Le finalità che si pone questo articolo sono quelle di dimostrare che le conoscenze astronomiche
di cui era portatore il Sommo Poeta erano superiori a quelle di cui potevano disporre gli uomini
della sua epoca e inoltre si cerca di mettere in luce le origini della Cosmologia dantesca. Un
breve viaggio negli ultimi misteri della Divina Commedia. L'autore, Giuseppe Badalucco, 32 anni,
vive a Parma; dal 1998 ha intrapreso ricerche sull'esistenza del codice della precessione nelle
Antiche Scritture e nella Commedia, ottenendo alcuni risultati che sono stati pubblicati sulla
stampa locale. Nel novembre del 2002 ha pubblicato sul sito www.edicolaweb.net un articolo in cui
illustra una innovativa interpretazione astronomica delle misure geometriche dell'Arca di Noè.
La Commedia, il più grande Poema della letteratura italiana, fu composta
presumibilmente fra il 1307 e il 1320 (o comunque a partire dal 1307). Il
Poema si compone di 14.233 versi endecasillabi (in terza rima) ed è
suddiviso in tre Cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) ognuna delle
quali è suddivisa in 33 Canti; in particolare l'Inferno ha un canto iniziale
introduttivo, per un totale di 34 Canti. La Commedia racconta il viaggio
ultraterreno del Sommo Poeta compiuto attraverso i tre mondi, al termine del
quale Dante riuscirà a godere per un istante della visione beatifica di Dio.
Nel suo viaggio è accompagnato dal Poeta Virgilio (che secondo gli studiosi
è il simbolo della ragione umana) fino a giungere in prossimità dell'Eden
(il Paradiso terrestre), dove la figura di Virgilio scompare per lasciare
spazio a Beatrice, la giovane donna amata da Dante (morta nella sua giovinezza), che lo guiderà alle porte del Paradiso. In una lettera, scritta
a Cangrande della Scala (gli studiosi discutono se sia attribuibile effettivamente a Dante Alighieri), il Poeta afferma che il proposito della
Commedia sia quello di "removere viventes in hac vita de statu miserie et
perducere ad statum felicitatis [allontanare coloro che vivono in questo
mondo dallo stato di miseria e condurli ad uno stato di felicità]". Gli
studiosi hanno quindi individuato il significato ultimo della Commedia nel
tentativo di Dante di ristabilire un equilibrio tra le vicende terrene, che
vedono l'umanità sempre più traviata e perduta e la dimensione divina, alla
quale l'uomo aspira. Dante sente "l'esigenza di ristabilire la saldezza, che
egli sente gravemente minacciata e quasi distrutta, di un ordine intellettuale e normativo, consacrato da una tradizione secolare di cultura;
di ricondurre la città dell'uomo [...] a combaciare in ogni momento e
condizione con il modello trascendente della Città di Dio" (N.
Sapegno). Secondo gli studiosi, l'interpretazione della Commedia si può desumere da un
passo del Convivio (altro Poema di Dante) in cui il Sommo Poeta schematizza
il senso che è possibile dare alle scritture:
·
letterale, secondo cui il Poema descrive un viaggio nell'aldilà iniziato
presumibilmente il Venerdì santo dell'anno 1300 (8 aprile) ·
allegorico, secondo cui il Poema è un'allegoria del percorso che deve
seguire l'uomo per giungere alla salvezza ·
morale, secondo cui il Poema comprende delle considerazioni filosofiche
sulla condizione dell'uomo ed è un'esortazione all'Umanità del proprio tempo ·
anagogico, in cui l'interpretazione allegorica permette al lettore di
elevarsi ad un piano superiore, attraverso la comprensione del denso
simbolismo contenuto nel Poema e ai suoi numerosi riferimenti alla
letteratura religiosa
L'Inferno è immaginato da Dante come un'immensa voragine in forma di cono
rovesciato, il cui vertice è al centro della Terra. La sua struttura si
formò al principio dei tempi a causa della caduta di Satana, che fu
precipitato dal Paradiso, in modo tale da restare conficcato al centro della
Terra; la voragine infernale si apre al di sotto di Gerusalemme (ha per asse
la verticale di Sion) e l'entrata della Selva oscura è a circa 1700 miglia
dalla città Santa (circa 3000 km). Secondo l'Architetto e Matematico Manetti
(1423-1497), la base del cono infernale ha un diametro di 3250 miglia, pari
al valore del raggio terrestre. Scendendo all'interno della voragine
infernale s'incontrano il Vestibolo, il fiume Acheronte, e poi, nove cerchi
dei quali i primi cinque costituiscono "l'alto Inferno" e gli altri il
"basso Inferno". In fondo all'Inferno, in corrispondenza del centro della
terra, si trova Lucifero, con tre facce e sei ali che, sempre in movimento,
ghiacciano la palude di Cocito. Nel suo cammino, scendendo girone per
girone, Dante incontra le anime dei dannati fino a giungere al centro della
terra in cui ha la visione del mostro infernale. Come abbiamo accennato più
sopra, la struttura dell'Inferno è in forma di cono rovesciato (prendiamo
come esempio l'immagine di un imbuto), che degrada con i suoi nove cerchi
fino al centro della Terra, nella quale si trova conficcato Lucifero. La
dottrina cosmologica che ci permette di capire come si formò l'Inferno viene
esposta dal Sommo Poeta nel XXXIV Canto (versi 105-126) dell'Inferno; qui
Dante e Virgilio scendono fino al centro della Terra nella quale vedono il
lago ghiacciato di Cocito, che è congelato dal continuo movimento delle sei
ali di Lucifero. Qui Dante descrive la visione mostruosa del Principe del
male, che fuoriesce dal lago ghiacciato dal petto in su, e che presenta tre
facce con un'unica testa. Infine si sofferma a descrivere la pena inflitta a
Giuda, Bruto e Cassio, che sono condannati ad essere stritolati dai denti di
Lucifero in eterno. Giunti al centro della terra, e aggrappandosi ai velli
di Lucifero, iniziano la lenta risalita verso l'altro emisfero (australe)
giunti nel quale intraprendono il viaggio nel Purgatorio. Prima di iniziare
la risalita Virgilio spiega a Dante il modo in cui si formò l'Inferno.
Apprendiamo così che Lucifero, ribellandosi a Dio, fu precipitato dal cielo
e conficcato al centro della terra, che è anche il centro dell'Universo
tolemaico, andando a formare l'immensa voragine infernale. Dante dice "da
questa parte" cioè sull'emisfero australe, nel quale ora si trovano i due
pellegrini; e aggiunge che le terre che in questo emisfero si ergevano sul
mare, per paura di lui, si ritirarono al di sotto delle acque andando a
formare la gran secca dell'emisfero boreale. E forse quella terra che appare
di qua e che si erge a formare la montagna del Purgatorio, per schivare ogni
contatto con Lucifero, lasciò qui una cavità vuota (burella), nella quale si
trovano ora i due, e ricorse in su. Si formò così la struttura dell'Inferno
e del Purgatorio. Delle informazioni inserite dal Sommo Poeta nel testo
della Commedia, impressiona il fatto che la struttura dell'Inferno (con la
forma a cono rovesciato, con il vertice al centro della terra) corrisponda
esattamente allo schema geometrico della precessione assiale della terra, la
cui scoperta, come fenomeno di osservazione risale, ufficialmente, all'
astronomo Ipparco (II sec. a.C.) ma la cui spiegazione scientifica fu
fornita soltanto in epoca moderna (cioè circa 500 anni dopo Dante). Infatti,
per effetto della lenta rotazione inversa dell'asse terrestre, che si compie
in 26.000 anni (25.776 per la precisione), la terra descrive un doppio cono
con vertice al centro della terra (mentre l'asse è inclinato di circa 23° 30' rispetto al piano), effettuando un lento movimento oscillatorio che
ricorda quello della trottola in rotazione. Io sostengo l'ipotesi per cui
Dante abbia, non casualmente, impiegato lo schema geometrico della
precessione assiale della terra per costruire la struttura dell'Inferno,
allo scopo di fondare tutta la cosmologia e l'impianto stesso del Poema
sulla precessione degli equinozi. Si può quindi schematizzare questa
incredibile analogia nel seguente modo:
DEFINIZIONE DELLO SCHEMA
GEOMETRICO DELLA PRECESSIONE DELLA TERRA: Per effetto
dell' attrazione delsole, della luna e dei pianeti che determina la lenta rotazione inversa dell'asse terrestre, la terra descrive in 25.776 anni un doppio cono con vertice
al centro della terra e un angolo di circa 23°30'
STRUTTURA DELL'INFERNO SECONDO DANTE:
Quando Lucifero fu precipitato dal Paradiso si formò una immensa voragine che ha la forma di un cono con vertice al centro della terra.
La scoperta di questo schema nella Commedia ci obbliga a porre degli
inquietanti interrogativi sul tipo di conoscenze di cui disponeva il Sommo
Poeta, che dimostra, in tal modo, di usufruire di conoscenze che gli uomini
della sua epoca non potevano avere. Da chi aveva ereditato queste conoscenze? Esistono indizi biografici che fanno supporre che Dante abbia
avuto contatti di tipo culturale con esponenti dell'Ordine cavalleresco dei
Templari, e noi sappiamo anche che quest'ordine cavalleresco, distrutto nel
giro di pochissimo tempo tra il 1307 e il 1314, era portatore di dottrine
esoteriche molto complesse, che il Sommo Poeta potrebbe aver, almeno
parzialmente, ereditato. Si suppone anche che Dante possa aver avuto accesso
a manoscritti di altre culture (si parla di un poema in lingua araba,
scritto circa ottant'anni prima della Commedia, in cui l'Inferno è descritto
nello stesso modo), da cui possa aver ottenuto informazioni importanti per
realizzare lo schema dell'Inferno, pur conservando l'originalità dell'
impianto della Commedia. Per chi fosse scettico su questo genere di
argomentazioni basta valutare con attenzione alcuni passi della Commedia in
cui Dante descrive strani fenomeni visivi relativi all'osservazione degli
astri in epoche diverse:
"I' mi volsi a man destra e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Goder pareva'l ciel di lor fiammelle:
oh settentrional vedovo sito,
poi che privato se' di mirar quelle!"
(Purg. I, 22-27)
Su questo passo così si è espresso il Prof. Corrado Gizzi, autore de "L'astronomia nel Poema Sacro": «Alcuni hanno voluto riconoscere in esse la
Croce del Sud [...] quasi sicuramente era conosciuta dai navigatori e dagli
astronomi arabi e Dante deve averne avuto notizia [...] Si aggiunga che il
Poeta dichiara esplicitamente che ignora l'esistenza delle quattro stelle,
essendo state viste solo dalla prima gente [...] Potremmo dare all'
espressione 'prima gente' il significato di 'primi uomini' e supporre che
essi, a causa del movimento conico dell'asse terrestre, poterono veramente
vedere, anche stando nelle nostre regioni, le quattro stelle, in un periodo
in cui esse erano più distanti dal polo sud». Secondo il Prof.
Gizzi, quindi, solo conoscendo il movimento conico del pianeta, sconosciuto all'
epoca di Dante, sarebbe stato possibile cogliere il significato logico di
questi versi del Purgatorio. Il Prof. Gizzi, che si rassegna a dare a tale
verso un' interpretazione di tipo puramente allegorico, non si rese conto di
aver fornito, con il suo commento, una importantissima chiave di lettura
astronomico - precessionale alla Commedia, ma lui stesso ammette, all'inizio
del suo lavoro più sopra citato ("L'astronomia nel Poema sacro" Vol. I, pag.
110, nota 11) che l'intera cosmologia della Commedia sia stata costruita,
dal Sommo Poeta, sulla precessione degli equinozi, considerando un ciclo di
13.000 anni terrestri, che equivale alla durata di un semiciclo precessionale (il cui decimo è 1300, l'anno di inizio del suo mistico
viaggio). Sulla datazione cosmologica del mondo si deve ricordare che Dante
assegna alla storia umana il periodo di 13.000 anni, che è possibile
ricostruire raccogliendo importanti informazioni che ci vengono fornite
nella lettura di alcuni canti. Nel canto ventiseiesimo del Paradiso, Adamo,
che finalmente può incontrare Dante afferma che rimase nel Limbo per 4302
anni dopo essere vissuto per 930 anni; così pure nel canto ventunesimo dell'
Inferno, il diavolo Malacoda afferma che erano trascorsi 1266 anni da quando
era crollato il ponte sulla sesta bolgia, a causa del terremoto che scosse
la terra nell'ora della morte di Gesù. Considerando che Adamo vide il sole
tornare al suo punto di partenza per 930 volte, cioè visse 931 anni e che il
compimento dei 1266 anni dalla frana del ponte della sesta bolgia era
avvenuto il giorno prima (per cui Dante inizia il viaggio nell'anno 1267
dalla morte del Redentore), allora sommando il numero di anni che si
ottengono da queste informazioni arriviamo a 4302+931+1267= 6500 anni,
corrispondenti esattamente alla metà del ciclo che Dante attribuisce alla
storia umana; il secondo e ultimo periodo di 6500 anni dovrà trascorrere
dall'anno 1300 prima del Giudizio universale. La somma di questi due periodi
equivale, con un'approssimazione davvero ragguardevole, alla durata del
semiciclo precessionale. Tra gli studiosi che sicuramente hanno trattato in
modo diretto questo argomento non si può non ricordare Réné Guenon che
scrisse, nel 1925, un breve trattato dal titolo "L'esoterismo di Dante" che
rappresenta una pietra miliare negli studi sull'esoterismo nella letteratura
antica (considerando l'epoca in cui fu scritto rappresentò uno studio
pionieristico). Vediamo in che modo Guenon accennò al problema della
cosmologia dantesca e ai cicli cosmici: «Ciò che deve soprattutto catturare
la nostra attenzione è la valutazione della durata totale del mondo - noi
diremo piuttosto del ciclo attuale: due volte 65 secoli, cioè 130 secoli o
13.000 anni, dei quali i 13 secoli trascorsi dall'inizio dell'èra cristiana
formano esattamente il decimo [...] Ma ecco la cosa più interessante: la
durata di 13.000 anni non è altro che la metà del periodo della precessione
degli equinozi, valutata con un errore di soli 40 anni per eccesso, dunque
inferiore a mezzo secolo, e che rappresenta di conseguenza un' approssimazione del tutto accettabile, specialmente quando la durata è
espressa in secoli. In effetti, il periodo totale è in realtà di 25.920
anni, sicché la sua metà è di 12.960 anni; questa metà del periodo equivale
al 'grande anno' dei Persiani e dei Greci, talvolta valutato anche in 12.000
anni, una cifra molto meno esatta dei 13.000 di Dante. Questo «grande anno»
era effettivamente indicato dagli antichi come il tempo che intercorre tra
due rinnovamenti del mondo [...] Il viaggio di Dante si compie secondo «l'
asse spirituale» del mondo; soltanto di là, in effetti, si possono vedere
tutte le cose in modo permanente - in quanto siamo anche noi sottratti al
cambiamento - e averne di conseguenza una visione sintetica e totale [...]
Lucifero simboleggia «l'attrazione inversa della natura», cioè la tendenza
all' individualizzazione, con tutte le limitazioni inerenti; la sua dimora è
dunque «'l punto al qual si traggon d'ogne parte i pesi», o in altri
termini, il centro di quelle forze attrattive e compressive che nel mondo
terrestre sono rappresentate dalla gravità [...] Perciò, non appena è stato
raggiunto il fondo degli inferi, comincia l'ascesa o il ritorno verso il
principio, che segue immediatamente alla discesa; e il passaggio dall'uno
all'altro emisfero avviene aggirando il corpo di Lucifero, così da far
pensare che la considerazione di quel punto centrale abbia un certo rapporto
con i misteri massonici della "Camera di mezzo" in cui si tratta ugualmente
di morte e di resurrezione». Ciò che sorprende è che Guenon e Gizzi o altri
studiosi non siano riusciti ad individuare l'importantissima analogia
esistente tra la struttura dell'Inferno e lo schema geometrico della
precessione che è evidente. Quello che resta da capire è il motivo per cui
il Sommo Poeta abbia costruito la Commedia sulla base di questo schema e
centrato la sua dottrina cosmologica sulla precessione degli equinozi. L'unica spiegazione che sono in grado di fornire è che Dante, come gli uomini
del suo tempo, che resta pur sempre il medioevo, anche se egli precorre
alcune tematiche che prenderanno piede nei secoli successivi, aveva una
visione mistica del tempo, tale per cui la storia dell'Umanità era scandita
dai ritmi cosmici di cui la precessione, che determina la continua
variazione delle coordinate celesti degli astri e quindi il loro spostamento
apparente nella sfera celeste, era l'espressione in termini temporali (d'altronde è possibile intuire la perfetta armonia del moto dei cieli nello
schema del Paradiso, fondato sul sistema aristotelico-tolemaico). Ciò nella
certezza che la precessione fosse l'unico moto secolare in grado di incidere
sul destino dell'Umanità. Ma non è sufficiente dire questo; occorre
aggiungere che, in definitiva, Dante compie un'operazione difficilissima che
consiste nella trasmissione del codice arcaico sapienziale della precessione, attraverso l'uso di un linguaggio appropriato di cui entrano in
possesso solo coloro che erano stati adeguatamente istruiti alla scienza
segreta. Il modo in cui ciò avviene è davvero straordinario, poiché è
possibile individuare tre livelli su cui opera la trasmissione del codice
della precessione:
·
numerico, attraverso la rappresentazione dei numeri precessionali, che ho avuto modo di individuare nelle misure geometriche dell'Arca di Noè.
· iconografico o geometrico-rappresentativo (attraverso la raffigurazione dello schema geometrico della precessione o di uno schema equivalente, che è possibile individuare in diversi reperti archeologici antichi ma anche in opere architettoniche presenti nel mondo, anche in Italia, come ha dimostrato il Prof. Giovanni Ferrero), in cui ricade la struttura dell'Inferno dantesco.
· allegorico-testuale, attraverso l'impiego di allegorie nei testi letterari che fanno riferimento al fenomeno precessionale.
Nella Divina Commedia Dante compì la trasmissione del codice della
precessione sia a livello geometrico-rappresentativo sia a livello
allegorico-testuale. Applicando una tecnica interpretativa simile a quella
della logica per immagini appare evidente l'abbinamento tra la struttura
dell'Inferno dantesco e lo schema geometrico della precessione. Se poi,
addirittura, capovolgessimo la struttura del Purgatorio (che ha sempre forma
conica ma con il vertice rivolto verso l'alto), otterremmo esattamente la
rappresentazione dello schema precessionale. Oltre a questo Dante ci
sorprende in modo impressionante inserendo alcuni versi nelle tre cantiche
che fanno riferimento alla precessione degli equinozi, in modo più o meno
velato, attuando, come detto più sopra, il terzo livello di trasmissione del
codice sapienziale. Così si esprime il Sommo Poeta nel canto undicesimo del
Purgatorio, versi 103-108:
"Che voce avrai tu più, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il 'pappo' e il 'dindi'
pria che passin mill'anni? ch'è più corto
spazio ha l'eterno, ch'un muover di ciglia
al cerchio che più tardi in cielo è torto".
Il Prof. Gizzi commenta così questi versi: «Prima che siano trascorsi mille
anni (dalla tua morte), la fama da te acquistata con una lunga vita, di
quanto sarà maggiore di quella che avresti se fossi morto prima di
abbandonare il linguaggio dei bambini? E mille anni rispetto all'eternità
costituiscono un periodo di tempo più breve di un batter di ciglia, rispetto
al movimento del cielo delle stelle fisse che ruota più lentamente degli
altri [...] Questo come si ricorderà, ha un lentissimo moto, detto moto
precessionale, che si compie sul piano dell'eclittica, i cui poli distano
23° e mezzo da quelli del Primo Mobile, coincidenti con i poli del mondo. Il
tempo occorrente perché si compia l'intero moto precessionale è secondo
Dante e gli astrologi del suo tempo, di 36.000 anni, pari ad 1° ogni 100
anni, mentre noi sappiamo che il tempo che occorre perché si compia il moto
di precessione degli equinozi è oggi calcolato in circa 26.000 anni».
Gizzi, quindi, mette in luce una discordanza tra la conoscenza che gli uomini dell'
epoca di Dante avevano della durata del ciclo precessionale (ritenuto
accettabile un moto secolare di 1° ogni 100 anni) e la sua durata effettiva.
Ma v'è da chiedersi come abbia potuto Dante impiegare nel suo Poema una
datazione di 13.000 anni, che rientra nel ciclo precessionale effettivo,
quando nel XIV secolo si riteneva accettabile un periodo di 36.000 anni. Ciò
infittisce il dilemma sulle conoscenze effettive di cui disponeva il Sommo
Poeta. In conclusione si può dire che Dante abbia realizzato la Commedia non
solo nell'intento di trasmettere un messaggio legato alla salvezza dell'
Uomo, al ristabilimento di un equilibrio nell'ambito di un ordinamento
socio-politico che andava incontro a cambiamenti epocali (Dante vive il
travaglio personale dell'esilio dalla sua città, le alterne vicende che
denotano il cambiamento dei due capisaldi dell'ordinamento medievale, l'
Impero e la Chiesa, di cui Dante esalta il ruolo di guide politica e
spirituale, il dramma della distruzione repentina dell'Ordine dei Templari),
ma anche nel tentativo, di realizzare la trasmissione del codice sapienziale
arcaico della precessione che rappresenta il fondamento di gran parte delle
dottrine cosmologiche antiche, nella consapevolezza, io credo, che la
precessione sia il meccanismo regolatore dell'equilibrio cosmico e il
meccanismo da cui si ha le genesi dei cicli cosmici (le cosiddette ere
precessionali). Per avere in mente questo concetto non occorre rinnegare il
sistema aristotelico-tolemaico per abbracciare un sistema di tipo eliocentrico come già, comunque, aveva teorizzato Aristarco di Samo nel III
sec. a.C., perché la precessione è valida in entrambi i sistemi. Semmai è
nell'ambito del tentativo di fornire la spiegazione scientifica del fenomeno
che occorre assumere la rotazione del pianeta e questo rappresenta un
ulteriore mistero su come Dante (o gli scrittori arabi che realizzarono
modelli di questo tipo) abbia potuto conoscere questo schema. La Commedia
non è un trattato di astronomia, ma un Poema in cui vi è una complessa e
variegata dottrina cosmologica elaborata sulla precessione degli equinozi.
Questa analogia da me riscontrata tra la struttura dell'Inferno e lo schema
geometrico della precessione degli equinozi, che gli studiosi sicuramente
non se la sentono di sottoscrivere, permette quantomeno di confermare
definitivamente la tesi esposta da Réné Guenon e dai Professori Rodolfo
Benini e Corrado Gizzi, secondo cui la cosmologia dantesca fu elaborata sul
fenomeno precessionale, anche se gli stessi non sono riusciti ad individuare
questo schema che ne è la prova definitiva.
BIBLIOGRAFIA
·C. Gizzi, L'astronomia nel Poema sacro, vol. I-II, Loffredo 1967
·R. Guenon, L'esoterismo di Dante, Adelphi 2001 a cura di N. Sapegno
·N.Sapegno, La Divina Commedia, La Nuova Italia 1985
FONTE
DELLE ILLUSTRAZIONI
·Struttura dell'Inferno e schema geometrico della precessione da C. Gizzi, L'astronomia nel Poema sacro, vol. I-II, Loffredo 1967
·Illustrazione dell'Inferno dal sito web www.soc-dante-alighieri.it