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Ipotesi:
l'algebra risolutrice nell'apocalisse. Il "Nocino" della
provvidenza |
a cura di
Gaetano Barbella |
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Eccovi
un nocino; non è il liquore, ma un germoglio di noce. Originario
dell'Asia, il noce (juglans regia) si è diffuso in Europa
Occidentale fin dall'antichità ed è poi stato esportato nelle
Americhe nel XVII secolo. La foto è stata scattata dall'autore in
alta Val Sabbiola (VC) all'inizio dell'estate. E' piuttosto
stupefacente che un tenero germoglio abbia la forza di aprire il
guscio legnoso. Il trucco c'è naturalmente: un conto è aprire una
noce forzandola dall'esterno (non riusciremmo a farlo a mani nude),
un conto è divaricare i due semigusci operando dall'interno. Il
Kyrgyzstan ospita una vera meraviglia del mondo: la foresta di
Arlsanbob , interamente costituita da noci. Ma forse è meglio non
dirlo troppo forte...
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INTRODUZIONE |
Viviamo in
un'epoca cruciale in cui, da un lato è notevole la propulsione
della Tecnica verso la completa liberazione di un passato legato
a tradizionali concezioni plasmatrici dell'etica morale,
rispettose della tradizione, mentre da un altro lato queste
stesse concezioni, raccolte in barricate tentano con ogni mezzo
di resistervi servendosi della stessa Tecnica.
Di qui il paradosso per
questa tecnica quale “serva di due padroni”. Ma a monte della
tecnica, sappiamo che è la Scienza Matematica a dettar legge e
per questa solida ragione non è serva di nessuno.
Ragion per cui non ha senso alcuna contesa, anche se questa
viene continuamente ravvisata. E non ha senso nemmeno che le due
parti in discussione, del “giorno” e della “notte”, si ignorino
a vicenda non riuscendo ad avere modo di conciliarsi fra loro,
se non in un modo accomodante che diremo essoterico, attraverso
le religioni.
Intanto, però, la Tecnica sta facendo passi da gigante e per
questo non si cura nemmeno dei religiosi incapaci di porvi
freno. Conveniamo, purtroppo, che essa si serve di un gigante
dalla caviglia debole, come quel mitico Colosso di Rodi.
Dunque, in apparenza non sembra esserci modo di riavvicinare le
due parti che un tempo assai lontano, erano unite in un
matrimonio che sembrava indissolubile. Ed ora che sono separate,
paradossalmente li tiene uniti la Tecnica. Ma arriverà il
momento in cui si evidenzieranno i “numeri” della verità, propri
della Scienza Matematica, ed allora i due sposi divorziati da
tempo, per forza maggiore, dovranno trovare il modo di
conciliarsi fra loro e fare ammenda delle loro rispettive
superbie. Ma può essere che a quel tempo sarà troppo tardi
qualsiasi tentativo di accomodamento.
Non resterebbe, allora, che meditare sul fatto che almeno si può
contare sulla Scienza Matematica, la stessa del mondo
materialista tutto preso per la realizzazione per via
scientifica l'utopistico elisir di lunga vita.
Ma come? Lo farò vedere con un'ipotesi che esporrò di seguito,
ma che ho già esposte − pensate − là dove potevano anche essere
respinte, in un blog di una docente di matematica,
Matematicamedie, nel quale invece sono stato accolto
trionfalmente. Prova ne è la seguente presentazione di questa
ipotesi, la stessa che ha pubblicato su questo blog, la prof.
Giovanna Arcadu Insegnante di Matematica e Scienze. Non è un
segno che che incoraggia a pensare che non sia tanto da scartare
la strada che sto cercando di indicare per scongiurare
l'avverarsi di “quel troppo tardi” che mi è parso di
intravederlo funestamente. Mi sovviene la quartina 2 – 43 di
Nostradamus che dice così: |
Troppo tardi al Cielo
piange l'Androgino procreato.
Nello spazio celeste sangue umano versato;
Per la morte troppo tardi il grande popolo ricreato
tardi e così viene il soccorso atteso.
(Traduzione dal francese originale di Renucio Boscolo) |
GLI AVATARA DI
GAIA
(tratto dall’articolo,
redatto da Ivan Vispiez, si intitola «Ciao Gaia». FOCUS di Feb
2000) |
Negli anni
settanta lo scienziato della Nasa James Lovelock formula la
teoria della Terra come essere vivente e la chiama
Gaia.
Ma più peculiarmente gli studiosi cercano la Gaia strettamente
legata all’uomo, nelle aree del cervello, per scovarvi le basi
biologiche della consapevolezza, della morale e dell’identità
personale. L’idea che la biosfera del nostro pianeta potesse
essere vivente, in cui i singoli sistemi biologici collaborano
per il bene comune, piacque molto ai movimenti ecologisti degli
anni Settanta e Ottanta. Poi prevalse la teoria contraria
all’esistenza di Gaia vivente che, invece, si sosteneva fosse
animata da una concezione evoluzionista non «altruista». Tutto
ciò sulla base che gli
individui (i singoli organismi) non pensano al bene della
specie: il loro scopo è diffondere i loro geni con la
riproduzione. In
seguito, però, il concetto di Gaia è stato rispolverato,
aderendovi persino chi l’aveva osteggiato, lo zoologo William
Hamilton, sostenitore della teoria, cosiddetta, dei «geni
egoisti». Sorvolando
sulle concezioni che hanno portato, poi, gli scienziati alla
rivalutazione di Gaia, più recentemente si è fatta strada
l’ipotesi che questa nostra Terra funzioni a sistemi gerarchici
paralleli.
Secondo Nile Eldredge, paleontologo dell’American Museum:
Su un piano ci sono i geni, le
popolazioni e le specie, che formano gli ordini, poi le famiglie
e le classi di animali vegetali. Sull’altro piano troviamo gli «avatara»,
neologismo per indicare gli organismi di una specie
considerandoli non in base alla loro forma ed ai loro geni, ma
per il ruolo che hanno come “produttori” e “consumatori” di un
ecosistema locale inserito in uno regionale, che a sua volta fa
parte di quell’ecosistema globale che a molti piace chiamare
Gaia. I sistemi
garantiscono la stabilità di Gaia ed il suo funzionamento.
Insomma, sulla Terra i grandi giochi verrebbero svolti da
sistemi superiori,
anziché da singole
specie e geni. A
questo punto ci si domanda, che ruolo svolgono gli
uomini?
Essendo la specie dominante, possono essere considerati i
neuroni di Gaia? Così risponde il noto etologo Danilo Mainardi:
Mi pare che la distruzione
della biodiversità che stiamo operando lo escluda. Prima di
ambire alla parte dei neuroni, dovremo come minimo renderci
conto, con modestia, che i grandi sistemi governano il globo e
che noi li conosciamo ancora poco. |
IL SIGILLO SULLA
FRONTE DEI SERVI DI DIO PER IL «NOCINO» DELLA PROVVIDENZA
(dall'Apocalisse di
Giovanni 7,1-8) |
Ma come
conoscere i grandi sistemi che governano il globo per ambire
alla parte di neuroni? Può essere, e si vedrà che lo è, che per
arrivare a tanto il passo da fare non è poi così difficile da
concepire. Come è stato detto nell'introduzione, si tratta
semplicemente di dar retta alla Scienza Matematica, l'unica e
sicura guida razionale, là dove la fede religiosa sembra
vacillare, per penetrare le cose del Mistero che con tutta
probabilità hanno a che vedere con i grandi sistemi che
governano il nostro globo da conoscere intimamente.
Con questo scritto, con meraviglia, si riuscirà a trovare il
modo di capire certi passaggi ostrusi, apparentemente
incomprensibili in seno all'Apocalisse di Giovanni apostolo.
Infatti partendo dall'osservazione di un semplice germoglio di
noce, si giunge a interpretare con una curiosa “algebra” un
passo dell'Apocalisse (Ap 7, 1-8), il seguente, fino a svelare i
misteri di Gaia. Non è tanto in questo caso, ma ve ne sono altri
in cui è moltissimo invece l'apprendimento.
1. Dopo di ciò (il giorno
dell'ira dell'Agnello: Ap 6,17), vidi quattro angeli che stavano
ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti,
perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna
pianta.
2. Vidi poi un'altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il
sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli
ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il
mare:
3. «Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché
non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei
suoi servi».
4. Poi udii il numero di coloro che furono segnati con il
sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei
figli di Israele: ...(segue l'elenco relativo dal § 5 all' 8). |
INTERPRETAZIONE
(in correlazione alla
scienza moderna di Gaia) |
A.
I 4 «angeli»
sono come se fossero altrettante «coppe»
capaci di contenere i «quattro
venti». «Soffiare»,
quindi, starebbe per versare.
B.
Il fatto che questo «soffio»
(che sembra accostarsi al primo «soffio
vitale» dei viventi
polmonati, quello della creazione), escluda il mondo animale
(infatti riguarda solo la terra, il mare e le piante), viene da
pensare che sia riferibile all'ecosistema
globale di Gaia, ossia
della Terra, concepito dalla Scienza moderna. Più peculiarmente
si potrebbe restringere la cosa a
Gaia strettamente legata
all’uomo, nelle
aree del cervello,
ove avrebbero luogo le
basi biologiche della consapevolezza, della morale e
dell’identità personale.
Ed è una cosa che agli scienziati preme molto sapere.
C.
Ad un certo momento il «vento»,
presumibilmente l'atmosfera, comincia ad agitarsi intorno alle
cose della terra,
dei mari
ma non delle piante.
Si potrebbe pensare che si tratti di
un'attività batterica
che si alimenta da alcuni gas presenti nell'atmosfera, come
l'azoto e l'anidride carbonica.
Di qui le inevitabili alterazioni dell'ecosistema e sottosistemi
relativi alla terra e mari, ma non direttamente alle piante, per
riaffermare che si tratti presumibilmente delle attività
alle radici mentali animali e
in particolare umane.
Il fatto, poi, che le piante non siano coinvolte in questa fase
dei 4 «angeli» non fa che restringere il campo della loro azione
al piano dove troviamo gli «avatara».
Come già detto nell'introduzione su Gaia, si tratta di un
neologismo per indicare
gli organismi di una specie considerandoli non in base alla
loro forma ed ai loro geni, ma per il ruolo che hanno come
“produttori” e “consumatori”
di un ecosistema locale
inserito in uno
regionale, che a sua
volta fa parte di quell’ecosistema
globale che a molti piace chiamare Gaia,
appunto. Si capisce meglio ora che si stia
parlando del mondo dei batteri.
D.
Arriva, ordunque, il
quinto «angelo» e
impone agli altri 4 di non «devastare»
(che sta per alterare,
ma non per determinare una mutazione genetica), ma si riscontra
una cosa che non quadra.
L'angelo impone anche di non devastare le piante.
Come mai, considerato che i 4 suoi colleghi angeli neanche si
sognano di molestarle? Secondo me la trattazione
dell'Apocalisse, usando un
linguaggio ermetico,
non meraviglia che usi l'algebra
per disporre taluni fatti “devastanti”
in modo che si
controvertano,
fintanto che non venga
deposto il «sigillo» sulla fronte dei «servi» di Dio,
lo stesso Dio che lui serve. In particolare l'evoluzione dei
fatti in questione si può vedere chiaramente in questo modo:
• Per prima
cosa sostituiamo con dei simboli i fattori «devastanti» in
gioco, indicandoli con FDt, FDm ed FDp, rispettivamente Fattore
dev. terra, Fattore dev. mare e Fattore dev. piante;
• Dunque, dapprima i 4 «angeli», non «devastando» la terra, il
mare e le piante, vi consegue che i tre FDt, FDm ed FDp sono
inattivi e perciò si possono considerare tutti col segno
algebrico –, quindi: – FDt, – FDm e – FDp.
• Successivamente gli stessi 4 «angeli» sono autorizzati a
«devastare» la terra e il mare, ma non le piante. Quindi la
nuova situazione è questa: + FDt, + FDm e – FDp; - Infine
subentra il quinto «angelo» apocalittico, che impone ai 4
«angeli» della «devastazione» di controvertire la loro opera
nefasta, però ignorando che questa non è attuata nei confronti
delle piante. Non resta che immaginare che la sua negazione,
come già detto, debba costituire un segno – algebrico che vale
per i tre fattori messi fra parentesi in questo modo:
– (+ FDt, + FDm – FDp), ossia togliendo la parentesi:
– FDt, – FDm + FDp.
• Come si vede solo la terra ed il mare sono al sicuro, mentre
le piante no. Questa condizione permette di capire che si tratta
degli effetti del «sigillo» posto sulla «fronte» di quei «servi
di Dio» appartenenti alla terra e al mare. Quelli appartenenti
alle piante, ovvero i presunti batteri delle piante, sono
purtroppo soggetti alla «devastazione».
E.
Si intuisce che «sigillo»
sta per chiusura
mentale, trattandosi
della «fronte»
(un'altra occasione per per riaffermare che è la mente umana in
ballo che qui si sta trattando: l'evoluzione
mentale più
precisamente). Come paragone della chiusura mentale suddetta, da
considerarsi ermetica
(doppio senso), vale l'esempio del
«nocino» della figura
introduttiva di questo
scritto.
F.
Cosa implicherebbe questa chiusura mentale? Considerato che si
stanno “manipolando”
le cose intime del cervello umano, ovvero del
Dna genetico,
vale rivedere le cose dei batteri con una simile configurazione.
G.
Per dar corpo a questa concezione basta ricorrere alla scienza
che ha potuto dare una spiegazione definitiva di questa
ipotetica evoluzione, con studi e ricerche biologiche che hanno
portato alla comprensione del Dna.
Questa spiegazione si può
riassumere in un'unica parola: simbiosi.
H.
Per fare un esempio, le nostre cellule contengono degli
organelli (mitocondri),
che svolgono la vitale funzione di
utilizzo dell’ossigeno:
senza questi organelli noi non potremmo vivere.
Questi organelli hanno un loro
Dna e si riproducono
autonomamente rispetto al resto della cellula ed è ormai chiaro
che sono i discendenti degli antichi batteri che nuotavano nei
mari primitivi e che hanno inventato la respirazione
dell’ossigeno.
I.
Ad un certo punto,
questi batteri, probabilmente mangiati ma non digeriti da altri
microrganismi, hanno
fissato la loro dimora all’interno di cellule ospiti,
provvedendo all’eliminazione delle scorie e al rifornimento di
energia derivata dalla combustione di ossigeno. Questi organismi
“fusi insieme”
si evolvettero poi in forme più complesse che respiravano
ossigeno, fino ad arrivare a formare le moderne cellule che
costituiscono i nostri corpi. Da questo tipo di
alleanza simbiotica
fra due organismi non si ottiene semplicemente la “somma
delle loro parti”, ma
piuttosto qualcosa di simile alla
somma di tutte le possibili
combinazioni di queste parti,
spingendo l’evoluzione verso direzioni altrimenti inesplorabili.
Ecco, dunque la spiegazione che si cercava sul
«sigillo» del quinto «angelo»
dell'Apocalisse. Si tratta di
simbiosi.
M.
La simbiosi spiega non solo
l’evoluzione di organismi
respiratori, ma spiega
anche l’evoluzione
delle cellule fotosintetiche
delle piante tramite simbiosi di microrganismi con gli antichi
batteri fotosintetici, e l’elenco potrebbe andare avanti.
Questo tipo di
evoluzione simbiotica
è stata osservata e sperimentata in laboratorio.
Questi processi simbiotici così spinti, naturalmente, non sono
gli unici esistenti,
noi membri del macrocosmo interagiamo costantemente con il
microcosmo e dipendiamo da esso.
Alcune piante, ad esempio, non riescono a vivere senza la
presenza di batteri
azoto-fissatori nelle
radici e noi stessi abbiamo bisogno di
rigogliose comunità batteriche
(i famosi fermenti lattici),
per poter digerire il cibo,
tant’è vero che un buon 10% del nostro peso secco è costituito
da batteri indispensabili per la nostra sopravvivenza. |
AVATARA DI GAIA
IN AZIONE
I «quattro angeli ai quali
era stato concesso
il potere di devastare la terra e il mare»
(Apocalisse di Giovanni 7,1) |
Erosione
contro l'effetto serra.
Più volte si è parlato dell’effetto sink degli oceani, ma non
era noto un altro sequestratore di monossido di carbonio. Il
suolo, o meglio l’erosione superficiale del suolo agrario,
sembra avere un’azione nel catturare l’anidride carbonica.
L’erosione è uno di quei processi naturali che in agricoltura si
tende ad evitare per non incorrere in problematiche di sterilità
causate dalla riduzione dello spessore di suolo fertile (e
fertilizzato). E’ quindi un fenomeno negativo per l’agricoltore
di collina e ancor più di montagna che si vede letteralmente
portare via la terra da sotto i piedi. Un recente studio sta
rivalutando l’azione erosiva, spostando l’attenzione verso
l’attività sequestratrice di anidride carbonica, il tutto al
fine di comprendere meglio il ciclo del carbonio. Le quantità
assorbite sono scarse, si parla infatti di percentuali
dell’ordine dell’1,5% delle emissioni da combustibili fossili.
Il meccanismo di azione sarebbe paragonabile ad un nastro
trasportatore che preleva il sub-suolo e lo trasporta lontano
dall’area agricola. In questo processo il suolo ingloba del
materiale vegetale che quindi viene sepolto. Il professor Quine
avverte comunque che «il controllo dell’erosione dovrebbe essere
perseguito per i suoi benefici effetti ambientali ed agronomici,
ma non dovrebbe essere usato per ridurre la concentrazione di
carbonio». (Via University of Exter - School of Geography,
Archaeology and Earth Resources). |
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Oceano in
tempesta. Una
delle notizie che circola in questi giorni è che la capacità del
Nord Atlantico di assorbire CO2 è diminuita del 50%. E questo
potrà solo accelerare il riscaldamento globale. Il risultato
della ricerca, durata 10 anni ed effettuata dall’Università di
East Anglia, in Inghilterra, verrà pubblicato il mese prossimo
dal Journal of Geophysical Research . «E’ sorprendente questo
cambiamento. Ci si aspettava una variazione molto più lenta,
data la grande massa degli oceani» ha
dichiarato il dottor Ute Schuster, che si è occupato del
progetto fin dal 2000. Gli oceani sono i più importanti
raccoglitori di emissioni di CO2, assieme alla biosfera
terrestre. Raccolgono una quantità pari al 50% di tutte le
emissioni. Se questa tendenza si conferma nel tempo, gli
scienziati asseriscono che i livelli di CO2 atmosferica
crescerebbero molto più velocemente del previsto, accelerando
così il riscaldamento globale. Questo andamento potrebbe portare
gli oceani a saturazione e, di conseguenza, a riflettere la CO2
in eccesso nell’atmosfera. I dati analizzati sono stati raccolti
da strumenti posizionati in navi mercantali che hanno navigato
in questi anni tra la Gran Bretagna e le Indie. Una delle navi
ha raccolto più di 90 mila misurazioni. «La velocità e la
dimensione di questo cambiamento ci dice che non possiamo
contare sugli oceani come raccoglitori di CO2 - commenta il
direttore dello studio Andrew Watson - anche se potrebbe essere
solo un’oscillazione naturale. In ogni caso abbiamo capito che
questi cambiamenti risultano essere molto più veloci del
previsto». |
LA FAUNA DI
BURGESS
Tratto dal sito
Polesine...e dintorni
LA PIKAIA IL PRIMO
PROGENITORE DELL'UOMO
La Pikaia il primo cordato noto del mondo,
dagli argilloscisti di Burgess. Si notino i caratteri propri del
nostro phylum: la notocorda o corda dorsale, la formazione
mediana che si evolse nella nostra colonna vertebrale, e le
fasce di muscoli a zig zag. Se le variazioni ambientali
che fecero strage di organismi, 500 milioni di anni fa, non
avessero risparmiato la Pikaia, oggi non ci sarebbero i
vertebrati. E nemmeno l'uomo. |
Noi siamo
impressionati dal tirannosauro, ci meravigliamo per le piume
dell'Archaeopteryx, ci entusiasmiamo per ogni frammento di osso
fossile umano trovato in Africa, ma nulla di tutto questo ci ha
insegnato sulla natura
dell'evoluzione quanto
un piccolo invertebrato del Cambiano, lungo solo pochi
centimetri, chiamato Opabinia, rinvenuto a
Burgess
in Canada, in uno dei più preziosi giacimenti fossiliferi del
mondo. Gli
argilloscisti di Burgess sono diventati i protagonisti di una
vicenda scientifica destinata a scardinare i capisaldi classici
dell'evoluzionismo.
Attraverso i fossili di Burgess, infatti, emerge l'ipotesi
dell'evoluzione come da una serie improbabile di eventi,
affiorano un mondo e una storia segreti che hanno del
meraviglioso.
Attraverso loro si scopre così che la storia degli ultimi 500
milioni di anni ha presentato una
restrizione di forme di vita
seguita da una
proliferazione all'interno di pochi tipi stereotipi, non
un'espansione generale
della varietà con aumento della complessità, come implica la
nostra iconografia precostituita, ma una impetuosa iniziale
avanzata della varietà anatomica che raggiunse un massimo subito
dopo la diversificazione iniziale degli animali pluricellulari.
La posteriore storia della vita procedette per
eliminazione, non per espansione.
L'interpretazione del “cono” (o albero) della diversità
evolutiva viene quindi rovesciato nella forma “a cespuglio”
della diversificazione e decimazione. Ma il modello
dell'eliminazione di Burgess suggerisce
anche un'alternativa veramente
rivoluzionaria che è preclusa dall'iconografia del cono.
Supponiamo che i vincitori non siano prevalsi grazie a una
superiorità nel senso usuale. Forse la macabra mietitrice dei
piani anatomici è solo la Signora Fortuna mascherata. O forse le
ragioni reali di sopravvivenza non sono conformi alle idee
convenzionali secondo cui sopravvivrebbero gli organismi più
complessi, migliori o in qualche modo indirizzati verso l'uomo.
Forse la macabra mietitrice lavora durante brevi episodi di
estinzione di massa, provocati da catastrofi ambientali
imprevedibili (per esempio innescate dall'impatto di corpi
extraterrestri). Certi gruppi possono prevalere o estinguersi
per ragioni che non hanno alcun rapporto con la base darwiniana
del successo in epoche normali. Anche se i pesci migliorano
gradualmente il loro adattamento fino a raggiungere culmini di
grande perfezione in acqua, moriranno se lo stagno in cui vivono
si prosciuga. Ma può accadere che quel vecchio fenomeno del
Dipnoo, il sudicio e sgraziato pesce polmonato che era lo
zimbello di tutti, riesca a sopravvivere, e non perché
un'infiammazione su una pinna di suo nonno informò i suoi
genitori dell'imminente arrivo di una cometa. Il Dipnoo e i suoi
discendenti sopravvissero perché
un carattere evolutosi molto
tempo prima per un uso diverso gli permise fortuitamente di
sopravvivere durante un mutamento improvviso e imprevedibile
delle regole. E se noi
siamo discendenti dei Dipnoo, e il risultato di un migliaio dì
altri casi similmente fortunati, come possiamo considerare la
nostra intelligenza inevitabile, o anche solo probabile?
Se l'umanità è sorta solo ieri “su un ramoscello secondario di
un albero rigoglioso”, la vita non può, in alcun senso genuino,
esistere per noi o a causa nostra. Forse noi siamo solo un
ripensamento, una sorta di accidente cosmico, una decorazione
appesa all'albero di Natale dell'evoluzione. Non il coronamento,
dunque, della presunta tendenza dell'evoluzione protesa verso
una sempre maggiore complessità di cui l'uomo rappresenterebbe
l'apice e il traguardo, come vorrebbe la concezione
antropocentrica.
Le conoscenze aperteci dall'evoluzione e ancor più dallo studio
dei fossili di Burgess, impongono
il rifiuto della tradizione
che designa il nostro tempo come
l'epoca dei mammiferi: questa è
l'epoca degli artropodi.
Essi ci sovrastano di gran lunga in numero da ogni punto di
vista: per specie, per individui, per prospettive di proseguire
sul cammino dell'evoluzione. L'80% circa di tutte le specie di
animali classificate sono artropodi, con una grande maggioranza
di insetti.
In altri termini, noi
siamo un'entità improbabile e fragile,
e il nostro successo fu dovuto a una serie di circostanze
fortunate dopo inizi precari come piccola popolazione in Africa,
e non è il risultato finale prevedibile di una tendenza globale.
Noi siamo una cosa, un'entità della storia, e non
un'incarnazione di princìpi generali.
Fra la fauna di Burgess
fu trovato un organismo nastriforme compresso lateralmente,
lungo circa 5 centimetri al quale fu dato il nome di
Pikaia
che dopo attenti esami venne classificato come
cordato,
un membro del nostro phylum:
in realtà il primo membro
documentato nel novero dei nostri progenitori diretti.
La Pikaia
è l'anello mancante e l'ultimo anello nella nostra storia della
contingenza: la
connessione diretta fra la decimazione di Burgess e la finale
evoluzione umana. Se
la Pikaia non fosse sopravvissuta (e al tempo della fauna di
Burgess i cordati avevano scarse prospettive di sviluppi futuri)
noi non saremmo apparsi nella storia futura: tutti noi, dallo
squalo al pettirosso all'orangutang.
Se vogliamo quindi porci la domanda di sempre: perché esistiamo?
una maggior parte della risposta, relativa a quegli aspetti del
problema che la scienza in generale può trattare, dev'essere:
perché la Pikaia sopravvisse alla decimazione di Burgess.
Oggi l'evoluzione
non può più apparire come il regno della necessità e di un'ottimalità
adattiva di tipo finalistico, ma
come il risultato polimorfo e
imprevedibile di percorsi contingenti,
di adattamenti secondari e sub-ottimali, di bricolage
imprevedibili. In una visione “epica” dell'evoluzione naturale
(“le cose potevano andare diversamente”), contrapposta
all'immagine “tragica”, provvidenzialistica o fatalistica (“le
cose dovevano andare così”).
In particolare tutto il
comportamento della natura dimostra la dialettica dei processi
della vita e si
comincia a diffondere nell'ambito scientifico la concezione per
cui: allo stesso modo in cui esistono meccanismi che governano
la materia organica ed inorganica, ne esistono altri che
governano l'evoluzione delle società umane, in cui l'uomo (come
specie) attraverso la sua attività interagisce con l'ambiente e
la propria storia, diventando (con consapevole intelligenza?) il
regista del proprio futuro, per il quale ci piace immaginare uno
sviluppo positivo, anche se nelle infinite varietà possibili
rimane il più improbabile. Il progetto non è semplice perché
presuppone, come compito del genere umano, oltre alla capacità
intellettiva, la maturazione della collaborazione collettiva
verso uno sviluppo egualitario in tutto il pianeta, del quale
sentirsi parte e non sovrani.
Se questa ipotesi sarà realizzata il genere umano compierà una
nuova evoluzione sociale, in caso contrario prenderemo atto
dell'opportunità offertaci da Pikaia, alla quale dovremo
(umilmente) le nostre scuse.
Per avere maggiori informazioni sulla fauna di Burgess (qui
sommariamente e approssimativamente esposte) consigliamo lo
straordinario libro del biologo evoluzionista Stephen Jay Gould
intitolato «LA VITA
MERAVIGLIOSA» edito
dalla Universale Economica Feltrinelli.
E qui si esaurisce la “leggenda”
di Pikaia che tanto ci porta ad immaginare in che modo potè
concepirsi l'uomo dei primordi, a livello dei cosiddetti «avatara»,
formulati dai sostenitori scientifici dell'ecosistema globale di
Gaia. Ed è quanto basta per capire che, col profilarsi di una
nuova emergenza catastrofica della Terra a causa dell'Effetto
Serra, si faccia forte, nel mondo delle “piante” soggette alla
«devastazione», un provvidenziale “nocino” della provvidenza
divina. Quello postulato proprio per via profetica
dall'Apocalisse di Giovanni apostolo. Si capirà che si tratta
del mondo delle “piante” strettamente legato a qualche parte
della realtà spirituale, animica e corporea dell'uomo. |
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