Generalmente, quando si
parla e si pensa alle
macchine del tempo,
tutti noi immaginiamo
abbiano la forma di
mezzi di trasporto
convenzionali: macchine,
camion, navi, persino.
Ebbene, nella realtà, le
cose potrebbero essere
diverse. In una
intervista rilasciata a
Vincenzo
Maddaloni
per la Domenica del
Corriere il 2 maggio
1972 dal titolo
La
macchina del tempo,
padre Pellegrino Ernetti,
uno scienziato e monaco
benedettino, affermò di
aver inventato la
macchina del tempo: «Con
le nostre
apparecchiature abbiamo
potuto riprendere alcune
immagini di Gesù morente
sulla Croce, […] e
abbiamo anche
ricostruito le parti
mancanti di una
tragedia, il Thyeste di
Quinto Ennio,
rappresentato a Roma nel
169 avanti Cristo». A
conferma di quanto
andava dicendo, padre
Ernetti diffuse, insieme
all’intervista, la
presunta fotografia del
volto di Cristo sulla
Croce e, più tardi, il
testo della tragedia di
Ennio. L’immagine del
volto di Gesù, per molti
ricercatori e teologi,
combaciava in più punti
con quella presente
sulla Sacra Sindone. La
storia delle vicende di
padre Ernetti e della
sua macchina del tempo è
ricostruita da padre
Francois Brune, teologo
francese e grande amico
del sacerdote italiano,
nel suo
Le
Nouveau mystere du
Vatican, Il nuovo
mistero del Vaticano.
Nato a Rocca Santo
Stefano, presso Roma,
nel 1925, e morto
all’Isola di San
Giorgio, a Venezia, nel
1994, era entrato
giovanissimo nell’ordine
fondato da San
Benedetto. Terminati gli
studi teologici e
diventato sacerdote, si
era dedicato allo studio
della musica, diventando
in breve uno dei
maggiori esperti a
livello mondiale di “prepolifonia”,
cioè di quella forma di
musica che va dai tempi
preistorici fino a 1000
anni dopo Cristo, prima,
cioè, che venisse
inventata la musica
polifonica, fatta da più
“voci musicali”. I suoi
studi erano così
importanti che nel 1955
gli venne affidata una
cattedra, l’unica al
mondo in questa
disciplina, al
Conservatorio Benedetto
Marcello a Venezia
(anche se teneva corsi
anche presso l’Accademia
di Santa Cecilia a
Roma). Sull’onda di
questo suo interesse per
la “prepolifonia”, padre
Ernetti si trasferì a
Milano, dove fu uno
degli allievi prediletti
di padre Agostino
Gemelli, fondatore
dell’Università
Cattolica, nello studio
di una materia difficile
e particolare come l’”oscillografia
elettronica”: questo gli
permise di compiere
ricerche sulla
disgregazione dei suoni.
Durante le ricerche
sull’oscillografia
elettronica condotte
insieme a padre Gemelli,
padre Ernetti ebbe modo
di mettere a punto
un’interessante teoria.
Il presupposto su cui si
basava la teoria di
padre Ernetti era la
legge di Lavoisier
secondo cui “nulla si
crea, nulla si distrugge
ma tutto si trasforma”:
«Le onde sonore e
visive, una volta
emesse, non si
distruggono, ma si
trasformano e restano
eterne e onnipresenti,
quindi possono essere
ricostruite come ogni
energia, in quanto esse
sono, appunto, energia».
Ogni essere umano,
durante la sua vita,
lascia dietro di sé una
doppia scia, sonora e
visiva, che è unica come
il DNA o le impronte
digitali («Tutta la
nostra fisionomia è
energia visiva che si
sprigiona da noi, dalla
nostra epidermide»). I
suoni sono ricostruibili
perché, una volta
emessi, iniziano un
processo di
disgregazione simile a
quello della materia,
diventando onde sonore
non udibili
dall’orecchio umano:
poiché la materia, per
alcuni principi della
fisica atomica, può
essere ricostruita,
anche i suoni possono
essere riportati al loro
stato iniziale. Da
Einstein, poi, sappiamo
che le diverse forme
della materia sono
soltanto diverse forme
di energia: dunque, il
suono e la luce sono
soltanto forme diverse
di energia, quindi
commutabili l’uno
nell’altra e viceversa.
Alla luce di questa
teoria, padre Ernetti,
con l’aiuto di un gruppo
di dodici scienziati di
fama internazionale (tra
cui Enrico Fermi, padre
Agostino Gemelli e
Werner Von Braun),
spiegò di aver messo a
punto, nei primi anni
‘50, un macchinario che
permetteva di “captare,
ricostruire, far vedere”
avvenimenti del passato:
«la macchina», spiegò
padre Ernetti, era
«formata da una serie di
antenne per permettere
la sintonizzazione sulle
singole voci ed
immagini»; la procedura
di funzionamento della
macchina, poi, era la
stessa utilizzata dagli
astronomi, i quali,
utilizzando il ritardo
causato dalla non
infinita velocità della
luce, riescono a
ricostruire l’aspetto di
una stella spentasi
anche migliaia di anni
prima. Una delle prime
esperienze ottenute con
la macchina ci è
raccontata da padre
Ernetti stesso ed è
contenuta nel primo
capitolo del libro. Di
fronte alle difficoltà,
padre Gemelli aveva
l’abitudine di invocare
l’aiuto del papà
dicendo: “Ah, papà,
aiutami!” Il 17
settembre del 1952, dopo
l’ennesima esclamazione
di Gemelli, il
magnetofono della
macchina a cui stavano
lavorando registrò una
voce che diceva: “Ma
certo che ti aiuto, io
sono sempre con te!” Era
la voce del papà di
padre Gemelli.
Immediatamente, il
sacerdote spense il
magnetofono, spaventato
da quanto gli pareva di
avere udito. Padre
Ernetti, però, lo invitò
a riaccendere
l’apparecchio. Fatto
questo, i due riudirono
la stessa voce di prima
pronunciare le medesime
parole, alle quali si
aggiungevano queste: “Ma
sì, zuccone, non vedi
che sono proprio io?”
L’epiteto “zuccone” era
lo stesso con cui il
padre di Gemelli, in
vita, usava rivolgersi
al figlio. Questo
episodio (insieme
all’invito esplicito del
pontefice Pio XII)
spinse Gemelli ed
Ernetti ad approfondire
ulteriormente le
possibilità del loro
lavoro. Alla fine, il
visore viene messo a
punto e sperimentato:
completa di immagini e
suoni, in bianco e nero
e come ologrammi
tridimensionali viene
visualizzato e ripreso
il discorso di Napoleone
che sanciva la fine
della Repubblica
Serenissima, un discorso
di Mussolini,
un’orazione di Cicerone
e gli antichi Mercati
dell’imperatore romano
Traiano, oggi scomparsi.
Dopo qualche tempo viene
anche ripresa la
Passione di Cristo, una
fotografia della quale
viene pubblicata insieme
alla già citata
intervista.
In seguito alla
pubblicazione degli
studi di padre Ernetti
e, soprattutto, della
presunta foto di Cristo,
la polemica scoppia
violentemente. I
cristiani ed i
sostenitori di padre
Ernetti gridano di
felicità, in quanto,
credono, finalmente si
potranno fugare
tutti
i dubbi circa la
divinità di Cristo;
altri, spaventati, si
chiedono cosa potrebbe
succedere se, con la
macchina di padre
Ernetti, si scoprisse la
falsità dei fatti
narrati nei Vangeli. Ma
i pericoli non sono
soltanto di natura
religiosa. Nella già
citata intervista alla
Domenica del Corriere,
padre Ernetti spiegava
che la sua macchina era
uno strumento utile ed
importante, ma, allo
stesso tempo,
pericoloso, in quanto
permetteva anche di
leggere il pensiero,
essendo questo, come il
suono e l’immagine,
soltanto un’altra forma
di energia: «[la
macchina è pericolosa
perché] toglie la
libertà di parola, di
azione e di pensiero:
infatti, anche il
pensiero è una emissione
di energia, quindi è
captabile. Si potrà,
cioè, per mezzo della
macchina, sapere quello
che il vicino o
l’avversario pensa. Le
conseguenz e
sarebbero due: o un
eccidio dell’umanità
oppure, cosa difficile,
nascerebbe una nuova
morale. Ecco perché è
necessario che questi
apparecchi non diventino
alla portata di tutti,
ma restino sotto il
controllo diretto delle
autorità». La polemica
vera e propria, però,
scoppia qualche tempo
dopo. Sul numero 17 del
Giornale dei Misteri,
nella rubrica di posta
curata da Sergio Conti,
compare la lettera di un
lettore di Roma che
accusa apertamente
Ernetti di
mistificazione. Secondo
questo lettore, la
fotografia del volto di
Cristo che Ernetti
avrebbe pubblicizzato
come reale, del vero
Cristo, mostrerebbe
somiglianze fin troppo
sospette con il volto di
Cristo del Crocifisso
ligneo presente nel
Santuario dell’Amore
Misericordioso di
Collevalenza, un paese
in provincia di Todi
(vicino Perugina) ad
opera di Lorenzo Cullot
Valera su precisa
indicazione di Madre
Speranza, una religiosa
stigmatizzata e con
fenomeni mistici. Sergio
Conti, curatore della
rubrica, afferma per
certo che la foto
pubblicata dalla
Domenica del Corriere è
stata consegnata dallo
stesso Padre Ernetti al
giornalista curatore
dell’articolo. Noi
sappiamo, però, dai
documenti che abbiamo,
che questo non è vero.
Padre Ernetti, comunque,
non prende parte alla
discussione, forse
perché zittito da
qualcuno di molto in
alto, come sostengono
alcuni suoi estimatori.
Qualche tempo dopo, poi,
toccò anche al presunto
testo mancante della
tragedia di Ennio, il
Thyeste, essere messo in
discussione.
L’autenticità del testo
fu messa in dubbio dalla
Professoressa Katherine
Owen Eldred, diplomata
in letteratura classica
all’Università di
Princeton e massima
studiosa vivente del
tragediografo latino:
secondo la
professoressa, il testo
aveva alcuni elementi
linguistici (termini e
costrutti) che non posso
sicuramente appartenere
a quel periodo della
lingua latina di Roma,
in quanto avrebbero
cominciato a diffondersi
soltanto a partire da
duecento anni dopo.
Il 25 giugno 1974 fa il
suo ingresso in scena un
altro personaggio della
nostra storia. Sulla
rivista Arcani n. 25 del
giugno 1974 appare un
articolo di Teresa
Pavese dal titolo
Cronovisore, la materia
racconta, che presenta
le ricerche di don Luigi
Borello (1925-2001) nel
campo della fisica
neutrinica.

Don Luigi Borello era
nato a Pezzolo Valle
Uzzone nel 1924. Era
divenuto sacerdote nel
1950 ed era cresciuto ed
era stato educato nello
studentato albese della
Società San Paolo, ove
la congeniale
propensione alle
discipline scientifiche
aveva trovato un
eccellente maestro nel
professore di fisica,
chimica e matematica don
Enzo Manfredi
(1916-1977). Lo studente
Borello fu certo il più
dotato fra gli allievi
del maestro e ne
ereditò, insieme al
gabinetto sperimentale,
la passione geniale per
la ricerca e la
realizzazione
scientifica, cui dedicò
ben 35 anni di vita.
Quando nel 1964 egli
abbandonò il gabinetto
scientifico di “San
Paolo” (in gran parte
creato da lui) per la
riviera ligure, si era
portato dietro soltanto
un vecchio oscilloscopio
a raggi catodici, il
prototipo sul quale
aveva iniziato i primi
esperimenti sulle
rimanenze delle luci e
dei suoni sulla materia,
e una montagna di
appunti. Rileggendo i
numeri 24, 25 e 29 della
rivista Arcani, per la
quale il sacerdote cura
una rubrica di posta in
qualità di sacerdote,
possiamo ricostruire la
teoria alla base degli
studi fisici di don
Borello.
Due dei capisaldi della
teoria di Borello sono
il concetto di “campo”
ed il concetto di
“spazio”. Grazie alla
famosa formula di
Einstein, sappiamo che
la materia rappresenta
grandi riserve di
energia e l’energia
rappresenta la materia.
Di conseguenza non si
può procedere a una
distinzione qualitativa
fra materia e campo; si
ha materia ove la
concentrazione
dell’energia è grande;
si ha campo ove la
concentrazione
dell’energia è debole.
Ma nella nostra nuova
fisica non c’è più posto
per il binomio campo e
materia. Non c’è che una
sola realtà: il campo.
Per questa ragione,
afferma Borello, «il
nostro problema finale
sembra dover consistere
nella modificazione
delle leggi del campo in
guisa tale che non
cessino di essere valide
nelle regioni di
grandissima
concentrazione
dell’energia». Cesare
Colangeli riuscì a fare
questa unificazione,
ottenendo che le leggi
del campo siano valide
sia per la radiazione,
sia per la materia.
Nella teoria neutrinica
le particelle di materia
sono la chiave
dell’universo, con le
due cariche elettriche
eteronime che,
convenzionalmente,
vengono chiamate
positiva e negativa, si
attraggono quando sono
opposte, si respingono
quando sono uguali,
cessano da ogni
interazione quando si
immedesimano.
L’attrazione e la
neutralizzazione è
l’unica tendenza che
esista nell’universo.
Non può esistere il
vuoto. Nella posizione
di “reciproca
soddisfazione” delle
cariche elettriche,
detta anche “spazio in
quiete”, si crea il
neutrino e la teoria da
cui prende il nome.
Tutto quello che esiste,
tutto quello che
possiamo rilevare
direttamente o
indirettamente, tutto
quello che avviene,
ossia tutta la dinamica
dell’universo, dipende
da questo unico
principio e da questa
unica tendenza. Lo si
prova algebricamente.
Queste sono le basi
teoriche della teoria di
Borello. Partendo, poi,
da un’idea di Albert
Einsten, ampiamente
recepita dal fisico
Cesare Colangeli nella
sua Teoria Neutrinica,
che Borello accoglie
entusiasticamente e
condivide, si può
affermare che qualsiasi
materia inanimata
possiede la capacità di
“memorizzare”. Quando
una qualsiasi forma di
energia (luce, suono,
calore o altro) colpisce
un agglomerato di
materia, si produce un
fotone, che è dotato di
una polarizzazione
dinamica (e quindi
evanescente, in un certo
senso) ed una dinamica
(che rimane insita nella
materia stessa). Questa
costituisce la traccia
mnesiaca (o memoria) di
ogni evento in cui c’è
stata la produzione di
energia. Ogni porzione
di materia, dunque,
esattamente come un
essere vivente ha la
capacità di memorizzare
gli eventi, con la sola
differenza, rispetto a
quest’ultimo, di non
disporre di un organo
per comunicarne i
contenuti. In sostanza,
come la luce impressiona
la pellicola
fotografica, così
l’energia impressiona la
materia. Come decifrare,
dunque, i messaggi
contenuti nelle memorie
“materiali”? Come si fa
a “sviluppare il
rullino”? Don Borello
legge nella teoria di
Colangeli che esiste una
carica elettromagnetica
polivalente e
multiforme, il
magnetrino, che ha la
capacità di riattivare
le tracce, le memorie
contenute in ogni
porzione di materia
(detto testimone)
eccitando i magnetrini
(polarizzazioni)
contenuti nel campione
stesso. In base a
questo, già nel 1967 don
Borello ideò quello che
lui chiamava “sistema di
cronovisione
elettronica”: per mezzo
di questo sistema era
possibile rilevare, in
un qualsiasi campione di
materia già colpito da
uno stimolo acustico,
luminoso o termico, già
“impressionato”, cioè,
tali memorie,
resuscitandole. In
questa maniera viene
convalidata la teoria
neutrinica dello spazio
e si arriva ad
individuare la base
fisica della memoria.
Frutto pratico di queste
ricerche è il “cronovisore”,
uno strumento dalla
doppia funzione: da una
parte eccita il
testimone,
risvegliandone le
memorie; dall’altra le
registra. Così facendo,
per mezzo di un
oscilloscopio, che
trasforma in
oscillazioni le memorie
prelevate, è possibile
visualizzare le memorie
contenute in ogni
porzione di materia.
Abbiamo utilizzato,
tuttavia, il termine
“visualizzare” in
maniera impropria, in
quanto, come diceva lo
stesso don Borello, «non
siamo ancora in grado di
chiedere ad un soggetto
“che cosa ha visto”,
bensì “se ha visto o
sentito questo o
quello”, fornendo ad
esso delle impressioni
primitive, a noi note, e
cercando delle
conferme». Come Borello
stesso afferma e come
abbiamo detto
all’inizio, il punto di
partenza per la validità
di tutto questo è
l’accettazione della
validità delle teorie di
Renato Palmieri sulla
fisica del campo
gravitazionale: secondo
Palmieri, in pratica,
tutti i fenomeni
dell’universo avvengono
in una ben determinata
“geometria di campo”,
cosa possibile soltanto
nell’ipotesi che lo
spazio non sia
effettivamente vuoto.
Infatti, se lo spazio è
vuoto, allora
determinate forme di
energia non hanno la
possibilità di
trasmettersi attraverso
lo spazio stesso.
Venendo meno
l’assorbimento di
energia da parte della
materia, viene meno la
“memorizzazione”.
Passato questo periodo
in cui le notizie e le
polemiche si susseguono
velocemente, della
macchina del tempo di
padre Ernetti e del
cronovisore di don
Borello nessuno parla
più per almeno otto
anni. Si torna a sentir
parlare dei nostri due
personaggi quando, sul
Giornale dei Misteri n.
114 del 1980, il
giornalista Sergio
Conti, che abbiamo
incontrato in
precedenza, pubblica un
articolo dal titolo
Padre Ernetti e la
cronovisione.
All’articolo risponde un
grande amico di padre
Ernettti, tale
Annunziato Gandi,
presidente della
“Fondazione Giorgio
Gandi Museo del
Grammophon del Disco e
delle voci celebri”, a
Venezia (dal 1991 il
museo è stato chiuso),
con una lettera dal
titolo Perché il Padre
Pellegrino Ernetti non
ha partecipato al
Congresso di Fermo
(svoltosi nell’ottobre
1979). Nella sua
lettera, Gandi cerca di
spiegare la mancata
presenza di padre
Ernetti, suo amico
carissimo, al Congresso
di Fermo; oltre a
questo, si aggiunge che
Padre Ernetti è il
depositario delle idee
segrete di Marconi, di
Severi e di padre
Gemelli, di cui fu
allievo e collaboratore,
come visto. Nella
lettera si può leggere,
ancora, la seguente
nota:
P.
Pellegrino non fa alcun
mistero dei suoi
segreti: ne ha dato
pubblicamente delle
prove, ultima è stata la
conferenza del 17
febbraio u.s. nell’aula
magna dell’Università di
S. Tommaso a Roma ove
parlò sul tema «Nessuno
muore» presenti fisici e
scienziati (cito anche
un amico di Mancini, il
Prof. Marasca), nella
quale egli svelò
chiaramente il principio
di fisica sia per le
Voci dell’aldilà sia per
la «cronovisione».
La risposta di Conti,
molto vivace, mette in
discussione le prove
fornite da Ernetti a
suffragio di quanto
affermava:
Io
personalmente non
conosco Padre Ernetti,
perciò non posso
permettermi alcun
giudizio sulla sua
persona, ma sui fatti
posso esprimere
un’opinione. Fino a
questo momento su questa
sua «macchina che
fotografa il passato»
abbiamo soltanto una
gran quantità di “si
dice”, ma prove concrete
nessuna. L’unico fatto
ufficialmente divulgato
dalla stampa e da lui
avallato come prova
concreta, risultò essere
un colossale falso. Mi
riferisco all’immagine
del volto di Cristo che
Padre Ernetti consegnò
ai giornalisti
dichiarando di averla
ottenuta con la sua
“macchina”. Tale foto
all’esame non risultò
essere altro che la
riproduzione,
rovesciata, di
un’immagine sacra che
viene venduta a cento
lire nel Santuario
dell’Amore
Misericordioso di
Collevalenza, vicino a
Todi (Perugia),
riproducente una
scultura lignea di
Cullot Valera, che si
trova appunto in quel
Santuario (ne demmo
precisa e documentata
relazione sul n. 17 del
G.d.M., invitando il
Padre a chiarirci la
cosa. Non avemmo alcun
cenno da parte
dell’interessato).
E riguardo al professor
Marasca: «pur essendo un
vivo sostenitore di
Padre Pellegrino Ernetti,
mi ha dichiarato più
volte che anche lui non
ha mai veduto il
misterioso apparecchio
cronovisivo». Tuttavia,
nel libro di Brune si
dice che fu proprio il
professor Marasca a
richiedere a Ernetti la
musica ed il testo che
completavano l’opera di
Ennio, il
Thyeste.
Passano altri anni e,
nel 1989, Don Luigi
Borello pubblica
finalmente il libro
contenente le sue
teorie:
Come le pietre
raccontano.
Nell’introduzione,
curata da Teresa Pavesi,
si attacca duramente
Padre Ernetti, chiamato
«sedicente inventore».
Lo stesso Don Borello, a
pag. 83, del libro
definisce la notizia
della costruzione della
macchina del tempo
«un’idea peregrina».
Naturalmente la risposta
di Padre Ernetti non si
fa attendere: in una
lettera del novembre
1990, datata, cioè,
quattro anni prima della
sua morte, il religioso
ribadisce le sue
affermazioni con termini
inequivocabili: «La
macchina del tempo è una
verità sacrosanta». In
quella lettera, poi,
padre Ernetti entra nel
merito della questione
della presunta immagine
di Cristo, per il quale
era stato accusato di
mistificazione, come
abbiamo visto. Scrive,
padre Ernetti: «Il
nostro Cristo fu captato
nel 1953, mentre quello
di Collevalenza venne
realizzato circa sei
anni dopo; e quando
madre Speranza lo vide
nella nostra foto, fece
salti di gioia, perché
corrispondeva a quello
della sua visione:
questi sono fatti
storici».
Riguardo a questa
questione, riportiamo di
seguito ciò che padre
Brune scrive nel suo
libro, nel capitolo
“Padre Ernetti si
spiega”. In questo
capitolo Padre Francois
ricorda come un giorno,
essendo di passaggio a
Venezia, andò a trovare
Padre Pellegrino e,
senza mezzi termini, a
costo di sembrare duro e
scortese, gli chiese
cosa avesse da dire su
questa dura campagna di
stampa che gli
attribuiva la diffusione
di una falsa immagine
del Cristo. Ecco di
seguito la risposta di
Padre Pellegrino:
«Del resto, con il
cronovisore - mi spiega
Padre Ernetti - abbiamo
anche il movimento, che
abbiamo filmato. Quello
che è vero, piuttosto, è
che la rassomiglianza
fra l’immagine che noi
abbiamo visto e la
scultura di Cullot
Valera è stupefacente.»
«Ma allora [chiede
Brune] perché questo
silenzio? Perché non
avete risposto su questo
argomento a tutti coloro
che vi chiedevano
spiegazioni?»
«Il fatto è che non sono
libero. Ho già parlato
troppo. Ho avuto
l’impedimento assoluto
da parte dei miei
superiori di dare nuove
spiegazioni, di
rispondere alle accuse,
di riaffermare la realtà
del cronovisore e dei
risultati raggiunti. Non
posso neppure dire che
sono i miei superiori
che mi impediscono di
parlare; perché, allora,
la pressione dei
giornalisti o dei
servizi segreti
stranieri si sarebbe
esercitata su di loro.
Io li avrei messi in
pericolo. In un certo
senso, le accuse mosse
contro di me le
ritenevano utili. Poiché
non potevo rispondere,
il discredito
scoraggiava poco a poco
tutti i curiosi. Ed era
precisamente quello che
volevano, dopo la
decisione di smontare
l’apparecchio e di
mantenere il segreto.»
La lettera che don
Borello ricevette nel
1990 viene citata in
un’intervista concessa
dallo scienziato al
giornalista Renzo
Allegri per il
settimanale Chi nel
novembre 1999. Eccone un
breve stralcio:
Domanda:
Lei [don Borello] era
impegnato nelle stesse
ricerche [di padre
Ernetti]. C’erano delle
possibilità per un
fondamento scientifico
di quanto Ernetti
sosteneva?
Risposta:
Io ho dimostrato che la
“macchina del tempo” è
possibile. […] La mia
teoria, comunque, spiega
di arrivare alle
conclusioni cui diceva
di essere arrivato padre
Ernetti. Con l’aiuto di
altri ricercatori,
abbiamo poi dimostrato
in laboratorio che la
mia teoria ha fondamenti
reali e concreti.
D:
Pubblicando il libro che
illustra la sua teoria
ha attaccato
violentemente padre
Ernetti.
R:
In un certo
senso l’ho fatto
apposta, per stuzzicarlo
e costringerlo a dire di
più sulle sue scoperte.
D: Lui si
è offeso?
R:
Molto.
E mi scrisse quella
lettera, minacciando
anche di ricorrere a vie
legali.
D: Quella
lettera, però, è
diventata un documento
straordinario.
R:
Certamente.
Da tempo padre Ernetti
non parlava più delle
sue scoperte. Tutti
ritenevano che avesse
abbandonato l’argomento
perché, in realtà, si
era trattato di bufale.
Anch’io la pensavo così.
Invece, dopo aver letto
il mio libro, dove si
metteva in dubbio quanto
aveva affermato, mi ha
mandato quella lettera
confermando sia
l’esistenza della
macchina, come delle
scoperte riguardanti la
foto di Cristo e la
tragedia di Ennio. Dice
nella lettera: “Sono
sacrosante verità”.
Tenendo conto che era un
uomo di grande prestigio
e per di più un
sacerdote, che scriveva
poi ad un altro
sacerdote e suo collega
nelle ricerche
scientifiche, è chiaro
che non posso mettere in
dubbio le sue
affermazioni.
[…]
D: Diceva
all’inizio che vi siete
incontrati.
R:
Sono
andato a Roma per
discutere di queste sue
scoperte. Mi ha parlato
della famosa macchina,
delle sue conseguenze
pratiche, ma non mi ha
fatto vedere niente e
non mi ha dato ragguagli
tecnici.
[…]
D: Ammesso
che la “macchina del
tempo” di padre Ernetti
sia esistita, dove
potrebbe essere finita?
R:
Ernetti
mi spiegò che le
autorità civili e
religiose, preoccupate
per le conseguenze che
simili invenzioni
avrebbero potuto
portare, gli avevano
proibito di continuare
le ricerche. E lui
obbedì. Lo afferma anche
nella lettera del 1990.
D:
Esistevano veramente
quei pericoli?
R:
E’
chiaro che un’invenzione
del genere “sconvolge”
il mondo. Se si riesce a
ricostruire quanto è
accaduto, è possibile
risolvere tutti i dubbi,
tutti i delitti, tutte
le congiure. Non ci
sarebbero segreti, vita
privata. Ogni azione,
per il fatto che diventa
energia, vagherebbe
nello spazio e potrebbe
essere captata da
chiunque abbia un “cronovisore”.
D: E
quindi che fine
potrebbero aver fatto
quelle apparecchiature?
R:
Nel mio
incontro a Roma padre
Ernetti mi disse che le
apparecchiature erano
state smontate e
depositate in una sala
del Viminale.
D:Concludendo,
qual è, a distanza di
tanto tempo, il suo
giudizio sulla macchina
di padre Ernetti?
R:
Nei
miei libri ho dimostrato
che “captare” e
“ricostruire”
avvenimenti del passato
è scientificamente e
tecnicamente possibile.
Per quanto riguarda
padre Ernetti, sul piano
umano non posso
contraddire le
affermazioni che mi
disse nel ‘90; però sul
piano scientifico egli
non ha mai dato
dimostrazione di quanto
affermava di aver
scoperto. Se le sue
prodigiose macchine sono
realmente esistite,
erano una cosa
portentosa, cui era
arrivato per strade
diverse da quelle da me
conosciute. E mi auguro
che ci sia ancora
qualche suo
collaboratore vivo e che
decida di darci delle
spiegazioni
scientifiche.
Nel marzo del 2000 fa la
sua comparsa nelle
librerie degli Stati
Uniti un libro su Padre
Ernetti ad opera di
Peter Krassa dal titolo
Il cronovisore di
Padre Ernetti. La
costruzione e la
scomparsa della prima
macchina del tempo del
mondo. Oltre
a ripercorrere la storia
di padre Ernetti e delle
sue ricerche, il volume
contiene anche una
testimonianza del Prof.
Giuseppe Marasca, che
abbiamo già incontrato.
Qualche tempo dopo,
Padre Brune viene
contattato da John
Chambers, direttore
delle edizioni “New
Paradigm Books”, che
stava preparando una
edizione americana del
libro, in tedesco, di
Peter Krassa. A padre
Brune viene chiesto di
mettere a disposizione
tutta la documentazione
di cui poteva disporre
per ampliare e sistemare
il contenuto del libro
di Kassa.
Nell’occasione, gli
veniva inviata una copia
dell’edizione americana
in preparazione, la
quale, però, risultava
molto rimaneggiata
rispetto all’edizione
tedesca. Questa,
inoltre, contiene un
allegato potenzialmente
esplosivo.
Un italiano, infatti,
venuto a conoscenza
della nuova edizione in
inglese del libro su
padre Ernetti, aveva
inviato alla casa
editrice una lettera
nella quale si
dichiarava “figlio
spirituale” di Padre
Ernetti. Il misterioso
mittente voleva
assolutamente rimanere
anonimo e chiedeva
formali garanzie a
questo, prima di
permettere la
pubblicazione della sua
lettera. Naturalmente il
direttore della “New
Paradigm Books” aveva
condotto una sua piccola
inchiesta, al termine
della quale, aveva
ritenuto di avere buone
ragioni per considerare
il documento pervenuto
come autentico. La
lettera, pubblicata nel
libro di Padre Brune nel
capitolo “Il bugiardo
crolla alla fine”,
contiene, o vorrebbe
contenere, una vera
bomba: la confessione di
padre Ernetti sul
cronovisore, la verità
sul volto di Cristo e
sul Thyeste.
Sinteticamente, nella
lettera pubblicata sul
volume di Brune, padre
Ernetti avrebbe
confessato al figlio di
un suo caro amico, che
fin da bambino lo
chiamava Zio Pellegrino,
che la ricostruzione del
Thyeste era stata
immaginata da lui e non
proveniva dalla macchina
del tempo, che
l’immagine di Cristo
spacciata per vera era
in realtà una bufala e
che la macchina l’aveva
costruita da solo (e
che, di conseguenza,
Fermi non c’entrava
nulla, anzi, si legge,
ogni volta che lo
incontrava lo prendeva
in giro). Insomma, gli
eventi registrati dalla
macchina sarebbero tutta
una montatura. La
macchina in sé, però,
era realtà:
Lascia che ti dica a
cosa assomiglia il mio
cronovisore. E’ una
sfera, come un
apparecchio da
immersione o un
sottomarino individuale,
con aperture all’altezza
degli occhi in tutte le
direzioni. E’ sospesa a
un cavo con un sistema
che gli da la completa
libertà di movimento. E’
fatta di materiale molto
leggero, una lega di
alluminio. E’ mossa dal
solo potere del
pensiero.
Come si potrà notare,
queste descrizione del
cronovisore differisce
parecchio da quella
fornita da padre Ernetti
stesso nella sua
intervista alla Domenica
del Corriere, che
abbiamo richiamato più
sopra. A parte questa
differenza, però, la
lettera conferma che la
macchina in sé è
esistita. E forse esiste
ancora.
Un anno dopo la
pubblicazione di questa
lettera, il 22 febbraio
2001, a Varazze (Savona)
muore don Luigi Borello.
Sparisce, così, anche
l’altro grande
protagonista di questa
incredibile, confusa,
appassionante storia.
L’ultimo contributo alla
faccenda viene dato da
padre Brune, che, nel
luglio del 2002, viene
intervistato da Renzo
Allegri per Chi. In
questa intervista, Brune
svela alcuni retroscena:
«[Il macchinario] Non
solo era già
funzionante, ma era già
stato “sequestrato” dal
Vaticano. Padre Emetti,
spaventato
dall’importanza
incredibile della sua
scoperta, si era
confidato con i propri
superiori e con le
autorità vaticane. C’era
stata una riunione
segreta con il Papa e
poi, di comune accordo,
la macchina era stata
ritirata e nascosta in
Vaticano. A Padre
Ernetti era stato
imposto di non fare più
pubbliche dichiarazioni
su quell’argomento, ma
non gli era stato
proibito di parlarne con
gli amici in privato e
così mi confidò tutto
[…] Padre Emetti mi ha
detto che tutto quello
che videro venne anche
filmato. Nel filmato si
è perduta la
tridimensionalità, ma
resta pur sempre un
documento straordinario.
Questi filmati furono
poi mostrati a Papa Pio
XII, ed erano presenti
anche il presidente
della Repubblica
Italiana del tempo, il
ministro dell’istruzione
e vari membri
dell’Accademia
pontificia. Quindi molte
persone hanno visto e
constatato […]
[Personalmente, sulla
veridicità della storia
non ho] Nessun dubbio.
Per avere dei dubbi in
questo senso dovrei
“calpestare” la serietà
morale di un sacerdote
straordinario, di uno
scienziato eccezionale e
di un grande amico. E io
non ho nessunissimo
appiglio per poter fare
questo».
Concludendo, possiamo
dire che l’unica
speranza, probabilmente,
per il raggiungimento
della verità, è che
qualche alunno di padre
Ernetti si faccia avanti
e, per l’onore del suo
maestro, ma soprattutto
di un grande uomo e
sacerdote, racconti ciò
che conosce. Nel caso
questo non avvenga,
possiamo soltanto
aspettare che si inventi
un nuovo cronovisore e,
con tale strumento, dal
futuro, si tenti di
scrutare in questa
oscura storia.
APPENDICE
Lettera di don Borello a
Padre Ernetti (Da I
manoscritti di Don Luigi
Borello, a cura di
Giovanni Borello).
Varazze, 02 - 01- 1991.
Rev. mo Padre Pellegrino
Ernetti,
Le mie condizioni di
salute, purtroppo non mi
hanno ancora permesso di
dilungarmi un po’ di più
sulla questione.
Per ora le invio una
fotocopia della Sua del
21 nov. 89, con qualche
commento a caldo.
Come dicevo nelle note a
fianco di esse, ammetto
che ho voluto essere un
po’ provocatorio con le
frasi che Ella cita allo
scopo di convincerLa a
dire qualcosa di più
preciso. Quando mi dice
(almeno 4 volte) che
sono “sacrosante
verità”, personalmente
posso anche esserne
convinto, dato che me le
dice un Sacerdote. Ma
come si può fare a
convincere chi non ci
crede?
Una cosa che voglio
precisare è che quanto
dice l’autrice della
prefazione a pag. 5 e
che Lei cita, le è stato
da me suggerito di
inserirlo e quindi me ne
assumo io qualsiasi
responsabilità. Del
resto sono cose dette da
altri e stampate su vari
quotidiani, settimanali
e mensili e da noi
riprese e riportate.
Aggiungerei ancora che
piuttosto sarei io
dovermi ritenere offeso
(sia pure non a mezzo
stampa ma da alcune
frasi della Sua): sarei
un “calunniatore” e un
“falso”. Che poi abbia
voluto far passare Lei
come ……. non credo di
averlo mai pensato; è
Lei che lo dice. Tutto
al più, potrei dire
“reticente” come dicono
in tanti, ma a questo
riguardo ne dà le giuste
ragioni che sono di
proibizioni, di etica
ecc. Voglio anche
precisare che la parola
“sedicente” non è
offensiva e che Lei ben
sa significa “uno che si
dice”. Ed anche qui c’è
sempre il motivo di
essere reticenti.
Ripeto ancora, pertanto,
che le frasi o termini
da me usati, sui quali
Ella si ritiene offeso,
vedi “ingenua trovata”,
“sedicente inventore”,
“idea peregrina mai
realizzata” innanzitutto
non sono ne miei ne di
Teresa Fessia ma scritti
da parecchi altri e da
me ripresi e riportati,
diciamo pure a scopo di
provocazione, come già
ho detto per convincerLa
a dire qualcosa di più.
Le dirò di più: in una
prima stesura c’era un
capoverso che poi ho
abolito, ove si parlava
del termine
“cronovisione” e del
tempo nel quale l’ho
coniato: “fino a quel
momento, in
parapsicologia, si
parlava di metagnomia,
criptesia, psicometria,
ecc. anche perché non
era ancora stato
realizzato alcun
apparecchio rivelatore
di tali fenomeni. Tutto
al più si parlò di
“macchine” termine che
non mi è mai piaciuto.
La parola “cronovisione”,
da me coniata invece,
probabilmente è piaciuta
a molti, poiché mi sono
giunte richieste di
informazioni da tutte le
parti del mondo, risulta
in un Diploma
internazionale del
03-09-1972 - nel Diploma
dell’Accademia Tiberina
di Roma del 30/01/1975 e
nel volume WHO ’S WHO IN
EUROPE - edizione 1980 a
pag. 269 al nome Borello
Luigi ove è riportata la
mia biografia.
(Il mio manoscritto, mai
pubblicato, continuava):
«Il termine
“cronovisione“ deve
essere piaciuto anche a
Padre Ernetti, il quale
dei suoi studi ci ha
sempre detto molto poco,
in un libro assieme alla
signora Gabriella Alvisi
lo usa per la prima
volta.»
Mi direte poi se mi
sbaglio: quando l’Ernetti
l’Alvisi e molti altri
avranno letto questo mio
lavoro (se lo
leggeranno), faranno
propri i principi
generali esposti, magari
senza citarne la fonte.
«Se tuttavia saranno
stati utili a qualcuno e
soprattutto alla scienza
in generale, ne sarò,
non soltanto felice, ma
pago».
Questo annotavo in un
manoscritto di parecchi
anni fa, quando
preparavo il “Saggio” e
che poi ho voluto
omettere per non fare
questioni: fosse vero
che molti altri si
prendessero a cuore la
cosa.
Un mio amico avvocato e
giornalista al quale
parlavo di lei
chiedendogli cosa ne
pensasse di questa
“macchina del tempo”
quando ne uscì la
notizia nel 1972 e gli
dicevo anche delle Sue
qualità di scienziato,
allievo di Padre
Gemelli, esperto non
solo di musica
prepolifonica ma anche
esperto nella tecnica
oscilloscopica (Padre
Gemelli, che ebbi modo
di conoscere, era uno
dei pochi al mondo che
sapesse leggere
direttamente gli
oscillogrammi
direttamente dallo
schermo), questo mio
amico, (chiusa la
parentesi) mi diceva che
la Sua idea senz’altro
era buona ma era
convinto che si
trattasse semplicemente
di un “sassolino” da Lei
gettato, perché altri lo
raccogliessero e lo
sviluppassero.
Prima che Ella mi
giurasse che si tratta
di “sacrosante verità
ero anch’io dello stesso
parere, rafforzato anche
dell’incontro che con
Lei ebbi a Roma
all’Accademia S.
Cecilia. Mi parlò di
apparecchiature
(macchine) depositate in
una sala del Viminale,
di una equipe di
collaboratori, della
serie di antenne in
America e che si
attendeva che gli
americani facessero
qualcosa: questo è
quanto ho potuto sapere
da Lei direttamente.
Vede che l’idea di onde
di riverbero non sono da
me proposte, anzi
scartate, ma da Lei
prospettate.
Mi dica poi, con Suo
comodo, se l’idea del
“sassolino” lanciato per
stimolare ricerche fosse
poi tanto fuori posto.
Con tutto questo non
creda poi che io ci
tenga tanto alla
priorità dell’idea, sia
di rivedere immagini o
risentire suoni del
passato non registrati
con i mezzi tradizionale
e nemmeno sul termine
“cronovisione” anche se
su questo posso produrre
articoli stampati con
tanto di data
tipografica. Lasciamo
perdere.
La cosa più importante
alla quale invece ci
tengo è la Teoria
neutrinica di Cesare
Colangeli, contemporanea
ad un’idea di Einstein
la quale precisando la
vera costituzione dello
Spazio nel quale
viviamo, risolve
l’aspetto duale della
luce e pone le basi del
“magnetrino”, un
corollario questo, dal
quale è stato possibile
dedurre la
registrazione, la
conservazione e il modo
di richiamare le
impressioni della luce i
dei suoni che hanno
colpito la materia = in
altre parole la scoperta
della “base fisica della
memoria”.
Nel mio “Saggio” anche
se troverà una
descrizione abbastanza
dettagliata delle
apparecchiature usate,
troverà anche il brano a
pag. 84 che dice: “per
ora siamo arrivati
soltanto a rilevare
tracce dei suoni e delle
immagini del passato
registrate nella materia
e quindi, attualmente,
un “cronovisore”, ossia
un apparecchio tipo
televisore, che sia alla
portata di tutti, non
esiste ancora”.
Come vede le mie
reticenze riguardano
soltanto i limiti che
abbiamo raggiunto nelle
sperimentazioni. Tutto
il resto lo può trovare
descritto del libro.
Esiste solo una
raccomandazione, messa
in rilievo due volte
che: chiunque realizzi
rilevamenti che abbiano
attinenza o traggano
spunto da quanto viene
descritto in questo
saggio… citino che la
deduzione è stata
possibile mediante
l’applicazione dei
principi della “Teoria
Neutrinica” e degli
sviluppi ad essa
apportati al concetto di
“Magnetrino”. (vedi pag.
14 e pag. 173)
Su questo ci sono tutte
le rivendicazioni di
priorità protette dai
diritti di autore e già
depositate da molti anni
presso Notaio prima che
il libro venisse
stampato. Ovviamente
chiunque può servirsene
con permesso scritto
dell’autore e citandone
la fonte.
Voglio, infine, ancora
richiamare l’attenzione
sulla pag. 15 (ultima
della presentazione)
poiché siamo veramente
convinti che nessuno
finora sia giunto ai
nostri risultati e se lo
fosse, lo è o lo sarà
soltanto se sono stati
presi o verranno presi
in considerazione i
principi della TEORIA
NEUTRINICA.
Con Questo il nostro
dovere verso il Sapere
l’abbiamo fatto.
Speriamo che altri lo
continuino.
Ogni collaborazione sarà
un reciproco piacere.
Senza volerlo mi sono
dilungato un po’ troppo
ed aggiungerei soltanto
più che come vede io non
ho tenuto conto di
alcuna “proibizione”
civile o religiosa. Di
fronte alla caduta dei
muri più massicci, non
possono rimanere in
piedi muri che
ostacolino il progresso
del Sapere. Attendo un
Suo riscontro, anche
breve.
Auguro un buon 1991 e
ricordiamoci presso il
Signore. Don Luigi
Borello.
Da I manoscritti di
Don Luigi Borello, a
cura di Giovanni Borello
ARGOMENTO
Non vorrei si pensasse
ad una delle frequenti
trovate di pseudo
inventori i quali
vogliono demolire e
nulla costruiscono. Qui
ci troviamo di fronte a
qualcosa di veramente
nuovo che non demolisce
ne la fisica
quantistica, ne le
acquisizioni di Einstein,
ne considera inutili le
ricerche in atto: tutto
al più saranno da
considerare inadeguate
in quanto non tengono
conto della reale natura
dello spazio in cui
viviamo.
Inspiegabilmente siano
vissuti finora “come i
pesci nell’acqua - che
non sanno cos’è” .
Finchè non verrà
recepita questa idea che
definisce realmente
cos’è lo spazio in cui
viviamo, rimaniamo,
nella fisica e non solo
nella fisica ma in tutti
i rami della scienza, di
fronte ad un fisiologico
avanzamento di
meravigliosi progressi
ma che restano ad un
livello orizzontale,
senza alcun balzo
verticale, da ormai 60
anni. L’ultima grande
acquisizione può essere
considerata quella di
Maxwell.
In tutte le altre
acquisizioni, comprese
quelle di Bohr -
Einstein - Einsenbergh
-Schrodinger - W. Pauli,
esistono ombre, dubbi,
vuoti, incertezze.
Esiste una meravigliosa
pagina di Einstein nella
quale espressa la sua
più grande intuizione ma
che purtroppo chiude
dicendo: “finora non
siamo ancora riusciti a
realizzare questo
programma in forma
convincente e coerente.
Il decidere se ciò sia o
no possibile appartiene
al futuro” ma esistono
anche due volumetti di
Cesare Colangeli il
quale nel 1948 con una
perfetta formulazione
riuscì a fare
l'unificazione che
Einstein si auspicava
nel 1938, ossia che le
leggi del "campo” siano
valide sia per la
radiazione che per la
materia, dando ragione
di ambedue con un'unica
formula la quale varia
soltanto per un
coefficiente numerico
diverso per la
radiazione e la materia.
Ed esiste anche un mio
“saggio” del 1989 nel
quale non dico nulla di
nuovo, ma riprendendo un
corollario della teoria,
do perfetta validità a
tutta la teoria, non
soltanto teoricamente,
ma anche in forma
sperimentale.
Sia l’idea di Einstein e
sia la perfetta
formulazione del
Colangeli non sono mai
state prese in
considerazione nel mondo
della fisica, se non da
pochissimi studiosi.
Speriamo che ora sia la
volta buona.
Mentre da un lato ammiri
profondamente Einstein
per la meravigliosa sua
pagina citata, più che
per il resto della sua
opera scientifica, perdo
quasi di lui la stima
quando lo sento dire a
riguardo della realtà
“campo”:
“l’unica nostra via
d’uscita sembra essere
quella di tenere per
certo il fatto che lo
spazio possiede la
proprietà fisica di
trasmettere le onde
elettromagnetiche, senza
troppo preoccuparci del
significato di questa
affermazione”.
In altre parole ci dice
che il campo è una
proprietà dello spazio e
che la propagazione di
un’onda in esso è una
perturbazione dello
stesso, ma che cosa sia
lo “spazio” proprio non
ce lo dice, come nessun
fisico, finora, nemmeno
Rubbia o Zichicchi ce lo
hanno saputo dire e,
sembra, nemmeno
interessarli molto,
anzi, per niente.
Ma alcuni eminenti
fisici, il problema
almeno se lo sono posto.
Il problema delle
particelle e delle onde
dominò i primi decenni
di questo secolo, ma i
dubbi che esistevano non
sono ancora dissipati.
Non passa settimana che
sulle riviste
prestigiose del mondo e
nelle relazioni
scientifiche, che seguo
costantemente, non si
ritorni sugli stessi
argomenti con qualche
nuova prospettiva, ma
immancabilmente con le
desolanti conclusioni di
incertezza che si
facevano mezzo secolo
fa:
È soprattutto ad
Einstein l’abbandono
definitivo della nostra
credenza in un “etere”
non rilevabile.
Le onde luminose e le
onde elettromagnetiche
in genere debbano essere
considerate come la
propagazione ondosa
attraverso lo spazio
(veramente vuoto!) ed è
qui la contraddizione
non risolta di Einstein
e di tutti quelli che
così continuano a
credere “di una sostanza
impalpabile chiamata
campo”:
Questo è il secondo
paradosso di Einstein
oltre a quello già
citato; altro che quello
relativistico dei due
gemelli o dei due
orologi!
Senza contraddirmi a
quanto dicevo sopra,
ossia che la Teoria
dello Spazio Neutrinico
non intende demolire
nulla, circa questa
affermazione di Einstein
non si tratta di
demolirle, in quanto già
di per se stesse non
dicono nulla:
semplicemente omettono
di definire, sia pure
con scusante “finora non
siamo ancora riusciti a
realizzare un programma
in forma convincente e
coerente”.
Ma una volta che Cesare
Colangeli è arrivato a
formulare questo
programma convincente e
coerente, per i fisici
che continuano ad
ignorare non c’è più
scusante.
Il grande fisico Kenneth
W. Ford, che certamente
tutti gli studiosi
conoscono, a riguardo di
questo concetto di
campo, della cui realtà
nessuno dubita e quindi
nemmeno noi, diceva nel
1963:
“questo può sembrare un
progresso assai dubbio
della scienza.
Una sostanza ipotetica,
l’etere, viene
sostituita da un’altra
sostanza ipotetica, il
campo” e ribadiva
ancora: “naturalmente
noi oggi siamo contrari
all’imbarazzante
ricchezza di campi nei
quali nessuno veramente
crede”.
(intendeva dire così
come vengono creduti
senza alcun
approfondimento di che
cosa siano realmente).
I fisici mantengono la
convinzione che esista
alla base di tutte le
particelle, una
struttura più semplice e
il dualismo tra luce e
particelle, dibattuto da
circa un secolo non è
ancora risolto (potrà
esserlo dal momento che
verrà recepita dal mondo
scientifico la “teoria
dello spazio neutrinico”
di Cesare Colangeli (lo
dico con presunzione o
senza presunzione, come
credete meglio).
Aggiungo soltanto più, a
quanto riportato dal
fisico Ford una
asserzione di un altro
grande fisico, Wiener:
“nel campo della fisica,
allo stadio attuale di
sviluppo, le particelle
fondamentali sono di
importanza massima, ma
non sono fondamentali
nel senso di essere le
ultime… Le difficoltà di
Einstein e di Bohr
rimangono, e la teoria
del campo unificato
sulla quale Einstein
faceva affidamento è
ancora una pia speranza.
Siamo tutti in attesa di
una nuova sintesi di
idee, che non sarà
certamente conclusiva,
ma ci fornirà UNA NUOVA
BASE sulla quale la
fisica potrà operare per
decenni, se non per
secoli”.
A COSA SIAMO ARRIVATI
Dall’approfondimento
della teoria dello
spazio neutrinico di
Cesare Colangeli, siamo
arrivati, con la prova
positiva sperimentale di
un corollario di essa,
alla convalida della
stessa nella sua
interezza, confermando
che: è valida non solo
per i fatti che ancora
dovevano essere
spiegati, ma anche per
quelli che si riteneva
potessero essere
spiegati in sua
assenza.
Innanzitutto, ripeto,
Cesare Colangeli è
riuscito a descrivere
teoricamente come le
leggi del “campo” siano
valide sia per la
radiazione che per la
materia, dando ragione
di ambedue con un’unica
formula, la quale varia
soltanto con un
coefficiente numerico
diverso per le
radiazioni e per la
materia. Inoltre
definire in realtà che
cosa è lo spazio in cui
viviamo e ci muoviamo.
Affermando che viene
data la spiegazione di
tutti i fatti, anche se
non ancora tutti, per
ora, esaminati
dettagliatamente, ci
limitiamo soltanto a
quelli strettamente
fisici, ma siccome tutti
i fenomeni che avvengono
in natura hanno una base
fisica, vengono compreso
anche quelli biologici,
non esclusi quelli
mentali.
In particolare il nostro
maggior lavoro è stato
finora precisare:
1- in che cosa consiste
veramente l’impulso
nervoso che si forma
dopo la traduzione
operata dagli organi di
senso di quelle forma di
energia che li
colpiscono;
2 - come la corrente
nervosa vada a formare
nel cervello l’engramma
e di conseguenza, cosa
sono le tracce mnesiche;
3 – in che modo queste
tracce mnesiche
rimangono e come vengono
di nuovo attivate al
sopraggiungere di nuova
situazione uguale o
simile, o che abbia
relazione con quella
precedentemente
registrata. In altre
parole: siamo riusciti
ad identificare qual è
la base fisica della
memoria (voglio
aggiungere: di tutte le
“memorie”, non esclusa
quella genetica).
Per renderci conto di
quanto sia importante
questa acquisizione,
basta che ci riferiamo a
quanto ci hanno detto E.
D. Adrian, S. Zuckerman,
Salvador E. Luria, Paul
Chauchard: è certo un
errore, sul quale vale
la pena di ritornare,
considerare il pensiero
come una secrezione
chimica del cervello e i
ricordi come sostanze
chimiche immagazzinate
nei neuroni o ridurre il
pensiero all’attività
elettrica cerebrale. Per
tutti la base fisica
della memoria rimaneva
un mistero. Le ricerche,
anche recentissime,
delle quali ci
riferiscono le più
autorevoli riviste
scientifiche di tutto il
mondo continuano ad
insistere su scambi di
ioni di sodio e di
potassio e di correnti
elettriche che non sono
altri che fenomeni
collaterali e di
alimentazione del vero
contenuto significativo
che scorre lungo il
sistema nervoso.
Per comprendere il
funzionamento cerebrale
nel suo intimo bisogna
saper come si generino i
messaggi, come si
propaghino, come
agiscono. Giustamente
Robert Ornstein e
Richard Thompson
affermano: «L’impulso
nervoso non è una
corrente elettrica […].
Noi non conosciamo
ancora la natura dei
processi di
memorizzazione. […]
Forse la sfida più
grande che si ponga per
la neuroscienza è capire
in che modo avvenga la
memorizzazione dei
ricordi nel cervello.
[…] la capacità della
mente umana di imparare,
di memorizzare
informazioni e di
accedere ad esse è il
fenomeno più notevole
dell’universo
biologico».
IN VISTA
Finalmente a questi
interrogativi (vedere
argomenti) abbiamo
trovato una risposta e,
da chiunque possano
essere fatte le dovute
verifiche semplicemente
adottando i principi che
estrapolandoli
dall’originale di Cesare
Colangeli li ho esposti
nei miei “saggi”.
All’infuori di questi
saggi e dei due
volumetti del Colangeli,
non mi risulta che
esista una bibliografia
al riguardo, in quanto
si tratta di una via di
indagine completamente
nuova.
Via di indagine che non
esclude l’uso di mezzi
tecnici attuali e più
progrediti di
informatica che noi
stessi abbiamo usato e
stiamo usando, ma che,
presto anche questi,
almeno per le ricerche
scientifiche, verranno
sostituiti da un sistema
di memorizzazione, di
richiamo e di
scorrimento lungo i
circuiti, completamente
diverso da quello usato
nelle varie generazioni
di computers attualmente
in uso.
Don Luigi Borello -
Varazze 1989
BIBLIOGRAFIA
·
Domenica del Corriere
n. 18, 2 Maggio 1972, La
Macchina del Tempo, di
Vincenzo Maddaloni.
·
Giornale dei Misteri n.
17, “I lettori ci
scrivono”, rubrica di
corrispondenza a cura di
Sergio Conti;
·
Scoppia la polemica
sulle fotografie del
passato – Le rivelazioni
di un lettore di Roma:
lettera aperta a P.
Ernetti.
·
Arcani n. 24, maggio
1974, “La posta di Padre
Borello”, rubrica di
corrispondenza a cura di
don Borello; Immagini e
suoni del passato. Il
Mistero e la Fede è per
il momento sospesa,
teorie cosmologiche.
·
Arcani n. 25, giugno
1974, Cronovisione, la
materia racconta, di
Teresa Pavese.
·
Giornale dei Misteri n.
114, ottobre 1980, I
lettori ci scrivono”,
rubrica di
corrispondenza a cura di
Sergio Conti; Padre
Ernetti e la «cronovisione».
·
Come le pietre
raccontano, di Padre
Luigi Borello.
Introduzione di Teresa
Pavese.
·
Chi n. 45, 10 novembre
1999, Incontro con Don
Luigi Borello, lo
scienziato che sostiene
la possibilità di vedere
nel passato, di Renzo
Allegri.
·
Il nuovo mistero del
Vaticano, di Padre
Francois Brune.
·
Gazzetta d’Alba n.10,
7-3-2001, Il sacerdote
langarolo ha teorizzato
la possibilità di
leggere i "ricordi"
della materia inanimata,
di Don Eugenio Fornasari.
·
Chi, 29 luglio 2002, in
cui Renzo Allegri
intervista padre
Francois Brune sul libro
dedicato a padre Ernetti.
·
I manoscritti di Don
Luigi Borello, a cura di
Giovanni Borello.
WEBGRAFIA
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www.donluigiborello.it/rlibro2.html
·
www.fantascienza.net/users/uraniandco/zaff0009.html
·
www.mistic.it/casidelloltre/cronovisione.htm
·
www.nexusitalia.com/cronovisore.htm
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