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L'Antica Monterano (Canale Monterano - Roma)

a cura di Raffaella Silverii

           

Una città morta esercita sempre un fascino particolare sul visitatore, tanto più se i motivi che portarono al suo abbandono rimangono oscuri. Nelle campagne romane vi sino svariate “città morte” e Monterano è una di queste. Situata a pochi chilometri dal lago di Bracciano, nei pressi di “Canale Monterano”, questi ruderi sonnecchiano su una collinetta, immersi in una riserva naturale tra le più importanti della regione Lazio. La storia di Monterano comincia già nella preistoria come dimostrano i reperti trovati in alcune grotte nei dintorni del torrente Lenta. Le ricerche effettuate finora fanno risalire questi insediamenti al 2° millennio a.C., nella tarda-preistoria. Sono inoltre presenti grotte di indubbia origine artificiale, risalenti al I° millennio a.C. e adibite probabilmente a sepolture o abitazioni.

Di origini etrusche, Monteranno fu costruita su un’altura con ripidi pendii alti circa 100 metri a picco sul fondovalle. Le antiche strade vennero scavate direttamente nel tufo. Purtroppo il materiale usato, la scarsità di ricerche archeologiche idonee e la sovrapposizione dei vari insediamenti non ci permette di dire molto su questo primo insediamento “storico”. Infatti gli etruschi erigevano le costruzioni “sacre” e di edilizia “civile” in legno e argilla, usando la pietra solo per la costruzione delle cinte murarie, le porte e le tombe. La necropoli cominciava appena fuori la cinta muraria e sull’altopiano della Palombara si nota un’altra serie di tombe che si estende lungo il tracciato di una antica via che congiungeva Monterano con la località Pozzo Tufo. Esiste una terza necropoli sita sul colle della Bandita le cui tombe più conosciute e ricche furono usate per secoli dai pastori quale rifugio.

Con l’invasione dei popoli germanici, iniziata nel IV secolo d.C., i cittadini degli agglomerati urbani circostanti, nella paura di un’incursione longobarda, decisero di rifugiarsi in un posto meno “conosciuto” e più sicuro strategicamente poiché posto sulla sommità di un colle e fortificato: Monterano. La cittadina venne ampliata e ulteriormente fortificata, cosi Monterano tornò a ricoprire la posizione di predominanza e importanza che aveva già conosciuto sotto gli etruschi. Tale situazione durò fino al X secolo, quando la diocesi di zona fu trasferita a Sutri. Nel 1300 ci fu una ripresa culturale e demografica, ma il primato di centro più importante della zona era ormai di Bracciano. Nel ‘500 era proprietà degli Orsini, per poi passare nel 1671 sotto la podestà di Papa Clemente X (al secolo Emilio Bonaventura Altieri) che la diede come feudo alla propria famiglia. Volendo fare di Monterano il fiore all’occhiello dei loro possedimenti nei monti Sabatini, chiamarono addirittura il famoso Gian Lorenzo Bernini per la progettazione della chiesa di San Bonaventura, del convento, della fontana ottagonale e del rifacimento del palazzo feudale. Morto Papa Altieri e quindi venuta a mancare la protezione e la benevolenza del Pontefice, la città si trovò in uno stato di languore economico e politico.
Oltre alla decadenza dell’agricoltura, un nuovo flagello venne a stroncare la vita della cittadini: la malaria. Tale malattia indusse gli abitanti sopravvissuti ad abbandonare il centro in favore dei paesi vicini come Canale e Montevirgilio. Ormai del tutto abbandonata, Monterano subì un ultimo e durissimo colpo: nel 1799 le truppe francesi distrussero gli edifici. I motivi che portarono a questo furono a dir poco incredibili per la loro banalità: gli abitanti della vicina Tolfa (città che si era più volte ribellata all’esercito francese), vista l’insufficienza del proprio mulino per soddisfare le necessità degli abitanti, decisero di usare la mola di Monterano, mai monteranesi, nel timore che l’esercito potesse ritenere anche loro dei ribelli, impedirono ai tolfatani di macinare il grano. Saputo l’accaduto, il comandante dell’esercito rimando i tolfatani scortati da una parte dell’esercito per macinare con la mola dei monteranesi. Gli pochi abitanti rimasti a Monterano, vedendo arrivare l’esercito francese, furono presi dal panico e, raccolto quanto potevano, lasciarono il paese. I francesi per dimostrare la propria forza, decisero seduta stante di saccheggiare e incendiare l’intero abitato e il convento.

Ma (perché c’è sempre un ma) la leggenda narra un’altra storia per spiegare l’abbandono del centro urbano. Nella gola sottostante l’agglomerato risultava impossibile erigere un ponte, poiché il vento sempre forte la spazzava via continuamente. Gli abitanti decisero, quindi, di fare un patto con il demonio: se il demonio avesse costruito un ponte che durasse in eterno, i cittadini gli avrebbero sacrificato buoi e capre. E cosi in una sola notte il ponte fu eretto, solido e resistente al vento e alle intemperie. I monteranesi, invece di mantenere la promesse, con le carni delle bestie promesse a Lucifero banchettarono tutta la notte. Ma il loro gesto sfrontato portò conseguenze infauste: il giorno dopo furono colpiti dalla pestilenza. Leggenda? Forse… ma sulle spallette del famigerato ponte si notano due bassorilievi che rappresentano un demone che con una mano cattura un uomo e con l’altra sgozza una vacca. Ultimo tocco, avvicinandovi alle rovine si ode il suono di una campanella, ma non disturbatevi a chiedere agli abitanti della zona… anche posti di fronte all’evidenza del suono, negheranno accanitamente di aver mai udito alcun ché.

BIBLIOGRAFIA

· Roma magica e misteriosa di Gabriele La Porta e Francesco Fantasia – Roma 1991 (Newton Compton Editori).
· Monterano – Appunti sul territorio e la storia di Francesco Stefani

PROVENIENZA FOTO

· http://digilander.libero.it/epiur

               

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