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  Proponici un itinerario per il prossimo Ghost Tour

 

Eventi Culturali

   

    

resoconto curato da Stefania Ferrari

     

Avete voglia di visitare un posto nuovo? Perchè accontentarsi del solito giro turistico trito e ritrito? Noi vi organizziamo un bel Ghost tour: com'è successo il 10 Settembre 2006. Il tutto è partito da una semplice idea: perchè non ritrovarci per visitare qualche luogo, magari con una storia misteriosa alle spalle? Ma Dal Tramonto All'Alba non lascia nulla al caso e se si deve fare qualcosa, si organizza in grande!
E' nato così il Ghost Tour Bologna 2006: dall'idea di qualche amico del forum e dalla grande anima organizzatrice del vice presidente dell'associazione Maxim e dal consigliere Valeria. I luoghi avvolti dal mistero sono tanti nel bolognese, ma il dubbio rimase per poco: destinazione Castello di Dozza, e a seguire Settefonti.
In realtà, nonostante la preparazione, ci si aspettava veramente di ritrovarci in una decina di amici, ma come sempre sottovalutammo le nostre forze, e alla fine ci trovammo in un bel gruppo di 22 persone. Oltre a me, Maxim e Valeria, c'erano i veterani Ametista e Diamante e l'amico Pantera. Il resto erano tutte persone nuove che si aggregavano a noi per un avventura fuori dall'ordinario; e non poteva mancare anche questa volta l'ospite d'onore: il nostro bellissimo amico a quattro zampe!
Tutti pronti cominciammo la giornata che ci portò a conoscere nuovi mondi. La scia di macchine si snodava tra strade trafficate della provincia bolognese, ma alla fine riuscimmo ad arrivare tutti sani e salvi al Castello di Dozza.
La prima parte del nostro tour cominciò però con una brutta notizia: il dolce amico a quattro zampe non poteva entrare, e con grande dolore, soprattutto della padrona, lo lasciammo ad attenderci fuori. Entrammo nella prima stanza, la sala maggiore, e già l'atmosfera era resa alquanto...si, direi proprio inquietante, dai quadri appesi alle pareti, raffiguranti antenati della famiglia Malvezzi Campeggi, ultimi signori del castello. Già noi, o quanto meno io, non ci aspettavamo un normale giro turistico, ma Maxim sorprese tutti nello spiegarci come si sarebbe svolto il tour."Dovete sapere che tempo fa - cominciò a raccontare - ebbi l'onore di visitare questo castello in compagnia di una sensitiva: oggi, stanza dopo stanza, vi racconterò cosa vide e cosa sentì allora". Detto questo ci raccomandò di scattare molte foto, perchè le sorprese in quel luogo si nascondevano dietro ad ogni angolo.
Ma torniamo ai quadri che circondavano la stanza nell'alto delle pareti e che subito attirarono la nostra attenzione. Quasi tutti avevano uno sfondo scuro e monocolore, e lo sguardo delle persone raffigurate era sicuramente magnetico. Le nostre sensazioni furono subito ribadite dalle parole di Maxim, che raccontò come la sensitiva avesse avvertito una forte energia emanata da alcuni di quei dipinti.
Affamati di sapere e sempre più incuriositi passammo poi alla seconda stanza, dove ad attenderci c'era un dipinto che assolutamente niente aveva da invidiare a quelli appena lasciati. Eravamo appena entrati nella sala del Pasinelli, dove il dipinto dell'ultima dinastia dei Campeggi, opera dell'artista che da il nome alla sala, riempiva completamente il luogo con la sua presenza e con l'energia che emanava. La storia di questo dipinto è ancora più affascinante della tela stessa. Infatti Maxim raccontò che la sensitiva aveva notato un accumulo di energia in una parte particolare del quadro. La parte indicata venne così fotografata con una macchina speciale...e, infatti, nella foto qualcosa di strano venne fuori. Il volto di una delle bambine raffigurate sembrava molto diverso da come l'aveva rappresentato il Pasinelli, mentre tutto ciò che lo circondava riportava fedelmente il dipinto. Nel discutere tra noi poi vennero fuori, molte considerazioni interessanti, come per esempio il fatto che la posizione della mano della ragazza del dipinto, che sembra indicare qualcosa, ricordasse una simbologia massonica.
Nell'ascoltare i racconti di Maxim, e rapiti ancora dal quadro, quasi non ci eravamo accorti che alcuni dei visitatori del castello che ci incontravano sul loro cammino, si aggiungevano al nostro gruppo e al nostro giro particolare.

Con qualche amico in più quindi ci spostammo nella stanza seguente: la sala rossa. E' una stanza piccola, il cui nome deriva dalla tappezzeria damascata del fine '700 che copre le sue pareti; quasi spoglia, la stanza aveva però una particolarità che ci fece notare il nostro Cicerone: una porta segreta. Io sinceramente non lo notai, anche perchè la porta era aperta, ma Maxim ce lo fece notare per un motivo particolare. Subito dopo spiegò, infatti, che alla sensitiva, giunta in quella stanza, veniva presentata in continuazione una scena: una ragazza, con i vestiti dell'epoca, che attraversava la camera diagonalmente fino alla porta segreta e che, probabilmente, stava fuggendo da qualcosa. Quasi senza accorgercene, tutti noi nell'ascoltare la storia, ci spostammo verso le pareti, lasciando il passaggio della dama in fuga.
Sempre più presi da questa misteriosa atmosfera ci spostammo nella sala delle armi, stanza che molto probabilmente in passato aveva avuto un'altra funzione, ma che al giorno d'oggi è usata come esposizione di antiche armi ed armature. In questa piccola stanza, in realtà solo di passaggio, Maxim spiegò come, durante una rievocazione storica a cui partecipò, si era fatto fotografare in quella stanza e, a foto stampata, ecco apparire un "simpatico" ORBS. A questa notizia, chiaramente, tutti all'unisono tirammo fuori la macchina fotografica.
Finito il primo rullino entrammo nella parte medioevale del castello e ci trovammo subito nell'oratorio privato, al centro del quale si trova un pozzo a rasoio, come racconta la leggenda, "strumento" preferito di Caterina Sforza. Chiaramente in questa piccola stanza la sensitiva aveva sentito molte energie, dovute dalle miriadi di uomini e donne morte in quel luogo.
L'oratorio ci portò direttamente nella camera da letto del feudatario. Qui Maxim disse che la sensitiva che lo aveva accompagnato la volta precedente non aveva sentito particolari energie. Mi ricordo però che appena entrata nella stanza, io provai subito una strana sensazione. L'atmosfera all'interno era resa pesante dall'energia stagnante del luogo, che si concentrava nello spazio attorno alla culla che si trova in mezzo alla stanza.
Dopo questa esperienza passammo alla visita delle torri. Il camminamento è sicuramente suggestivo, reso ancora più meraviglioso dalla vista delle colline bolognesi. Raggruppati sulla torre maggiore, Maxim ci raccontò una leggenda riguardante la misteriosa figura di Caterina Sforza. I suoi due figli, Ottaviano e Cesare, erano stati fatti prigionieri dal suo stesso popolo in rivolta. Un giorno i sequestratori portarono i figli di Caterina davanti alla rocca, sperando che le loro urla la portassero ad arrendersi. Caterina invece si sporse dalla torre, sollevò la tunica e disse: "Teneteveli pure: qui ho il necessario per farne altri!"...forse il popolo aveva sopravvalutato l'istinto materno di Caterina Sforza!!
Dopo questo racconto sconcertante arrivò il momento delle prigioni (che si sa...in visite di questo tipo sono sempre le più attese). La cosa che colpisce di più di queste prigioni non sono storie o misteri, ma la cruda e tangibile testimonianza di chi in quelle stanze ci ha passato i suoi ultimi giorni. Le pareti delle celle infatti, erano ricoperte di incisioni fatte dai prigionieri, risalenti al XVII secolo.
Dalle prigioni alla stanza delle torture poi, il passo è breve. La cosa che mi colpì di più fu la "fossa dei suppliziati". Immaginatevi un pozzo molto largo e molto profondo: i condannati a morte venivano buttati in questo pozzo...e morire per la caduta sarebbe stata una fortuna, altrimenti sarebbero morti di fame, sete, o di una malattia qualsiasi dovuta al contatto con i cadaveri in vari stati di decomposizione che erano "caduti" prima di loro.
Dopo queste tristi storie arrivammo all'ultima stanza del castello e quella che forse nascondeva la storia più interessante: al cucina. Emozionato ancora come fosse appena successo, Maxim raccontò di quando, una delle svariate volte che visitò il castello, fotografò dalla cucina, praticamente dall'entrata. Raccontò che una volta a casa, scaricata la foto, si trovò di fronte un'immagine molto scura (nonostante l'uso del flash) e particolare, molto diversa dalle altre scattate quel giorno. Nell'angolo della cucina che aveva inquadrato Maxim notò poi il contorno di una figura femminile, che poi associò a Caterina Sforza, perchè in paese molti raccontano che il suo fantasma si aggiri ancora nel castello.

E così con gli occhi spalancati, ma anche un po' sognanti, finì la nostra visita alla rocca di Dozza...ma la nostra giornata era solo a metà strada: ad attenderci ora c'era Settefonti. Il serpente di auto ripartì e si inoltrò sempre più tra i colli bolognesi (ammettetelo voi, partecipanti, ...qualcuno ha pensato che ci stessimo perdendo!).
Arrivammo invece in quello che voleva essere un piccolo parcheggio (che è costato anche un pezzo di paraurti a qualcuno) dove appoggiammo i bolidi per inoltrarci nella natura, resa selvaggia dal passare del tempo e dall'abbandono...e qui finalmente il nostro amico a quattro zampe si potè sfogare. Quasi subito trovammo sul nostro cammino il cimitero di Settefonti, un quadrato di terra circondato da quattro alte mura e completo di chiesetta. La vegetazione all'interno di questo recinto di mura si era data all'anarchia più completa, le pietre tombali erano state trafugate e anche la chiesa giaceva abbandonata, con la porta sradicata. Una cosa però che tutti notammo all'istante fu il profondo silenzio e la profonda quiete che regnava in quell'angolo di terra: neanche un insetto si sentiva volare, quando invece fuori dalle mura la fine dell'estate bolognese ci aveva regalato i suoi fedeli compagni. Cercando di evitare di inciampare nei fitti rampicanti che coprivano il terreno (qualcuno deve aver invidiato le mie scarpe da ginnastica in quel momento) entrammo tutti nella chiesetta che ci conteneva a malapena. Maxim ci raccontò come molte persone, da congreghe wicca a gruppi di satanisti (seri o fittizi che siano) si riunivano in quel luogo per praticare, in quanto abbastanza isolato. Se devo essere sincera la sensazione che ho avuto nell'entrare nella chiesa, è stata quella di un cerchio magico lasciato aperto...sarà forse che i nostri incauti praticanti sono stati sorpresi nel bel mezzo di una riunione, dai cani lasciati liberi dai contadini, stanchi dalle continue visite indesiderate? Maxim ci raccontò poi che in una sua precedente visita, aveva trovato sul pavimento della chiesa, la porta di questa con sopra disegnato un pentacolo, all'esterno del quale, in corrispondenza delle punte, vi erano i simboli dei quattro elementi. Qualcuno avanzò un ipotesi satanista, ma la cosa a me puzzava sempre più di wiccan. E uscendo dalla chiesetta ecco che accorsero ad avvalorare sempre di più il mio crescente dubbio, due cosucce niente male. Di fianco all'entrata, dipinto sul muro della chiesa con dei gessetti, c'era infatti il simbolo della triplice dea, molto usato dai wiccan, anche se, effettivamente, non solo da loro. Voltato l'angolo della chiesetta però qualcuno, con voce divertita, affermò: "E, guarda: c'è anche la scopa di saggine!"...decisamente: wiccan! In tempi lontani la scopa di saggine era tenuta vicino alla porta di casa per allontanare gli spiriti maligni e le energie negative, ma al giorno d'oggi cose come questa sono usate soprattutto dai wiccan.
Finita la visita al cimitero, uscimmo da quelle mura e salimmo fino ai resti della chiesa S.M. Assunta. Anche qui si notarono le testimonianze di visitatori notturni, come per esempio le colate di cera sparse qua e là per il perimetro. Di questa chiesa è rimasto veramente poco, ma anche lei nasconde la sua bella storia misteriosa. Maxim raccontò infatti che, ai tempi delle crociate, Lucia e Rolando si innamorarono. Lei però sentì la chiamata e si fece monaca....o forse, com'era più probabile ai tempi, fu costretta dalla famiglia. Lucia venne poi a Settefonti dove fu costruito un piccolo convento e Rolando, per poterle stare vicino, riuscì a diventare capitano nel castello vicino. Durante una battaglia in Terra Santa però Rolando fu fatto prigioniero e dopo anni di prigionia, una sera pregò Lucia, chiedendo il suo aiuto, pur non sapendo che ormai lei era morta. Quella notte le apparve in sogno e quando lui il mattino dopo si svegliò, si ritrovò miracolosamente a Settefonti con i ferri che lo tenevano legato la sera prima, ciondolanti ai suoi piedi. In molti raccontano ancora oggi si sentire urla e pianti in queste rovine.
Dopo questa storia restammo a parlare ancora qualche minuto sulla leggenda riguardante la presenza in quei boschi di gnomi, poi tornammo tutti al parcheggio. Salutammo tutto poi io salii in macchina con Maxim e Valeria pensando ancora al cimitero e a tutto quello che ci aveva raccontato, quando, poco prima che Maxim accendesse la macchina, Ametista cominciò ad urlare: "Non muoverti, non muoverti! C'è un gatto davanti all'auto!!" Detto questo, scese dall'auto e lo prese in braccio: un meraviglioso gatto nero!!
Lo so, lo so, state pensando che è la perfetta fine per questa bella storiella...be' se vi piacciono i lieto fine vi consiglio di fermarvi qui, anche se in realtà qualcos'altro c'è.
Infatti io, Maxim, Valeria, Ametista e Diamante decidemmo di andare a mangiare una pizza. Entrammo al ristorante, ci accomodammo ed ordinammo. Il cameriere lasciò la comanda sul tavolo, e guardandola Diamante disse: "Eh be', dopo la giornata di oggi non potevamo che sederci in questo tavolo!". Infatti era il tavolo numero sei, e sulla comanda, in verticale, si leggeva...666.

       

Questo articolo è stato tratto dallo Speciale "Ghost Tour Bologna" presente all'interno della rivista telematica "Oltre il Confine N°5", rivista curata e prodotta dall'Associazione Culturale Dal Tramonto all'Alba. Per scaricarla CLICCA QUI