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Francisco Goya

a cura di Maxim79

        

Francisco Goya, coinvolto profondamente nelle vicende artistiche Europee, offrì poi al secolo nuovo il linguaggio artistico; fu tuttavia figlio della sua terra fino al punto da identificarsi con la sua passionalità e la sua inquietudine, la sua sete di vita e la sua voluttà di morte. Europeo e Spagnolo, egli fu con tanta coerenza figlio di due secoli, ma nell’ultimo decennio del ‘700 egli maturo, comincia a prendere un linguaggio che esprimeva sentimento e modernità. Ma vi era una realtà: la realtà è la sua prima ispiratrice, egli stabilisce con essa un contatto diretto, istintivo, appassionato ma l’immagine nella sua pittura è sempre interpretata soggettivamente. Goya, pittore della realtà verso la fine della sua produzione, include il SOGNO come elemento fondamentale della sua pittura, Goya non fotografa, non trascrive, ma ricerca il mondo che egli sente e vive; i suoi ritratti rilevano la personalità dell’artista, i suoi “mostri” e i suoi “simboli” hanno la concreta evidenza di tutto ciò che è vivo. Goya afferma che il diritto di esprimere nella pittura una realtà personale da corpo alle angoscie, ai sentimenti, alle incertezze, ai turbamenti confusi dell’inconscio e in questo “compito” è di guida soltanto la sua intuizione. Goya visse, in quegli anni, la tremenda crisi che la Spagna conobbe tra la fine del 1700 e i primi dell’ottocento, mescolandosi alla vita multiforme dei quartieri popolari e descrivendo le sue indimenticabili scene di folla; Goya era un polemico adulatore e nostalgico che ritrasse nella loro strana verità i personaggi di quella corte in rovina, che prima di venire travolta, egli regalò ONORI e RICCHEZZE. Il giovane Goya, negli anni intorno al ‘’60, fa le sue prime esperienze nel campo della pittura, frequentando, la bottega di un modesto maestro: Josè Luzan, ma soprattutto, i suoi dipinti si ispirarono ai migliori esiti del ‘700 italiano, Tiepolo, un grande decoratore rococò. Ma l’ondata di neoclassicismo che invade tutta la Spagna non sembra coinvolgere il maestro Goya; nel 1700, fa un viaggio in Italia, a Roma, ove viene direttamente a contatto con una cultura articolata in varie direzioni ma un anno dopo fa ritorno in patria. Tra il 1772 e il 1774 dipinge affreschi con soggetto sacro dove la composizione è ben costruita, i colori sono cangianti, le vesti di seta sono colme di luce e il segno è velocissimo. Poco dopo, nel 1775, tramite l’amico Bayeu, tiene a Madrid la sua prima commissione importante: una serie di cartoni per arazzi destinati alla manifattura reale al Santa Barbara, così Goya ottiene un impegno sicura. Giovane fiducioso sente che le sue ambizioni stanno per essere soddisfatte, la vita pittoresca che Madrid offre, lo innamora e proprio in questo clima, nascono i suoi più bei cartoni, come “l’ombrello, il mercante di vasellame, le fioraie”; queste opere hanno come soggetto, gli incontri, le feste, e gli svaghi della gioventù di Madrid. Il pennello dell’artista sicuro e disinvolto, forma l’espressione dei volti, come di una sottile malizia, il colore è libero e vivo con tonalità limpide e ridenti, nei suoi più luminosi accostamenti. Goya prosegue così la sua attività di decoratore sacro a fianco di Bayeu, ma nel 1780, stesso anno in cui è accolto nell’Accademia, si scontra con l’amico, perché non vuole più seguire la stessa strada con lui; perché ben presto diventerà pittore di Camera del re, nel 1789. Questi sono gli anni dei primi ritratti che racchiudono infatti una spontanea freschezza; ma arrivò presto il momento di incontrare l’ambiente di corte che lo emozionò profondamente. I ritratti successivi erano impreziositi da colori più rari ed un fondo neutro che valorizzava l’abbigliamento sontuoso. Il capolavoro che venne eseguito da Goya, era il grande ritratto della famiglia Reale dipinto nel 1800, usando una spietata ironia che sottolineava i vizi e le debolezze dei componenti della famiglia e come sempre Goya interpreta la realtà come d’istinto, traducendola senza soffermandosi. Ornando agli anni pasati, esattamente al 1793, una grave malattia colpisce il pittore Madrileno. Completamente sordo, Goya vede attorno a sé il mondo mutare, la sofferenza e l’isolamento che lo hanno costretto alla sordità gli rivelano le brute superstizioni e le ipocrisie della società in cui vive. E proprio da questa sua nuova condizione spirituale, nacquero le ACQUEFORTI dei “Capricci” con segno ben incisivo che racchiude un contrasto pesante del bianco e nero. Insieme nella serie dei Capricci, compaiono il Pessimismo ed il Moralismo, ma l’arte di Goya ne fa dei semplici pretesti per affermare la sua solitudine umana e la sua sfiducia nella società, eppure Goya non si rassegna alla disperazione. Lo ispira, anni più tardi, a realizzare uno dei suoi più belli capolavori, la decorazione a fresco della chiesa di S.Antonio de la Florida, eseguita nel 1798. Intorno al miracolo del santo, si possono notare, mendicanti, fanciulli, giovani, donne, tutti in atteggiamento tipico e spontaneo. Si alternano sui volti, curiosità, meraviglia, commozione, il colore è denso, a macchie a strisce o a fili sottili e dall’alto della cupola un gruppo di angeli fa pensare all’innocenza. Arrivati ai primi anni dell’800, troviamo Goya molto attivo, alcuni dei suoi più bei ritratti sono dedicati a personaggi d’alta società, tra cui: DONNA COL VENTAGLIO, SENORA SABASA GARCIA; si ispira al mondo seducente della MAJAS per compiere: Maja Vestita e Maja Denuda, calde immagini di una femminilità misteriosa e sensuale. Intanto, nel 1808, il governo di Carlo IV cade e Goya, amico dei liberali si rende conto che l’invasione francese non è migliore per la Spagna dell’assolutismo dei sovrani; ma quegli anni di rivolte e di violenze lo hanno marcato per sempre: d’ora in poi nella sua pittura non si leggerà solo ironia, tristezza e sfiducia ma “incubo angoscioso, amarezza profonda e paura”. Dopo il 1810, le acqueforti: I DISASTRI DI GUERRA restituiscono l’orrore dei giorni della Rivoluzione; nel 1804, in Spagna, era ritornata la libertà e Ferdinando VII e Goya dipinge i due quadri storici IL 2 MAGGIO e il 3 MAGGIO. In queste due opere tutto è “SIMBOLO”, i colori sono esaltati e vi è un sovrapporsi delle masse nella rivolta, il gesto del condannato è atto di disperazione e di sfida nella FUCILAZIONE DEL 3 MAGGIO. In questo quadro, la notte tragica sovrasta la scena; i soldati sono ombre nel buio, il sangue è ovunque e su di un’arida collina, il condannato è illuminato da una lanterna: la sua figura è bianca e luminosa e le sue braccia sono aperte. Ma con il ritorno del re Ferdinando ritorna una politica assolutista, Goya si sente insicuro e sempre meno frequenta la società e nel 1819 compra una casa in periferia ove andrà a vivere presto; il 1819 è l’anno di due importanti pitture Sacre :- L’ULTIMA COMUNIONE DEGLI ULIVI, dipinti di grande fede e angoscia. Ma qualcosa di veramente importante sono le “PITTURE NERE” che il maestro ha lasciato sulle pareti della sua casa, scene di esorcismi e stregonerie, di delirio e superstizioni. Ma anche nei Capricci vi sono animali volanti, figure mostruose, colori come il bianco gelido, il nero e rossi-gialli intensi, tutto ciò da vita ad immagini di “incubo”, i suoi più profondi turbamenti d’INCONSCIO; Goya ha portato così il suo linguaggio al mondo esterno. Il pittore ormai quasi ottantenne, nel 1824 con una grande paura delle repressioni, ottiene il permesso di recarsi in Francia ove si stabilisce dopo qualche mese, precisamente a Bordeaux. Così Goya ritrova l’amore, la serenità e l’interesse per tutto ciò che lo circonda e poco dopo scopre la tecnica della LITOGRAFIA e così, crea la splendida serie dei TORI DI BORDEAUX. I cieli limpidi della Francia lo commuovono e nel 1827, a un anno dalla sua morte, egli ritraeva nel ritratto della LATTAIA DI BORDEAUX il colore azzurro dei suoi primi cartoni madrileni: lo sfondo si apre alle spalle con il color acqua marina e unì il tocco della pennellata a tocchi veloci e sprezzanti; e tutto ciò fa di quest’opera un quadro ricco di emozioni e impressioni. Ma ritornando allo straordinario fenomeno chiamato “PITTURE NERE”, per le tonalità cupe e livide che predominavano i temi visionari e fantastici, i soggetti di queste operano erano legati per qualche motivo ai sogni dell’artista, ma ciò che si esaltava in queste pitture erano proprio le ansie e le paure più profonde provenienti direttamente dall’inconscio del pittore madrileno e ciò dava un senso di inquietudine alla stessa mente umana.

         

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