kennedy aveva pronunciato, davanti al Congresso degli Stati Uniti, questa frase: “Prima che questo decennio finisca, gli Stati Uniti devono mandare un uomo sulla Luna e farlo tornare a casa sano e salvo”. Una sfida non da poco, che apriva ufficialmente la corsa alla conquista umana dello spazio. La prima medaglia di questa gara fu però assegnata ai russi, i quali, nel 1961, riuscirono a spedire il primo uomo nello spazio (Yuri Gagarin, a bordo del Vostok 1). Gli USA arrivarono leggermente in ritardo e si dovettero accontentare del secondo posto, ottenuto riuscendo a spedire, per la prima volta, un uomo, John Glenn, in orbita attorno al pianeta. A questo piccolo trionfo americano seguì la tragedia dell’Apollo 1, che, nel 1967, durante alcune esercitazioni, esplose con tre astronauti a bordo. I tempi per il primo allunaggio sembravano allungarsi di molto. Almeno per gli USA, visto che la Russia continuava a mietere successi: a Gagarin, nel 1963, seguì la prima donna nello spazio, Valentina Tereshkova; nel 1965 Aleksey Leonov compì la prima passeggiata spaziale; nel 1966 il Lunik 9 fu il primo oggetto creato dall’uomo a raggiungere il suolo lunare; nel 1968 lo Zond 5 compie un’orbita attorno alla Luna senza equipaggio. Ovviamente, gli Stati Uniti non potevano sopportare che “quei comunisti dei Russi” arrivassero per primi sulla Luna. Dobbiamo ricordare che eravamo nel periodo della Guerra Fredda: una sconfitta in campo spaziale degli USA avrebbe significato una sconfitta anche politica ed ideologica, cosa, ovviamente, da evitare a tutti i costi. Ed i costi, in questo caso, furono relativamente esigui. Nel suo libro, Kaysing riferisce che, allo scopo di avere il primato nella corsa allo spazio, la DIA (Defense Intelligence Agency, i servizi segreti della difesa) e la NASA falsificarono le immagini ed i documenti della missione Apollo 11. Dalla base Kennedy, dunque, il 15 luglio 1969, fecero partire un razzo Saturn V completamente vuoto, che ricadde al suolo non appena l’attenzione del pubblico venne meno. Mentre tutto questo avveniva, in un’enorme caverna nel deserto del Nevada scienziati, astronauti e… fotografi preparavano le foto della missione, i filmati e le registrazioni radio tra la base ed i moduli spaziali. Non appena tutto fu pronto, gli astronauti entrarono in un finto modulo di rientro, che fu caricato su un aereo e sganciato, in diretta televisiva mondiale, sull’oceano. Dunque, partenza, viaggio e ritorno a casa: tutto era stato documentato con immagini, anche in diretta televisiva. Come se questo non bastasse, onde evitare che gli astronauti involontariamente si lasciassero scappare qualche informazione compromettente, il governo e la NASA li sottoposero ad un accurato lavaggio del cervello. Questo spiegherebbe anche gli innumerevoli problemi di salute e disturbi mentali cui tutti gli astronauti sono andati incontro al loro ritorno sulla terra, problemi che tutti i medici della NASA hanno spiegato tirando il ballo la famosa “sindrome dello spazio”. I motivi di questa messa in scena, abbiamo detto, sono soprattutto di natura politica, ideologica, propagandistica. Ma possiamo anche supporre (ed è quello che fa Kaysing) che tutta la “favola” sia stata costruita dalla NASA per ottenere maggiori fondi da parte del governo per attuare serie ricerche e reali programmi spaziali. I fondi per la NASA, infatti, soprattutto dopo la tragedia dell’Apollo 1, erano stati notevolmente ridotti. Anche perché gli americani si stavano impegnando con sempre maggior foga, sia dal punto di vista umano sia dal punto di vista economico, nella inutile guerra in Vietnam. Ora, ovviamente, dal punto di vista della propaganda politica, per il governo americano sarebbe stata più redditizia una vittoria sulla terra contro il “nemico rosso” in carne ed ossa che a distanza (siderale, in questo caso), nello spazio. Insomma, per concludere, l’ipotesi di Kaysing rimane affascinante e non priva di indizi reali e plausibili. E’ difficile, almeno per un momento, non crederci: è difficile credere, come afferma, che gli astronauti siano giunti sulla Luna con dei computer che avevano meno memoria di una lavatrice…

BIBLIOGRAFIA

· Bill Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, Cult Media Net Edizioni, Roma, 1997

ARCHIVIO FOTOGRAFICO

· www.apolloarchive.com/apollo_gallery.html
· http://history.nasa.gov/alsj
· www.nasa.gov
· http://www.nexusitalia.com - Immagine AS11-40-5863-69