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Gli
Emblemi e l'Islam |
a cura di
Gaetano Barbella |
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Al cospetto della recrudescenza degli atti terroristici, seguiti da intimidazioni
inaccettabili, cui non si sa che fare sul serio, mi sono reso conto che è veramente
necessario tentare anche strade imbattute pur di far luce - per cominciare - su una
possibile ragione di fondo che rende intransigente quell'Islam estremista, minoritario
quanto si vuole, ma così organizzato com'è, è capace di tutto, ed è davvero invincibile.
Indubbiamente si tratta, anche, di sondare i meandri oscuri del pensiero che fanno di
questi uomini, disposti all'estremo sacrificio, delle tremende mine distruttive e forse una
certa scienza, al di là dei suoi apparenti confini attuali, potrebbe dire la sua
sull'apparente irrisolvibile fenomeno. Come già detto si tratta di capire - riducendo ai
minimi termini la questione del terrorismo - che cosa del mondo occidentale manda in
bestia quelli di Al Qaeda che presumibilmente non ne hanno chiara coscienza, perché -
secondo me - è qui il possibile nocciolo di tutte le controversie relative.
Per conto mio, sono convinto che se si studiasse a fondo il valore intimo di certi
importanti emblemi che fanno parte della cultura più antica e profonda dei popoli
coinvolti per la maggiore nella questione in ballo, forse trarremo utili ragguagli tali da far
emergere soluzioni che potrebbero ribaltare ogni cosa in meglio. Non si può negare che
non si è mai studiato abbastanza l'approccio con l'Islam percorrendo - mettiamo - la
strada degli emblemi, dei simboli, che, in tanti modi, hanno segnato la loro storia,
plasmandone i caratteri razziali, così come è stato per la nostra,
quella del mondo cosiddetto occidentale.
Conveniamo che la storia del mondo occidentale, in espansione politico-socialeeconomico
si sia giovato di molti fatti leggendari che oggi sono oggetto della fiction
cinematografica e televisiva in modo molto incisivo, quasi a voler fissare nella mente
simili cose. E' così che la razza anglosassone si è affermata, partendo, appunto, dalla saga del «Re
Artù» e dei dodici cavalieri della «Tavola Rotonda», tutto imperniato su un punto focale
da cui ogni cosa è come se fosse nata in seguito all'estrazione magica della famosa spada
«Excalibur». Di qui le azioni “belliche”, per l'espansione, non solo degli inglesi, verso
l'America, ne hanno costituito il superamento. La storia contemporanea, a partire da
poco prima della seconda guerra mondiale, ha mostrato, poi, ancora il suo «Artù» nelle vesti
del moderno Ron Hubbard, un avventuroso ed intraprendente americano, che "amando"
la vecchia «Escalibur»1
è come se l'avesse rinvigorita incantando mezza America e non solo, con i suoi mirabili racconti d'avventura e di fantascienza. Il seguito è travolgente
perché, attraverso Hubbard, nasce in California, nel 1954, Scientology, la sua Bibbia, fatta
di culto, setta, associazione e religione messa insieme, al punto da stimarsi addirittura
Chiesa. Di Scientology si contano «più di 3000 chiese, missioni, organizzazioni e gruppi
collegati che si prendono cura di circa 8 milioni di parrocchiani in più di cento paesi»2. Ecco, ho dimostrato, a mo' di esempio, in che modo ha influito, prima d'altro
l'emblema degli anglosassoni, su moltissimi americani statunitensi ma anche europei. Ma
dell'Islam cosa sappiamo in fatto di emblemi?
Pochi, forse, hanno fatto caso all'analoga spada «Excalibur», nota nell'Iran, un considerevole
mondo di religione maomettana da tenere presente. Quest'arma è riportata al centro della
bandiera iraniana che ha gli stessi tre colori dell'anal oga del nostro vessillo, ma disposti
orizzontalmente, così come si vede dall'illustrazione accanto. Non conosco alcuna
storia né leggenda su questa spada, ma sembra ben chiaro qualcosa che illuminerebbe a giorno i
lati oscuri razziali degli iraniani presi come un certo modello di riferimento per il mondo islamico per la comune radice religiosa. Ciò che
colpisce dell'emblema in causa è l'impossibilità di estrazione della spada che per agire
comporta dilaniare le quattro lune onde manifestare la sua forza persuasiva bellica.
Questo potrebbe spiegare il ricorso all'azione suicida dei terroristi per colpire gli
avversari. Però dove la causa scatenante, se così fosse? Se si ammettesse uno stretto
legame fra questa spada iraniana e quella anglosassone, la «Excalibur», può essere
verosimile pensare ad una avventata estrazione di quest'ultima, per esempio, con la
decisione del presidente americano Bush di far la guerra all'Afganistan ed all'Irak, sulla
base di ipotetici equilibri turbati di natura imprecisabile, ovviamente. Ma la tematica sulla
spada iraniana, appena sfiorata, chiarisce una cosa fondamentale, la necessità di coprire il
corpo riferito, appunto al ferro dell'arma in causa. Da qui la comprensione - sempre
secondo la mia veduta - di un possibile dramma interiore da parte degli “iraniani”, da
intendersi come modello razziale, tutte le volte che impattano in altri modelli razziali
disposti, invece, a mettere in mostra la loro specifica “spada”, ovvero, il loro corpo
biofisico al limite. Se ne deduce che, alla base di ciò che si cerca di capire sugli “iraniani”,
pesa considerevolmente una chiara componente freudiana, il sesso da dover tenere
adombrato. Da qui la necessità di irrinunciabili veli che hanno, tempo fa, creato seri
problemi ai francesi, per esempio. La mia idea, perciò, è che occorrerebbe una seria svolta
di costumi del mondo occidentale, se si vuole far qualcosa per familiarizzare bene col
mondo islamico, onde isolare i riottosi intransigenti. Dunque che dire (e che fare) allora
di costume e società epocale che ora pongo alla sbarra? Dall'Ararat iraniano si
diffuse ogni cosa di un certo Dna di biblica memoria, quasi a costituire velatamente un mitico
“ombelico” di uno specifico mondo cui si contrappone, oggi, l'esposizione diffusa di
ombelichi femminili! Ma è proprio quel che non si doveva fare, se la mia teoria sulle due
spade, anglosassone ed iraniana, è sostenibile! Di altro degli “occidentali”, che intendono
“conquistare” anche l'Iran, l'unico grande paese ancora isolato, sarà valso loro
quell'iraniano di prestigio Reza Palevi, un certo «Mosè» allevato alla corte U.S.A., e così
anche l'iraniana Shirin Ebadi, una sorta di «Giuditta» "nobelizzata" per un incerto quieto
vivere? Ma ora, si profila il vero pericolo della «Excalibur» iraniana, se ci si convince il fatto che
sia veramente un'arma micidiale nel possibile caso che venga sguainata. Come dire di una«sezione aurea» a rovescio pronta a distruggere il mondo. Da un lato
nascosto, un inconcepibile "astrale" della mostruosa «Bestia» del Terrorismo e dall'altro lato un altro
"astrale", quello della fisica termonucleare, intravedendo infide barre di uranio arricchito
incapaci di dialogare correttamente nello specifico «pozzo di stagno» per restarvi
«incatenate», traslando il fatto all'Apocalisse di Giovanni. E qui, purtroppo, è scritto
anche con molta chiarezza: «...Dopo questi («il serpente antico - cioè il diavolo,
satana») dovrà essere sciolto per un po' di tempo...». (Ap 20, 2-3).
Ora prevalgono in me vaghi ricordi di un viaggio fatto a Teheran molti anni fa. Si
discuteva per il progetto della vetreria da fare presso Teheran, insieme ad altri colleghi
accanto. Di tanto in tanto interveniva qua e là l'ingegnere capo progetto iraniano,
scorrendo i grani di un piccolo rosario fra le dita. E poi, un matrimonio festoso nel grande
albergo ove alloggiavo. Mi fu permesso di sbirciare nella sala dello sposo che era come in
trono su una pedana, e tutti cantavano e ballavano fra loro ridendo festosamente.
Sentivo a mala pena un brusio proveniente dalla sala del piano inferiore, quella della
sposa, ma non mi era consentito accedervi. A pensarci oggi, mi dà un senso d'angoscia,
come di un mondo svincolato dal tempo.
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APPENDICE I
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LA SPADA NELLA ROCCIA:
LA LEGGENDA DIVENTA REALTA' 3
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Tra le tante leggende quella di Re Artù è sicuramente
una delle più affascinanti. Tanti sono i personaggi e le storie che ruotano intorno al Re, nato, secondo la
leggenda, grazie ad un incantesimo di Merlino. Il mago permise infatti a Uther Pendragon, re di
Britannia, di giacere con la bella Igerna, trasformando i suoi lineamenti in quelli del marito di lei.
Merlino pretese che, in cambio dell'incantesimo, Re Uther gli consegnasse il bambino non appena fosse
nato. Al momento della nascita, Merlino reclamò il neonato e lo affidò ad una famiglia per allevarlo. Ma il
mago aveva grandi progetti per il piccolo, che infatti, apparentemente per caso divenne Re
di Britannia, dopo essere riuscito a estrarre la Spada nella Roccia. Fin qui la leggenda
arturiana, ma la leggenda della spada nella roccia si intreccia in maniera decisamente
affascinante con la realtà, e per l'esattezza con una realtà tutta italiana.
Siamo nella Toscana del XII secolo, poco lontani da Siena, in un paesino chiamato
Chiusdino. Qui, nel 1148, nasce Galgano Guidotti. La cavalleria lo affascina al punto che,
dopo una prima visione di San Michele, decide di diventare egli stesso un cavaliere, e la
sua vita viene segnata da un comportamento libertino e dissoluto. I suoi genitori avevano
per lungo tempo atteso l'arrivo di un figlio, tanto da recarsi in pellegrinaggio verso la
Basilica di San Michele sul Monte Gargano, in Puglia (da qui forse il nome del santo), ma
si abbandonano allo sconforto davanti a tale comportamento. Il destino ha, però, riservato
loro una sorpresa. Galgano, dopo una seconda visione di San Michele, si interroga sulla sua vita e decide di
dedicare i suoi anni a venire a Dio e di vivere come un eremita. Impugnata la sua spada, la conficca in una roccia, e davanti all'elsa, che si erge come una
croce, egli pregherà (una variante della storia narra che fu lo stesso San Michele a
conficcare la spada). Era il 1180 e l'intero anno successivo viene segnato dai miracoli di Galgano, che muore di
stenti nel 1181. La sua beatificazione avviene in soli 3 giorni e nel 1185 papa Urbano III lo
proclama Santo. Di lui rimane solo il teschio, conservato nella chiesa di Chiusdino, da cui si racconta
crescessero capelli biondi, tanto da nominare San Galgano protettore dei calvi. Il resto del
corpo non è mai stato trovato, sebbene alcuni testi indichino come luogo di sepoltura
l'area intorno alla spada. Sul luogo è stata poi costruita una chiesetta, con una
particolare volta dipinta con cerchi concentrici bianchi e neri. Si potrebbe pensare ad
una variazione della leggenda Arturiana, ma c'è una testimonianza
incontestabile: la spada è ancora oggi conficcata nella roccia. E su questo mistero sono iniziate le indagini
di alcuni ricercatori delle Università di Pavia, Milano, Padova e Siena.
I risultati hanno confermato che l'elsa che emerge dalla roccia appartiene a una intera
sp ada realmente
conficcata nella roccia. Le ricerche hanno anche permesso di datare con
precisione la chiesa e alcuni resti ossei trovati in una piccola scatola, anche se
purtroppo i risultati non sono stati resi pubblici. La cronologia degli eventi, e delle diverse opere che hanno
reso celebre Re Artù, testimoniano come in realtà si potrebbe vedere in Galgano un vero e proprio ispiratore
del famoso ciclo Arturiano. Lo stesso nome Galgano pare sia stato mutato in Galvano, uno dei
cavalieri della tavola rotonda. Il ciclo Arturiano inoltre risale alla fine
del XII secolo, esattamente dopo la morte del santo senese. Se ci si fa trasportare dalla
leggenda non si può ignorare uno dei sogni fatti da Galgano, in cui egli incontrò Gesù e i
dodici Apostoli seduti intorno ad una tavola rotonda e vide il Santo Graal. Coincidenze si
potrebbe dire, ma è facile cedere al fascino dei miti celtici e ambientazioni medievali che
fanno da sfondo alla storia e di Galgano. A poca distanza dalla collinetta su cui sorge la
chiesetta, infatti, si trovano i resti di un'antica abbazia cistercense, ormai senza tetto, a
causa del crollo del campanile, e con un prato al posto del pavimento: un paesaggio che
sembra essere tratto dalle più antiche e famose leggende dei cavalieri medievali, un
luogo quasi magico in cui circa 750 anni fa si svolsero eventi straordinari.
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APPENDICE
II |
LA
BANDIERA IRANIANA 4 |
Bandiera valida per tutti gli usi, approvata dal consiglio rivoluzionario islamico il 15
gennaio 1980, e dichiarata ufficiale il 29 luglio successivo. Proporzioni 4/7. È ancora il
tradizionale tricolore iraniano, ma i tre colori sono reinterpretati da un punto di vista più
strettamente religioso: il verde è la fede islamica, il bianco la purezza e il rosso il sangue
dei martiri. Sulle linee di
divisione delle strisce corre per 22 volte la scritta in stile kufico
Allah Akbar, Dio è Grande, ciò per ricordare il 22 del mese di Bahman (11 febbraio 1979),
data della vittoria della rivoluzione. L’emblema centrale è la parola Allah fortemente
stilizzata. I suoi cinque elementi rappresentano i cinque pilastri dell’islam; i quattro
caratteri a mezzaluna formano un globo e alludono alla crescita universale dell’islam. Il
carattere centrale è a forma di spada ed è sormontato dal segno ortografico che indica
rafforzamento: ben simboleggia la forza dell’islam. |
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NOTE |
1: «Excalibur» è l'argomento del primo dei manoscritti di Ron Hubbard sul tema della
vita. L'opera, risalente al 1938, può essere considerata la sua prima dichiarazione
filosofica, che vede nella "sopravvivenza" l'unico denominatore comune dell'esistenza. Fu
il primo passo per il successivo sviluppo di «Dianetics» che, etimologicamente è tratto dal
greco dia che vuol dire attraverso, e nous, anima. Potremmo dire che «Dianetics» si
occupa di "ciò che l'anima fa al corpo attraverso la mente". (Tratto dal mensile «i
Misteri» n.22-1997, ora «MySTERO» ediz. Mondo Ignoto srl, Roma)
2: Da «Scientology» - ediz. New Era Publications International ApS Kopenagen.
3: La spada nella roccia. Articolo a cura di Gianluca Marras -
www.erewhon.ticonuno.it/2003/storie/spada_nella_roccia/spada_roccia.htm
4: Iran -
www.rbvex.it/asiapag/iran.html |
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