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Padre Ernetti, Don Luigi Borello e le macchine del tempo: il "Cronovisore"
a cura di Luca Berto

Generalmente, quando si parla e si pensa alle macchine del tempo, tutti noi immaginiamo abbiano la forma di mezzi di trasporto convenzionali: macchine, camion, navi, persino. Ebbene, nella realtà, le cose potrebbero essere diverse. In una intervista rilasciata a Vincenzo Padre Pellegrino Ernetti e padre Francois BruneMaddaloni per la Domenica del Corriere il 2 maggio 1972 dal titolo La macchina del tempo, padre Pellegrino Ernetti, uno scienziato e monaco benedettino, affermò di aver inventato la macchina del tempo: «Con le nostre apparecchiature abbiamo potuto riprendere alcune immagini di Gesù morente sulla Croce, […] e abbiamo anche ricostruito le parti mancanti di una tragedia, il Thyeste di Quinto Ennio, rappresentato a Roma nel 169 avanti Cristo». A conferma di quanto andava dicendo, padre Ernetti diffuse, insieme all’intervista, la presunta fotografia del volto di Cristo sulla Croce e, più tardi, il testo della tragedia di Ennio. L’immagine del volto di Gesù, per molti ricercatori e teologi, combaciava in più punti con quella presente sulla Sacra Sindone. La storia delle vicende di padre Ernetti e della sua macchina del tempo è ricostruita da padre Francois Brune, teologo francese e grande amico del sacerdote italiano, nel suo Le Nouveau mystere du Vatican, Il nuovo mistero del Vaticano.

Nato a Rocca Santo Stefano, presso Roma, nel 1925, e morto all’Isola di San Giorgio, a Venezia, nel 1994, era entrato giovanissimo nell’ordine fondato da San Benedetto. Terminati gli studi teologici e diventato sacerdote, si era dedicato allo studio della musica, diventando in breve uno dei maggiori esperti a livello mondiale di “prepolifonia”, cioè di quella forma di musica che va dai tempi preistorici fino a 1000 anni dopo Cristo, prima, cioè, che venisse inventata la musica polifonica, fatta da più “voci musicali”. I suoi studi erano così importanti che nel 1955 gli venne affidata una cattedra, l’unica al mondo in questa disciplina, al Conservatorio Benedetto Marcello a Venezia (anche se teneva corsi anche presso l’Accademia di Santa Cecilia a Roma). Sull’onda di questo suo interesse per la “prepolifonia”, padre Ernetti si trasferì a Milano, dove fu uno degli allievi prediletti di padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, nello studio di una materia difficile e particolare come l’”oscillografia elettronica”: questo gli permise di compiere ricerche sulla disgregazione dei suoni.

Durante le ricerche sull’oscillografia elettronica condotte insieme a padre Gemelli, padre Ernetti ebbe modo di mettere a punto un’interessante teoria. Il presupposto su cui si basava la teoria di padre Ernetti era la legge di Lavoisier secondo cui “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”: «Le onde sonore e visive, una volta emesse, non si distruggono, ma si trasformano e restano eterne e onnipresenti, quindi possono essere ricostruite come ogni energia, in quanto esse sono, appunto, energia».

Ogni essere umano, durante la sua vita, lascia dietro di sé una doppia scia, sonora e visiva, che è unica come il DNA o le impronte digitali («Tutta la nostra fisionomia è energia visiva che si sprigiona da noi, dalla nostra epidermide»). I suoni sono ricostruibili perché, una volta emessi, iniziano un processo di disgregazione simile a quello della materia, diventando onde sonore non udibili dall’orecchio umano: poiché la materia, per alcuni principi della fisica atomica, può essere ricostruita, anche i suoni possono essere riportati al loro stato iniziale. Da Einstein, poi, sappiamo che le diverse forme della materia sono soltanto diverse forme di energia: dunque, il suono e la luce sono soltanto forme diverse di energia, quindi commutabili l’uno nell’altra e viceversa. Alla luce di questa teoria, padre Ernetti, con l’aiuto di un gruppo di dodici scienziati di fama internazionale (tra cui Enrico Fermi, padre Agostino Gemelli e Werner Von Braun), spiegò di aver messo a punto, nei primi anni ‘50, un macchinario che permetteva di “captare, ricostruire, far vedere” avvenimenti del passato: «la macchina», spiegò padre Ernetti, era «formata da una serie di antenne per permettere la sintonizzazione sulle singole voci ed immagini»; la procedura di funzionamento della macchina, poi, era la stessa utilizzata dagli astronomi, i quali, utilizzando il ritardo causato dalla non infinita velocità della luce, riescono a ricostruire l’aspetto di una stella spentasi anche migliaia di anni prima. Una delle prime esperienze ottenute con la macchina ci è raccontata da padre Ernetti stesso ed è contenuta nel primo capitolo del libro. Di fronte alle difficoltà, padre Gemelli aveva l’abitudine di invocare l’aiuto del papà dicendo: “Ah, papà, aiutami!” Il 17 settembre del 1952, dopo l’ennesima esclamazione di Gemelli, il magnetofono della macchina a cui stavano lavorando registrò una voce che diceva: “Ma certo che ti aiuto, io sono sempre con te!” Era la voce del papà di padre Gemelli. Immediatamente, il sacerdote spense il magnetofono, spaventato da quanto gli pareva di avere udito. Padre Ernetti, però, lo invitò a riaccendere l’apparecchio. Fatto questo, i due riudirono la stessa voce di prima pronunciare le medesime parole, alle quali si aggiungevano queste: “Ma sì, zuccone, non vedi che sono proprio io?” L’epiteto “zuccone” era lo stesso con cui il padre di Gemelli, in vita, usava rivolgersi al figlio. Questo episodio (insieme all’invito esplicito del pontefice Pio XII) spinse Gemelli ed Ernetti ad approfondire ulteriormente le possibilità del loro lavoro. Alla fine, il visore viene messo a punto e sperimentato: completa di immagini e suoni, in bianco e nero e come ologrammi tridimensionali viene visualizzato e ripreso il discorso di Napoleone che sanciva la fine della Repubblica Serenissima, un discorso di Mussolini, un’orazione di Cicerone e gli antichi Mercati dell’imperatore romano Traiano, oggi scomparsi. Dopo qualche tempo viene anche ripresa la Passione di Cristo, una fotografia della quale viene pubblicata insieme alla già citata intervista. 

In seguito alla pubblicazione degli studi di padre Ernetti e, soprattutto, della presunta foto di Cristo, la polemica scoppia violentemente. I cristiani ed i sostenitori di padre Ernetti gridano di felicità, in quanto, credono, finalmente si potranno fugare La presunta foto di Cristo diffusa da padre Ernetti ed il volto di Cristo del Crocifisso di Collevalenza.tutti i dubbi circa la divinità di Cristo; altri, spaventati, si chiedono cosa potrebbe succedere se, con la macchina di padre Ernetti, si scoprisse la falsità dei fatti narrati nei Vangeli. Ma i pericoli non sono soltanto di natura religiosa. Nella già citata intervista alla Domenica del Corriere, padre Ernetti spiegava che la sua macchina era uno strumento utile ed importante, ma, allo stesso tempo, pericoloso, in quanto permetteva anche di leggere il pensiero, essendo questo, come il suono e l’immagine, soltanto un’altra forma di energia: «[la macchina è pericolosa perché] toglie la libertà di parola, di azione e di pensiero: infatti, anche il pensiero è una emissione di energia, quindi è captabile. Si potrà, cioè, per mezzo della macchina, sapere quello che il vicino o l’avversario pensa. Le conseguenzIl Crocefisso di Collevalenzae sarebbero due: o un eccidio dell’umanità oppure, cosa difficile, nascerebbe una nuova morale. Ecco perché è necessario che questi apparecchi non diventino alla portata di tutti, ma restino sotto il controllo diretto delle autorità». La polemica vera e propria, però, scoppia qualche tempo dopo. Sul numero 17 del Giornale dei Misteri, nella rubrica di posta curata da Sergio Conti, compare la lettera di un lettore di Roma che accusa apertamente Ernetti di mistificazione. Secondo questo lettore, la fotografia del volto di Cristo che Ernetti avrebbe pubblicizzato come reale, del vero Cristo, mostrerebbe somiglianze fin troppo sospette con il volto di Cristo del Crocifisso ligneo presente nel Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, un paese in provincia di Todi (vicino Perugina) ad opera di Lorenzo Cullot Valera su precisa indicazione di Madre Speranza, una religiosa stigmatizzata e con fenomeni mistici. Sergio Conti, curatore della rubrica, afferma per certo che la foto pubblicata dalla Domenica del Corriere è stata consegnata dallo stesso Padre Ernetti al giornalista curatore dell’articolo. Noi sappiamo, però, dai documenti che abbiamo, che questo non è vero. Padre Ernetti, comunque, non prende parte alla discussione, forse perché zittito da qualcuno di molto in alto, come sostengono alcuni suoi estimatori. Qualche tempo dopo, poi, toccò anche al presunto testo mancante della tragedia di Ennio, il Thyeste, essere messo in discussione. L’autenticità del testo fu messa in dubbio dalla Professoressa Katherine Owen Eldred, diplomata in letteratura classica all’Università di Princeton e massima studiosa vivente del tragediografo latino: secondo la professoressa, il testo aveva alcuni elementi linguistici (termini e costrutti) che non posso sicuramente appartenere a quel periodo della lingua latina di Roma, in quanto avrebbero cominciato a diffondersi soltanto a partire da duecento anni dopo.

Il 25 giugno 1974 fa il suo ingresso in scena un altro personaggio della nostra storia. Sulla rivista Arcani n. 25 del giugno 1974 appare un articolo di Teresa Pavese dal titolo Cronovisore, la materia racconta, che presenta le ricerche di don Luigi Borello (1925-2001) nel campo della fisica neutrinica.

Don Luigi Borello negli anni '80 ed in una foto del 1999 (foto tratta dal settimanale Chi del 10 novembre 1999).

Don Luigi Borello era nato a Pezzolo Valle Uzzone nel 1924. Era divenuto sacerdote nel 1950 ed era cresciuto ed era stato educato nello studentato albese della Società San Paolo, ove la congeniale propensione alle discipline scientifiche aveva trovato un eccellente maestro nel professore di fisica, chimica e matematica don Enzo Manfredi (1916-1977). Lo studente Borello fu certo il più dotato fra gli allievi del maestro e ne ereditò, insieme al gabinetto sperimentale, la passione geniale per la ricerca e la realizzazione scientifica, cui dedicò ben 35 anni di vita. Quando nel 1964 egli abbandonò il gabinetto scientifico di “San Paolo” (in gran parte creato da lui) per la riviera ligure, si era portato dietro soltanto un vecchio oscilloscopio a raggi catodici, il prototipo sul quale aveva iniziato i primi esperimenti sulle rimanenze delle luci e dei suoni sulla materia, e una montagna di appunti. Rileggendo i numeri 24, 25 e 29 della rivista Arcani, per la quale il sacerdote cura una rubrica di posta in qualità di sacerdote, possiamo ricostruire la teoria alla base degli studi fisici di don Borello.

Due dei capisaldi della teoria di Borello sono il concetto di “campo” ed il concetto di “spazio”. Grazie alla famosa formula di Einstein, sappiamo che la materia rappresenta grandi riserve di energia e l’energia rappresenta la materia. Di conseguenza non si può procedere a una distinzione qualitativa fra materia e campo; si ha materia ove la concentrazione dell’energia è grande; si ha campo ove la concentrazione dell’energia è debole. Ma nella nostra nuova fisica non c’è più posto per il binomio campo e materia. Non c’è che una sola realtà: il campo. Per questa ragione, afferma Borello, «il nostro problema finale sembra dover consistere nella modificazione delle leggi del campo in guisa tale che non cessino di essere valide nelle regioni di grandissima concentrazione dell’energia». Cesare Colangeli riuscì a fare questa unificazione, ottenendo che le leggi del campo siano valide sia per la radiazione, sia per la materia. Nella teoria neutrinica le particelle di materia sono la chiave dell’universo, con le due cariche elettriche eteronime che, convenzionalmente, vengono chiamate positiva e negativa, si attraggono quando sono opposte, si respingono quando sono uguali, cessano da ogni interazione quando si immedesimano. L’attrazione e la neutralizzazione è l’unica tendenza che esista nell’universo. Non può esistere il vuoto. Nella posizione di “reciproca soddisfazione” delle cariche elettriche, detta anche “spazio in quiete”, si crea il neutrino e la teoria da cui prende il nome. Tutto quello che esiste, tutto quello che possiamo rilevare direttamente o indirettamente, tutto quello che avviene, ossia tutta la dinamica dell’universo, dipende da questo unico principio e da questa unica tendenza. Lo si prova algebricamente. Queste sono le basi teoriche della teoria di Borello. Partendo, poi, da un’idea di Albert Einsten, ampiamente recepita dal fisico Cesare Colangeli nella sua Teoria Neutrinica, che Borello accoglie entusiasticamente e condivide, si può affermare che qualsiasi materia inanimata possiede la capacità di “memorizzare”. Quando una qualsiasi forma di energia (luce, suono, calore o altro) colpisce un agglomerato di materia, si produce un fotone, che è dotato di una polarizzazione dinamica (e quindi evanescente, in un certo senso) ed una dinamica (che rimane insita nella materia stessa). Questa costituisce la traccia mnesiaca (o memoria) di ogni evento in cui c’è stata la produzione di energia. Ogni porzione di materia, dunque, esattamente come un essere vivente ha la capacità di memorizzare gli eventi, con la sola differenza, rispetto a quest’ultimo, di non disporre di un organo per comunicarne i contenuti. In sostanza, come la luce impressiona la pellicola fotografica, così l’energia impressiona la materia. Come decifrare, dunque, i messaggi contenuti nelle memorie “materiali”? Come si fa a “sviluppare il rullino”? Don Borello legge nella teoria di Colangeli che esiste una carica elettromagnetica polivalente e multiforme, il magnetrino, che ha la capacità di riattivare le tracce, le memorie contenute in ogni porzione di materia (detto testimone) eccitando i magnetrini (polarizzazioni) contenuti nel campione stesso. In base a questo, già nel 1967 don Borello ideò quello che lui chiamava “sistema di cronovisione elettronica”: per mezzo di questo sistema era possibile rilevare, in un qualsiasi campione di materia già colpito da uno stimolo acustico, luminoso o termico, già “impressionato”, cioè, tali memorie, resuscitandole. In questa maniera viene convalidata la teoria neutrinica dello spazio e si arriva ad individuare la base fisica della memoria. Frutto pratico di queste ricerche è il “cronovisore”, uno strumento dalla doppia funzione: da una parte eccita il testimone, risvegliandone le memorie; dall’altra le registra. Così facendo, per mezzo di un oscilloscopio, che trasforma in oscillazioni le memorie prelevate, è possibile visualizzare le memorie contenute in ogni porzione di materia. Abbiamo utilizzato, tuttavia, il termine “visualizzare” in maniera impropria, in quanto, come diceva lo stesso don Borello, «non siamo ancora in grado di chiedere ad un soggetto “che cosa ha visto”, bensì “se ha visto o sentito questo o quello”, fornendo ad esso delle impressioni primitive, a noi note, e cercando delle conferme». Come Borello stesso afferma e come abbiamo detto all’inizio, il punto di partenza per la validità di tutto questo è l’accettazione della validità delle teorie di Renato Palmieri sulla fisica del campo gravitazionale: secondo Palmieri, in pratica, tutti i fenomeni dell’universo avvengono in una ben determinata “geometria di campo”, cosa possibile soltanto nell’ipotesi che lo spazio non sia effettivamente vuoto. Infatti, se lo spazio è vuoto, allora determinate forme di energia non hanno la possibilità di trasmettersi attraverso lo spazio stesso. Venendo meno l’assorbimento di energia da parte della materia, viene meno la “memorizzazione”.

Passato questo periodo in cui le notizie e le polemiche si susseguono velocemente, della macchina del tempo di padre Ernetti e del cronovisore di don Borello nessuno parla più per almeno otto anni. Si torna a sentir parlare dei nostri due personaggi quando, sul Giornale dei Misteri n. 114 del 1980, il giornalista Sergio Conti, che abbiamo incontrato in precedenza, pubblica un articolo dal titolo Padre Ernetti e la cronovisione. All’articolo risponde un grande amico di padre Ernettti, tale Annunziato Gandi, presidente della “Fondazione Giorgio Gandi Museo del Grammophon del Disco e delle voci celebri”, a Venezia (dal 1991 il museo è stato chiuso), con una lettera dal titolo Perché il Padre Pellegrino Ernetti non ha partecipato al Congresso di Fermo (svoltosi nell’ottobre 1979). Nella sua lettera, Gandi cerca di spiegare la mancata presenza di padre Ernetti, suo amico carissimo, al Congresso di Fermo; oltre a questo, si aggiunge che Padre Ernetti è il depositario delle idee segrete di Marconi, di Severi e di padre Gemelli, di cui fu allievo e collaboratore, come visto. Nella lettera si può leggere, ancora, la seguente nota:

P. Pellegrino non fa alcun mistero dei suoi segreti: ne ha dato pubblicamente delle prove, ultima è stata la conferenza del 17 febbraio u.s. nell’aula magna dell’Università di S. Tommaso a Roma ove parlò sul tema «Nessuno muore» presenti fisici e scienziati (cito anche un amico di Mancini, il Prof. Marasca), nella quale egli svelò chiaramente il principio di fisica sia per le Voci dell’aldilà sia per la «cronovisione».

La risposta di Conti, molto vivace, mette in discussione le prove fornite da Ernetti a suffragio di quanto affermava:

Io personalmente non conosco Padre Ernetti, perciò non posso permettermi alcun giudizio sulla sua persona, ma sui fatti posso esprimere un’opinione. Fino a questo momento su questa sua «macchina che fotografa il passato» abbiamo soltanto una gran quantità di “si dice”, ma prove concrete nessuna. L’unico fatto ufficialmente divulgato dalla stampa e da lui avallato come prova concreta, risultò essere un colossale falso. Mi riferisco all’immagine del volto di Cristo che Padre Ernetti consegnò ai giornalisti dichiarando di averla ottenuta con la sua “macchina”. Tale foto all’esame non risultò essere altro che la riproduzione, rovesciata, di un’immagine sacra che viene venduta a cento lire nel Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, vicino a Todi (Perugia), riproducente una scultura lignea di Cullot Valera, che si trova appunto in quel Santuario (ne demmo precisa e documentata relazione sul n. 17 del G.d.M., invitando il Padre a chiarirci la cosa. Non avemmo alcun cenno da parte dell’interessato).

E riguardo al professor Marasca: «pur essendo un vivo sostenitore di Padre Pellegrino Ernetti, mi ha dichiarato più volte che anche lui non ha mai veduto il misterioso apparecchio cronovisivo». Tuttavia, nel libro di Brune si dice che fu proprio il professor Marasca a richiedere a Ernetti la musica ed il testo che completavano l’opera di Ennio, il Thyeste

Passano altri anni e, nel 1989, Don Luigi Borello pubblica finalmente il libro contenente le sue teorie: Come le pietre raccontano. Nell’introduzione, curata da Teresa Pavesi, si attacca duramente Padre Ernetti, chiamato «sedicente inventore». Lo stesso Don Borello, a pag. 83, del libro definisce la notizia della costruzione della macchina del tempo «un’idea peregrina».
Naturalmente la risposta di Padre Ernetti non si fa attendere: in una lettera del novembre 1990, datata, cioè, quattro anni prima della sua morte, il religioso ribadisce le sue affermazioni con termini inequivocabili: «La macchina del tempo è una verità sacrosanta». In quella lettera, poi, padre Ernetti entra nel merito della questione della presunta immagine di Cristo, per il quale era stato accusato di mistificazione, come abbiamo visto. Scrive, padre Ernetti: «Il nostro Cristo fu captato nel 1953, mentre quello di Collevalenza venne realizzato circa sei anni dopo; e quando madre Speranza lo vide nella nostra foto, fece salti di gioia, perché corrispondeva a quello della sua visione: questi sono fatti storici».
Riguardo a questa questione, riportiamo di seguito ciò che padre Brune scrive nel suo libro, nel capitolo “Padre Ernetti si spiega”. In questo capitolo Padre Francois ricorda come un giorno, essendo di passaggio a Venezia, andò a trovare Padre Pellegrino e, senza mezzi termini, a costo di sembrare duro e scortese, gli chiese cosa avesse da dire su questa dura campagna di stampa che gli attribuiva la diffusione di una falsa immagine del Cristo. Ecco di seguito la risposta di Padre Pellegrino:

«Del resto, con il cronovisore - mi spiega Padre Ernetti - abbiamo anche il movimento, che abbiamo filmato. Quello che è vero, piuttosto, è che la rassomiglianza fra l’immagine che noi abbiamo visto e la scultura di Cullot Valera è stupefacente.»
«Ma allora [chiede Brune] perché questo silenzio? Perché non avete risposto su questo argomento a tutti coloro che vi chiedevano spiegazioni?»
«Il fatto è che non sono libero. Ho già parlato troppo. Ho avuto l’impedimento assoluto da parte dei miei superiori di dare nuove spiegazioni, di rispondere alle accuse, di riaffermare la realtà del cronovisore e dei risultati raggiunti. Non posso neppure dire che sono i miei superiori che mi impediscono di parlare; perché, allora, la pressione dei giornalisti o dei servizi segreti stranieri si sarebbe esercitata su di loro. Io li avrei messi in pericolo. In un certo senso, le accuse mosse contro di me le ritenevano utili. Poiché non potevo rispondere, il discredito scoraggiava poco a poco tutti i curiosi. Ed era precisamente quello che volevano, dopo la decisione di smontare l’apparecchio e di mantenere il segreto.»

La lettera che don Borello ricevette nel 1990 viene citata in un’intervista concessa dallo scienziato al giornalista Renzo Allegri per il settimanale Chi nel novembre 1999. Eccone un breve stralcio:

Domanda: Lei [don Borello] era impegnato nelle stesse ricerche [di padre Ernetti]. C’erano delle possibilità per un fondamento scientifico di quanto Ernetti sosteneva? 
Risposta: Io ho dimostrato che la “macchina del tempo” è possibile. […] La mia teoria, comunque, spiega di arrivare alle conclusioni cui diceva di essere arrivato padre Ernetti. Con l’aiuto di altri ricercatori, abbiamo poi dimostrato in laboratorio che la mia teoria ha fondamenti reali e concreti. 
D: Pubblicando il libro che illustra la sua teoria ha attaccato violentemente padre Ernetti. 
R: In un certo senso l’ho fatto apposta, per stuzzicarlo e costringerlo a dire di più sulle sue scoperte.
D: Lui si è offeso?
R:  Molto. E mi scrisse quella lettera, minacciando anche di ricorrere a vie legali. 
D: Quella lettera, però, è diventata un documento straordinario.
R:  Certamente. Da tempo padre Ernetti non parlava più delle sue scoperte. Tutti ritenevano che avesse abbandonato l’argomento perché, in realtà, si era trattato di bufale. Anch’io la pensavo così. Invece, dopo aver letto il mio libro, dove si metteva in dubbio quanto aveva affermato, mi ha mandato quella lettera confermando sia l’esistenza della macchina, come delle scoperte riguardanti la foto di Cristo e la tragedia di Ennio. Dice nella lettera: “Sono sacrosante verità”. Tenendo conto che era un uomo di grande prestigio e per di più un sacerdote, che scriveva poi ad un altro sacerdote e suo collega nelle ricerche scientifiche, è chiaro che non posso mettere in dubbio le sue affermazioni. 
[…]
D: Diceva all’inizio che vi siete incontrati.
R:  Sono andato a Roma per discutere di queste sue scoperte. Mi ha parlato della famosa macchina, delle sue conseguenze pratiche, ma non mi ha fatto vedere niente e non mi ha dato ragguagli tecnici. 
[…]
D: Ammesso che la “macchina del tempo” di padre Ernetti sia esistita, dove potrebbe essere finita?
R:  Ernetti mi spiegò che le autorità civili e religiose, preoccupate per le conseguenze che simili invenzioni avrebbero potuto portare, gli avevano proibito di continuare le ricerche. E lui obbedì. Lo afferma anche nella lettera del 1990. 
D: Esistevano veramente quei pericoli?
R:  E’ chiaro che un’invenzione del genere “sconvolge” il mondo. Se si riesce a ricostruire quanto è accaduto, è possibile risolvere tutti i dubbi, tutti i delitti, tutte le congiure. Non ci sarebbero segreti, vita privata. Ogni azione, per il fatto che diventa energia, vagherebbe nello spazio e potrebbe essere captata da chiunque abbia un “cronovisore”. 
D: E quindi che fine potrebbero aver fatto quelle apparecchiature?
R:  Nel mio incontro a Roma padre Ernetti mi disse che le apparecchiature erano state smontate e depositate in una sala del Viminale. 
D:Concludendo, qual è, a distanza di tanto tempo, il suo giudizio sulla macchina di padre Ernetti? 
R:  Nei miei libri ho dimostrato che “captare” e “ricostruire” avvenimenti del passato è scientificamente e tecnicamente possibile. Per quanto riguarda padre Ernetti, sul piano umano non posso contraddire le affermazioni che mi disse nel ‘90; però sul piano scientifico egli non ha mai dato dimostrazione di quanto affermava di aver scoperto. Se le sue prodigiose macchine sono realmente esistite, erano una cosa portentosa, cui era arrivato per strade diverse da quelle da me conosciute. E mi auguro che ci sia ancora qualche suo collaboratore vivo e che decida di darci delle spiegazioni scientifiche.

Nel marzo del 2000 fa la sua comparsa nelle librerie degli Stati Uniti un libro su Padre Ernetti ad opera di Peter Krassa dal titolo Il cronovisore di Padre Ernetti. La costruzione e la scomparsa della prima macchina del tempo del mondo. Oltre a ripercorrere la storia di padre Ernetti e delle sue ricerche, il volume contiene anche una testimonianza del Prof. Giuseppe Marasca, che abbiamo già incontrato. 
Qualche tempo dopo, Padre Brune viene contattato da John Chambers, direttore delle edizioni “New Paradigm Books”, che stava preparando una edizione americana del libro, in tedesco, di Peter Krassa. A padre Brune viene chiesto di mettere a disposizione tutta la documentazione di cui poteva disporre per ampliare e sistemare il contenuto del libro di Kassa. Nell’occasione, gli veniva inviata una copia dell’edizione americana in preparazione, la quale, però, risultava molto rimaneggiata rispetto all’edizione tedesca. Questa, inoltre, contiene un allegato potenzialmente esplosivo.
Un italiano, infatti, venuto a conoscenza della nuova edizione in inglese del libro su padre Ernetti, aveva inviato alla casa editrice una lettera nella quale si dichiarava “figlio spirituale” di Padre Ernetti. Il misterioso mittente voleva assolutamente rimanere anonimo e chiedeva formali garanzie a questo, prima di permettere la pubblicazione della sua lettera. Naturalmente il direttore della “New Paradigm Books” aveva condotto una sua piccola inchiesta, al termine della quale, aveva ritenuto di avere buone ragioni per considerare il documento pervenuto come autentico. La lettera, pubblicata nel libro di Padre Brune nel capitolo “Il bugiardo crolla alla fine”, contiene, o vorrebbe contenere, una vera bomba: la confessione di padre Ernetti sul cronovisore, la verità sul volto di Cristo e sul Thyeste. Sinteticamente, nella lettera pubblicata sul volume di Brune, padre Ernetti avrebbe confessato al figlio di un suo caro amico, che fin da bambino lo chiamava Zio Pellegrino, che la ricostruzione del Thyeste era stata immaginata da lui e non proveniva dalla macchina del tempo, che l’immagine di Cristo spacciata per vera era in realtà una bufala e che la macchina l’aveva costruita da solo (e che, di conseguenza, Fermi non c’entrava nulla, anzi, si legge, ogni volta che lo incontrava lo prendeva in giro). Insomma, gli eventi registrati dalla macchina sarebbero tutta una montatura. La macchina in sé, però, era realtà:

Lascia che ti dica a cosa assomiglia il mio cronovisore. E’ una sfera, come un apparecchio da immersione o un sottomarino individuale, con aperture all’altezza degli occhi in tutte le direzioni. E’ sospesa a un cavo con un sistema che gli da la completa libertà di movimento. E’ fatta di materiale molto leggero, una lega di alluminio. E’ mossa dal solo potere del pensiero.

Come si potrà notare, queste descrizione del cronovisore differisce parecchio da quella fornita da padre Ernetti stesso nella sua intervista alla Domenica del Corriere, che abbiamo richiamato più sopra. A parte questa differenza, però, la lettera conferma che la macchina in sé è esistita. E forse esiste ancora.

Un anno dopo la pubblicazione di questa lettera, il 22 febbraio 2001, a Varazze (Savona) muore don Luigi Borello. Sparisce, così, anche l’altro grande protagonista di questa incredibile, confusa, appassionante storia. 

L’ultimo contributo alla faccenda viene dato da padre Brune, che, nel luglio del 2002, viene intervistato da Renzo Allegri per Chi. In questa intervista, Brune svela alcuni retroscena: «[Il macchinario] Non solo era già funzionante, ma era già stato “sequestrato” dal Vaticano. Padre Emetti, spaventato dall’importanza incredibile della sua scoperta, si era confidato con i propri superiori e con le autorità vaticane. C’era stata una riunione segreta con il Papa e poi, di comune accordo, la macchina era stata ritirata e nascosta in Vaticano. A Padre Ernetti era stato imposto di non fare più pubbliche dichiarazioni su quell’argomento, ma non gli era stato proibito di parlarne con gli amici in privato e così mi confidò tutto […] Padre Emetti mi ha detto che tutto quello che videro venne anche filmato. Nel filmato si è perduta la tridimensionalità, ma resta pur sempre un documento straordinario. Questi filmati furono poi mostrati a Papa Pio XII, ed erano presenti anche il presidente della Repubblica Italiana del tempo, il ministro dell’istruzione e vari membri dell’Accademia pontificia. Quindi molte persone hanno visto e constatato […] [Personalmente, sulla veridicità della storia non ho] Nessun dubbio. Per avere dei dubbi in questo senso dovrei “calpestare” la serietà morale di un sacerdote straordinario, di uno scienziato eccezionale e di un grande amico. E io non ho nessunissimo appiglio per poter fare questo».

Concludendo, possiamo dire che l’unica speranza, probabilmente, per il raggiungimento della verità, è che qualche alunno di padre Ernetti si faccia avanti e, per l’onore del suo maestro, ma soprattutto di un grande uomo e sacerdote, racconti ciò che conosce. Nel caso questo non avvenga, possiamo soltanto aspettare che si inventi un nuovo cronovisore e, con tale strumento, dal futuro, si tenti di scrutare in questa oscura storia.

APPENDICE

Lettera di don Borello a Padre Ernetti (Da I manoscritti di Don Luigi Borello, a cura di Giovanni Borello).

Varazze, 02 - 01- 1991. Rev. mo Padre Pellegrino Ernetti,

Le mie condizioni di salute, purtroppo non mi hanno ancora permesso di dilungarmi un po’ di più sulla questione.
Per ora le invio una fotocopia della Sua del 21 nov. 89, con qualche commento a caldo.
Come dicevo nelle note a fianco di esse, ammetto che ho voluto essere un po’ provocatorio con le frasi che Ella cita allo scopo di convincerLa a dire qualcosa di più preciso. Quando mi dice (almeno 4 volte) che sono “sacrosante verità”, personalmente posso anche esserne convinto, dato che me le dice un Sacerdote. Ma come si può fare a convincere chi non ci crede?
Una cosa che voglio precisare è che quanto dice l’autrice della prefazione a pag. 5 e che Lei cita, le è stato da me suggerito di inserirlo e quindi me ne assumo io qualsiasi responsabilità. Del resto sono cose dette da altri e stampate su vari quotidiani, settimanali e mensili e da noi riprese e riportate.
Aggiungerei ancora che piuttosto sarei io dovermi ritenere offeso (sia pure non a mezzo stampa ma da alcune frasi della Sua): sarei un “calunniatore” e un “falso”. Che poi abbia voluto far passare Lei come ……. non credo di averlo mai pensato; è Lei che lo dice. Tutto al più, potrei dire “reticente” come dicono in tanti, ma a questo riguardo ne dà le giuste ragioni che sono di proibizioni, di etica ecc. Voglio anche precisare che la parola “sedicente” non è offensiva e che Lei ben sa significa “uno che si dice”. Ed anche qui c’è sempre il motivo di essere reticenti.
Ripeto ancora, pertanto, che le frasi o termini da me usati, sui quali Ella si ritiene offeso, vedi “ingenua trovata”, “sedicente inventore”, “idea peregrina mai realizzata” innanzitutto non sono ne miei ne di Teresa Fessia ma scritti da parecchi altri e da me ripresi e riportati, diciamo pure a scopo di provocazione, come già ho detto per convincerLa a dire qualcosa di più.
Le dirò di più: in una prima stesura c’era un capoverso che poi ho abolito, ove si parlava del termine “cronovisione” e del tempo nel quale l’ho coniato: “fino a quel momento, in parapsicologia, si parlava di metagnomia, criptesia, psicometria, ecc. anche perché non era ancora stato realizzato alcun apparecchio rivelatore di tali fenomeni. Tutto al più si parlò di “macchine” termine che non mi è mai piaciuto. La parola “cronovisione”, da me coniata invece, probabilmente è piaciuta a molti, poiché mi sono giunte richieste di informazioni da tutte le parti del mondo, risulta in un Diploma internazionale del 03-09-1972 - nel Diploma dell’Accademia Tiberina di Roma del 30/01/1975 e nel volume WHO ’S WHO IN EUROPE - edizione 1980 a pag. 269 al nome Borello Luigi ove è riportata la mia biografia.
(Il mio manoscritto, mai pubblicato, continuava): «Il termine “cronovisione“ deve essere piaciuto anche a Padre Ernetti, il quale dei suoi studi ci ha sempre detto molto poco, in un libro assieme alla signora Gabriella Alvisi lo usa per la prima volta.»
Mi direte poi se mi sbaglio: quando l’Ernetti l’Alvisi e molti altri avranno letto questo mio lavoro (se lo leggeranno), faranno propri i principi generali esposti, magari senza citarne la fonte.
«Se tuttavia saranno stati utili a qualcuno e soprattutto alla scienza in generale, ne sarò, non soltanto felice, ma pago».
Questo annotavo in un manoscritto di parecchi anni fa, quando preparavo il “Saggio” e che poi ho voluto omettere per non fare questioni: fosse vero che molti altri si prendessero a cuore la cosa.
Un mio amico avvocato e giornalista al quale parlavo di lei chiedendogli cosa ne pensasse di questa “macchina del tempo” quando ne uscì la notizia nel 1972 e gli dicevo anche delle Sue qualità di scienziato, allievo di Padre Gemelli, esperto non solo di musica prepolifonica ma anche esperto nella tecnica oscilloscopica (Padre Gemelli, che ebbi modo di conoscere, era uno dei pochi al mondo che sapesse leggere direttamente gli oscillogrammi direttamente dallo schermo), questo mio amico, (chiusa la parentesi) mi diceva che la Sua idea senz’altro era buona ma era convinto che si trattasse semplicemente di un “sassolino” da Lei gettato, perché altri lo raccogliessero e lo sviluppassero.
Prima che Ella mi giurasse che si tratta di “sacrosante verità ero anch’io dello stesso parere, rafforzato anche dell’incontro che con Lei ebbi a Roma all’Accademia S. Cecilia. Mi parlò di apparecchiature (macchine) depositate in una sala del Viminale, di una equipe di collaboratori, della serie di antenne in America e che si attendeva che gli americani facessero qualcosa: questo è quanto ho potuto sapere da Lei direttamente.
Vede che l’idea di onde di riverbero non sono da me proposte, anzi scartate, ma da Lei prospettate.
Mi dica poi, con Suo comodo, se l’idea del “sassolino” lanciato per stimolare ricerche fosse poi tanto fuori posto.
Con tutto questo non creda poi che io ci tenga tanto alla priorità dell’idea, sia di rivedere immagini o risentire suoni del passato non registrati con i mezzi tradizionale e nemmeno sul termine “cronovisione” anche se su questo posso produrre articoli stampati con tanto di data tipografica. Lasciamo perdere.
La cosa più importante alla quale invece ci tengo è la Teoria neutrinica di Cesare Colangeli, contemporanea ad un’idea di Einstein la quale precisando la vera costituzione dello Spazio nel quale viviamo, risolve l’aspetto duale della luce e pone le basi del “magnetrino”, un corollario questo, dal quale è stato possibile dedurre la registrazione, la conservazione e il modo di richiamare le impressioni della luce i dei suoni che hanno colpito la materia = in altre parole la scoperta della “base fisica della memoria”.
Nel mio “Saggio” anche se troverà una descrizione abbastanza dettagliata delle apparecchiature usate, troverà anche il brano a pag. 84 che dice: “per ora siamo arrivati soltanto a rilevare tracce dei suoni e delle immagini del passato registrate nella materia e quindi, attualmente, un “cronovisore”, ossia un apparecchio tipo televisore, che sia alla portata di tutti, non esiste ancora”.
Come vede le mie reticenze riguardano soltanto i limiti che abbiamo raggiunto nelle sperimentazioni. Tutto il resto lo può trovare descritto del libro.
Esiste solo una raccomandazione, messa in rilievo due volte che: chiunque realizzi rilevamenti che abbiano attinenza o traggano spunto da quanto viene descritto in questo saggio… citino che la deduzione è stata possibile mediante l’applicazione dei principi della “Teoria Neutrinica” e degli sviluppi ad essa apportati al concetto di “Magnetrino”. (vedi pag. 14 e pag. 173)
Su questo ci sono tutte le rivendicazioni di priorità protette dai diritti di autore e già depositate da molti anni presso Notaio prima che il libro venisse stampato. Ovviamente chiunque può servirsene con permesso scritto dell’autore e citandone la fonte.
Voglio, infine, ancora richiamare l’attenzione sulla pag. 15 (ultima della presentazione) poiché siamo veramente convinti che nessuno finora sia giunto ai nostri risultati e se lo fosse, lo è o lo sarà soltanto se sono stati presi o verranno presi in considerazione i principi della TEORIA NEUTRINICA.
Con Questo il nostro dovere verso il Sapere l’abbiamo fatto. Speriamo che altri lo continuino.
Ogni collaborazione sarà un reciproco piacere.
Senza volerlo mi sono dilungato un po’ troppo ed aggiungerei soltanto più che come vede io non ho tenuto conto di alcuna “proibizione” civile o religiosa. Di fronte alla caduta dei muri più massicci, non possono rimanere in piedi muri che ostacolino il progresso del Sapere. Attendo un Suo riscontro, anche breve.

Auguro un buon 1991 e ricordiamoci presso il Signore. Don Luigi Borello.

Da I manoscritti di Don Luigi Borello, a cura di Giovanni Borello

ARGOMENTO
Non vorrei si pensasse ad una delle frequenti trovate di pseudo inventori i quali vogliono demolire e nulla costruiscono. Qui ci troviamo di fronte a qualcosa di veramente nuovo che non demolisce ne la fisica quantistica, ne le acquisizioni di Einstein, ne considera inutili le ricerche in atto: tutto al più saranno da considerare inadeguate in quanto non tengono conto della reale natura dello spazio in cui viviamo. Inspiegabilmente siano vissuti finora “come i pesci nell’acqua - che non sanno cos’è” .
Finchè non verrà recepita questa idea che definisce realmente cos’è lo spazio in cui viviamo, rimaniamo, nella fisica e non solo nella fisica ma in tutti i rami della scienza, di fronte ad un fisiologico avanzamento di meravigliosi progressi ma che restano ad un livello orizzontale, senza alcun balzo verticale, da ormai 60 anni. L’ultima grande acquisizione può essere considerata quella di Maxwell.
In tutte le altre acquisizioni, comprese quelle di Bohr - Einstein - Einsenbergh -Schrodinger - W. Pauli, esistono ombre, dubbi, vuoti, incertezze.
Esiste una meravigliosa pagina di Einstein nella quale espressa la sua più grande intuizione ma che purtroppo chiude dicendo: “finora non siamo ancora riusciti a realizzare questo programma in forma convincente e coerente. Il decidere se ciò sia o no possibile appartiene al futuro” ma esistono anche due volumetti di Cesare Colangeli il quale nel 1948 con una perfetta formulazione riuscì a fare l'unificazione che Einstein si auspicava nel 1938, ossia che le leggi del "campo” siano valide sia per la radiazione che per la materia, dando ragione di ambedue con un'unica formula la quale varia soltanto per un coefficiente numerico diverso per la radiazione e la materia.
Ed esiste anche un mio “saggio” del 1989 nel quale non dico nulla di nuovo, ma riprendendo un corollario della teoria, do perfetta validità a tutta la teoria, non soltanto teoricamente, ma anche in forma sperimentale.
Sia l’idea di Einstein e sia la perfetta formulazione del Colangeli non sono mai state prese in considerazione nel mondo della fisica, se non da pochissimi studiosi. Speriamo che ora sia la volta buona.
Mentre da un lato ammiri profondamente Einstein per la meravigliosa sua pagina citata, più che per il resto della sua opera scientifica, perdo quasi di lui la stima quando lo sento dire a riguardo della realtà “campo”:
“l’unica nostra via d’uscita sembra essere quella di tenere per certo il fatto che lo spazio possiede la proprietà fisica di trasmettere le onde elettromagnetiche, senza troppo preoccuparci del significato di questa affermazione”.
In altre parole ci dice che il campo è una proprietà dello spazio e che la propagazione di un’onda in esso è una perturbazione dello stesso, ma che cosa sia lo “spazio” proprio non ce lo dice, come nessun fisico, finora, nemmeno Rubbia o Zichicchi ce lo hanno saputo dire e, sembra, nemmeno interessarli molto, anzi, per niente.
Ma alcuni eminenti fisici, il problema almeno se lo sono posto.
Il problema delle particelle e delle onde dominò i primi decenni di questo secolo, ma i dubbi che esistevano non sono ancora dissipati.
Non passa settimana che sulle riviste prestigiose del mondo e nelle relazioni scientifiche, che seguo costantemente, non si ritorni sugli stessi argomenti con qualche nuova prospettiva, ma immancabilmente con le desolanti conclusioni di incertezza che si facevano mezzo secolo fa:
È soprattutto ad Einstein l’abbandono definitivo della nostra credenza in un “etere” non rilevabile.
Le onde luminose e le onde elettromagnetiche in genere debbano essere considerate come la propagazione ondosa attraverso lo spazio (veramente vuoto!) ed è qui la contraddizione non risolta di Einstein e di tutti quelli che così continuano a credere “di una sostanza impalpabile chiamata campo”:
Questo è il secondo paradosso di Einstein oltre a quello già citato; altro che quello relativistico dei due gemelli o dei due orologi!
Senza contraddirmi a quanto dicevo sopra, ossia che la Teoria dello Spazio Neutrinico non intende demolire nulla, circa questa affermazione di Einstein non si tratta di demolirle, in quanto già di per se stesse non dicono nulla: semplicemente omettono di definire, sia pure con scusante “finora non siamo ancora riusciti a realizzare un programma in forma convincente e coerente”.
Ma una volta che Cesare Colangeli è arrivato a formulare questo programma convincente e coerente, per i fisici che continuano ad ignorare non c’è più scusante.
Il grande fisico Kenneth W. Ford, che certamente tutti gli studiosi conoscono, a riguardo di questo concetto di campo, della cui realtà nessuno dubita e quindi nemmeno noi, diceva nel 1963:
“questo può sembrare un progresso assai dubbio della scienza.
Una sostanza ipotetica, l’etere, viene sostituita da un’altra sostanza ipotetica, il campo” e ribadiva ancora: “naturalmente noi oggi siamo contrari all’imbarazzante ricchezza di campi nei quali nessuno veramente crede”.
(intendeva dire così come vengono creduti senza alcun approfondimento di che cosa siano realmente).
I fisici mantengono la convinzione che esista alla base di tutte le particelle, una struttura più semplice e il dualismo tra luce e particelle, dibattuto da circa un secolo non è ancora risolto (potrà esserlo dal momento che verrà recepita dal mondo scientifico la “teoria dello spazio neutrinico” di Cesare Colangeli (lo dico con presunzione o senza presunzione, come credete meglio).
Aggiungo soltanto più, a quanto riportato dal fisico Ford una asserzione di un altro grande fisico, Wiener:
“nel campo della fisica, allo stadio attuale di sviluppo, le particelle fondamentali sono di importanza massima, ma non sono fondamentali nel senso di essere le ultime… Le difficoltà di Einstein e di Bohr rimangono, e la teoria del campo unificato sulla quale Einstein faceva affidamento è ancora una pia speranza. Siamo tutti in attesa di una nuova sintesi di idee, che non sarà certamente conclusiva, ma ci fornirà UNA NUOVA BASE sulla quale la fisica potrà operare per decenni, se non per secoli”.

A COSA SIAMO ARRIVATI
Dall’approfondimento della teoria dello spazio neutrinico di Cesare Colangeli, siamo arrivati, con la prova positiva sperimentale di un corollario di essa, alla convalida della stessa nella sua interezza, confermando che: è valida non solo per i fatti che ancora dovevano essere spiegati, ma anche per quelli che si riteneva potessero essere spiegati in sua assenza. 
Innanzitutto, ripeto, Cesare Colangeli è riuscito a descrivere teoricamente come le leggi del “campo” siano valide sia per la radiazione che per la materia, dando ragione di ambedue con un’unica formula, la quale varia soltanto con un coefficiente numerico diverso per le radiazioni e per la materia. Inoltre definire in realtà che cosa è lo spazio in cui viviamo e ci muoviamo.
Affermando che viene data la spiegazione di tutti i fatti, anche se non ancora tutti, per ora, esaminati dettagliatamente, ci limitiamo soltanto a quelli strettamente fisici, ma siccome tutti i fenomeni che avvengono in natura hanno una base fisica, vengono compreso anche quelli biologici, non esclusi quelli mentali.
In particolare il nostro maggior lavoro è stato finora precisare:
1- in che cosa consiste veramente l’impulso nervoso che si forma dopo la traduzione operata dagli organi di senso di quelle forma di energia che li colpiscono;
2 - come la corrente nervosa vada a formare nel cervello l’engramma e di conseguenza, cosa sono le tracce mnesiche; 
3 – in che modo queste tracce mnesiche rimangono e come vengono di nuovo attivate al sopraggiungere di nuova situazione uguale o simile, o che abbia relazione con quella precedentemente registrata. In altre parole: siamo riusciti ad identificare qual è la base fisica della memoria (voglio aggiungere: di tutte le “memorie”, non esclusa quella genetica).

Per renderci conto di quanto sia importante questa acquisizione, basta che ci riferiamo a quanto ci hanno detto E. D. Adrian, S. Zuckerman, Salvador E. Luria, Paul Chauchard: è certo un errore, sul quale vale la pena di ritornare, considerare il pensiero come una secrezione chimica del cervello e i ricordi come sostanze chimiche immagazzinate nei neuroni o ridurre il pensiero all’attività elettrica cerebrale. Per tutti la base fisica della memoria rimaneva un mistero. Le ricerche, anche recentissime, delle quali ci riferiscono le più autorevoli riviste scientifiche di tutto il mondo continuano ad insistere su scambi di ioni di sodio e di potassio e di correnti elettriche che non sono altri che fenomeni collaterali e di alimentazione del vero contenuto significativo che scorre lungo il sistema nervoso.
Per comprendere il funzionamento cerebrale nel suo intimo bisogna saper come si generino i messaggi, come si propaghino, come agiscono. Giustamente Robert Ornstein e Richard Thompson affermano: «L’impulso nervoso non è una corrente elettrica […]. Noi non conosciamo ancora la natura dei processi di memorizzazione. […] Forse la sfida più grande che si ponga per la neuroscienza è capire in che modo avvenga la memorizzazione dei ricordi nel cervello. […] la capacità della mente umana di imparare, di memorizzare informazioni e di accedere ad esse è il fenomeno più notevole dell’universo biologico».

IN VISTA
Finalmente a questi interrogativi (vedere argomenti) abbiamo trovato una risposta e, da chiunque possano essere fatte le dovute verifiche semplicemente adottando i principi che estrapolandoli dall’originale di Cesare Colangeli li ho esposti nei miei “saggi”.
All’infuori di questi saggi e dei due volumetti del Colangeli, non mi risulta che esista una bibliografia al riguardo, in quanto si tratta di una via di indagine completamente nuova.
Via di indagine che non esclude l’uso di mezzi tecnici attuali e più progrediti di informatica che noi stessi abbiamo usato e stiamo usando, ma che, presto anche questi, almeno per le ricerche scientifiche, verranno sostituiti da un sistema di memorizzazione, di richiamo e di scorrimento lungo i circuiti, completamente diverso da quello usato nelle varie generazioni di computers attualmente in uso.

Don Luigi Borello - Varazze 1989

BIBLIOGRAFIA

· Domenica del Corriere n. 18, 2 Maggio 1972, La Macchina del Tempo, di Vincenzo Maddaloni. 
· Giornale dei Misteri n. 17, “I lettori ci scrivono”, rubrica di corrispondenza a cura di Sergio Conti; 
· Scoppia la polemica sulle fotografie del passato – Le rivelazioni di un lettore di Roma: lettera aperta a P. Ernetti.
· Arcani n. 24, maggio 1974, “La posta di Padre Borello”, rubrica di corrispondenza a cura di don Borello; Immagini e suoni del passato. Il Mistero e la Fede è per il momento sospesa, teorie cosmologiche.
· Arcani n. 25, giugno 1974, Cronovisione, la materia racconta, di Teresa Pavese. 
· Giornale dei Misteri n. 114, ottobre 1980, I lettori ci scrivono”, rubrica di corrispondenza a cura di Sergio Conti; Padre Ernetti e la «cronovisione».
· Come le pietre raccontano, di Padre Luigi Borello. Introduzione di Teresa Pavese.
· Chi n. 45, 10 novembre 1999, Incontro con Don Luigi Borello, lo scienziato che sostiene la possibilità di vedere nel passato, di Renzo Allegri.
· Il nuovo mistero del Vaticano, di Padre Francois Brune.
· Gazzetta d’Alba n.10, 7-3-2001, Il sacerdote langarolo ha teorizzato la possibilità di leggere i "ricordi" della materia inanimata, di Don Eugenio Fornasari.
· Chi, 29 luglio 2002, in cui Renzo Allegri intervista padre Francois Brune sul libro dedicato a padre Ernetti.
· I manoscritti di Don Luigi Borello, a cura di Giovanni Borello.

WEBGRAFIA

· www.donluigiborello.it/rlibro2.html
· www.fantascienza.net/users/uraniandco/zaff0009.html
· www.mistic.it/casidelloltre/cronovisione.htm
· www.nexusitalia.com/cronovisore.htm