Russia: la Piazza Rossa, gli Zar, il comunismo. Sono queste cose che vengono
in mente quando sentiamo parlare della Russia. Ma c'è qualcos'altro, un
personaggio che viene poco considerato, forse perché soprannominato "il
pazzo": si tratta di Grigorij Efimevic Rasputin, monaco e consigliere di
Nicola II. Rasputin era nato nel luglio del 1871 (anno della caduta di un
meteorite in Russia, il famoso caso di Tunguska) a Pokrovskoe, un piccolo
villaggio siberiano nella provincia di Tobol'sk, non troppo distante dai
monti Urali. Figlio di Efim Akovlevic e di Anna Egorovna, Rasputin condusse
i primi anni della sua vita senza allontanarsi dal suo piccolo mondo rurale,
anche perché il padre, un uomo autoritario, secondo le semplici regole dei
contadini, sosteneva che "le scuole rendevano gli uomini immorali e li
allontanavano dalla religione". La sua vita si riduceva al lavoro nei campi
con il fratello. Un giorno cadde per caso nei gorghi gelidi del Tjura
insieme al fratello, che tuttavia riuscì a portare in salvo (ma che morì
qualche settimana dopo), ammalandosi di polmonite in modo molto grave.
Durante la degenza, iniziarono le visioni: apparve la Vergine Maria, che lo
guarì istantaneamente. Dopo questa esperienza Grigorij cominciò ad
interessarsi maggiormente alla religione ed al mondo degli starec, monaci e
profeti erranti che venivano accolti con assoluto rispetto nei villaggi
russi. I racconti di questi uomini affascinavano Rasputin, che non mancò di
notare come la gente semplice pendesse dalle loro labbra e fosse particolarmente munifica nei loro confronti. Durante l'adolescenza, Rasputin
si accorse di avere un certo fascino con le donne, forse a causa del suo
sguardo magnetico, in grado di annullare la volontà di chiunque; insieme
alla sua parlantina (semplice, di contadino, ma estremamente convincenti) lo
rendono un uomo dall'incredibile carisma. Dopo un breve, intenso amore con
Irina, la figlia del generale Kubasov, a vent'anni Rasputin si sposa con
Praskovia Fedorovna Dubrovina da cui ha un figlio, che però muore dopo pochi
mesi. Il dolore per la perdita del piccolo lo porta ad avere una seconda
visione, un giorno, in un bosco: la Vergine gli intima di lasciare tutto e
partire. Rasputin diventerà così uno starec. E' in questo periodo che viene
a contatto con esponenti di una setta non ortodossa considerata illegale, ma
molto popolare in Russia, i chlisty, setta molto critica nei confronti della
chiesa ufficiale, che era accusata di corruzione e decadentismo. Secondo i
chlisty, l'uomo può purificarsi dal peccato solo in un modo, abbandonandovisi totalmente e, attraverso il pentimento che ne segue,
ascendere alla catarsi. Fisicità e religiosità si sposano equivocamente in
questo credo eretico che fa del rito erotico e delle congiunzioni carnali,
anche di gruppo, una delle sue caratteristiche fondamentali, come la
dottrina di Zoroastro, del resto, che vedeva nel divertimento l'unico modo,
per l'uomo, di stare lontano dal peccato. Con queste teorie "salvifiche"
Rasputin riuscirà in futuro ad insidiare le più belle donne della corte
zarista. Durante le sue peregrinazioni, Rasputin toccherà il monastero di
Verchoturje, Mosca, Kazan, Kiev. Ormai si considera "monaco" a tutti gli
effetti. Al villaggio natale erigerà con l'aiuto di alcuni fedeli una chiesa
personale in concorrenza con quella ufficiale. I preti ortodossi lo
accusavano di praticare i riti dei chlisty, ma egli non lo ammetterà mai e
riuscirà sempre a difendersi. Con il passare del tempo cominceranno a venire
al suo cospetto numerose persone da tutta la regione e la sua fama comincerà
a diffondersi. E' a questo punto che decide di partire per San Pietroburgo
per venire a contatto con le figure più eminenti della chiesa russa: con
l'aiuto di Ivan Sergeev di Kronstadt, favorito dello Zar, e Il'jodor,
vescovo di Caricyn e fautore del panslavismo iscritto alla loggia
nazionalista dei Veri Russi, il "monaco pazzo" riuscirà ad entrare in
contatto con le alte sfere della città russa. In particolare, grazie
all'amicizia con Olga Lochtina, moglie di un consigliere di stato, Rasputin
viene a contatto con Anna Vryubova, le granduchesse Anastasia e Militza,
figlie del re del Montenegro, ed il granduca Nikolaj Nikolaevic. Il figlio
prediletto della zarina Alessandra, Alessio, è affetto da emofilia e
attraversa una crisi gravissima e nessun dottore pare essere in grado di
aiutarlo. Ultima speranza rimane Rasputin che, raccomandato dalla granduchessa Anastasia, fa così il suo ingresso alla corte degli zar. La sua
fama di guaritore era abbastanza nota, avendo partecipato, durante i suoi
viaggi, a sedute e guarigioni che ne avevano messo in luce i poteri
miracolosi. E' il 1905: già nel primo incontro il monaco riesce ad arrestare
il flusso di sangue che il bimbo stava perdendo. Oggi ci sono molte
spiegazioni al fatto: studi hanno dimostrato che una forte emozione può
bloccare l'emorragia di un emofilitico. Sta di fatto che, per l'incredibile
guarigione del piccolo, Rasputin diviene il "buon'uomo" salvatore di
Alessio, "il nostro Amico". Ma il legame con la zarina Alessandra sarà anche
qualcosa di più, un rapporto assai ambiguo: la zarina, negli anni della
Rivoluzione in cui sarà messo in dubbio il potere dello zar (che non parrà
poi dispiacersene) costituirà un'alleanza con Rasputin in chiave fortemente
conservatrice. Nonostante l'appartenenza alla dottrina dei chlisty (che sarà
sfogata nei banchetti sui prenderà parte), Rasputin avrà con i reali una
condotta irreprensibile, fino a diventare tutore e protettore di Alessio.
Tutti i rapporti segreti della polizia saranno considerati alla stregua di
pettegolezzi: basta ricordare il caso del 1915, quando un grosso esponente
della gendarmeria, tale Dzunkovskij, oserà informare lo Zar che Rasputin si
vantava in pubblico di poter manipolare a suo piacimento l'Imperatrice. Per
tutta risposta fu licenziato e spedito al fronte. A dimostrazione della sua
totale indifferenza verso il potere, Rasputin rinuncia alla carica di
vescovo di Tobol'sk (importante diocesi dell'impero). Ma in realtà è una
mossa astuta: Rasputin non vuole abbandonare la capitale ed il posto di
prestigio conquistato. La I Guerra Mondiale fu, per la Russia, una lunga
carneficina, soprattutto di mugik, "compaesani" di Rasputin. Oltre che per
ragioni pacifiste derivanti dalla sua religiosità (?) (ma anche perché non
poteva sopportare il massacro dei suoi), Rasputin decide di utilizzare la
sua influenza presso la zarina per far uscire la Russia dalla guerra. Questa
decisione, oltre alla nomina di ministri "amici" della zarina, saranno viste
come mosse di traditori (soprattutto agli occhi della casta militare,
dell'aristocrazia nazionalista, della destra, ma anche dell'
opposizione
liberale). Alcuni spargeranno la voce (soprattutto l'esponente di destra
Vladimir Puriskevic) di complotti del governo in favore della Germania.
Saranno incitate rivolte, soprattutto contro Rasputin, "affossatore" della
nazione. Questo è solo il primo passo verso la "caduta" del monaco. Anche
per opera di questa propaganda, il monaco diverrà uno dei capri espiatori
delle sconfitte russe. Rasputin non fa nulla per difendersi dalle accuse,
anzi le alimenta continuando le proprie manovre politiche per pervenire alla
pace. Negli incontri con i personaggi più influenti della corte non manca di
sostenere tesi pacifiste e conciliatorie nei confronti della Germania.
Sembra, inoltre, che Rasputin fosse divenuto bersaglio anche dell'Intelligence inglese, che temeva un disimpegno militare della Russia.
La Germania, infatti, avrebbe potuto liberare il fronte orientale per
riversare le sue truppe contro gli Alleati. Tra il 1915 ed il 1916, si
vocifera che Rasputin riceva mazzette da membri del governo affinché sfrutti
a loro favore il suo potere sulla zarina. Ma anche lo stesso Rasputin riceve
delle mazzette: una di queste è quella offerta dal ministro Trepov, affinché
il monaco si allontani dalla capitale per tornare in Siberia. Ma Rasputin
non accetta e, al contrario, informa la zarina: è una testimonianza di
estrema lealtà, che porta il monaco ai massimi livelli di stima all'interno
della famiglia "reale". L'unico modo per eliminarlo appare il suo omicidio,
ordito non solo dalla parte liberale e progressista dei politici russi
(Rasputin era simbolo di quell'arretratezza ed immobilità ideologica che
volevano eliminare), ma anche dall'aristocrazia, che vedeva il mugik
portatore di una nefasta influenza sugli zar, ma anche un possibile
aspirante al potere. Ad ordire la trama della congiura erano importanti
personalità russe del tempo: il granduca Dmitrj Pavlovic, Puriskevic,
l'ambiguo principe Feliks Jusupov, membro dell'alta società pietroburghese,
molto probabilmente di tendenze omosessuali, grande ammiratore di Oscar
Wilde e ossessionato dal desiderio di passare alla storia, ma allo stesso
tempo pavido e inconcludente. Feliks era già venuto in contatto, negli anni
precedenti, con Rasputin, che era rimasto affascinato dalla personalità del
giovane aristocratico (e forse anche dalla bella moglie Irina Aleksandrovna). Ma, negli ultimi anni, nonostante una amicizia apparente, il
giovane Feliks aveva iniziato a disprezzare il monaco siberiano. La data
dell'assassinio fu stabilita fra il 16 ed il 17 dicembre 1916 (Rasputin
stesso aveva "predetto" la propria fine, ricollegandola alla fine della
Russia). Addirittura, onde evitare agguati, era stato convinto a rimanere
sovente nella sua abitazione, in via Gorohovaja 64, e lo stesso ministro
Protopopov lo aveva avvertito dell'esistenza di un complotto per eliminarlo.
L'uccisione di Rasputin era stata studiata nei minimi particolari: Jusupov
doveva dire al monaco che sarebbe passato a prenderlo per portarlo nella sua
bellissima casa, dove avrebbe incontrato sua moglie e gustato pasticcini e
madera (il liquore preferito dal siberiano) per poi recarsi nel quartiere
zigano per una probabile orgia. Dopo la mezzanotte, la carrozza del principe
Jusupov (guidata da uno degli importanti cospiratori, il dottor Lazavert,
che aveva preparato il potente veleno che avrebbe dovuto eliminare Rasputin)
caricò la vittima, vestita per le grandi occasioni. Le strade della
capitale, in quella fredda notte di dicembre, erano deserte, e pochi
sarebbero stati testimoni. Lo stesso Rasputin, su consiglio dei suoi stessi
cospiratori, aveva evitato di dire ad alcuno dove si recava. Arrivati a casa
di Jusupov, Rasputin attese l'arrivo (falso) della moglie di questi gustando
i pasticcini avvelenati. Ma, incredibilmente, il monaco resisteva al
veleno... Jusupov, notando questo fatto, decise con i suoi complici, di
eliminare Rasputin con un colpo di pistola. Non si sa con certezza chi fu a
sparare a Rasputin, se lo stesso principe Jusupov, il deputato Puriskevic o
il granduca Dmitrj Pavlovic, ma quello che conta è che il monaco, pieno di
veleno e con un colpo di pistola nel petto, riuscì a rianimarsi e lasciare
la casa (non visto dai suoi assassini, che erano in un'altra stanza a
studiare come sbarazzarsi del corpo). Quando i congiuranti si resero conto
della fuga, corsero fuori in strada e lo finirono con una serie di colpi di
manganello alla testa. Il corpo fu avvolto in una coperta e gettato nel
canale di Malaja Mojka e rinvenuto il 19 dicembre. L'autopsia non trovò
tracce di veleno (forse l'avvelenamento non fu neanche tentato, le fonti
sono discordanti). Diverse furono le reazioni alla notizia: alla disperazione della zarina Alessandra si contrapponeva l'indifferenza dello
zar Nicola II (che negli ultimi mesi aveva iniziato a vedere storto il
monaco, che andava assumendo sempre più potere). L'indifferenza della Corona
ed il fatto che tra i congiuranti ci fossero molti membri dell'aristocrazia
furono le ragioni per cui non ci furono punizioni: Jusupov non venne toccato
e riuscì in seguito anche ad evitare la Rivoluzione, trasferendosi a Parigi
e abbandonando la Russia; la Duma (la camera) si schierò compatta a difesa
di Puriskevic, che sarebbe partito (con il dottor Lazovert) per il fronte,
mentre il granduca Dmitrj si recò in Persia al seguito del generale Baratov.
E' questa la storia di un contadino analfabeta, che si finse (?) un monaco
preveggente e riuscì a scalare le gerarchie sociali della Russia di inizio
'900, fino a raggiungere le più alte sfere, affascinando con la sua
personalità ed il suo sguardo magnetico.
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