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I Rosa-Croce

a cura di Luca Berto

       

Nel 1614, a Kassel, presso la stamperia di Wlilhelm Hesse, uscì in lingua tedesca uno strano scritto anonimo intitolato “Fama Fraternitatis Rosae-Crucis…”: 

“Noi Deputati Principali dell'Ordine della Rosa-Croce che dimoriamo visibilmente ed invisibilmente in questa città Per la grazia dell’Altissimo che si rivolge verso il cuore dei giusti. Noi insegniamo senza libri e senza maschere, parliamo le lingue dei Paesi in cui vogliamo essere, per distogliere gli uomini, nostri simili, dagli errori e dalla morte…” […]
“Se i saggi, ai quali ci appelliamo, si unissero a noi, potremmo rivelar loro segreti insospettati e le meraviglie dell'opera occulta della Natura... Dio decise che i membri dell'Ordine non potessero essere osservati da nessun occhio umano, a nessun essere che abbia ricevuto l'energia visuale dell'aquila. Possediamo una scrittura magica, riproduzione dell'alfabeto divino con cui Dio trasmise la Sua volontà alla natura celeste e terrestre. La nostra lingua somiglia a quella di
Adamo ed Enoch di fronte al peccato e sappiamo spiegarci in questa lingua sacra anche se non lo possiamo fare in latino, idioma contaminato dalla confusione di Babele. Nella nostra epoca, in cui la fabbricazione atea e condannata dell'oro si è divulgata così ampiamente, alcuni, abusando della credulità pubblica, affermano e disgraziatamente riescono a convincere del fatto che la trasformazione dei metalli costituisce il "summum" della filosofia; noi dichiariamo che questo concetto e falso, assai lontano dalla vera filosofia nella quale la fabbricazione dell'oro appare come un semplice fatto accessorio, un semplice modello.Malgrado per ora conserviamo l'anonimato e ci asteniamo dal far sapere il luogo delle nostre riunioni, la risposta di ognuno alla presente chiamata ci giungerà con certezza e chiarezza. Ogni aderente può essere sicuro di entrare in contatto con noi sia verbalmente che per iscritto.Tutti coloro che ci hanno concesso un giudizio ragionevole sperimenteranno la prosperità e la felicita dell'anima e del corpo. In quanto agli ambiziosi ed ai malvagi, andranno incontro ai più gravi pericoli”.

Questo testo, che in seguito divenne noto solo con il nome di
“Fama”, era noto già dal 1610 (anche se in forma manoscritta) ed era il “manifesto” dei Fratelli della Rosa-Croce, i membri di una fratellanza molto particolare, che si dichiarava in possesso del segreto dell’immortalità e della massima comprensione dell’Essere. Le origini della fratellanza sono avvolte nel mistero, quasi legate alla leggenda; tuttavia, appare quasi certo che il fondatore sia Christian Rosenkreutz, cavaliere tedesco fondatore della confraternita, che prende il suo nome. La storia di Rosenkreutz era narrata un un’appendice della Confessio (di cui parleremo): era nato nel 1378 e, dopo aver abbandonato il convento in cui era stato chiuso per compiere i suoi primi studi, dai 16 anni iniziò a viaggiare, soprattutto in Oriente e nel Nord Africa, dove ebbe contatti con tutti i maggiori filosofi e maghi dell'epoca. Scoprì durante un viaggio in Arabia i segreti della scienza Ermetica (le cui origini erano da ricercare nella notte del tempi e cioè nell'epoca in cui gli antichi sacerdoti egizi scoprirono gli enigmi della magia e dell'alchimia), che costituirà una delle basi culturali e degli interessi della setta. La sua tomba fu scoperta nel 1604, sul fondo di una grotta nella quale aveva trascorso i suoi ultimi anni. Vicino al corpo di Rosenkreutz furono ritrovati anche i suoi “diari”, contenenti tutte le conoscenze che Rosenkreutz aveva accumulato nel corso della sua esistenza e che lasciò in eredità all’Umanità, affinché fosse fondata una setta destinata a riformare il mondo sia politicamente che spiritualmente (uno dei punti del programma della Rosa-Croce). Gli anonimi fondatori della Confraternita inviarono i due manifesti ad ogni saggio d'Europa, invitando ad entrare nella società e a condividere tutti i loro segreti. La “chiamata” ebbe un’eco favorevole in molte personalità dell'epoca, sempre affascinate da tutto ciò che avesse un sapore di esoterico, magico e misterioso. Ma furono anche molti gli oppositori e ciò diede origine ad una vasta letteratura di controversie appassionate sulla convenienza o meno di fare parte della setta. La fratellanza era inizialmente composta dalle “sette luci”, i sette membri fondatori, che dovevano “obbedire” a sei precetti base: 

1) curare gli ammalati senza prendere alcun compenso
2) adoperare un abbigliamento consono al paese in cui operavano
3) avere un incontro tra di loro una volta l'anno nel giorno dedicato allo Spirito Santo, oppure inviare una giustificazione scritta 
4) ricercare un successore 
5) adoperare le iniziali C. R. come loro sigillo
6) mantenere il segreto della loro fratellanza per il termine di cento anni.

I Rosa-Croce affermavano di possedere facoltà soprannaturali che il rendeva immuni dalle debolezze umane, proprie degli uomini deboli e “comuni”: non sentivano la fame e la sete, non invecchiavano né contraevano malattie. Favoriti dalla rivelazione divina, conoscevano la perfezione interna degli individui: negavano, per questo, l'ingresso nella società alle persone che non ne fossero degne. Sostenevano di avere la possibilità di conoscere ciò che sta al di là dello spazio e del tempo utilizzando la Cabala e la numerologia e grazie alle facoltà prodigiose che, sopite nella mente degli uomini comuni, essi possedevano in pieno. Assicuravano che l'Ordine esistesse dalla creazione del mondo (vedremo come), ma non fosse clandestino se non per necessità. Assicuravano che tra i molti libri che si trovavano nelle loro biblioteche ce ne fosse uno così straordinario da contenere tutto il sapere dei libri scritti in ogni epoca e che sarebbero stati scritti in futuro. Si esprimevano in una lingua esclusivamente loro, mediante la quale potevano descrivere la natura di tutta la realtà. Possedevano poteri speciali per comandare il demonio e gli spiriti più potenti. I rosacrociani devono giurare di mantenere fedeltà e riservatezza: mantenere il segreto voleva dire sopravvivere nei secoli (alcuni sostengono che membri importanti della setta non avessero bisogno di mangiare, ma forse si tratta soltanto di “sopravvivenza” della setta, non individuale). Secondo i rosacrociani, un gruppo di nove fratelli “venuti da lontano”, appariva a volte per operare, con mezzi materiali e spirituali, per il bene dell'Umanità (i membri “disincarnati”). Sempre nella stamperia di Kassel, l’anno dopo la stampa della “Fama”, fu stampata e diffusa la “Confessio Fraternitatis Crucis ad eruditos Europae”, in latino, che, oltre a confermare quanto scritto nel primo manifesto, annunciava un prossimo rovesciamento del sistema papale ed una riforma a livello mondiale. La confraternita divenne istituzione massonica intorno al 1635, a Londra, grazie a Robert Fludd e ad alcuni rosacruciani comandati da Vaughan e Ashrmole. Da questo primo incontro, si giungerà alla Costituzione massonica del 1723 ed ai suoi statuti e regolamenti (“Old Charges”), dove il titolo di “Cavaliere della Rosacroce” verrà inserito nei gradi capitolari o “Camere Rosse”.

Le riunioni della setta avvenivano nella “Cappella dello Spirito Santo”. Si discutevano le proposte di ammissione di nuovi candidati, le condizioni e le prove che questi dovevano sostenere per entrare a far parte del gruppo di “eletti” (tra queste, il giuramento di fedeltà inviolabile che prescriveva di proteggere eternamente il segreto dell'ordine e la più rigorosa castità).

Per quello che riguarda le origini dell’ordine, alcuni studiosi (come Michael Maier e Lewis Spencer) le fanno risalire all’antico Egitto di Tholmes III, il vero fondatore dell’ordine. Altri studiosi (Friedrich Grick di Altdorf, alias Irenaeus Agnostus), invece, affermano che il primo vero fondatore della confraternita fosse nientemeno che Adamo, padre, secondo la Gnosi Cabbalistica di Roland Wdighoffern, dell’alchimia, della magia, della scrittura. Tale ipotesi viene inoltre avvallata in un’opera apparsa a Danzica nel 1655, dal titolo:
“Echo der van Gotthocherleuchtetan”, di Jufius Sperber (?-1616), che fu consigliere del principe di Anhalt Dessau. In essa, lo Sperber asserisce che...“... Adamo trasmise la saggezza divina impartitagli da Dio prima della caduta per mezzo di Noè e Zoroastro ai Caldei, agli egizi, ai profeti del Vecchio Testamento, per gi ungere infine sino all'epoca Cristiana”. Alcuni autori come Roger Loubet e Jean-Pierre Huc vedono la confraternita come una “branca” dell’ordine dei Templari sorta nel 1317 ad opera di un Maestro del Tempio in accordo con l'allora Papa Gio vanni XXII. Essi adottarono il simbolo della croce con intorno le lettere INRI, il tutto sormontato da un pellicano con ali spiegate che si dilania l'addome per nutrire i suoi sette piccoli affamati, e si diedero il nome di “Fratelli Maggiori della Roca Croce”. In un libro di Paul Arnold, sono sintetizzati i dubbi e le perplessità che quest'Ordine portò sia negli ambienti accademici del 1614, come anche nelle menti illuminate dei secoli a venire. Non manca comunque, nell'immensa panoramica letteraria sorta intorno a quest'argomento, chi asserisce che i Rosa-Croce non siano mai realmente esistiti e, proprio per questo, non possano morire. Un racconto interessante a questo proposito è quello delle "Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz” (1616), in cui sono narrate le nozze di alcuni personaggi di nobili origini all’interno di un castello, in cui si trova lo stesso Rosenkreutz. Oltre alla narrazione allegorica alchemica molto interessante, si possono notare parecchi riferimenti ad altre opere, come il “Mutus Liber” di Altus o le “Le dodici chiavi di Basilio Valentino”. Nella sua biografia, un pastore protestante di nome Johan Valentin Andrete si dichiara autore delle “Nozze”, ma secondo molto autorevoli ricercatori egli usò i manifesti della Fama e della “Confessio” per esprimere le proprie idee riformatrici senza voler essere preso alla lettera, all'interno di un contesto storico che aveva carattere repressivo. I rosacrociani attuali affermano di essere gli eredi dell’”Ordine originario”, nato nell’antico Egitto, che si riuniva nelle stanze segrete della Grande Piramide, durante il regno del faraone Akenaton, (XVIII dinastia, verso il 1350 a.C.). Essi avrebbero scoperto le facoltà segrete possedute dagli esseri umani e le conoscenze trascendenti ed esoteriche, che sarebbero state trasmesse di generazione in generazione, fino a giungere ai Rosa-Croce di oggi. E’ assai facile arrivare ad affermare che anche Mosè fu un rosacrociano, visto che era a conoscenza di tutti i segreti dei sacerdoti egiziani e di quelli del faraone. Parlando del simbolo, i rosacrociani adottarono come simbolo una croce nera con una rosa rossa al centro; possiamo dire che la rosa e la croce possono essere definite degli archetipi, che hanno radici nella storia del mondo e nel simbolo: il simbolismo della croce esisteva a Tahunaco migliaia di anni prima dell'avvento del Cristianesimo e, per gli egizi (e qui avvalliamo l’ipotesi di Maier e Spencer) rappresentava l'immortalità, mentre la rosa era il simbolo del segreto. Secondo la Confraternita la croce rappresentava l'immagine del sacrificio, cioè il dolore umano che permette di giungere a comprendere la bellezza suprema (quasi una concezione platonica). La rosa, almeno così vuole la tradizione, è un fiore che ci proviene dalla Valle del Nilo e, secondo alcuni esperti di Piramidologia, è l'unico fiore noto che può essere mummificato tramite il procedimento piramidale. Per i rosacruciani era il simbolo dell'amore, ma forse si rifacevano alla tradizione alchemica che rappresenta, con la rosa, la “Grande Opera”. Il termine Rosa-Croce si potrebbe quindi interpretare come il segreto dell'immortalità, anche perché i “Fratelli Maggiori della Rosa-Croce” erano dediti all'Alchimia Ermetica che, nella sua ricerca della Pietra Filosofale, non si trasmutava solo il piombo in oro, ma donava, a chi la possedeva, la giovinezza eterna. La parola croce potrebbe rifarsi a crogiuolo, derivante dal francese croiseul, una lampada a forma di croce o, per gli alchimisti, il recipiente d’altoforno di pietra refrattaria dove si fondono i metalli o, dove avendo parte cilindrica alla base, viene raccolto il metallo una volta giunto a fusione. Nella cabala, anche l’“Albero della Vita” racchiude nel suo interno tre croci, ed è strutturato in modo tale che le due assi di ognuna di queste confluiscano in un centro, il cuore umano. Viste tutte queste simbologie, è logico pensare che il fondatore, Rosenkreutz, non sia mai esistito, ma sia piuttosto un personaggio inventato, un “simbolo umano” di ciò che la confraternita doveva rappresentare. In questo caso si rinforzerebbe la teoria che vedrebbe Agrippa come fondatore di una società segreta, dedita allo studio della Cabala e dell'alchimia e chiamata “I Fratelli della Croce d'Oro”, che sarebbe il vero nome della setta della Rosa-Croce. Altri studiosi vedono alle origini l’opera di un teologo luterano, Giovanni Valentino Andrae (1486-1564), che voleva ridicolizzare l'alchimia ed le fallaci illusioni di rifondazione del mondo. Ma la farsa ebbe comunque molto successo, visto che molti partirono in cerca della confraternita per essere iniziati ai suoi segreti, come fece Descartes. Alcuni, non riuscendo a trovare in nessun luogo una presenza della setta, cercarono di organizzare da sé alcune società segrete di “nuovi” rosacrociani, seguendo i modelli suggeriti dai manifesti. Quando Cartesio nel 1623 rientrò in Francia dal sito soggiorno tedesco della durata di quattro anni, si vide sospettato pubblicamente dì far parte di questa particolare Confraternita. Ma non è solo il nome di Cartesio ad essere annoverato tra i potenziali rosacruciani: possiamo trovare anche Francesco Bacone, Gottfried Wilhelm Leibniz, Descartes, Spinoza, Comenio e tanti altri. Cosa cercavano personaggi di tale levatura intellettuale? Forse qualcosa letto nella “Fama” e nella “Confessio” aveva stimolato i loro cuori di uomini dediti alla cultura ed alla scoperta del mondo. Robert Fludd, riferendosi ai Rosa-Croce, affermava che... “essi dimorassero visibilmente in nove collegi: al monte Athos, verso Basra, al Travancore, presso Oudh, in Lucania, alla Mecca, a Fez, alle, Piramidi ed al Parnaso. La Bibbia ed il Tarocco erano i loro manuali di Filosofia. L'esperienza materiale (le arti occulte) e immateriale (Liber Mundi), il loto manuale d’osservazione pratica. Le opere di Tauler, di Weigel e, sopratutto diTiommaso da Kempis erano il loro codice d’ iniziazione”. I Fratelli della Rosa-Croce dichiaravano di possedere la Pietra filosofale, la medicina universale, l'elisir di lunga vita, la conoscenza degli Egizi degli Accadi, e dei Caldei, di conoscere le virtù dei semplici, i segreti degli dei, i misteri dei numeri, dei segni, della musica. I rocacruciani volevano che la “Vera Conoscenza” non cadesse nell’oblio: questo poteva essere ottenuto solo agli allievi della confraternita i segreti della potenza e della verità. Tutto nell’attesa dell’arrivo dello Spirito, inafferrabile e di sconosciuta origine e destinazione. La casa dei Rosa-Croce è una delle opere di questo Spirito inafferrabile; solo qualche uomo, eliminando la sua natura gretta ed innalzando la sua Essenza oltre i limiti dei miseri umani, ha potuto vederla, entrarvi e porvi la sua dimora. Nei 1622 la sede principale dei Rosa-Croce fu trasferita a l’Aia; in seguito sorsero sedi anche ad Amburgo, Norimberga, Danzica, Venezia e Mantova. Anche in Inghilterra membri dell’elite culturale fondarono, nel 1643, un nuovo Ordine dei Rosa-Croce, che, più che di interessi alchimistici od esoterici, aveva finalità umanistiche: era la Frammassoneria. Nel 1771 fu fondato in Germania l'Ordine Rosa-Croce d'Oro, chiamato anche Ordine di Gesù (che però non ebbe finalità religiose) che in seguito assunse un ruolo di primo piano nelle società massoniche. A questa confraternita appartennero, si sussurra, il conte di Saint Germain, Cagliostro, il prussiano Woliner e, ne 1781, Federico Guglielmo II di Prussia. Oggi, il gruppo di Rosa-Croce più potente, Amorc, non si trova in Europa, ma negli States, in California. 

                    

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