Torna alla sezione Personaggi

Collabora con il Sito

 
 

Il pirata Barbarossa e San Matteo

a cura di Elisa Palmieri

        

Il 27 giugno 1544 le navi del pirata Kahir-Ad-Din apparvero davanti al Golfo di Salerno, disponendosi innanzi alla città ed a quella di Amalfi, per metterle a ferro e fuoco, spogliarle dei loro tesori e trarne il maggior numero di prigionieri. Quel giorno il cielo era sereno, il mare calmo, non un alito di vento disturbava la quiete, ma il pericolo che incombeva sulla città all’avvicinarsi alla riva delle scialuppe cariche di pirati era minaccioso. Molti salernitani corsero alle armi, nella speranza di opporre resistenza agli invasori, altri, conoscendo la fama della crudeltà di Ariadeno, fuggirono disperdendosi nelle campagne vicine, altri ancora si riversarono nella Cattedrale per supplicare l’intervento di San Matteo, eletto a Santo Patrono di Salerno nel lontano 954, quando il monaco Attanasio sotto le rovine dell'oratorio di Velia rinvenne, nascoste nell'altare da un marmo, le reliquie dell'Apostolo Matteo. Le spoglie erano avventurosamente finite lì durante il viaggio per la traslazione in Roma, avvenuto secoli prima e mai conclusosi. Attanasio, trovandosi di fronte l'opportunità di diventare molto ricco e con poca fatica, pensò di venderle e s'imbarcò. Una tempesta provvidenziale però lo costrinse a far ritorno a Velia e a nascondere le spoglie del santo in una vecchia cappella di quella che è oggi CasalVelino Marina. Il vescovo di Capaccio informato del ritrovamento, poco convinto della santità di Attanasio, dispose allora per il loro trasporto a Salerno, mentre la piccola chiesetta dove le spoglie erano state nascoste dal monaco divenne per tutti da allora la Cappella di San Matteo. I feroci pirati erano quasi sbarcati, quando, improvvisamente, una tempesta di vento e acqua si abbatté sul Golfo. Le navi non ressero più all’ancora e molte di esse scontrandosi affondarono, altre furono sbattute sulla riva, altre si dispersero nel Mar Tirreno. Il popolo vide nella salvezza della città, l’intervento divino del Santo Evangelista Matteo. Kahir-Ad-Din, che in arabo significa “Il bene della Fede”, meglio conosciuto col nome di Ariadeno Barbarossa, per via della sua lunga barba fulva, si chiamava Chizr. Era figlio terzogenito di Jenigarvardar di Mitilene. In gioventù si era dato al commercio, esercitando la pirateria, diventando uno dei più potenti capi del suo tempo, tanto da mettere in soggezione anche il grande ammiraglio genovese Andrea Doria, con il quale giunse ad un’alleanza di non belligeranza. Le gesta di Kahir-Ad-Din furono un misto di spietatezza, di genialità marinara e di acume politico. Il suo nome riempì di terrore, per lungo periodo le popolazioni occidentali del mar Mediterraneo. La sua non fu mai guerra di conquista, ogni sua azione era tesa alla spoliazione dei beni di interi territori, di razzia di uomini, da destinare ai remi delle galere, e di donne che andavano ad arricchire gli harem islamici. Le coste della Campania, della Calabria e del Lazio furono teatro di orribili violenze. Reggio, San Lucido, Cetraro, Sperlonga, Terracina, Fondi (dove non riuscì a prendere prigioniera Giulia Gonzaga, vedova di Vespasiano Colonna, che egli voleva offrire in omaggio a Solimano II) Messina, Nizza ed altri centri. Ariadeno Barbarossa morì in età avanzata di dissenteria, il 4 luglio 1546. Venne sepolto a Benshiktasch, lungo le rive del Bosforo e il suo monumento funebre divenne visita di obbligo dei pirati del Mediterraneo, che vi si recavano in pellegrinaggio. Il miracoloso evento è riportato in due affreschi nella Cappella dei Santi Confessori, nella Cripta del Duomo. Raffigurano l’arrivo di Ariadeno nel Golfo e il disperdersi delle navi per effetto dell’improvvisa burrasca. La cittadinanza in segno di riconoscimento volle aggiungere l’effige di San Matteo nello stemma della città. Ancora oggi il giorno 21 agosto si procede a “l’alzata del panno”, un quadro di tela, senza cornice, raffigurante San Matteo con sotto la scritta :”Salerno è mia: io la difendo”. Per quanto concerne l’anniversario del fatto miracoloso, tradizionalmente veniva ricordato ogni anno con la “Festa del Barbarossa”, con tanto di processione dei resti del Santo. La festa continuò a svolgersi ancora qualche anno dopo la fine della seconda guerra mondiale per poi perderne traccia.

BIBLIOGRAFIA

· "Tradizioni Popolari Salernitane" Fernando Dentoni Litta vol. I°
         

   Segnala questo articolo

Informazioni o Contatti

   Torna su