I militari, si sa, sono
sempre stati affascinati
ed attratti dalle
potenzialità delle
applicazioni e degli
studi scientifici: la
bomba atomica, nata
dalle ricerche di Enrico
Fermi e Leo Szilard ne è
la prova più tristemente
famosa. Ma gli esempi
non finiscono qui: per
esempio, tra gli anni
’30 e ’40 del XX secolo
la Marina americana
iniziò ad interessarsi
all’applicazione, in
campo militare, della
teoria di Einstein sul
“campo unificato”,
teoria che metteva in
relazione i campi
magnetici e
gravitazionali con altri
fenomeni subatomici (per
cui gravità e magnetismo
sarebbero collegati tra
loco come lo sono Massa
ed Energia nella famosa
formula E=mc^2) e si
proponeva, applicando un
campo magnetico ad un
corpo, di provocarne la
sparizione. Una teoria
che, se ai nostri occhi
potrebbe apparire
quantomeno
fantascientifica,
evidentemente doveva
interessare molto le
forze armate
statunitensi. Pare che
già nel 1930
l’Università di Chicago
ventilasse la
possibilità di ottenere
l’invisibilità per mezzo
di campi magnetici:
trasferita poi al
Princeton’s Institute of
Advanced Studies e
protratta fino al 1943,
per sperimentare
l’effettiva veridicità e
possibilità di
applicazione di questa
ricerca, segreta, si
decise di condurre un
“esperimento di
controllo” utilizzando
come “cavia” addirittura
una nave da guerra, la
USS Eldridge DE 173.
Tale esperimento prese
il nome di “Philadelphia
experiment”, perché
condotta proprio in
quella città, o “Project
Rainbow”. Secondo quanto
raccontano i
“testimoni”, il 28
ottobre 1943 bordo della
nave vennero montati dei
generatori di magnetismo
di tipo degausser; in
poco tempo, sotto la
potente influenza del
campo magnetico generato
dagli apparecchi, la
nave divenne evanescente
fino a scomparire in una
luminosità verdastra. Ma
questo non fu, sempre a
detta dei testimoni,
l’unico effetto del
campo magnetico: esso
aveva alterato anche
fisiologia ed equilibri
psichici
dell’equipaggio, metà
del quale impazzì, parte
del quale prese fuoco o
divenne invisibile. Si
racconta poi che la nave
sia riapparsa
momentaneamente in un
altro porto per poi
tornare al punto di
origine, a Philadelphia.
Questa, a grandi linee,
la cronaca
dell’esperimento. Che,
però, viene subito
smentita da documenti
ufficiali: la marina
militare americana,
infatti, ha fornito il
diario di bordo della
Eldridge ed il suo
diario di guerra, dal
quale non risulta che la
Eldridge sia mai stata a
Philadelphia (anche se
ciò, ovviamente, non
costituisce una prova,
dato che è negli
interessi americani
falsificare tali
documenti). La Eldridge,
secondo il diario di
guerra, rimase a New
York fino al 16 di
settembre, quindi partì
per le Bermuda. Dal 18
di settembre al 15 di
ottobre partecipò ad
operazioni di
addestramento e prove in
mare. Il 18 ottobre
partì per New York, dove
rimase fino al 1
novembre. L’1 ed il 2
novembre venne fatta
navigare in Norfolk ed
il 3 partì per
Casablanca, dove arrivò
il 22 novembre e rimase
fino al 29; da lì
ripartì per New York,
dove arrivò il 17
dicembre. Da quel giorno
al 31 dicembre viaggiò
verso il Norfolk con
altre quattro navi. La
marina suggerì che il
“Philadelphia Experiment”
fosse stato confuso con
degli esperimenti di
invisibilità alle mine
magnetiche, procedimento
appunto noto come
degaussing definito
dalla marina stessa come
“un processo mediante il
quale un sistema di cavi
elettrici viene
installato lungo la
chiglia della nave, da
poppa a prua su entrambi
i lati. Una corrente
elettrica misurata e'
passata attraverso
questi cavi per
cancellare il campo
magnetico della nave.
L'equipaggiamento per il
degaussing era
installato nella chiglia
e poteva essere reso
operativo ogni volta che
la nave era in acque che
potevano contenere mine
magnetiche”. Ed in
effetti un evento come
la sparizione di un
cacciatorpediniere
avrebbe prodotto il
movimento di qualcosa
come 1900 tonnellate di
acqua, che sarebbero
andate a colmare il
vuoto creatosi dalla
sparizione della nave,
col risultato che una
gigantesca ondata si
sarebbe dovuta abbattere
sull’intera baia di
Philadelphia. Eppure,
nessun testimone accenna
a questa eccezionale
conseguenza dell”esperimento”.
Comunque sia, la marina
americana condusse un
altro esperimento simile
nel 1950, riuscendo ad
ottenere 1,000 Hz al
posto dei 400 Hz dello
standard e del
precedente esperimento.
Si ottengono, secondo le
“cronache”, notevoli
scariche di intensa
luce.
Come facciamo a sapere
tutte queste cose, vi
chiederete. Beh, ci fu
qualcuno che vide tutto
questo. Testimone
dell’esperimento di
Philadelphia, pare, fu
Carlos Miguel Allende,
alias Carl Allen, che,
marinaio a bordo della
SS Andrew Furuseth,
affermò di aver
osservato il fenomeno
capitato alla USS
Eldridge. Profondamente
colpito da quanto
osservato, il marinaio
avviò, per conto
proprio, alcune ricerche
e tentò invano di
mettere al corrente di
ciò che aveva visto
importanti esponenti
della comunità
scientifica del tempo.
In particolare, Allende
avviò una fitta
corrispondenza con
Morris K. Jessup, autore
del The Case for the
UFO, volume che metteva
a confronto enigmi del
passato con i più
recenti avvistamenti di
dischi volanti,
coniugando gli studi in
astronomia dell’autore
con la sua passione per
le civiltà scomparse. La
prima lettera di Allende,
così come poi le altre
che la seguirono, era
alquanto strana, a
cominciare dall’aspetto:
è scritta in vari
colori, in modo confuso,
con maiuscole,
punteggiatura e
sottolineature poste
quasi a caso. Il
contenuto, invece, era
assai più preciso:
prendeva spunto da
alcune speculazioni di
Jessup per sostenere che
la levitazione era un
“procedimento noto” e
ben sviluppato dalla
tecnologia umana. Dalla
lettera emergeva
chiaramente come Allende
conoscesse bene gli
interessi di Jessup per
la teoria dei campi
unificati di Einstein,
che avrebbe potuto
rivelare il segreto
dell’antigravità
rendendo possibili i
viaggi spaziali a costi
ridotti. Allende
giudicava terribile
questa possibilità,
sostenendo che già una
ricerca simile aveva
condotto ad un
esperimento il cui
risultato fu “la
completa invisibilità di
una nave, del genere
Cacciatorpediniere, e di
tutto il suo equipaggio,
Mentre era in Mare.
(Ottobre 1943)... Metà
degli ufficiali e
l’equipaggio di questa
Nave sono Attualmente,
Matti come Pazzi da
legare. […] La Nave
Sperimentale Scomparve
dal Molo di Philadelphia
e solo pochi Minuti Dopo
ricomparve all'altro suo
Molo dell’area di
Portsmouth, Newport
News, Norfolk. Fu
distintamente E
chiaramente Identificata
in quel posto MA la
nave, di nuovo,
Scomparve e Tornò
Indietro al suo Molo di
Philadelphia in
pochissimi Minuti o
ancor Meno.” In un’altra
lettera datata 25
maggio, il
corrispondente che si
identificava come Carlos
M. Allende ad inizio
lettera e come Carl
Allen al fondo, si
dichiarava disponibile
ad essere sottoposto a
ipnosi o al siero della
verità al fine di
ricordare ulteriori
dettagli dell’intera
vicenda e dimostrare la
sua attendibilità.
L’unica argomentazione
fornita da Allende a
sostegno delle proprie
asserzioni erano alcuni
nomi di persone che
sarebbero state con lui
a bordo della S.S.
Andrew Furuseth, da cui,
abbiamo detto, Allende
aveva potuto osservare
tutta la scena.
Estratto dalla prima
lettera ricevuta da M.
K. Jessup da parte di
Carl M. Allen.
“Il Campo fu efficace
in una forma sferoidale
oblunga, e si estendeva
per Cento metri (Più o
Meno, dovuto alla
posizione & Latitudine
Lunare) fuori da ogni
estremità della nave.
Ogni Persona Dentro la
Sfera diventò vaga nella
forma MA osservava
quelle Persone a bordo
di quella nave come se
anch'esse fossero nello
stesso stato, eppure
camminavano sul nulla.
Ogni persona fuori da
quella sfera non poteva
vedere Niente salvo la
forma chiaramente
definita della Chiglia
della Nave nell'Acqua,
PURCHE’, naturalmente,
quella persona fosse
abbastanza vicina da
vedere ancora, appena
fuori da quel campo.
(...) Ormai, Signore,
Restano ben Pochi
dell'equipaggio del
cacciatorpediniere
Esperimentale. Molti
diventarono matti, uno
semplicemente passò
«traverso» il Muro di
Casa sua sotto gli occhi
di Sua Moglie & Figlio &
altri 2 Membri
dell'equipaggio (NON FU
MAI RIVISTO), due
«Andarono nella ‘fiamma’»,
cioè «Gelarono» &
presero fuoco mentre
portavano comuni
Bussole, un Uomo portò
la bussola & Prese
fuoco, l'altro venne per
«Imporre le Mani» perché
era il più vicino a lui
ma prese fuoco anche
Lui. BRUCIARONO PER 18
GIORNI. La fede
nell'«Imposizione delle
Mani» Morì Quando questo
Avvenne & le Menti degli
Uomini saltarono a
dozzine. L'esperimento
Fu un Completo Successo.
Gli Uomini Furono
Fallimenti Completi.
Poco Rispettosamente Suo
CARL M. ALLEN”
Estratto dalla seconda
lettera ricevuta da M.
K. Jessup da parte di
Carl M. Allen.
“Io guardo alle
stelle Sig. Jessup, non
mi faccio scrupolo di
questo e il fatto che
penso che SE MANEGGIATO
ADEGUATAMENTE, CIOE’
PRESENTATO ALLA GENTE &
ALLA SCIENZA IN MODO
PSICOLOGICAMENTE
EFFICACE, io sono SICURO
che l’UOMO andrà dove
ora sogna di andare...
alle stelle, per mezzo
della forma di trasporto
che la Marina trovò
accidentalmente (con suo
imbarazzo) usando la
NAVE SPERIMENTALE partì
& comparve un minuto o
giù di lì più tardi a
distanza di parecchie
Centinaia di miglia a un
altro dei suoi Attracchi
nell'area della Baia di
Chesapeake. Io ho letto
di questo in un altro
giornale & solo per
Ipnosi qualunque Uomo
potrebbe ricordare tutti
i particolari del
giornale, data & ecc.,
capisce? Eh. Forse la
Marina si è già servita
di questo incidente per
costruire i vostri UFO.
E' un progresso logico
da ogni punto di vista.
Che cosa le pare?
MOLTO RISPETTOSAMENTE
CARL ALLEN”
Riguardo agli effetti
che si ebbero
sull’equipaggio della
nave, Allende afferma
che molti bruciarono
vivi, altri impazzirono,
che durante
l’esperimento si era
modificata “la struttura
stessa delle cose”, che
era diventato possibile
camminare attraverso
oggetti solidi (tant’è
che quando l’effetto
dell’esperimento passò,
a detta di Allende,
alcuni marinai si
ritrovarono incastrati
nel pavimento o nei
muri). Gli effetti
continuarono anche dopo
l'esperimento: ci fu chi
si sollevò in aria, chi
semplicemente sparì nel
nulla. Ma il peggior
effetto collaterale,
scrive Allende al Dr.
Jessup, era
l’invisibilità, che
faceva perdere la
possibilità di
comunicare con le altre
persone per un periodo
più o meno lungo di
tempo. Tra gli uomini
dell’equipaggio quest'effetto
era noto con il nome di
“Hell Incorporated” o
“The Freeze”: un uomo
riusciva ad uscire dal
“Freeze” solo se lo si
toccava.
Sfortunatamente, in una
occasione narrata da
Allende, i due che
avevano toccato il
compagno presero fuoco e
bruciarono per diciotto
giorni senza che si
riuscisse a spegnere le
fiamme. Da allora
nessuno si azzardò più a
continuare l’unica
pratica che potesse
salvare i compagni. In
conseguenza di ciò, gli
uomini cominciarono ad
andare in “Deep Freeze”,
periodo durante il quale
l’effetto durava giorni
o addirittura mesi.
Durante questo periodo
il soggetto era in grado
di vedere gli altri ma
non poteva essere visto
o comunicare. Un
soggetto in “Deep Freeze”
poteva essere visto solo
dagli altri membri
dell'equipaggio. Nello
stato di “Deep Freeze”,
ci volevano solo due
giorni per diventare
completamente pazzi.
Pochi furono i marinai
che si salvarono e
furono tutti congedati
per problemi di salute
mentale.
Credendo di avere a che
fare con un mitomane,
Jessup non prese molto
sul serio la questione.
Un anno più tardi
ricevette un invito a
recarsi presso l’Ufficio
delle Ricerche Navali (ONR)
di Washington, dove si
sentì raccontare una
strana storia. Alla fine
di luglio o i primi di
agosto dell’anno prima,
qualcuno aveva spedito
in un pacco proveniente
da Seminole, Texas, una
copia annotata
dell’edizione tascabile
del suo The Case for the
UFOs all’ammiraglio N.
Furth, Capo dell’Office
of Naval Research. Le
annotazioni, in tre
differenti colori di
inchiostro, parevano
essere state scritte da
altrettante diverse
persone, A, B e Jemi,
che si suppose
appartenessero a qualche
tribù zingara. Gli
autori delle note
asserivano di sapere
parecchie cose sulle
intelligenze che stavano
dietro gli UFO (chiamate
“S-M” e “L-M”, i primi
nemici della razza
umana). Lo stile, il
tono, e la natura dei
commenti, oltre i
riferimenti a un
esperimento segreto
della Marina il cui
risultato aveva reso
invisibile una nave,
convinsero Jessup che
l’autore di quelle note
al suo volume era lo
stesso Allende o Allen
che a lui si era rivolto
tramite corrispondenza.
Così accennò agli
ufficiali delle missive
che aveva ricevuto: i
militari ne richiesero
alcune copie, le quali
furono successivamente
pubblicate come
appendice di una
tiratura limitata della
versione annotata del
The Case for the UFOs, a
cura della Varo
Manufacturing Company di
Garland, Texas, una
società che lavorava per
la Marina. A Jessup
venne fornita una copia
dell'edizione Varo,
delle 127 stampate,
sulla quale appose a sua
volta alcune
contro-annotazioni. In
considerazione dei
molteplici problemi
sollevati e delle spese
sostenute (le
annotazioni sono state
ristampate nei loro
colori originali) furono
in molti a sorprendersi
che l’argomento fosse
stato ritenuto di tale
interesse dagli
scienziati della Marina.
Comunque, colpito
dall’incredibile
precisione e ricchezza
di particolari che le
note al suo libro
recapitato alla marina
contenevano, Jessup
decise di svolgere
ulteriori ricerche per
conto proprio. I
risultati, però, furono
molto scarsi. L’unica
cosa degna di nota,
l’unico fatto che lo
colpì, fu il racconto di
un marinaio, il quale,
egli raccontò, un
giorno, mentre
passeggiava in compagnia
di un suo collega, era
stato avvicinato da “un
uomo che aveva
raccontato di un
esperimento svolto dalla
marina nel quale la
maggior parte
dell’equipaggio era
morto od aveva sofferto
di terribili effetti
collaterali, mentre il
governo aveva dichiarato
che l’intero equipaggio
era malato di mente e
quindi congedato come un
gruppo di persone con
problemi mentali che
avevano semplicemente
inventato una storia
fantasiosa”. Un racconto
piuttosto strano, ma
molto simile a quello
che Allende aveva detto
di aver assistito.
Nell’ottobre del 1958,
poiché si trovava a New
York, Jessup si recò a
far visita allo
scrittore Ivan T.
Sanderson, zoologo
interessato al fenomeno
UFO e ad argomenti
simili. Dice Sanderson a
proposito di quella
visita: “C’era circa una
dozzina di persone
presenti. Ad un certo
momento Morris chiese a
tre di noi se poteva
parlarci in separata
sede. Appartatici, ci
consegnò la copia
originale riannotata
[del suo The Case for
the UFOs] e ci chiese di
leggerla con attenzione,
quindi di metterla al
sicuro «in caso mi fosse
accaduto qualcosa».
Tutto ciò all’epoca ci
sembrò molto teatrale
ma, dopo che aver letto
il libro, abbiamo dovuto
ammettere che siamo
stati invasi da un
sentimento collettivo di
natura decisamente
sgradevole. E questo
venne orribilmente
confermato il giorno in
cui Jessup fu trovato
morto nella sua auto, in
Florida.” Il giorno in
questione fu il 20
aprile 1959 quando
Jessup, si suicidò nella
propria auto collegando
un’estremità di un tubo
di plastica al tubo di
scarico della sua
macchina ed infilando
l’altra nell’abitacolo.
Jessup morì di
avvelenamento da
monossido di carbonio:
il suo suicidio
contribuì a enfatizzare
il significato delle
lettere di Allende e
qualcuno ritenne
addirittura che Jessup
fosse stato ucciso
perché “sapeva troppo”.
Questa opinione è
sostenuta da un gruppo
di occultisti
californiani che nel
1962 pubblicò una
monografia dedicata al
controverso episodio e
da Gray Barker, che
raccolse i primi scritti
di Jessup e le voci
recenti a lui riferite
nel volume The Strange
Case of Dr. M. K. Jessup.
Nel volume, Barker cita
l’appassionato di UFO
Richard Ogden, il quale
sosteneva apertamente
che il “suicidio di
Jessup era stato
architettato facendogli
recapitare un nastro
registrato che conteneva
messaggi di
auto-distruzione. Il
nastro utilizzava
suggestioni ipnotiche
sovrimpresse a musica e
mescolate con rumore
bianco” e concludeva,
che “nessuno può
resistere all’essere
ipnotizzato da onde
sonore”. Morto Jessup,
Carlos Allende prese a
scrivere lettere ad
altri ricercatori dello
stesso settore.
Nell’estate del 1967,
dopo aver letto uno dei
suoi primi libri sugli
UFO, Allende scrisse
anche a Jacques Vallée:
nella sua prima missiva,
una cartolina illustrata
di una “vista notturna
dei grandi magazzini
Sanger Harris di
Dallas”, Allende
informava Vallée che per
poco più di un milione
di lire poteva ricevere
le istruzioni su “come
costruire il proprio
disco volante”. In una
successiva lettera di
quindici pagine imbucata
sempre a Dallas, in
Texas, Allende affermava
che l’universo un bel
giorno si sarebbe
contratto per ritornare
al suo punto di origine,
proprio come era
accaduto alla DE 173 di
fronte ai suoi occhi e
sosteneva che anche
Einstein aveva letto
l’edizione Varo del
libro di Jessup e le
rivelazioni contenute
nelle famose “lettere”
avevano influenzato a
tal punto la sua salute
da portarlo di lì a poco
alla morte. Oltre a
Vallée, Allende avviò
una corrispondenza anche
con William L. Moore,
che sarà autore del The
Philadelphia Experiment.
E’ nel 1965 che il caso
Allende fa il suo
ritorno in cronaca con
Invisible Horizons,
volume ad opera di
Vincent Gaddis (edito in
Italia da Armenia dieci
anni dopo col titolo Il
triangolo maledetto e
altri misteri del mare).
Nel 1967, poi, in
un’appendice a Uninvited
Visitors di Ivan T.
Sanderson (tradotto nel
1974 dalle Edizioni
Mediterranee col titolo
UFO, visitatori dal
cosmo) venivano
ristampate le lettere di
Allende a Jessup e
l'introduzione
all'edizione Varo. A
commento Sanderson
rimarcava: “Se il sig.
A, il sig. B e/o «Jemi»
non sono altro che
eccentrici, dove hanno
scovato tutti questi
fatti e tutte queste
asserzioni che, sebbene
singolarmente sono stati
discussi per anni,
richiederebbero molti
anni di ricerca per
essere rintracciati?”
L’anno successivo,
ancora, sempre negli
Stati Uniti, vennero
editi altri due volumi a
cura di Brad Steiger e
Joan Whritenour, che
contenevano una “nuova e
provocatoria teoria”
sulla natura e origine
degli OVNI. Secondo gli
autori, Allende avrebbe
potuto addirittura
rappresentare un potere
extraterrestre giunto
sulla Terra molti secoli
fa. Altri avanzarono
l’ipotesi che durante il
periodo in cui la nave
restò invisibile, la
Marina Militare degli
Stati Uniti sarebbe
stata in grado di
contattare entità aliene
con le quali si accordò
per una proficua forma
di collaborazione. Nel
1974, infine, del
mistero del “Progetto
Philadelphia” fece
menzione il best-seller
di Charles Berlitz
intitolato The Bermuda
Triangle, e lo stesso
divenne nel 1979 il
soggetto del libro del
già citato William L.
Moore intitolato The
Philadelphia Experiment
(pubblicato in Italia lo
stesso anno dalla
Sonzogno).
Allende resta per molto
tempo un personaggio
estremamente misterioso
e, per usare un termine
già incontrato spesso
finora, evanescente.
Questo fino all’estate
del 1969, quando si
presentò presso gli
uffici dell’Aerial
Phenomena Research
Organization (APRO),
dove confessò che
l’intera vicenda altro
non era che una burla da
lui architettata (salvo
poi ritrattare tutto
poco tempo dopo).
Sull’identità di Allende,
il mistero ed il dubbio
rimase per lungo tempo.
Nel luglio del 1979,
Robert A. Goerman,
appassionato di UFO
residente a New
Kensington, in
Pennsylvania, si accorse
di aver conosciuto i
genitori di Allen da
sempre: Harold Allen (70
anni) e famiglia erano i
suoi vicini di casa da
molti anni. Gli Allen
mostrarono a lui il
materiale che il figlio
aveva spedito loro negli
anni vantandosi
dell’agitazione che i
suoi scritti avevano
causato. Carl Meredith
Allen, questo il vero
nome del nostro, era
nato il 31 maggio 1925 a
Springdale, in
Pennsylvania. La sua
principale
caratteristica è la
grande abilità
nell’ordire scherzi ed
inganni, tanto che i
genitori lo descrissero
come un “maestro della
presa in giro”, mentre
suo fratello specificò
che “ha una mente
fantastica. Ma per
quanto ne so, non l’ha
mai veramente
utilizzata, e non ha mai
lavorato in un posto
tanto a lungo per
guadagnare abbastanza.
E’ una vergogna”.
Nel 1978 Allende aveva
preso casa a Benson, in
Minnesota, per
spostarsi, l’anno dopo,
nella vicina Montevideo,
non molto lontano da
Morris, dove William L.
Moore viveva. Il 28
giugno il Montevideo
American-News riferì che
Allen si recava sovente
agli uffici del
quotidiano, “dalle
quattro alle cinque
volte al giorno”.
Nell’articolo veniva
descritto come “alto,
magro, veste in stile
occidentale e di solito
indossa un cappotto di
lana. I suoi argomenti
preferiti sono il
comunismo e la
condizione delle
ferrovie del Milwaukee.
Afferma di essere
l’autore di svariati
testi su argomenti
scientifici e asserisce
che il suo nome è
menzionato in numerosi
altri libri. Dice di
essere una «persona
controversa nei circoli
scientifici e
pseudoscientifici, un
famoso linguista
internazionale e
scrittore». In
Montevideo, come a
Benson, chiese aiuti
finanziari alla comunità
religiosa e all’Esercito
della Salvezza”.
A questo punto, anche
William Moore, che era
convinto assertore della
sua credibilità, cercò
di fare marcia indietro,
ipotizzando che Allen
altro non aveva fatto
che diffondere una
storia che altri avevano
raccontato. Moore
ipotizzò che la realtà
poteva essere “un poco
più terrestre”: “lo
scopo dell'esperimento
poteva essere
l’invisibilità radarica,
non ottica, e i bizzarri
effetti riportati in
connessione con esso -
uomini che
attraversavano muri,
altri uomini che
scoppiavano tra le
fiamme - sembrano essere
il risultato di
allucinazioni causate a
questi testimoni dalla
troppa vicinanza al
campo di forze a bassa
frequenza e di grande
potenza utilizzato”,
scrisse in un libro del
1984. Nel 1983, Carlos
Allende, apparve a
Boulder, Colorado, dove
Linda Strand, una
giornalista scientifica,
ebbe modo di
intervistarlo brevemente
e scattargli una foto,
l’unica esistente di
questo singolare
personaggio. La Strand
lo descrisse come un
tipo strampalato che
scribacchiò alcune note
a margine della sua
copia del libro di
Berlitz e Moore prima di
scomparire di nuovo,
senza fornire ulteriori
particolari su ciò che
asseriva di aver visto.
Il 28 novembre 1992 un
certo Edward Dudgeon
scrisse a Vallée: “Sono
un pensionato di
sessantasette anni,
arruolato in Marina dal
1942 al 1945. Ero
imbarcato su un
cacciatorpediniere che
era lì allo stesso tempo
dell’Eldridge DE 173.
Posso spiegare tutto
degli strani accadimenti
poiché eravamo dotati
dell’identico
equipaggiamento, allora
segreto. Altre due
imbarcazioni hanno
salpato assieme a noi
per le Bermuda per poi
rientrare a Filadelfia.”
Successivamente Vallée
incontrò Dudgeon che,
avendolo convinto delle
sue generalità e
mostrato il foglio di
congedo dalla Marina,
raccontò la sua versione
dei fatti, questa. La
missione che coinvolse
la Eldridge e la
Engstrom, la nave su cui
era imbarcato Dudgeon,
durò dalla prima
settimana di luglio alla
prima settimana di
agosto del 1943, ed era
considerata top-secret
in quanto veniva per la
prima volta sperimentato
un insieme di
contromisure che
dovevano rendere le navi
invisibili alle
torpedini magnetiche
lanciate dai
sommergibili tedeschi
(questa è la versione
ufficiale fornita dalle
autorità di allora).
L’utilizzo
dell’attrezzatura
speciale, consistente in
un radar di bassa
frequenza, un sonar, un
dispositivo per il
rilascio di cariche di
profondità e delle
eliche particolari, è
stato confermato, alle
richieste di Vallée,
anche dal
vice-ammiraglio William
D. Houser.
Di recente, gli
ingredienti
dell’avvincente enigma
del “Progetto
Philadelphia” si sono
ripresentati con un
nuovo aspetto, sotto il
nome di “Progetto
Montauk” o “Phoenix
Project”. Il testimone
chiave di queste nuove
rivelazioni fu Preston
B. Nichols, che avrebbe
“recuperato i ricordi
repressi del suo ruolo
di capo tecnico del
progetto solo dopo anni
di sforzi”. Il “Progetto
Montauk”, che si
svolgeva nei Brookhaven
National Laboratories,
era un presunto progetto
di ricerca sulla
possibilità di viaggi
nel tempo che aveva
avuto inizio con il
lavoro di Wilheim Reich
e Nikola Tesla, ed
avrebbe preso forma
negli anni ‘40 con
alcuni presunti
esperimenti governativi
sul controllo delle
condizioni
meteorologiche; tali
ricerche si sarebbero
poi consolidate con
l’esperimento di
Philadelphia per
giungere, tra gli anni
‘70 e gli anni ’80 del
‘900, sotto la guida di
Von Neumann, ad una
definitiva manipolazione
dello spazio-tempo. Per
Nichols, Von Neumann
sarebbe riuscito a
creare un vortice
intertemporale che
portava indietro alla
data dell’esperimento di
Philadelphia; lo stesso
Von Neumann, a detta
dell’uomo, avrebbe
affermato di essere in
grado di influenzare le
menti altrui e che la
mente poteva creare
materia in qualsiasi
punto temporale. Nichols
non sarebbe altro che
una “cavia” inviata
indietro nel tempo
attraverso due linee
temporali; tale fatto
che fu confermato da
Duncan Cameron nel 1985:
Cameron era stato
addestrato dalla
National Security Agency,
quindi la sua
testimonianza è
abbastanza attendibile.
Un altro protagonista
importante di questo
esperimento sarebbe tale
Alfred Bielek. Nel
settembre del 1989, uno
sconosciuto un ingegnere
elettrico in pensione di
nome Alfred Bielek gettò
una nuova luce sul caso
sostenendo di aver
lavorato come consulente
al “Montauk” insieme da
uno dei marinai
sopravvissuti
all’esperimento
Philadelphia. Bielek
affermava di essere
stato trasportato nel
futuro dove sarebbe
stato sottoposto a
lavaggio del cervello ad
opera della marina
militare, che
continuerebbe la
sperimentazione. Il suo
nome vero non sarebbe
stato Alfred Bielek ma
Edward Cameron. Bielek
asserisce che attraverso
l’uso di tecnologia
aliena da parte di non
meglio precisate agenzie
segrete governative, il
suo corso temporale
sarebbe stato cancellato
per fornirgli il corpo e
la storia di Alfred
Bielek, nato nel 1927,
che a lui non
appartiene. Nella
testimonianza
sull’esperimento
coinvolse anche il
fratello, affermando che
anche questi sarebbe
stato “trasportato” nel
1983 e che, a seguito di
ciò, avrebbe perso il
suo “time-lock”, il suo
“orologio biologico”,
invecchiando di un anno
ogni ora e giungendo
così rapidamente alla
morte per poi rinascere. |