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esperimento philadelphia
a cura di Luca Berto

I militari, si sa, sono sempre stati affascinati ed attratti dalle potenzialità delle applicazioni e degli studi scientifici: la bomba atomica, nata dalle ricerche di Enrico Fermi e Leo Szilard ne è la prova più tristemente famosa. Ma gli esempi non finiscono qui: per esempio, tra gli anni ’30 e ’40 del XX secolo la Marina americana iniziò ad interessarsi all’applicazione, in campo militare, della teoria di Einstein sul “campo unificato”, teoria che metteva in relazione i campi magnetici e gravitazionali con altri fenomeni subatomici (per cui gravità e magnetismo sarebbero collegati tra loco come lo sono Massa ed Energia nella famosa formula E=mc^2) e si proponeva, applicando un campo magnetico ad un corpo, di provocarne la sparizione. Una teoria che, se ai nostri occhi potrebbe apparire quantomeno fantascientifica, evidentemente doveva interessare molto le forze armate statunitensi. Pare che già nel 1930 l’Università di Chicago ventilasse la possibilità di ottenere l’invisibilità per mezzo di campi magnetici: trasferita poi al Princeton’s Institute of Advanced Studies e protratta fino al 1943, per sperimentare l’effettiva veridicità e possibilità di applicazione di questa ricerca, segreta, si decise di condurre un “esperimento di controllo” utilizzando come “cavia” addirittura una nave da guerra, la USS Eldridge DE 173. Tale esperimento prese il nome di “Philadelphia experiment”, perché condotta proprio in quella città, o “Project Rainbow”. Secondo quanto raccontano i “testimoni”, il 28 ottobre 1943 bordo della nave vennero montati dei generatori di magnetismo di tipo degausser; in poco tempo, sotto la potente influenza del campo magnetico generato dagli apparecchi, la nave divenne evanescente fino a scomparire in una luminosità verdastra. Ma questo non fu, sempre a detta dei testimoni, l’unico effetto del campo magnetico: esso aveva alterato anche fisiologia ed equilibri psichici dell’equipaggio, metà del quale impazzì, parte del quale prese fuoco o divenne invisibile. Si racconta poi che la nave sia riapparsa momentaneamente in un altro porto per poi tornare al punto di origine, a Philadelphia. Questa, a grandi linee, la cronaca dell’esperimento. Che, però, viene subito smentita da documenti ufficiali: la marina militare americana, infatti, ha fornito il diario di bordo della Eldridge ed il suo diario di guerra, dal quale non risulta che la Eldridge sia mai stata a Philadelphia (anche se ciò, ovviamente, non costituisce una prova, dato che è negli interessi americani falsificare tali documenti). La Eldridge, secondo il diario di guerra, rimase a New York fino al 16 di settembre, quindi partì per le Bermuda. Dal 18 di settembre al 15 di ottobre partecipò ad operazioni di addestramento e prove in mare. Il 18 ottobre partì per New York, dove rimase fino al 1 novembre. L’1 ed il 2 novembre venne fatta navigare in Norfolk ed il 3 partì per Casablanca, dove arrivò il 22 novembre e rimase fino al 29; da lì ripartì per New York, dove arrivò il 17 dicembre. Da quel giorno al 31 dicembre viaggiò verso il Norfolk con altre quattro navi. La marina suggerì che il “Philadelphia Experiment” fosse stato confuso con degli esperimenti di invisibilità alle mine magnetiche, procedimento appunto noto come degaussing definito dalla marina stessa come “un processo mediante il quale un sistema di cavi elettrici viene installato lungo la chiglia della nave, da poppa a prua su entrambi i lati. Una corrente elettrica misurata e' passata attraverso questi cavi per cancellare il campo magnetico della nave. L'equipaggiamento per il degaussing era installato nella chiglia e poteva essere reso operativo ogni volta che la nave era in acque che potevano contenere mine magnetiche”. Ed in effetti un evento come la sparizione di un cacciatorpediniere avrebbe prodotto il movimento di qualcosa come 1900 tonnellate di acqua, che sarebbero andate a colmare il vuoto creatosi dalla sparizione della nave, col risultato che una gigantesca ondata si sarebbe dovuta abbattere sull’intera baia di Philadelphia. Eppure, nessun testimone accenna a questa eccezionale conseguenza dell”esperimento”.

Comunque sia, la marina americana condusse un altro esperimento simile nel 1950, riuscendo ad ottenere 1,000 Hz al posto dei 400 Hz dello standard e del precedente esperimento. Si ottengono, secondo le “cronache”, notevoli scariche di intensa luce. 

Come facciamo a sapere tutte queste cose, vi chiederete. Beh, ci fu qualcuno che vide tutto questo. Testimone dell’esperimento di Philadelphia, pare, fu Carlos Miguel Allende, alias Carl Allen, che, marinaio a bordo della SS Andrew Furuseth, affermò di aver osservato il fenomeno capitato alla USS Eldridge. Profondamente colpito da quanto osservato, il marinaio avviò, per conto proprio, alcune ricerche e tentò invano di mettere al corrente di ciò che aveva visto importanti esponenti della comunità scientifica del tempo. In particolare, Allende avviò una fitta corrispondenza con Morris K. Jessup, autore del The Case for the UFO, volume che metteva a confronto enigmi del passato con i più recenti avvistamenti di dischi volanti, coniugando gli studi in astronomia dell’autore con la sua passione per le civiltà scomparse. La prima lettera di Allende, così come poi le altre che la seguirono, era alquanto strana, a cominciare dall’aspetto: è scritta in vari colori, in modo confuso, con maiuscole, punteggiatura e sottolineature poste quasi a caso. Il contenuto, invece, era assai più preciso: prendeva spunto da alcune speculazioni di Jessup per sostenere che la levitazione era un “procedimento noto” e ben sviluppato dalla tecnologia umana. Dalla lettera emergeva chiaramente come Allende conoscesse bene gli interessi di Jessup per la teoria dei campi unificati di Einstein, che avrebbe potuto rivelare il segreto dell’antigravità rendendo possibili i viaggi spaziali a costi ridotti. Allende giudicava terribile questa possibilità, sostenendo che già una ricerca simile aveva condotto ad un esperimento il cui risultato fu “la completa invisibilità di una nave, del genere Cacciatorpediniere, e di tutto il suo equipaggio, Mentre era in Mare. (Ottobre 1943)... Metà degli ufficiali e l’equipaggio di questa Nave sono Attualmente, Matti come Pazzi da legare. […] La Nave Sperimentale Scomparve dal Molo di Philadelphia e solo pochi Minuti Dopo ricomparve all'altro suo Molo dell’area di Portsmouth, Newport News, Norfolk. Fu distintamente E chiaramente Identificata in quel posto MA la nave, di nuovo, Scomparve e Tornò Indietro al suo Molo di Philadelphia in pochissimi Minuti o ancor Meno.” In un’altra lettera datata 25 maggio, il corrispondente che si identificava come Carlos M. Allende ad inizio lettera e come Carl Allen al fondo, si dichiarava disponibile ad essere sottoposto a ipnosi o al siero della verità al fine di ricordare ulteriori dettagli dell’intera vicenda e dimostrare la sua attendibilità. L’unica argomentazione fornita da Allende a sostegno delle proprie asserzioni erano alcuni nomi di persone che sarebbero state con lui a bordo della S.S. Andrew Furuseth, da cui, abbiamo detto, Allende aveva potuto osservare tutta la scena.

Estratto dalla prima lettera ricevuta da M. K. Jessup da parte di Carl M. Allen.

“Il Campo fu efficace in una forma sferoidale oblunga, e si estendeva per Cento metri (Più o Meno, dovuto alla posizione & Latitudine Lunare) fuori da ogni estremità della nave. Ogni Persona Dentro la Sfera diventò vaga nella forma MA osservava quelle Persone a bordo di quella nave come se anch'esse fossero nello stesso stato, eppure camminavano sul nulla. Ogni persona fuori da quella sfera non poteva vedere Niente salvo la forma chiaramente definita della Chiglia della Nave nell'Acqua, PURCHE’, naturalmente, quella persona fosse abbastanza vicina da vedere ancora, appena fuori da quel campo. (...) Ormai, Signore, Restano ben Pochi dell'equipaggio del cacciatorpediniere Esperimentale. Molti diventarono matti, uno semplicemente passò «traverso» il Muro di Casa sua sotto gli occhi di Sua Moglie & Figlio & altri 2 Membri dell'equipaggio (NON FU MAI RIVISTO), due «Andarono nella ‘fiamma’», cioè «Gelarono» & presero fuoco mentre portavano comuni Bussole, un Uomo portò la bussola & Prese fuoco, l'altro venne per «Imporre le Mani» perché era il più vicino a lui ma prese fuoco anche Lui. BRUCIARONO PER 18 GIORNI. La fede nell'«Imposizione delle Mani» Morì Quando questo Avvenne & le Menti degli Uomini saltarono a dozzine. L'esperimento Fu un Completo Successo. Gli Uomini Furono Fallimenti Completi.

Poco Rispettosamente Suo CARL M. ALLEN”

Estratto dalla seconda lettera ricevuta da M. K. Jessup da parte di Carl M. Allen.

“Io guardo alle stelle Sig. Jessup, non mi faccio scrupolo di questo e il fatto che penso che SE MANEGGIATO ADEGUATAMENTE, CIOE’ PRESENTATO ALLA GENTE & ALLA SCIENZA IN MODO PSICOLOGICAMENTE EFFICACE, io sono SICURO che l’UOMO andrà dove ora sogna di andare... alle stelle, per mezzo della forma di trasporto che la Marina trovò accidentalmente (con suo imbarazzo) usando la NAVE SPERIMENTALE partì & comparve un minuto o giù di lì più tardi a distanza di parecchie Centinaia di miglia a un altro dei suoi Attracchi nell'area della Baia di Chesapeake. Io ho letto di questo in un altro giornale & solo per Ipnosi qualunque Uomo potrebbe ricordare tutti i particolari del giornale, data & ecc., capisce? Eh. Forse la Marina si è già servita di questo incidente per costruire i vostri UFO. E' un progresso logico da ogni punto di vista. Che cosa le pare?

MOLTO RISPETTOSAMENTE CARL ALLEN”

Riguardo agli effetti che si ebbero sull’equipaggio della nave, Allende afferma che molti bruciarono vivi, altri impazzirono, che durante l’esperimento si era modificata “la struttura stessa delle cose”, che era diventato possibile camminare attraverso oggetti solidi (tant’è che quando l’effetto dell’esperimento passò, a detta di Allende, alcuni marinai si ritrovarono incastrati nel pavimento o nei muri). Gli effetti continuarono anche dopo l'esperimento: ci fu chi si sollevò in aria, chi semplicemente sparì nel nulla. Ma il peggior effetto collaterale, scrive Allende al Dr. Jessup, era l’invisibilità, che faceva perdere la possibilità di comunicare con le altre persone per un periodo più o meno lungo di tempo. Tra gli uomini dell’equipaggio quest'effetto era noto con il nome di “Hell Incorporated” o “The Freeze”: un uomo riusciva ad uscire dal “Freeze” solo se lo si toccava. Sfortunatamente, in una occasione narrata da Allende, i due che avevano toccato il compagno presero fuoco e bruciarono per diciotto giorni senza che si riuscisse a spegnere le fiamme. Da allora nessuno si azzardò più a continuare l’unica pratica che potesse salvare i compagni. In conseguenza di ciò, gli uomini cominciarono ad andare in “Deep Freeze”, periodo durante il quale l’effetto durava giorni o addirittura mesi. Durante questo periodo il soggetto era in grado di vedere gli altri ma non poteva essere visto o comunicare. Un soggetto in “Deep Freeze” poteva essere visto solo dagli altri membri dell'equipaggio. Nello stato di “Deep Freeze”, ci volevano solo due giorni per diventare completamente pazzi. Pochi furono i marinai che si salvarono e furono tutti congedati per problemi di salute mentale.

Credendo di avere a che fare con un mitomane, Jessup non prese molto sul serio la questione. Un anno più tardi ricevette un invito a recarsi presso l’Ufficio delle Ricerche Navali (ONR) di Washington, dove si sentì raccontare una strana storia. Alla fine di luglio o i primi di agosto dell’anno prima, qualcuno aveva spedito in un pacco proveniente da Seminole, Texas, una copia annotata dell’edizione tascabile del suo The Case for the UFOs all’ammiraglio N. Furth, Capo dell’Office of Naval Research. Le annotazioni, in tre differenti colori di inchiostro, parevano essere state scritte da altrettante diverse persone, A, B e Jemi, che si suppose appartenessero a qualche tribù zingara. Gli autori delle note asserivano di sapere parecchie cose sulle intelligenze che stavano dietro gli UFO (chiamate “S-M” e “L-M”, i primi nemici della razza umana). Lo stile, il tono, e la natura dei commenti, oltre i riferimenti a un esperimento segreto della Marina il cui risultato aveva reso invisibile una nave, convinsero Jessup che l’autore di quelle note al suo volume era lo stesso Allende o Allen che a lui si era rivolto tramite corrispondenza. Così accennò agli ufficiali delle missive che aveva ricevuto: i militari ne richiesero alcune copie, le quali furono successivamente pubblicate come appendice di una tiratura limitata della versione annotata del The Case for the UFOs, a cura della Varo Manufacturing Company di Garland, Texas, una società che lavorava per la Marina. A Jessup venne fornita una copia dell'edizione Varo, delle 127 stampate, sulla quale appose a sua volta alcune contro-annotazioni. In considerazione dei molteplici problemi sollevati e delle spese sostenute (le annotazioni sono state ristampate nei loro colori originali) furono in molti a sorprendersi che l’argomento fosse stato ritenuto di tale interesse dagli scienziati della Marina. Comunque, colpito dall’incredibile precisione e ricchezza di particolari che le note al suo libro recapitato alla marina contenevano, Jessup decise di svolgere ulteriori ricerche per conto proprio. I risultati, però, furono molto scarsi. L’unica cosa degna di nota, l’unico fatto che lo colpì, fu il racconto di un marinaio, il quale, egli raccontò, un giorno, mentre passeggiava in compagnia di un suo collega, era stato avvicinato da “un uomo che aveva raccontato di un esperimento svolto dalla marina nel quale la maggior parte dell’equipaggio era morto od aveva sofferto di terribili effetti collaterali, mentre il governo aveva dichiarato che l’intero equipaggio era malato di mente e quindi congedato come un gruppo di persone con problemi mentali che avevano semplicemente inventato una storia fantasiosa”. Un racconto piuttosto strano, ma molto simile a quello che Allende aveva detto di aver assistito. Nell’ottobre del 1958, poiché si trovava a New York, Jessup si recò a far visita allo scrittore Ivan T. Sanderson, zoologo interessato al fenomeno UFO e ad argomenti simili. Dice Sanderson a proposito di quella visita: “C’era circa una dozzina di persone presenti. Ad un certo momento Morris chiese a tre di noi se poteva parlarci in separata sede. Appartatici, ci consegnò la copia originale riannotata [del suo The Case for the UFOs] e ci chiese di leggerla con attenzione, quindi di metterla al sicuro «in caso mi fosse accaduto qualcosa». Tutto ciò all’epoca ci sembrò molto teatrale ma, dopo che aver letto il libro, abbiamo dovuto ammettere che siamo stati invasi da un sentimento collettivo di natura decisamente sgradevole. E questo venne orribilmente confermato il giorno in cui Jessup fu trovato morto nella sua auto, in Florida.” Il giorno in questione fu il 20 aprile 1959 quando Jessup, si suicidò nella propria auto collegando un’estremità di un tubo di plastica al tubo di scarico della sua macchina ed infilando l’altra nell’abitacolo. Jessup morì di avvelenamento da monossido di carbonio: il suo suicidio contribuì a enfatizzare il significato delle lettere di Allende e qualcuno ritenne addirittura che Jessup fosse stato ucciso perché “sapeva troppo”. Questa opinione è sostenuta da un gruppo di occultisti californiani che nel 1962 pubblicò una monografia dedicata al controverso episodio e da Gray Barker, che raccolse i primi scritti di Jessup e le voci recenti a lui riferite nel volume The Strange Case of Dr. M. K. Jessup. Nel volume, Barker cita l’appassionato di UFO Richard Ogden, il quale sosteneva apertamente che il “suicidio di Jessup era stato architettato facendogli recapitare un nastro registrato che conteneva messaggi di auto-distruzione. Il nastro utilizzava suggestioni ipnotiche sovrimpresse a musica e mescolate con rumore bianco” e concludeva, che “nessuno può resistere all’essere ipnotizzato da onde sonore”. Morto Jessup, Carlos Allende prese a scrivere lettere ad altri ricercatori dello stesso settore. Nell’estate del 1967, dopo aver letto uno dei suoi primi libri sugli UFO, Allende scrisse anche a Jacques Vallée: nella sua prima missiva, una cartolina illustrata di una “vista notturna dei grandi magazzini Sanger Harris di Dallas”, Allende informava Vallée che per poco più di un milione di lire poteva ricevere le istruzioni su “come costruire il proprio disco volante”. In una successiva lettera di quindici pagine imbucata sempre a Dallas, in Texas, Allende affermava che l’universo un bel giorno si sarebbe contratto per ritornare al suo punto di origine, proprio come era accaduto alla DE 173 di fronte ai suoi occhi e sosteneva che anche Einstein aveva letto l’edizione Varo del libro di Jessup e le rivelazioni contenute nelle famose “lettere” avevano influenzato a tal punto la sua salute da portarlo di lì a poco alla morte. Oltre a Vallée, Allende avviò una corrispondenza anche con William L. Moore, che sarà autore del The Philadelphia Experiment. 

E’ nel 1965 che il caso Allende fa il suo ritorno in cronaca con Invisible Horizons, volume ad opera di Vincent Gaddis (edito in Italia da Armenia dieci anni dopo col titolo Il triangolo maledetto e altri misteri del mare). Nel 1967, poi, in un’appendice a Uninvited Visitors di Ivan T. Sanderson (tradotto nel 1974 dalle Edizioni Mediterranee col titolo UFO, visitatori dal cosmo) venivano ristampate le lettere di Allende a Jessup e l'introduzione all'edizione Varo. A commento Sanderson rimarcava: “Se il sig. A, il sig. B e/o «Jemi» non sono altro che eccentrici, dove hanno scovato tutti questi fatti e tutte queste asserzioni che, sebbene singolarmente sono stati discussi per anni, richiederebbero molti anni di ricerca per essere rintracciati?” L’anno successivo, ancora, sempre negli Stati Uniti, vennero editi altri due volumi a cura di Brad Steiger e Joan Whritenour, che contenevano una “nuova e provocatoria teoria” sulla natura e origine degli OVNI. Secondo gli autori, Allende avrebbe potuto addirittura rappresentare un potere extraterrestre giunto sulla Terra molti secoli fa. Altri avanzarono l’ipotesi che durante il periodo in cui la nave restò invisibile, la Marina Militare degli Stati Uniti sarebbe stata in grado di contattare entità aliene con le quali si accordò per una proficua forma di collaborazione. Nel 1974, infine, del mistero del “Progetto Philadelphia” fece menzione il best-seller di Charles Berlitz intitolato The Bermuda Triangle, e lo stesso divenne nel 1979 il soggetto del libro del già citato William L. Moore intitolato The Philadelphia Experiment (pubblicato in Italia lo stesso anno dalla Sonzogno). 

Allende resta per molto tempo un personaggio estremamente misterioso e, per usare un termine già incontrato spesso finora, evanescente. Questo fino all’estate del 1969, quando si presentò presso gli uffici dell’Aerial Phenomena Research Organization (APRO), dove confessò che l’intera vicenda altro non era che una burla da lui architettata (salvo poi ritrattare tutto poco tempo dopo). Sull’identità di Allende, il mistero ed il dubbio rimase per lungo tempo. Nel luglio del 1979, Robert A. Goerman, appassionato di UFO residente a New Kensington, in Pennsylvania, si accorse di aver conosciuto i genitori di Allen da sempre: Harold Allen (70 anni) e famiglia erano i suoi vicini di casa da molti anni. Gli Allen mostrarono a lui il materiale che il figlio aveva spedito loro negli anni vantandosi dell’agitazione che i suoi scritti avevano causato. Carl Meredith Allen, questo il vero nome del nostro, era nato il 31 maggio 1925 a Springdale, in Pennsylvania. La sua principale caratteristica è la grande abilità nell’ordire scherzi ed inganni, tanto che i genitori lo descrissero come un “maestro della presa in giro”, mentre suo fratello specificò che “ha una mente fantastica. Ma per quanto ne so, non l’ha mai veramente utilizzata, e non ha mai lavorato in un posto tanto a lungo per guadagnare abbastanza. E’ una vergogna”.
Nel 1978 Allende aveva preso casa a Benson, in Minnesota, per spostarsi, l’anno dopo, nella vicina Montevideo, non molto lontano da Morris, dove William L. Moore viveva. Il 28 giugno il Montevideo American-News riferì che Allen si recava sovente agli uffici del quotidiano, “dalle quattro alle cinque volte al giorno”. Nell’articolo veniva descritto come “alto, magro, veste in stile occidentale e di solito indossa un cappotto di lana. I suoi argomenti preferiti sono il comunismo e la condizione delle ferrovie del Milwaukee. Afferma di essere l’autore di svariati testi su argomenti scientifici e asserisce che il suo nome è menzionato in numerosi altri libri. Dice di essere una «persona controversa nei circoli scientifici e pseudoscientifici, un famoso linguista internazionale e scrittore». In Montevideo, come a Benson, chiese aiuti finanziari alla comunità religiosa e all’Esercito della Salvezza”.
A questo punto, anche William Moore, che era convinto assertore della sua credibilità, cercò di fare marcia indietro, ipotizzando che Allen altro non aveva fatto che diffondere una storia che altri avevano raccontato. Moore ipotizzò che la realtà poteva essere “un poco più terrestre”: “lo scopo dell'esperimento poteva essere l’invisibilità radarica, non ottica, e i bizzarri effetti riportati in connessione con esso - uomini che attraversavano muri, altri uomini che scoppiavano tra le fiamme - sembrano essere il risultato di allucinazioni causate a questi testimoni dalla troppa vicinanza al campo di forze a bassa frequenza e di grande potenza utilizzato”, scrisse in un libro del 1984. Nel 1983, Carlos Allende, apparve a Boulder, Colorado, dove Linda Strand, una giornalista scientifica, ebbe modo di intervistarlo brevemente e scattargli una foto, l’unica esistente di questo singolare personaggio. La Strand lo descrisse come un tipo strampalato che scribacchiò alcune note a margine della sua copia del libro di Berlitz e Moore prima di scomparire di nuovo, senza fornire ulteriori particolari su ciò che asseriva di aver visto.

Il 28 novembre 1992 un certo Edward Dudgeon scrisse a Vallée: “Sono un pensionato di sessantasette anni, arruolato in Marina dal 1942 al 1945. Ero imbarcato su un cacciatorpediniere che era lì allo stesso tempo dell’Eldridge DE 173. Posso spiegare tutto degli strani accadimenti poiché eravamo dotati dell’identico equipaggiamento, allora segreto. Altre due imbarcazioni hanno salpato assieme a noi per le Bermuda per poi rientrare a Filadelfia.” Successivamente Vallée incontrò Dudgeon che, avendolo convinto delle sue generalità e mostrato il foglio di congedo dalla Marina, raccontò la sua versione dei fatti, questa. La missione che coinvolse la Eldridge e la Engstrom, la nave su cui era imbarcato Dudgeon, durò dalla prima settimana di luglio alla prima settimana di agosto del 1943, ed era considerata top-secret in quanto veniva per la prima volta sperimentato un insieme di contromisure che dovevano rendere le navi invisibili alle torpedini magnetiche lanciate dai sommergibili tedeschi (questa è la versione ufficiale fornita dalle autorità di allora). L’utilizzo dell’attrezzatura speciale, consistente in un radar di bassa frequenza, un sonar, un dispositivo per il rilascio di cariche di profondità e delle eliche particolari, è stato confermato, alle richieste di Vallée, anche dal vice-ammiraglio William D. Houser. 

Di recente, gli ingredienti dell’avvincente enigma del “Progetto Philadelphia” si sono ripresentati con un nuovo aspetto, sotto il nome di “Progetto Montauk” o “Phoenix Project”. Il testimone chiave di queste nuove rivelazioni fu Preston B. Nichols, che avrebbe “recuperato i ricordi repressi del suo ruolo di capo tecnico del progetto solo dopo anni di sforzi”. Il “Progetto Montauk”, che si svolgeva nei Brookhaven National Laboratories, era un presunto progetto di ricerca sulla possibilità di viaggi nel tempo che aveva avuto inizio con il lavoro di Wilheim Reich e Nikola Tesla, ed avrebbe preso forma negli anni ‘40 con alcuni presunti esperimenti governativi sul controllo delle condizioni meteorologiche; tali ricerche si sarebbero poi consolidate con l’esperimento di Philadelphia per giungere, tra gli anni ‘70 e gli anni ’80 del ‘900, sotto la guida di Von Neumann, ad una definitiva manipolazione dello spazio-tempo. Per Nichols, Von Neumann sarebbe riuscito a creare un vortice intertemporale che portava indietro alla data dell’esperimento di Philadelphia; lo stesso Von Neumann, a detta dell’uomo, avrebbe affermato di essere in grado di influenzare le menti altrui e che la mente poteva creare materia in qualsiasi punto temporale. Nichols non sarebbe altro che una “cavia” inviata indietro nel tempo attraverso due linee temporali; tale fatto che fu confermato da Duncan Cameron nel 1985: Cameron era stato addestrato dalla National Security Agency, quindi la sua testimonianza è abbastanza attendibile. 

Un altro protagonista importante di questo esperimento sarebbe tale Alfred Bielek. Nel settembre del 1989, uno sconosciuto un ingegnere elettrico in pensione di nome Alfred Bielek gettò una nuova luce sul caso sostenendo di aver lavorato come consulente al “Montauk” insieme da uno dei marinai sopravvissuti all’esperimento Philadelphia. Bielek affermava di essere stato trasportato nel futuro dove sarebbe stato sottoposto a lavaggio del cervello ad opera della marina militare, che continuerebbe la sperimentazione. Il suo nome vero non sarebbe stato Alfred Bielek ma Edward Cameron. Bielek asserisce che attraverso l’uso di tecnologia aliena da parte di non meglio precisate agenzie segrete governative, il suo corso temporale sarebbe stato cancellato per fornirgli il corpo e la storia di Alfred Bielek, nato nel 1927, che a lui non appartiene. Nella testimonianza sull’esperimento coinvolse anche il fratello, affermando che anche questi sarebbe stato “trasportato” nel 1983 e che, a seguito di ciò, avrebbe perso il suo “time-lock”, il suo “orologio biologico”, invecchiando di un anno ogni ora e giungendo così rapidamente alla morte per poi rinascere.