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I Meeting di "Daltramontoallalba.it"

   

      

Sulle tracce di Rosania - Gita a Gropparello

resoconto curato da Stefania Ferrari

     

Clicca per ingrandireEd anche un altro meeting è andato, e ormai di controfiletti e quaglie rimane solo il ricordo. Rimane il ricordo di una giornata passata in allegria, insieme a persone magnifiche. Rimane il ricordo di un posto splendido in cui l’arte e la storia ancora la fanno da padrone e non sono stati sopraffatti dal mondo moderno. E per tenere vivo in noi questo ricordo vi scrivo una bella favolina, che già mi immagino, in vecchiaia, raccontare ai miei nipotini prima di dormire. C’era una volta, un’associazione che si chiamava Dal Tramonto All’Alba, il cui consiglio direttivo, formato da Michele, presidente, Maxim, vice presidente, Laura, segretaria, e Valeria, consigliere, organizzava di tanto in tanto, con grande impegno e passione, delle gite in luoghi magici, castelli che attraverso i secoli avevano mantenuto il loro splendore, che ancora raccontavano la loro storia…spesso attraverso i loro inquilini millenari. Oggi vi racconterò di Gropparello, di quello che fu il quarto meeting. La giornata era perfetta, il sole splendeva accompagnato ogni tanto da una leggera brezza che completava lo splendido quadretto di questo paesino collinare. Le prime ad arrivare, in largo anticipo lo ammetto, fummo io, Nakta, Fait e Lorena e già da parecchio tempo in noi era forte l’emozione per il pensiero di rincontrare vecchi amici e di conoscerne di nuovi. In attesa del grande evento quindi ci soffermammo al bar del castello, o meglio al loco di ristoro (da non confondere con il loco di decenza) dove una gentilissima signora ci propose un itinerario dei castelli adiacenti per occupare il tempo che ci separava dall‘ora x. Ma noi no: volevamo godercela a pieno questa attesa, con l’adrenalina che cresceva sempre di più con il passare del tempo.

Clicca per ingrandireE finalmente in lontananza, tra le frasche, apparirono i primi due volti noti: DaKaron e Uriel. E questo ruppe il ghiaccio: le emozioni fluirono e crearono la giusta atmosfera per la giornata. Poi, come si dice, quando si è felici il tempo passa in fretta, e con l’arrivo di Alpnu, P.P. e P.F. si stava creando già un bel gruppetto, e le discussioni si facevano sempre più interessanti. Una tra le tante la spiegazione da parte del caro P.P. dello spiritismo kardeciano, che prese quasi la forma di una lezione universitaria da come eravamo tutti presi dalle parole dell’uomo con il nome cacofonico. A distrarci ogni tanto solamente urla di bambini. All’inizio non capivamo da dove queste potevano arrivare, ma soprattutto non capivamo cosa tormentava queste povere creature. Poi, seguendo il suono, ci affacciammo alla staccionata che dava sul dirupo che circonda il castello, ed in mezzo ai campi collinari notammo un folto gruppo di bambini vestiti con casacche ed elmetti in stile medioevale che simulavano una battaglia di altri tempi, guidati da due uomini, anch’essi in vesti da combattimento, che con questo pretesto insegnavano ai piccoli visitatori la storia dell’assedio al castello. Risolto il mistero delle urla, e mentre si continuavano discorsi degni di alte cattedre universitarie, arrivò anche il consiglio direttivo: è ora di mettersi al lavoro. Mentre Laura e Valeria accoglievano i partecipanti fornendoli di badge, e mentre Michele e Maxim si occupavano degli ultimi dettagli, io e P.P., attrezzati di walkie talkie, ci posizionammo davanti al castello per dirigere le persone al punto d’incontro. In poco tempo la lista è al completo: 49 baldi giovani pronti all’avventura.  

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Il nostro viaggio verso altri tempi questa volta iniziò con un aperitivo a base di un bianco frizzante dei colli piacentini e grana padano, per cercare di calmare l’esigente borbottio dei nostri pancini. Arrivati al ristorante però ci rendemmo subito conto che quel minimo di attesa aveva un suo perché. Enormi tavolate illuminate quasi esclusivamente da candele riempivano la loggia dove su un lato padroneggiava un bellissimo camino, e sparsi qua e là per le pareti si trovavano plafoniere a forma di scudo e ricoperte di foglie da cui uscivano rumori e suoni di vita d’altri tempi. Sul tavolo, oltre a candelabri rotanti e posate agevoli, la cosa che più mi colpì furono i bicchieri in ferro, che insieme alle cameriere in stile medievale, con i loro vestiti bordeaux e i grembiuli e i cappellini bianchi, creavano la giusta atmosfera del passato. Ma veniamo al menù: chi mai potrà scordarsi quel controfiletto di manzo lardellato in guisa di quaglia! Ma anche il resto ammettiamolo era tutto molto buono: una vera cena da signori del castello. Finiti la buona carne e il buon vino, calate le tenebre ed apparso il cielo stellato, arrivò finalmente il momento della visita al castello e ai suoi misteri.

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Imboccammo allora tutti insieme lo stradellino illuminato da fiaccole che conduce direttamente davanti al castello, guidati dal proprietario ed abitante (diciamo quello in carne ed ossa) del castello di Gropparello. Davanti alla facciata illuminata della struttura il silenzio scese tra di noi, mentre attendevamo che il signor Gianfranco Giorgio Gibelli illuminasse le nostri menti con storie e misteri. E già dalla facciata il castello comincia a raccontare la sua storia. Infatti sopra il ponte levatoio vi è un bassorilievo con una rappresentazione che a prima vista può sembrare semplice ma che in realtà cela il primo mistero della nostra serata. La raffigurazione mostra un cavaliere che vince su un drago che, letta in chiave cristiana, potrebbe rappresentare San Giorgio, quindi la vittoria dell’uomo sulla bestia. Ma ci sono alcuni particolari che magari alla prima occhiata non risaltano e che celano un significato nascosto, come per esempio i 7 spettatori in alto a destra e gli uomini con lo scudo che, come spiegò il signor Gibelli, rilevano radici templari del bassorilievo. Già affascinati da questa prima spiegazione superammo il ponte e ci trovammo all’interno del cortile, dove, come spiegò sempre la nostra guida speciale, scorrendo con lo sguardo tutt’intorno si notano i vari passaggi del castello, le varie ere in cui è stato costruito. E dal punto in cui ci trovavamo si vedeva benissimo la torre, l’ultimo rifugio per gli abitanti quando i nemici riuscivano a entrare nel castello.
Ed è proprio per colpa di questi attacchi, ma soprattutto delle truppe che in questo castello si rifugiarono durante la seconda guerra mondiale, le quali spesso e volentieri nel lasciare il luogo portavano con sé qualche ricordo, che nel castello non c’è più nessun mobilio originale, il quale è stato sostituito dallo stesso padrone di casa da mobili con altrettanta storia alle spalle, che però non appartengono a quel luogo.
Questo splendido cortile, fece da cornice anche a quello che tutti noi stavamo aspettando: la storia di Rosania.

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Rosania Fulgosio, nel 1200, era una giovane ragazza che fu costretta a sposarsi con Pietrone da Cagnano, signore dell’omonima rocca, ovvero quello che oggi è conosciuto come il castello di Gropparello. Un giorno successe però che Pietrone dovette abbandonare la giovane moglie per seguire il suo esercito sul campo di battaglia. Privo del suo signore però il castello venne ben presto attaccato da nemici capitanati da Lancillotto Anguissola, che tra le mura del castello trovò Rosania, sua amata di un tempo negatagli solo dalla diversa estrazione sociale. Solo una notte per coronare quel sogno tanto agognato da entrambi poi Lancillotto fu richiamato dai suoi doveri di guerra. Pietrone tornò al suo castello e venne a sapere del tradimento, ma non disse nulla: costruì in gran segreto una stanza nel sotterraneo che diventerà la futura “tomba” della sfortunata Rosania. Ancora oggi non è stata trovata quella stanza, è forse è per questo che lo spirito di Rosania di tanto in tanto si fa sentire, e a volte anche vedere. Ma per questo racconto dovemmo attendere ancora un po’. Infatti la nostra visita continuò all’interno del salone delle feste. Già appena entrati si viene avvolti dall’energia di questa stanza dove si consumavano gli sfarzosi balli dei tempi andati, e man mano che il padrone di casa spiegava che il soffitto era puntellato di sferette d’oro così che con il riflesso della luce delle candele creava l’effetto di un cielo stellato, che quando gli uomini si riunivano a discutere di affari le donne si ritiravano sui seggiolini di pietra di fianco alle finestre a ricamare, si capiva sempre di più la vita di allora e sembrava proprio di esserci immersi completamente. Quasi a volerci risvegliare da questa magia il signor Gibelli ci invitò a seguirlo nella seconda stanza, la sala da pranzo, dove il protagonista assoluto era il camino interamente di stucco carico di simbologia: l’unica cosa originale rimasta del castello, l’unica cosa che ci aiuta a capire un po’ di più la storia di questo magico posto. Ma è già tempo di passare alla terza stanza, quella che una volta era la camera da letto e che ora è stata trasformata in stanza da musica.
Colpiscono sicuramente gli antichi strumenti che riempiono questa stanza, come l’arpa e il magnifico pianoforte a coda, e anch’essi vibrano ancora, nel vero senso della parola, di tutte le emozioni di cui sono stati protagonisti. Passando per varie altre piccole stanze, tornammo nel cortile, dove si trovava l’entrata della cantina, ultima tappa del nostro viaggio. Ed è proprio qui che, dopo aver raccontato di come in quella stanza si consumavano i pranzi dei servitori e di come lì si conservavano le carni nella ghiacciaia, il padrone di casa cominciò a raccontarci delle apparizioni di Rosania. Lui personalmente disse di non averla mai vista, ma raccontò di quando una volta suo suocero, ospite al castello insieme alla moglie, si alzò all’alba per andare in bagno, e giunto a quella che una volta era la camera da letto di Pietrone e Rosania, vide come l’ombra di una donna accanto alla finestra, che pian piano si dissolse. Raccontata così potrebbe sembrare anche ad un’allucinazione mattutina o ad uno scherzo di luci ed ombre, ma la cosa che più ci sbalordì fu che il suocero descrisse la ragazza che aveva intravisto…e la descrizione coincideva perfettamente con quella di Rosania .

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Un’altra volta una giornalista andò al castello per fare un’intervista proprio con il signor Gibelli. Siccome la chiacchierata finì verso l’ora di cena, alla giornalista venne offerto di rimanere ospite della famiglia. La ragazza si trovava sul balcone quando la signora Gibelli la chiamò dicendo che era pronto da mangiare. La ragazza a quel punto disse: “allora dico a sua figlia di venire in casa!”. Il problema però era che in quel momento entrambe le figlie del padrone di casa scesero dalle loro camere. Quando la giornalista tornò a guardare fuori dalla finestra non vide più nessuno: inutile dire che anche questa volta la descrizione della figura combaciava con quella di Rosania. Il signor Gibelli continuò poi raccontando che pur non avendo mai visto chiaramente la figura della ragazza anche a lui successe qualcosa di anomalo. Narrò di una notte in cui lui e sua moglie furono svegliati da rumori provenienti dal solaio… come dei passi. Subito pensarono ad un animale entrato in un qualche modo dal tetto, ma per sicurezza il marito si armò di torcia ed andò a controllare. Naturalmente non notò niente di anomalo, e quindi tornò a dormire. La notte successiva però gli stessi rumori tornarono a svegliare la coppia, ed il marito di nuovo tornò al piano di sopra a controllare. Nuovamente non trovò niente e nessuno, ma questa volta fece caso ad una cosa: essendo il soffitto inutilizzato, il pavimento era pieno di polvere e si rese conto che non vi erano nessun tipo di impronte, neanche quelle di un animale. Ma ancora le stranezze non sono finite, infatti il signor Gibelli, nel suo giro di perlustrazione, era stato seguito da uno dei suoi gatti, il quale, mentre il padrone si era fermato sulla porta del solaio, questi era entrato tranquillamente nella stanza, ma, raggiunto un angolo di questa, qualcosa, che solo l’animale percepì, lo spaventò, tanto da farlo fuggire giù per le scale terrorizzato. Neanche quella notte il padrone di casa trovò qualcosa, ma i rumori continuarono ancora per qualche giorno per poi svanire nel nulla come la causa che li provocava.
Un altro episodio inspiegabile avvenne nella torre dove, spiegò il signor Gibelli, si trova una piccola cappella con un altare e due ceri. Durante un giro di controllo dopo la chiusura del castello, il signore si rese conto che proveniva una luce da questa cappelletta. Arrivato in cima alle scale si accorse che i ceri erano accesi, sebbene la porta della stanza fosse chiusa. Sul momento pensò che qualcuno fosse entrato e avesse acceso le candele, quindi le spense e se ne andò. La sera successiva però successe la stessa cosa ed allora il padrone, il giorno successivo, decise di mettere un pezzetto di legno appoggiato alla porta della cappella per vedere se veramente si trattava di uno scherzo di qualcuno, oppure se c’era sotto qualcos’altro. Ebbene anche quella sera i ceri erano accesi: come al solito salì le scale e, come ormai avrete capito, il pezzettino di legno non si era mosso di un millimetro, e questo era il segno che nessuna persona in carne ed ossa poteva aver acceso quei ceri. Dopo questa scoperta niente si accese più “da solo” in quella stanza. L’ultima storia che il signore raccontò, vedeva come protagoniste le sue due figlie. Come prefazione ci disse che le due ragazze avevano una posizione molto diversa di fronte a tutta la storia di Rosania: una diceva che non le sarebbe piaciuto vederla, per vari motivi, mentre l’altra non vedeva l’ora che accadesse…ed è stata accontentata. Una mattina, mentre erano entrambe davanti allo specchio, videro riflessa, all’interno di questo, una terza figura femminile che, chiaramente, corrispondeva alla descrizione di Rosania che loro bene conoscevano. Con il sorriso sulle labbra il padre raccontò di come la seconda figlia, quella che da tanto attendeva questo momento, scappò spaventata, mentre la prima rimase davanti allo specchio affascinata dalla visione che, poco dopo, svanì. Dopo questa ultima storia arrivò il momento dei saluti, e usciti dal suggestivo castello tra mormorii e commenti, naturalmente positivi, ognuno prese la sua strada di ritorno. E così, estasiati da questi racconti, si concluse la nostra fantastica gita attraverso un altro mistero. Non possono mancare chiaramente i ringraziamenti a Michele, Maxim, Laura e Valeria per il grande lavoro di organizzazione senza il quale non avremmo potuto passare una bellissima giornata e un ancor più bella serata, e chiaramente ringrazio tutti coloro che hanno partecipato con la cui presenza hanno reso magico questo meeting…in attesa del prossimo!

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ARRIVEDERCI AL PROSSIMO MEETING!

 

Questo articolo è stato tratto dallo Speciale "4° Meeting Daltramontoallalba.it" presente all'interno della rivista telematica "Oltre il Confine N°4", rivista curata e prodotta dall'Associazione Culturale Dal Tramonto all'Alba. Per scaricarla CLICCA QUI