Torna alla sezione Esoterismo

Collabora con il Sito

 
 

Ipotesi: l'algebra risolutrice nell'apocalisse. Il "Nocino" della provvidenza

a cura di Gaetano Barbella

   

Noce allo stato nascente : Germoglio di noce. (Pubblicato da Marco Pagani in Piccolo atlante di Gaia)Eccovi un nocino; non è il liquore, ma un germoglio di noce. Originario dell'Asia, il noce (juglans regia) si è diffuso in Europa Occidentale fin dall'antichità ed è poi stato esportato nelle Americhe nel XVII secolo. La foto è stata scattata dall'autore in alta Val Sabbiola (VC) all'inizio dell'estate. E' piuttosto stupefacente che un tenero germoglio abbia la forza di aprire il guscio legnoso. Il trucco c'è naturalmente: un conto è aprire una noce forzandola dall'esterno (non riusciremmo a farlo a mani nude), un conto è divaricare i due semigusci operando dall'interno. Il Kyrgyzstan ospita una vera meraviglia del mondo: la foresta di Arlsanbob , interamente costituita da noci. Ma forse è meglio non dirlo troppo forte...

INTRODUZIONE

Viviamo in un'epoca cruciale in cui, da un lato è notevole la propulsione della Tecnica verso la completa liberazione di un passato legato a tradizionali concezioni plasmatrici dell'etica morale, rispettose della tradizione, mentre da un altro lato queste stesse concezioni, raccolte in barricate tentano con ogni mezzo di resistervi servendosi della stessa Tecnica. Di qui il paradosso per questa tecnica quale “serva di due padroni”. Ma a monte della tecnica, sappiamo che è la Scienza Matematica a dettar legge e per questa solida ragione non è serva di nessuno. Ragion per cui non ha senso alcuna contesa, anche se questa viene continuamente ravvisata. E non ha senso nemmeno che le due parti in discussione, del “giorno” e della “notte”, si ignorino a vicenda non riuscendo ad avere modo di conciliarsi fra loro, se non in un modo accomodante che diremo essoterico, attraverso le religioni.
Intanto, però, la Tecnica sta facendo passi da gigante e per questo non si cura nemmeno dei religiosi incapaci di porvi freno. Conveniamo, purtroppo, che essa si serve di un gigante dalla caviglia debole, come quel mitico Colosso di Rodi.
Dunque, in apparenza non sembra esserci modo di riavvicinare le due parti che un tempo assai lontano, erano unite in un matrimonio che sembrava indissolubile. Ed ora che sono separate, paradossalmente li tiene uniti la Tecnica. Ma arriverà il momento in cui si evidenzieranno i “numeri” della verità, propri della Scienza Matematica, ed allora i due sposi divorziati da tempo, per forza maggiore, dovranno trovare il modo di conciliarsi fra loro e fare ammenda delle loro rispettive superbie. Ma può essere che a quel tempo sarà troppo tardi qualsiasi tentativo di accomodamento.
Non resterebbe, allora, che meditare sul fatto che almeno si può contare sulla Scienza Matematica, la stessa del mondo materialista tutto preso per la realizzazione per via scientifica l'utopistico elisir di lunga vita.
Ma come? Lo farò vedere con un'ipotesi che esporrò di seguito, ma che ho già esposte − pensate − là dove potevano anche essere respinte, in un blog di una docente di matematica, Matematicamedie, nel quale invece sono stato accolto trionfalmente. Prova ne è la seguente presentazione di questa ipotesi, la stessa che ha pubblicato su questo blog, la prof. Giovanna Arcadu Insegnante di Matematica e Scienze. Non è un segno che che incoraggia a pensare che non sia tanto da scartare la strada che sto cercando di indicare per scongiurare l'avverarsi di “quel troppo tardi” che mi è parso di intravederlo funestamente. Mi sovviene la quartina 2 – 43 di Nostradamus che dice così:

Troppo tardi al Cielo piange l'Androgino procreato.
Nello spazio celeste sangue umano versato;
Per la morte troppo tardi il grande popolo ricreato
tardi e così viene il soccorso atteso.
(Traduzione dal francese originale di Renucio Boscolo)

GLI AVATARA DI GAIA
(tratto dall’articolo, redatto da Ivan Vispiez, si intitola «Ciao Gaia». FOCUS di Feb 2000)

Negli anni settanta lo scienziato della Nasa James Lovelock formula la teoria della Terra come essere vivente e la chiama Gaia. Ma più peculiarmente gli studiosi cercano la Gaia strettamente legata all’uomo, nelle aree del cervello, per scovarvi le basi biologiche della consapevolezza, della morale e dell’identità personale. L’idea che la biosfera del nostro pianeta potesse essere vivente, in cui i singoli sistemi biologici collaborano per il bene comune, piacque molto ai movimenti ecologisti degli anni Settanta e Ottanta. Poi prevalse la teoria contraria all’esistenza di Gaia vivente che, invece, si sosteneva fosse animata da una concezione evoluzionista non «altruista». Tutto ciò sulla base che gli individui (i singoli organismi) non pensano al bene della specie: il loro scopo è diffondere i loro geni con la riproduzione. In seguito, però, il concetto di Gaia è stato rispolverato, aderendovi persino chi l’aveva osteggiato, lo zoologo William Hamilton, sostenitore della teoria, cosiddetta, dei «geni egoisti». Sorvolando sulle concezioni che hanno portato, poi, gli scienziati alla rivalutazione di Gaia, più recentemente si è fatta strada l’ipotesi che questa nostra Terra funzioni a sistemi gerarchici paralleli.
Secondo Nile Eldredge, paleontologo dell’American Museum:
Su un piano ci sono i geni, le popolazioni e le specie, che formano gli ordini, poi le famiglie e le classi di animali vegetali. Sull’altro piano troviamo gli «avatara», neologismo per indicare gli organismi di una specie considerandoli non in base alla loro forma ed ai loro geni, ma per il ruolo che hanno come “produttori” e “consumatori” di un ecosistema locale inserito in uno regionale, che a sua volta fa parte di quell’ecosistema globale che a molti piace chiamare Gaia. I sistemi garantiscono la stabilità di Gaia ed il suo funzionamento. Insomma, sulla Terra i grandi giochi verrebbero svolti da sistemi superiori, anziché da singole specie e geni. A questo punto ci si domanda, che ruolo svolgono gli uomini? Essendo la specie dominante, possono essere considerati i neuroni di Gaia? Così risponde il noto etologo Danilo Mainardi: Mi pare che la distruzione della biodiversità che stiamo operando lo escluda. Prima di ambire alla parte dei neuroni, dovremo come minimo renderci conto, con modestia, che i grandi sistemi governano il globo e che noi li conosciamo ancora poco.

IL SIGILLO SULLA FRONTE DEI SERVI DI DIO PER IL «NOCINO» DELLA PROVVIDENZA
(dall'Apocalisse di Giovanni 7,1-8)

Ma come conoscere i grandi sistemi che governano il globo per ambire alla parte di neuroni? Può essere, e si vedrà che lo è, che per arrivare a tanto il passo da fare non è poi così difficile da concepire. Come è stato detto nell'introduzione, si tratta semplicemente di dar retta alla Scienza Matematica, l'unica e sicura guida razionale, là dove la fede religiosa sembra vacillare, per penetrare le cose del Mistero che con tutta probabilità hanno a che vedere con i grandi sistemi che governano il nostro globo da conoscere intimamente.
Con questo scritto, con meraviglia, si riuscirà a trovare il modo di capire certi passaggi ostrusi, apparentemente incomprensibili in seno all'Apocalisse di Giovanni apostolo. Infatti partendo dall'osservazione di un semplice germoglio di noce, si giunge a interpretare con una curiosa “algebra” un passo dell'Apocalisse (Ap 7, 1-8), il seguente, fino a svelare i misteri di Gaia. Non è tanto in questo caso, ma ve ne sono altri in cui è moltissimo invece l'apprendimento.

1. Dopo di ciò (il giorno dell'ira dell'Agnello: Ap 6,17), vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2. Vidi poi un'altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare:
3. «Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi».
4. Poi udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli di Israele: ...(segue l'elenco relativo dal § 5 all' 8).

INTERPRETAZIONE
(in correlazione alla scienza moderna di Gaia)

A. I 4 «angeli» sono come se fossero altrettante «coppe» capaci di contenere i «quattro venti». «Soffiare», quindi, starebbe per versare.

B. Il fatto che questo «soffio» (che sembra accostarsi al primo «soffio vitale» dei viventi polmonati, quello della creazione), escluda il mondo animale (infatti riguarda solo la terra, il mare e le piante), viene da pensare che sia riferibile all'ecosistema globale di Gaia, ossia della Terra, concepito dalla Scienza moderna. Più peculiarmente si potrebbe restringere la cosa a Gaia strettamente legata all’uomo, nelle aree del cervello, ove avrebbero luogo le basi biologiche della consapevolezza, della morale e dell’identità personale. Ed è una cosa che agli scienziati preme molto sapere.

C. Ad un certo momento il «vento», presumibilmente l'atmosfera, comincia ad agitarsi intorno alle cose della terra, dei mari ma non delle piante. Si potrebbe pensare che si tratti di un'attività batterica che si alimenta da alcuni gas presenti nell'atmosfera, come l'azoto e l'anidride carbonica.
Di qui le inevitabili alterazioni dell'ecosistema e sottosistemi relativi alla terra e mari, ma non direttamente alle piante, per riaffermare che si tratti presumibilmente delle attività
alle radici mentali animali e in particolare umane. Il fatto, poi, che le piante non siano coinvolte in questa fase dei 4 «angeli» non fa che restringere il campo della loro azione al piano dove troviamo gli «avatara». Come già detto nell'introduzione su Gaia, si tratta di un neologismo per indicare gli organismi di una specie considerandoli non in base alla loro forma ed ai loro geni, ma per il ruolo che hanno come “produttori” e “consumatori” di un ecosistema locale inserito in uno regionale, che a sua volta fa parte di quell’ecosistema globale che a molti piace chiamare Gaia, appunto. Si capisce meglio ora che si stia parlando del mondo dei batteri.

D. Arriva, ordunque, il quinto «angelo» e impone agli altri 4 di non «devastare» (che sta per alterare, ma non per determinare una mutazione genetica), ma si riscontra una cosa che non quadra. L'angelo impone anche di non devastare le piante. Come mai, considerato che i 4 suoi colleghi angeli neanche si sognano di molestarle? Secondo me la trattazione dell'Apocalisse, usando un linguaggio ermetico, non meraviglia che usi l'algebra per disporre taluni fatti “devastanti” in modo che si controvertano, fintanto che non venga deposto il «sigillo» sulla fronte dei «servi» di Dio, lo stesso Dio che lui serve. In particolare l'evoluzione dei fatti in questione si può vedere chiaramente in questo modo:

• Per prima cosa sostituiamo con dei simboli i fattori «devastanti» in gioco, indicandoli con FDt, FDm ed FDp, rispettivamente Fattore dev. terra, Fattore dev. mare e Fattore dev. piante;
• Dunque, dapprima i 4 «angeli», non «devastando» la terra, il mare e le piante, vi consegue che i tre FDt, FDm ed FDp sono inattivi e perciò si possono considerare tutti col segno algebrico –, quindi: – FDt, – FDm e – FDp.
• Successivamente gli stessi 4 «angeli» sono autorizzati a «devastare» la terra e il mare, ma non le piante. Quindi la nuova situazione è questa: + FDt, + FDm e – FDp; - Infine subentra il quinto «angelo» apocalittico, che impone ai 4 «angeli» della «devastazione» di controvertire la loro opera nefasta, però ignorando che questa non è attuata nei confronti delle piante. Non resta che immaginare che la sua negazione, come già detto, debba costituire un segno – algebrico che vale per i tre fattori messi fra parentesi in questo modo:
– (+ FDt, + FDm – FDp), ossia togliendo la parentesi:
– FDt, – FDm + FDp.
• Come si vede solo la terra ed il mare sono al sicuro, mentre le piante no. Questa condizione permette di capire che si tratta degli effetti del «sigillo» posto sulla «fronte» di quei «servi di Dio» appartenenti alla terra e al mare. Quelli appartenenti alle piante, ovvero i presunti batteri delle piante, sono purtroppo soggetti alla «devastazione».

E. Si intuisce che «sigillo» sta per chiusura mentale, trattandosi della «fronte» (un'altra occasione per per riaffermare che è la mente umana in ballo che qui si sta trattando: l'evoluzione mentale più precisamente). Come paragone della chiusura mentale suddetta, da considerarsi ermetica (doppio senso), vale l'esempio del «nocino» della figura introduttiva di questo scritto.

F. Cosa implicherebbe questa chiusura mentale? Considerato che si stanno “manipolando” le cose intime del cervello umano, ovvero del Dna genetico, vale rivedere le cose dei batteri con una simile configurazione.

G. Per dar corpo a questa concezione basta ricorrere alla scienza che ha potuto dare una spiegazione definitiva di questa ipotetica evoluzione, con studi e ricerche biologiche che hanno portato alla comprensione del Dna. Questa spiegazione si può riassumere in un'unica parola: simbiosi.

H. Per fare un esempio, le nostre cellule contengono degli organelli (mitocondri), che svolgono la vitale funzione di utilizzo dell’ossigeno: senza questi organelli noi non potremmo vivere. Questi organelli hanno un loro Dna e si riproducono autonomamente rispetto al resto della cellula ed è ormai chiaro che sono i discendenti degli antichi batteri che nuotavano nei mari primitivi e che hanno inventato la respirazione dell’ossigeno.

I. Ad un certo punto, questi batteri, probabilmente mangiati ma non digeriti da altri microrganismi, hanno fissato la loro dimora all’interno di cellule ospiti, provvedendo all’eliminazione delle scorie e al rifornimento di energia derivata dalla combustione di ossigeno. Questi organismi “fusi insieme” si evolvettero poi in forme più complesse che respiravano ossigeno, fino ad arrivare a formare le moderne cellule che costituiscono i nostri corpi. Da questo tipo di alleanza simbiotica fra due organismi non si ottiene semplicemente la “somma delle loro parti”, ma piuttosto qualcosa di simile alla somma di tutte le possibili combinazioni di queste parti, spingendo l’evoluzione verso direzioni altrimenti inesplorabili. Ecco, dunque la spiegazione che si cercava sul «sigillo» del quinto «angelo» dell'Apocalisse. Si tratta di simbiosi.

M. La simbiosi spiega non solo l’evoluzione di organismi respiratori, ma spiega anche l’evoluzione delle cellule fotosintetiche delle piante tramite simbiosi di microrganismi con gli antichi batteri fotosintetici, e l’elenco potrebbe andare avanti.
Questo tipo di
evoluzione simbiotica è stata osservata e sperimentata in laboratorio.
Questi processi simbiotici così spinti, naturalmente, non sono gli unici esistenti,
noi membri del macrocosmo interagiamo costantemente con il microcosmo e dipendiamo da esso.
Alcune piante, ad esempio, non riescono a vivere senza la presenza di
batteri azoto-fissatori nelle radici e noi stessi abbiamo bisogno di rigogliose comunità batteriche (i famosi fermenti lattici), per poter digerire il cibo, tant’è vero che un buon 10% del nostro peso secco è costituito da batteri indispensabili per la nostra sopravvivenza.

AVATARA DI GAIA IN AZIONE
I «quattro angeli ai quali era stato concesso
il potere di devastare la terra e il mare»
(Apocalisse di Giovanni 7,1)

Erosione dei suoli contro l'effetto serra. (pubblicato: giovedì 01 novembre 2007 da Luca in: Inquinamento Agricoltura)Erosione contro l'effetto serra. Più volte si è parlato dell’effetto sink degli oceani, ma non era noto un altro sequestratore di monossido di carbonio. Il suolo, o meglio l’erosione superficiale del suolo agrario, sembra avere un’azione nel catturare l’anidride carbonica. L’erosione è uno di quei processi naturali che in agricoltura si tende ad evitare per non incorrere in problematiche di sterilità causate dalla riduzione dello spessore di suolo fertile (e fertilizzato). E’ quindi un fenomeno negativo per l’agricoltore di collina e ancor più di montagna che si vede letteralmente portare via la terra da sotto i piedi. Un recente studio sta rivalutando l’azione erosiva, spostando l’attenzione verso l’attività sequestratrice di anidride carbonica, il tutto al fine di comprendere meglio il ciclo del carbonio. Le quantità assorbite sono scarse, si parla infatti di percentuali dell’ordine dell’1,5% delle emissioni da combustibili fossili. Il meccanismo di azione sarebbe paragonabile ad un nastro trasportatore che preleva il sub-suolo e lo trasporta lontano dall’area agricola. In questo processo il suolo ingloba del materiale vegetale che quindi viene sepolto. Il professor Quine avverte comunque che «il controllo dell’erosione dovrebbe essere perseguito per i suoi benefici effetti ambientali ed agronomici, ma non dovrebbe essere usato per ridurre la concentrazione di carbonio». (Via University of Exter - School of Geography, Archaeology and Earth Resources).

 

Oceano in tempesta. Una delle notizie che circola in questi giorni è che la capacità del Nord Atlantico di assorbire CO2 è diminuita del 50%. E questo potrà solo accelerare il riscaldamento globale. Il risultato della ricerca, durata 10 anni ed effettuata dall’Università di East Anglia, in Inghilterra, verrà pubblicato il mese prossimo dal Journal of Geophysical Research . «E’ sorprendente questo cambiamento. Ci si aspettava una variazione molto più lenta, data la grande massa degli oceani» ha dichiarato il dottor Ute Schuster, che si è occupato del progetto fin dal 2000. Gli oceani sono i più importanti raccoglitori di emissioni di CO2, assieme alla biosfera terrestre. Raccolgono una quantità pari al 50% di tutte le emissioni. Se questa tendenza si conferma nel tempo, gli scienziati asseriscono che i livelli di CO2 atmosferica crescerebbero molto più velocemente del previsto, accelerando così il riscaldamento globale. Questo andamento potrebbe portare gli oceani a saturazione e, di conseguenza, a riflettere la CO2 in eccesso nell’atmosfera. I dati analizzati sono stati raccolti da strumenti posizionati in navi mercantali che hanno navigato in questi anni tra la Gran Bretagna e le Indie. Una delle navi ha raccolto più di 90 mila misurazioni. «La velocità e la dimensione di questo cambiamento ci dice che non possiamo contare sugli oceani come raccoglitori di CO2 - commenta il direttore dello studio Andrew Watson - anche se potrebbe essere solo un’oscillazione naturale. In ogni caso abbiamo capito che questi cambiamenti risultano essere molto più veloci del previsto».

LA FAUNA DI BURGESS
Tratto dal sito Polesine...e dintorni

LA PIKAIA IL PRIMO PROGENITORE DELL'UOMO

La Pikaia il primo cordato noto del mondo, dagli argilloscisti di Burgess. Si notino i caratteri propri del nostro phylum: la notocorda o corda dorsale, la formazione mediana che si evolse nella nostra colonna vertebrale, e le fasce di muscoli a zig zag.  Se le variazioni ambientali che fecero strage di organismi, 500 milioni di anni fa, non avessero risparmiato la Pikaia, oggi non ci sarebbero i vertebrati. E nemmeno l'uomo.

Noi siamo impressionati dal tirannosauro, ci meravigliamo per le piume dell'Archaeopteryx, ci entusiasmiamo per ogni frammento di osso fossile umano trovato in Africa, ma nulla di tutto questo ci ha insegnato sulla natura dell'evoluzione quanto un piccolo invertebrato del Cambiano, lungo solo pochi centimetri, chiamato Opabinia, rinvenuto a Burgess in Canada, in uno dei più preziosi giacimenti fossiliferi del mondo. Gli argilloscisti di Burgess sono diventati i protagonisti di una vicenda scientifica destinata a scardinare i capisaldi classici dell'evoluzionismo. Attraverso i fossili di Burgess, infatti, emerge l'ipotesi dell'evoluzione come da una serie improbabile di eventi, affiorano un mondo e una storia segreti che hanno del meraviglioso.

Attraverso loro si scopre così che la storia degli ultimi 500 milioni di anni ha presentato una
restrizione di forme di vita seguita da una proliferazione all'interno di pochi tipi stereotipi, non un'espansione generale della varietà con aumento della complessità, come implica la nostra iconografia precostituita, ma una impetuosa iniziale avanzata della varietà anatomica che raggiunse un massimo subito dopo la diversificazione iniziale degli animali pluricellulari.
La posteriore storia della vita procedette per
eliminazione, non per espansione. L'interpretazione del “cono” (o albero) della diversità evolutiva viene quindi rovesciato nella forma “a cespuglio” della diversificazione e decimazione. Ma il modello dell'eliminazione di Burgess suggerisce anche un'alternativa veramente rivoluzionaria che è preclusa dall'iconografia del cono. Supponiamo che i vincitori non siano prevalsi grazie a una superiorità nel senso usuale. Forse la macabra mietitrice dei piani anatomici è solo la Signora Fortuna mascherata. O forse le ragioni reali di sopravvivenza non sono conformi alle idee convenzionali secondo cui sopravvivrebbero gli organismi più complessi, migliori o in qualche modo indirizzati verso l'uomo. Forse la macabra mietitrice lavora durante brevi episodi di estinzione di massa, provocati da catastrofi ambientali imprevedibili (per esempio innescate dall'impatto di corpi extraterrestri). Certi gruppi possono prevalere o estinguersi per ragioni che non hanno alcun rapporto con la base darwiniana del successo in epoche normali. Anche se i pesci migliorano gradualmente il loro adattamento fino a raggiungere culmini di grande perfezione in acqua, moriranno se lo stagno in cui vivono si prosciuga. Ma può accadere che quel vecchio fenomeno del Dipnoo, il sudicio e sgraziato pesce polmonato che era lo zimbello di tutti, riesca a sopravvivere, e non perché un'infiammazione su una pinna di suo nonno informò i suoi genitori dell'imminente arrivo di una cometa. Il Dipnoo e i suoi discendenti sopravvissero perché un carattere evolutosi molto tempo prima per un uso diverso gli permise fortuitamente di sopravvivere durante un mutamento improvviso e imprevedibile delle regole. E se noi siamo discendenti dei Dipnoo, e il risultato di un migliaio dì altri casi similmente fortunati, come possiamo considerare la nostra intelligenza inevitabile, o anche solo probabile?

Se l'umanità è sorta solo ieri “su un ramoscello secondario di un albero rigoglioso”, la vita non può, in alcun senso genuino, esistere per noi o a causa nostra. Forse noi siamo solo un ripensamento, una sorta di accidente cosmico, una decorazione appesa all'albero di Natale dell'evoluzione. Non il coronamento, dunque, della presunta tendenza dell'evoluzione protesa verso una sempre maggiore complessità di cui l'uomo rappresenterebbe l'apice e il traguardo, come vorrebbe la concezione antropocentrica.

Le conoscenze aperteci dall'evoluzione e ancor più dallo studio dei fossili di Burgess, i
mpongono il rifiuto della tradizione che designa il nostro tempo come l'epoca dei mammiferi: questa è l'epoca degli artropodi. Essi ci sovrastano di gran lunga in numero da ogni punto di vista: per specie, per individui, per prospettive di proseguire sul cammino dell'evoluzione. L'80% circa di tutte le specie di animali classificate sono artropodi, con una grande maggioranza di insetti.

In altri termini,
noi siamo un'entità improbabile e fragile, e il nostro successo fu dovuto a una serie di circostanze fortunate dopo inizi precari come piccola popolazione in Africa, e non è il risultato finale prevedibile di una tendenza globale. Noi siamo una cosa, un'entità della storia, e non un'incarnazione di princìpi generali.

Fra la fauna di Burgess fu trovato un organismo nastriforme compresso lateralmente, lungo circa 5 centimetri al quale fu dato il nome di Pikaia che dopo attenti esami venne classificato come cordato, un membro del nostro phylum: in realtà il primo membro documentato nel novero dei nostri progenitori diretti. La Pikaia è l'anello mancante e l'ultimo anello nella nostra storia della contingenza: la connessione diretta fra la decimazione di Burgess e la finale evoluzione umana. Se la Pikaia non fosse sopravvissuta (e al tempo della fauna di Burgess i cordati avevano scarse prospettive di sviluppi futuri) noi non saremmo apparsi nella storia futura: tutti noi, dallo squalo al pettirosso all'orangutang.

Se vogliamo quindi porci la domanda di sempre: perché esistiamo? una maggior parte della risposta, relativa a quegli aspetti del problema che la scienza in generale può trattare, dev'essere: perché la Pikaia sopravvisse alla decimazione di Burgess.

Oggi
l'evoluzione non può più apparire come il regno della necessità e di un'ottimalità adattiva di tipo finalistico, ma come il risultato polimorfo e imprevedibile di percorsi contingenti, di adattamenti secondari e sub-ottimali, di bricolage imprevedibili. In una visione “epica” dell'evoluzione naturale (“le cose potevano andare diversamente”), contrapposta all'immagine “tragica”, provvidenzialistica o fatalistica (“le cose dovevano andare così”).

In particolare
tutto il comportamento della natura dimostra la dialettica dei processi della vita e si comincia a diffondere nell'ambito scientifico la concezione per cui: allo stesso modo in cui esistono meccanismi che governano la materia organica ed inorganica, ne esistono altri che governano l'evoluzione delle società umane, in cui l'uomo (come specie) attraverso la sua attività interagisce con l'ambiente e la propria storia, diventando (con consapevole intelligenza?) il regista del proprio futuro, per il quale ci piace immaginare uno sviluppo positivo, anche se nelle infinite varietà possibili rimane il più improbabile. Il progetto non è semplice perché presuppone, come compito del genere umano, oltre alla capacità intellettiva, la maturazione della collaborazione collettiva verso uno sviluppo egualitario in tutto il pianeta, del quale sentirsi parte e non sovrani.

Se questa ipotesi sarà realizzata il genere umano compierà una nuova evoluzione sociale, in caso contrario prenderemo atto dell'opportunità offertaci da Pikaia, alla quale dovremo (umilmente) le nostre scuse.

Per avere maggiori informazioni sulla fauna di Burgess (qui sommariamente e approssimativamente esposte) consigliamo lo straordinario libro del biologo evoluzionista Stephen Jay Gould intitolato «
LA VITA MERAVIGLIOSA» edito dalla Universale Economica Feltrinelli.

E qui si esaurisce la “leggenda” di Pikaia che tanto ci porta ad immaginare in che modo potè concepirsi l'uomo dei primordi, a livello dei cosiddetti «avatara», formulati dai sostenitori scientifici dell'ecosistema globale di Gaia. Ed è quanto basta per capire che, col profilarsi di una nuova emergenza catastrofica della Terra a causa dell'Effetto Serra, si faccia forte, nel mondo delle “piante” soggette alla «devastazione», un provvidenziale “nocino” della provvidenza divina. Quello postulato proprio per via profetica dall'Apocalisse di Giovanni apostolo. Si capirà che si tratta del mondo delle “piante” strettamente legato a qualche parte della realtà spirituale, animica e corporea dell'uomo.

      

   Segnala questo articolo

Informazioni o Contatti

   Torna su